Di ciò di cui non si può parlare si tace. - Ludwig Wittgenstein

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Ecologia società spiritualità

L'economia moderna  non tiene conto del suo impatto spesso disastroso e ditruttivo sull'ambiente. Necessità di una etica ecologica.
L'economia globalizzata non si fa scrupoli del suo impatto spesso negativo sugli individui, le comunità locali e la società intera. Necessità di una etica sociale.
L'economia tecnologica non considera il valore qualitativo dei suoi atti nè le loro conseguenze profonde sulla vita. Necessita di una ispirazione spirituale.

Il soggetto principale della scienza economica sono i beni considerati come oggetti di vendita, quale che sia la loro effettiva realtà.
(sono opera dell’uomo, sono dati da Dio, dalla natura, sono riproducibili o no ?).

Questo approccio la riduce ad una metodologia del procacciamento di affari. Di fatto l’economia accetta istruzioni da una metaeconomia che si forma nella cultura. Cambiando le istruzioni cambia il contenuto dell’economia.

Confrontiamo la visione di un economista occidentale
con quella di un economista buddista.

Il lavoro è per tutti una fonte fondamentale di ricchezza, però cambia la percezione del suo valore. In ambito moderno il lavoro è un puro elemento di costo per il datore di lavoro (che si può ridurre, ad esempio con l’automazione) ed un sacrificio per il salariato. Ne consegue che l’ideale per il primo è riuscire a produrre senza impiegare nessuno e per il secondo è avere un reddito senza essere impiegato (in un certo senso entrambi vi stanno riuscendo con somma infelicità egualmente condivisa):
così la fonte fondamentale della ricchezza si trasforma in una terribile seccatura.

Dal punto di vista buddista il lavoro permette all’uomo di utilizzare e sviluppare le sue facoltà, gli permette di superare il suo egocentrismo unendolo ad altri in una impresa comune, infine naturalmente produce i beni ed i servizi necessari ad una esistenza adeguata. Ne segue che ogni tentativo di rendere il lavoro come una appendice necessaria solo alla produzione di beni è visto come una mancanza di pietà ed un tale attaccamento alla materia da uccidere l’anima.
Per il buddista è diverso l’obiettivo: invece della moltiplicazione dei beni e dei bisogni si mira alla purificazione del carattere dell’uomo, carattere che si forma attraverso il lavoro. Il lavoro condotto propriamente in condizioni di dignità e libertà dà gioia a chi lo fa ed anche ai suoi prodotti .

Il filosofo ed economista indiano Kumarappa riassume così il problema: “ Se si valuta e si impiega giustamente la natura del lavoro ci si accorgerà che esso nutre e ravviva l’uomo più elevato e lo spinge a produrre il meglio di cui è capace. Esso dirige la sua libera volontà lungo il giusto cammino e disciplina l’animale che è in lui entro canali di progresso. Esso fornisce una base eccellente perché l’uomo esterni la sua scala di valori e sviluppi la propria personalità.
” Pertanto la mancanza di un lavoro è disperante per l’uomo non solo perché gli manca un reddito, ma perché si perde il fattore nutriente della disciplina e dell’impegno.

Un economista occidentale come Galbraith (in La Società Opulenta) può dire invece: “se possiamo permetterci un po’ di disoccupazione nell’interesse della stabilità dei salari (che evita l’inflazione) allora possiamo anche dare a chi è disoccupato quei beni che gli permettano di sostenere il livello di vita cui è abituato.”

Per un buddista questa pianificazione economica asserve il lavoratore al prodotto del lavoro. Al contrario egli privilegia la piena occupazione per tutti coloro che hanno effettivamente bisogno di lavorare, senza massimizzare né l’occupazione, né la produzione.

La differenza consiste nel fatto che il materialista si interessa principalmente ai beni, mentre il buddista si interessa principalmente alla produzione come processo.
Per il buddista il benessere fisico non é negativo: é negativo l’attaccamento ad esso, non il godimento delle cose piacevoli ma la brama di esse. Questo diverso atteggiamento conduce lontano, per esempio ad una scienza economica della “liberazione” basata su semplicità e non violenza che permette di raggiungere risultati straordinari con mezzi limitati.

Per il punto di vista buddista, se il consumo è semplicemente uno strumento per il benessere dell’uomo, il fine economico dovrebbe essere di ottenere il massimo di benessere con il minor consumo.

Ernst Schumacher partendo da queste considerazioni fu uno dei primi economisti occidentali a sviluppare trenta anni fa una critica della concezione occidentale di sviluppo economico ed a proporre un approccio più moderato e rispettoso (amoroso) per l’uomo e l’ambiente basato sullo sviluppo delle comunità locali e condotto a livello intermedio con piccole economie di scala.

Attraverso una tecnologia dolce e l’autogestione dei processi economici cercò di individuare i principi di una economia ed i requisiti di un lavoro volto alla realizzazione dell’essere umano e dei suoi bisogni più profondi, oltre che materiali. Una economia in grado di sviluppare oltre alla quantità dei beni anche la qualità del bene collettivo. ed al contempo fornisce una base profonda e ragionata per una visione del lavoro come realizzazione dell’uomo nella sua totalità .

La coscienza ecologica, la responsabilità sociale, la consapevolezza spirituale sono  la fonte di nuove istruzioni per una economia del vero benessere.

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