LA GUERRA
Enrico Peyretti
La pace è un diritto indistruttibile, che la guerra non sopprime ma esalta. Il diritto sopravvive all'offesa. Vincerà Maramaldo. L'orrendo onore del misurarsi nella capacità di uccidere, in relativa parità, non c'è più. Le maggiori guerre recenti o sono plotoni d'esecuzione o forza suprema che mira sul più debole. Alla guerra serve la viltà: per uccidere e sottomettere bisogna ingannare. L'informazione di guerra è falsa perché è un'arma.
Gandhi insegnò a lottare con la "forza dell'attenersi alla verità" (satyagraha) e del "dire la verità al potere". Per Capitini, la nonmenzogna è parte della forza nonviolenta. La strapotenza esercitata nella conquista bellica, si disonora. La responsabilità del più forte verso il mondo è tutta l'opposto. La superbia è stolta: semina dolori e rovina che le ricadono addosso. Ogni vittoria è rovina, perché partorisce la vendetta. Gli Usa, per farsi impero, rovinano la propria democrazia. La potenza non ha altro destino che declino e crollo, con rovine attorno, se non si risolve nella condivisione del potere e nell'eguaglianza dei diritti. La guerra è orrenda, il dominio è peggiore. È lo scopo della guerra. Questa è violenza diretta, vistosa, ripugnante. Il dominio è violenza strutturale, più profonda, più subita, meno respinta. Fa scorrere sangue meno visibile, ma più abbondante: ogni giorno muoiono per violenze strutturali sei volte le vittime dell'11 settembre. Hanno lo stesso identico valore di quelle. Il crimine è più grande, ma più accettato.
L'11 settembre parve agli Usa lesa maestà, ma era lesa umanità, come mille altri crimini, in gran parte compiuti dall'Occidente, da noi. Con la guerra, gli Usa confermano negli offesi la regola della vendetta.
La guerra di Bush non è contro una dittatura, perché ogni guerra è dittatura, offende la prima libertà di vivere. Non è anzitutto per il petrolio o contro l'euro. Non è contro il terrorismo, perché gli dà nuovi pretesti, e perché ogni guerra è terrorismo. Non è di liberazione, ma di dominio, come dichiarato fin dagli anni '90 nel Project for New American Century (www.newamericancentury.org ), i cui autori sono oggi tutti nello staff di Bush.
Nel documento Rebuilding America’s Defense, settembre 2000, si legge: "Inoltre, il processo di trasformazione, anche se implica un cambiamento rivoluzionario, probabilmente sarà lungo, in mancanza di un evento catastrofico e catalizzatore - come un nuovo Pearl Harbour" (p. 63) ["Further, the >processe of transformation, even if it brings revolutionary change, is likely to be a long one, absent some catastrophic and catalyzing event - like a new Pearl Harbour"]. L'evento è venuto l'11 settembre ed è stato l'occasione per la guerra. Questa denuncia ormai corrente non è anti-Usa. L'accusa di antiamericanismo è disonesta, perché assolve la volontà di dominio di quel governo, e offende il popolo statunitense, che ha cittadini come Rachel Corrie, identificandolo in quella politica. Tutte le chiese cristiane, non solo il papa, hanno condannato come minaccia alla fede comune il messianismo fondamentalista e apocalittico di Bush, ben documentato, speculare al fondamentalismo violento islamista.
La chiara risposta delle chiese ha un bel valore ecumenico, sia intracristiano, sia verso l'Islam autentico, e costruisce pace tra civiltà e religioni. Il nuovo popolo della pace, cresciuto dentro questa tragedia, è motivo di forte speranza. Il rifiuto dell'uccidere come uno dei mezzi della politica, non è mai stato così vasto, spinto anche dalla eccezionale oscenità di questa guerra. Esso supera la sinistra tradizionale, compromessa con le guerre, fino al Kossovo.
Ma il movimento deve guardarsi dalle provocazioni tese a squalificarlo e da infiltrazioni di protesta violenta. Proseguendo il movimento new global, dovrà ripudiare anche la guerra economica, che usa la fame come arma. La pace positiva esige che cambiamo e riduciamo i nostri consumi-rapina. Non è la pace che deve giustificarsi, ma la guerra. È rozza illusione che le armi oggi sradichino le dittature. Solo la giustizia e la comunicazione tra i popoli, oggi molto più possibile, possono liberare gli oppressi liberando in loro la coscienza della propria dignità. Non il pacifismo attivo rafforza i dittatori, ma la violenza simile alla loro. Eletto o impostosi, un violento è sempre violento. Il vizio delle armi va sradicato. "Mai più eserciti e guerre" è il motto della Perugia-Assisi nonviolenta (ben più che pacifista) e, nel prossimo settembre, della Assisi-Gubbio, con Francesco incontro al lupo. Come la tratta degli schiavi, la schiavitù legale (per Aristotele era naturale) e la faida, la guerra e i suoi mezzi vanno espulsi dalla civiltà. Tappa intermedia è il transarmo, riduzione di ogni armamento a mezzi puramente difensivi (anche per l'Europa), i soli leciti per la Carta dell'Onu e la nostra Costituzione.
L'Onu, legge di pace, è oggi più forte, perché non ha ceduto agli Usa, costretti ad aggirarla, ridotti a fuorilegge. Il diritto internazionale vigente, fondato nel 1945 contro la guerra, prevede una forza di polizia (che riduce la violenza) e vieta la guerra (che la moltiplica). Inoltre, le capacità civili di difesa e liberazione senz'armi sono oggi più sperimentate (posso inviare bibliografia storica:
[email protected]).
La resistenza è anzitutto interiore: la guerra ci contamina, trascinandoci a parteggiare con una violenza o a disperare con le vittime. Questa maledetta tentazione va superata nel più profondo e nel più alto dello spirito.
Da: Centro di ricerca per la pace - [email protected] -
Numero 557 del 5 aprile 2003 Peyretti è uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri più nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza.
Tra le sue opere: (a cura di):
Al di là del "non uccidere", Cens, Liscate 1989;
Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica è pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999]
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