PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
Alexander Langer
La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile? “Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”
La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta. La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica non ha avuto capacità persuasiva sufficiente. A quanto risulta, sinora il desiderio di un’alternativa globale – sociale, ecologica, culturale – non è stato sufficiente, o le visioni prospettate non sufficientemente convincenti. Non si può certo dire che ci sia oggi una maggioranza di persone disposta ad impegnarsi per una concezione di benessere così sensibilmente diversa come sarebbe necessario. Né singoli provvedimenti, né un migliore “ministero dell’ambiente”, né una valutazione di impatto ambientale più accurata, né norme più severe sugli imballaggi o sui limiti di velocità – per quanto necessarie e sacrosante siano – potranno davvero causare la correzione di rotta, ma solo una decida rifondazione culturale e sociale di ciò che in una società o in una comunità si consideri desiderabile. Sinora si è agiti all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in ”lentius, profundis, suavius” (più lento, più profondo, più dolce”) , e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso. Ecco perché una politica ecologica potrà aversi solo sulla base di nuove (forse antiche) convinzioni culturali e civili, elaborate – come è ovvio – in larga misura al di fuori della politica, fondate piuttosto su basi religiose, etiche, sociali, estetiche, tradizionali, forse persino etniche (radicate, cioè, nella storia e nell’identità dei popoli). Dalla politica ci si potrà aspettare che attui efficaci spunti per una correzione di rotta ed al tempo stesso sostenga e forse incentivi la volontà di cambiamento: una politica ecologica punitiva che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chances nella competizione democratica.
Che domanda importante, sono anni che mi frulla per la testa
e adesso me la ritrovo nero su bianco scritta e soprattutto pensata dal compianto A. Langer . Nonostante abbiamo avuto diversi assessori alle politiche ambientali non si è riusciti a superare la già buona norma della raccolta differenziata, con politiche più concrete ed audaci.
La frase finale è così profetica che ancora oggi mi vien voglia di urlarla. Dobbiamo dire Basta a chi tenta ancora di far passare il messaggio \\\"gli ecologisti ci vogliono tutti poveri\\\", IL Benessere fisico, spirituale, sociale etico degli esseri umani è il nostro obiettivo.
I veri ecologisti ("profondi") non ci vogliono "tutti poveri" per il semplice motivo che vogliono abolire i concetti di ricchezza e povertà, e magari anche il denaro. Certamente, buttare nel cestino l'economia.
In questo stesso sito si fa riferimento ai "creativi culturali". La risposta al cambiamento di rotta io penso fermamente inizi dal basso..dal singolo che poi si unisce al gruppo..che poi prende consapevolezza e diventa una massa critica...
Dunque io, tu, noi dobbiamo iniziare a fare comunità!
Giuseppe
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