Versione latina della perduta traduzione (Ghùyat al Hakiûm, ossia Il fine del saggio dello pseudo Maslama al-Magriti), Picatrix rappresenta il testo più diffuso della magia sia teorica che cerimoniale dell’intera cultura esoterica dell’Occidente. L’opera, una esauriente summa antologica della magia antica e medievale, ebbe un posto preminente nelle biblioteche dei maggiori filosofi dell’età umanistico-rinascimentale, da Marsilio Ficino a Pico della Mirandola, da Leonardo a Filarete, da Rabelais a Campanella.
Bollata come opera empia, Picatrix divenne ben presto il manuale satanico per eccellenza, tanto che il suo autore - inizialmente confuso con Ippocrate - venne definito “Rettore della Facoltà diabolica”. Il grande pensatore arabo Ibn Kaldum lo aveva invece definito: “il trattato di magia più completo e meglio costruito”. Numerosi sono manoscritti databili fra il XV e il XVII secolo. Per questa edizione, si è scelta quale copia di riferimento la trascrizione fatta a Brisighella nel 1536.