ANTAGONISMO E RIVOLUZIONE
Si sta forse realizzando il sogno di quei pensatori del Settecento che immaginavano un modello di capitalismo libero e aperto. Libero, in quanto tende a eliminare tutti gli ostacoli all'acquisto della proprietà. Aperto, perché chiunque esprima un'alta produttività ha accesso ai vertici della piramide sociale.
In ogni caso, l'architettura mobile dell'attuale società, modificando continuamente la posizione produttiva, ha fatto perdere stabilità anche alla configurazione della classe operaia.
Non sono questi, tuttavia, i soli motivi per cui è entrato in crisi il modello marxista di classe rivoluzionaria.
In realtà, anche se nessuno si è mai sognato di affermare che la classe operaia è rivoluzionaria a prescindere dall'opzione politica, di solito questa considerazione è stata lasciata scorrere come acqua sul marmo.
Nessuna classe subalterna, del resto, nasce rivoluzionaria.
La classe operaia, infatti, prima ancora di avere un ruolo antagonista nei confronti di chi la sfrutta, è conforme all'utilità della classe che l'ha partorita. È perciò tutta interna a questa 'utilità' la sua 'prima natura politica', che la connota come soggetto sociale privo di autonomia logica e ideologica.
All'ambiguità strutturale del proletariato il marxismo ha cercato di sopperire sostenendo che "le posizioni teoriche del comunismo non poggiano sopra delle idee o princìpi inventati o scoperti da una nuova teoria, ma sono l'espressione generale dei rapporti effettivi di una lotta di classe già esistente".
Ma come può la madre-storia generare le "posizioni teoriche del comunismo", se è gravida di contraddizioni e se non ha mai conosciuto la dimensione di equilibrio richiesta dall'Utopia?
E non è tutto.
Se l'atto di nascita dell'uomo è nella storia di classe, lo "sviluppo delle condizioni storiche oggettive" innesca, sì, un processo evolutivo ma tutto interno alla società di classe. Lo sbocco naturale di questa storia non può essere perciò che 'l'utopia liberale'.
La nuova classe rivoluzionaria non deriverà quindi da un 'soggetto storico', proprio perché storicamente non c'è stata rottura bensì continuità, e neanche da un soggetto economico, poiché il vero 'soggetto' del capitalismo è l'imprenditore. Le altre classi, difatti, non sono che 'oggetti al suo servizio'.
Non basta tuttavia creare una nuova 'posizione teorica' perché sia possibile una nuova storia. Senza le condizioni 'determinanti' legate all'esplodere delle contraddizioni, il meccanismo messo in moto dalla Teoria Utopica non consente, da solo, il salto nella nuova Era.
La legge che muove le classi subalterne è il 'terzo principio della dinamica' trasferito sul terreno dei rapporti sociali, cioè una reazione uguale e contraria allo sfruttamento subito. Per entrare in una nuova costruzione (ideale e materiale) occorre, invece, far riferimento a una forza che abbia una sua energia autonoma.
E questa forza non può essere che la tensione verso l'Utopia.
Il proletariato, sosteneva Marx, "non avendo più nulla di proprio da salvaguardare" e non possedendo fini particolari, non può avere che finalità generali. Per queste ragioni i proletari azzereranno le "sicurezze private e le guarentigie finora esistite [...] per mutare le condizioni di se stessi e degli altri".
Ma non è detto che non aver "nulla di proprio" significhi necessariamente volere il 'proprio di tutti'. Né che la mancanza di "fini particolari" induca a perseguire 'fini generali'. Il capovolgimento dei 'bisogni negati' non produce cioè automaticamente la domanda di Utopia.
E soprattutto, come può il 'nulla' rappresentare la proposta di un diverso 'pieno'?
È infatti infondato che il proletariato, nel momento in cui si contrappone alla borghesia, intenda edificare un nuovo modello di società che vada nella direzione del comunismo. Prove inconfutabili ne sono i fallimenti, per difetto di spinta ideale, di tanti movimenti sedicenti rivoluzionari.
La classe operaia, in realtà, è stata estrapolata come classe rivoluzionaria sulla base della categoria del lavoro, cioè dei rapporti di produzione nella società di classe. La categoria del lavoro, però, non è una categoria ideologica (una 'posizione teorica'). Risulta perciò improponibile un 'rapporto di derivazione meccanica' tra lavoro subalterno e ideologia utopica.
Gran parte delle lotte operaie non sono state difatti che aspre battaglie sindacali. E non a caso, superato il momento dello scontro, quasi sempre la classe operaia si è riadagiata nel suo ruolo di classe subalterna.
Non si vuole certo svuotare di significato e d'importanza il patrimonio politico della classe operaia, che ha il merito storico non solo di aver difeso gli spazi di democrazia dentro e fuori la fabbrica, ma anche di aver schiuso l'orizzonte del capitalismo e, più in generale, della cultura tradizionale.
Né si vuole escludere che ci siano stati momenti di reale consonanza fra contrapposizione al capitale e domanda di comunismo.
Si vuole solo correggere l'errore di chi ha innalzato il proletariato agli altari come classe rivoluzionaria per definizione.
Per determinare le forze genuinamente interessate all'Utopia, è necessario perciò affiancare alla logica marxista la logica del positivo, assegnando a ciascuna l'ambito di propria pertinenza.
In tal modo, mentre l'analisi di classe consentirà di stabilire 'l'intervallo' delle forze anticapitalistiche, la logica dell'Utopia, in seconda battuta, farà affiorare gli individui che realmente impersonano i bisogni utopiani. Nulla toglie però che quei rivoluzionari possano provenire anche da classi storicamente borghesi.
Se pure la nuova classe dell'Utopia potrà perciò trovare il suo humus tra le classi antitetiche alla borghesia, non conserverà in ogni caso nulla delle aggregazioni rivoluzionarie tradizionali.
Anziché come classe del lavoro, tenderà infatti a determinarsi come 'classe della mente'. E la mente si configurerà appunto come l'incarnazione stessa della nuova logica, dei nuovi bisogni e della scelta strategica di vivere nella dimensione del 'valore d'uso', cioè con pienezza nel tempo.
- Testo integrale del libro Preludio alla Società dell'Utopia
- Pubblicato dalla Casa Editrice Editing & Printing
- ISBN 88-900133-0-3
- Printed in Italy, gennaio 1997
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