Quando l'amicizia sia comunione delle anime: così fra Giuliano e Salustio. E come la comunione delle anime tragga il suo alimento dal condiviso fervore di vita religiosa: così appunto fra i due amici. Tali sono i fili d'un intreccio d'anime che si fa intreccio di scrittura, del quale sono testimonianza i due scritti, l'uno di Giuliano e l'altro di Salustio, ambedue per la prima volta in italiano, con il corredo dei testi greci.
Giuliano e Salustio (IV secolo dopo Cristo) sono interpreti di un'età e d'una cultura dove l'ispirazione religiosa prevale egemonica e tutto in sé attrae e ricomprende. Ambedue sono interpreti d'un raffinatissimo ellenismo.
Nel quadro del loro tempo, stanno l'uno accanto all'altro il paganesimo al tramonto e il cristianesimo in ascesa, che fra loro si fronteggiano, ora s'avversano ora s'avvicinano, come se ritrovassero affinità di radici. Il secondo si edifica in filosofia e teologia attingendo a piene mani al linguaggio e al patrimonio concettuale della grande filosofia greca, che, da parte sua, il neoplatonismo, da Piotino a Giamblico e a Giuliano, converte in teologia.
Chi riuscisse a guardare con gli occhi d'un contemporaneo a tale compresenza di paganesimo e di cristianesimo probabilmente verrebbe turbato dal prevalente senso del conflitto; ma chi guardi invece con gli occhi d'oggi, rivolti al tempo d'allora (specie affidandosi ai platonici occhi dell'anima), si potrà forse ritrovar commosso dalle consonanze di vocazione religiosa.