A MALI ESTREMI, ESTREMI RIMEDI? ECODITTATURA?
di Alexander Langer
Di fronte ai vicoli ciechi nei quali ci troviamo, può succedere che qualcuno tenti estreme vie d’uscita. Anche tra ecologisti, pur così propensi ad una cultura della moderazione e dell’equilibrio, ci può essere chi – seppure oggi in posizione isolata – pensa a rimedi estremi. Scegliamone i due più rilevanti: la prima potrebbe essere caratterizzata con “muoia Sansone e tutti i filistei”: la convinzione che la catastrofe ambientale sia inevitabile e non più rimediabile, e che pertanto tocchi mettere in conto disastri epocali come ne sono avvenuti altri nel corso dell’evoluzione del pianeta. In mancanza di aggiustamenti tempestivi ed efficaci, la svolta ecologica verso un nuovo equilibrio sostenibile verrebbe imposta da tali disastri.
Altro “rimedio estremo” che si potrebbe agitare, sarebbe lo “Stato etico ecologico”, l’eco-dirigismo o eco-autoritarismo possibilmente illuminato e possibilmente mondiale. Visto che l’umanità ha abusato della sua libertà, mettendo a repentaglio la propria sopravvivenza e quella dell’ambiente, qualcuno potrebbe auspicare una sorta di tutela esperta ed eticamente salda ed invocare la dittatura ecologica contro l’anarchia dei comportamenti anti-ambientali.
Si deve chiaramente dire che simili ipotetici “estremi rimedi” si situano al di fuori della politica – almeno di una politica democratica. Ogni volta che si è sperimentato lo Stato etico in alternativa a situazioni o stati anti-etici (e quindi senz’altro deplorevoli), il bilancio etico della privazione di libertà si è rivelato disastroso. E l’attesa della catastrofe catartica non richiede certo alcuno sforzo di tipo politico: per politica si intende l’esatto contrario della semplice accettazione di una selezione basata su disastri e prove di forza.
Quindi si dovrà cercare altrove la chiave per una politica ecologica, ed inevitabilmente ci si dovrà sottoporre alla fatica dell’intreccio assai complicato tra aspetti e misure sociali, culturali, economici, legislativi, amministrativi, scientifici ed ambientali. Non esiste il colpo grosso, l’atto liberatorio tutto d’un pezzo che possa aprire la via verso la conversione ecologica, i passi dovranno essere molti, il lavoro di persuasione da compiere enorme e paziente.
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