Tutti i popoli antichi del mondo, tutte le grandi tradizioni spirituali, hanno nella loro cultura pratiche di digiuno, così come gli animali e le piante.
Anche la medicina ha utilizzato per secoli il digiuno come terapia, prima che i farmaci prendessero il sopravvento.
Il nostro organismo è progettato per sopportare tempi anche lunghi di digiuno, che sono stati spesso necessari, nella storia dell’umanità, per superare periodi di mancanza di cibo, mantenendo una mente vigile per procurarselo.
Le nostre cellule vivono normalmente bruciando glucosio per produrre l’energia necessaria alle loro funzioni.
A riposo, l’organo che consuma più glucosio è il cervello.
Nei primi due giorni di digiuno, l’organismo consuma tutte le sue riserve di glucosio, poi comincia a consumare i suoi grassi. In questa fase si producono corpi chetonici, sostanze simili all’acetone che costituiscono un ottimo nutrimento per le cellule nervose e un discreto nutrimento per cuore e muscoli.
Non viene a mancare quindi l’energia necessaria a mantenere viva la nostra mente, anche per consentirle di trovare cibo.
Praticando il digiuno si attiva un programma di sopravvivenza delle cellule, detto autofagia, letteralmente “mangiare se stessi”, per cui le cellule sopravvivono consumando tutto quello che al loro interno non è indispensabile per la sopravvivenza: organelli intracellulari mal funzionanti o non essenziali e depositi di proteine mutate e altro materiale di scarto che ostacola il buon funzionamento delle cellule.
Relatori:
Giulia Sama, Stefano Berlini
Sede:
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Bagno di Romagna (FC)
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