Il dato è diverso a seconda de Paesi. A soffrire di più sono le api che vivono in quelli ad agricoltura intensiva più spinta. “Il peggiore? Gli Stati Uniti che ogni anno, da dieci anni, perdono il 30 per cento delle api; quest’anno è stato il 23 per cento, l’anno scorso il 36 per cento – aggiunge il presidente Unaapi – E infatti Obama la settimana scorsa ha annunciato una task force per salvare le api che temo farà la fine della riforma sanitaria, visto che a decidere le politiche agricole sono i produttori di chimica”.
Le api statunitensi insomma non se la passano bene e le poche che rimangono “vengono in gran parte convogliate in California per impollinare le colture di mandorlo, con il risultato che gli apicoltori hanno denunciato la contaminazione chimica degli alveari portati a questo scopo, sebbene gli agricoltori dichiarino di aver utilizzato sui mandorli prodotti a norma di legge”. Tra i Paesi europei, invece, “l’Italia è quello in cui le api stanno meglio – aggiunge Panella – grazie alla sospensione di alcuni insetticidi sistemici nella concia delle sementi del mais, e questo si vede”.
Per salvare le api, dunque, è necessario “cambiare modo di fare agricoltura – aggiunge Panella – trattiamo il processo produttivo agricolo come se si trattasse di fare automobili o frigoriferi, senza tenere presente che invece abbiamo a che fare con la natura e la sua complessità”. Cambiare modo di fare agricoltura è possibile; più complesso invece agire sui cambiamenti climatici, responsabili di questo “annus horribilis” del miele italiano. “Questa è una pessima stagione produttiva per l’apicoltura italiana – spiega Panella – al momento tutte le fioriture primaverili principali, dal millefiori, all’arancio in meridione e l’acacia nel centro nord, sono ai minimi storici a causa del clima”.
2014 a parte, l’Italia conta cinquanta mila apicoltori e una produzione media di 200mila quintali di miele l’anno. Un settore in cui cresce l’occupazione, soprattutto giovanile, perché la domanda di prodotti apistici cresce più dell’offerta e salgono di conseguenza le quotazioni del miele “nonostante la Cina stia inondando il mercato di ‘miele’ adulterato e scadente”, e anche perché per avviare un’attività l’investimento è risotto, circa 50-70mila euro.
* da comune-info.net fonte Adn Kronos 6 luglio 2014