Il silenzio è l'eloquenza della sapienza
Samael Aun Weor

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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MODERNITA' ED ESSENZA DEL REALE: VERITA' DELLA DECRESCITA


di Gloria Germani

Al centro della credenza nella Modernità, c’è di fatto una convinzione di ordine conoscitivo. Essa consiste nella certezza che l’uomo occidentale abbia finalmente scoperto la vera essenza del reale. La vera essenza è nella materia, nell’aspetto esclusivamente materiale dei fenomeni. È così che si ritenne di dare avvio alla modernità. Finalmente si sarebbe usciti dalle tenebre del Medio Evo, dalle nebulose delle concezioni religiose cristiane, dalle contese e dalle battaglie che avevano insanguinato l’Europa. Attraverso i Lumi della Ragione, si sarebbero scacciate le superstizioni ed aperto finalmente la strada al Progresso della civiltà.

Il movimento si diffuse dall’Inghilterra, ai Paesi Bassi, alla Francia. La sua origine filosofica sta senza dubbio nelle opere di Cartesio, il quale intraprese una grandiosa demolizione della tradizione e dell’autorità precedente che risaliva indietro fino almeno ad Aristotele, per raggiungere finalmente certezze salde. Egli infatti reputò necessario dubitare su tutto il sapere e le credenze precedenti. «Noi rifiutiamo ogni conoscenza che sia soltanto probabile, e giudichiamo che si dovrebbero credere solo quelle cose che sono perfettamente note e sulle quali non può sussistere alcun dubbio», sosteneva nel suo Discorso sul metodo per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze del 1637. L’unica cosa che gli sembrò accedere all’evidenza chiara e distinta – inattaccabile ad ogni scetticismo – fu il frutto del suo pensare: «Penso, dunque sono».

Questa affermazione è riportata da tutti i manuali come la pietra miliare del pensiero moderno. Va notato che tanto i buddisti, che gli indù o i taoisti o i gianisti, l’avrebbero considerata completamente erronea. La Bhagavadgita, che è il testo principe del pensiero indù, per l’appunto recita: «Colui che pensa: sono io che agisco, costui ha la mente traviata dal senso dell’Io». L’agglomerato che chiamiamo io o ego (ahamkarain sanscrito) è la radice di ogni illusione, ribadiscono le filosofie Samkhya e Vedanta, mentre proprio la credenza di essere un io, secondo il buddismo, è l’essenza dell’ignoranza – il primo dei tre veleni che avviluppano l’esistenza e la radice ultima di ogni sofferenza. La letteratura, l’arte, perfino la musica buddista, ci ricorda ad ogni istante che siamo solo composti di aggregati e nessuno di essi ha una sostanza, siamo sempre e solo impermalenti: “nonsè”: anatta in pali.

Ciononostante, a metà Seicento, Cartesio dedusse la certezza del mondo esterno, fuori dall’io partendo dall’unica certezza dell’“io pensante” e scriveva:
E notando che questa verità: io penso dunque sono, era così solida e sicura che tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici non erano capaci di scuoterla, giudicai di poterla accogliere senza scrupolo come il primo principio della filosofia che cercavo […]. Pervenni in tal modo a conoscere che io ero una sostanza, la cui intera essenza o natura consiste nel pensare, e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo, né dipende da alcuna cosa materiale. Di guisa che questo io, cioè l’anima, per opera della quale io sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo.

A partire da queste considerazioni – del tutto contestabili – il mondo si divise in due, e il famoso dualismo cartesiano rese possibile ed esplicitò la “Scienza Moderna”. Da una parte ci furono le “cose che pensano” (il soggetto umano, inesteso, senza dimensione spazio temporale) dall’altra, le “cose estese”, la realtà fisica, la materia grezza, inconsapevole, estesa nello spazio e nel tempo, limitata, e dunque misurabile.

Tale operazione fece sì che tutta l’attenzione si posò da allora in poi sulla realtà oggettiva materiale esterna. Solo su questa materia esterna si possono compiere osservazioni e misure creando ipotesi esplicative e conducendo esperimenti destinati a verificare le ipotesi iniziali. Le osservazioni e misurazioni si posavano su due coordinate indispensabili: il tempo e lo spazio. La prevedibilità diventò infatti il tratto distintivo del metodo scientifico e il futuro diventò il tempo per eccellenza. Una volta che si conosce la causa, si conosce – e poi si potrà produrre – anche l’effetto, e la nostra esistenza si progettò verso il futuro.

Questo paradigma materialista domina ormai la cultura mondiale. Si crede infatti che la realtà esista indipendentemente dalla mente e dalla coscienza. La consapevolezza, ammesso che sia riconosciuta, è considerata una qualità fugace ed effimera della mente fisica. Tuttavia nessuno ha mai sperimentato o potrebbe sperimentare, la materia in assenza di mente e, come ci sta svelando la fisica quantistica, il presupposto della realtà della sola materia è fondato su una credenza non verificabile.

A cavallo tra Seicento e Settecento, il metodo fortemente razionalista inaugurato da Cartesio si saldò infatti con quello di Isac Newton che si serviva della numerazione matematica per descrivere e spiegare la Natura, completamente separata e indipendente da colui che la studia. Con ciò si verifica per la prima volta un cambiamento fondamentale nella storia della cultura umana. Come ha ben puntualizzato la giornalista e attivista canadese Naomi Klein, mentre osservava i saloni della Royal Society in Inghilterra (la più antica istituzione scientifica al mondo), fu proprio a partire dalla fine del Seicento che la Natura non venne più considerata – come era stata fino ad allora e in tante civiltà tradizionali – alla maniera di una Madre, qualcosa di immane che ci comprende tutti, qualcosa che pulsa e rende possibile la vita, un dolce equilibrio più grande di noi a cui va tributato rispetto e amore. Essa divenne invece un oggetto materiale, una macchina e più precisamente “un orologio meccanico”, asettico e completamente separato da noi che come ingegneri lo dirigiamo o lo modifichiamo.
 

Tutt’oggi il paradigma caratteristico della cultura occidentale è quello cartesiano-newtoniano. E attraverso questo schema mentale – materialistico riduzionistico, deterministico – che vengono visti e interpretati tutti gli eventi. In parole più semplici: l’unica realtà è la materia fisica, oggettiva, separata dal me soggetto, misurabile nello spazio e nel tempo (materialismo); in secondo luogo, per comprendere una qualsiasi cosa non dobbiamo fare altro che suddividerla in parti fino a capire le sue più piccole componenti materiali. Viene negato ogni effetto dovuto alla complessità e alla rete di relazioni, tutto sarebbe divisibile e analizzabile (riduzionismo). In terzo luogo, tutti gli eventi accadono perché una qualche legge li fa accadere. Se al momento qualcosa sembra capitare per caso, è perché non abbiamo ancora scoperto il nesso di causa-effetto, ma lo scopriremo un giorno (determinismo).

Per brevità la chiameremo Scienza con la S maiuscola per evidenziare la presunzione di superiorità a cui ha dato adito e l’assoluta superbia con cui si sono ammantati i suoi inventori: gli europei e poi gli americani. «Le verità scientifiche dipendevano dalla certezza e dalla prevedibilità matematica e i miracoli tecnologici sarebbero diventati la base della nuova rivoluzione industriale». Recentemente si è trovato una formula sintetica per definire il procedere della Scienza che seleziona dal reale solo determinate realtà-eventi: ciò che è Misurabile, Isolato, Ripetibile. Peccato che oggi in fisica ma anche in tutti gli altri campi di ricerca si vada scoprendo che il M.I.R costituisce solo il 5% dell’intera realtà e tale percentuale non è solo nello spazio sconfinato delle galassie ma è anche in questa stanza e pure dentro di noi. L’altra caratteristica fondamentale della Scienza è la specializzazione. Per conoscere le cose materiali, misurabili, isolate, non c’è altro da fare che studiare le cose sempre più in dettaglio, nelle loro parti più piccole e sempre più piccole. Si da per scontato che la totalità sia uguale alla somma delle parti. Questa stessa impostazione comporta necessariamente il fatto che perdiamo la visione d’insieme, perdiamo di vista le conseguenze delle specifiche azioni operate dalle varie scienze e poi dalle industrie, loro sorelle. In più la specializzazione comporta la ripetitività del lavoro, che conduce all’alienazione dell’uomo nelle catene di montaggio così bene studiata da Marx e dai socialisti.


Inoltre, via via che lo specialismo e la specializzazione scientifica aumentano, assumendo linguaggi sempre più non comunicanti, siamo costretti a delegare i collegamenti tra i saperi, ad un altro soggetto: il giornalismo e i media, una categoria molto legata alla nascita dell’industria che la rende in linea di massima portabandiera della modernità e dell’industrializzazione. Come vedremo in seguito, questi tratti contribuiscono a formare quel circolo chiuso in eccesso di autoreferenzialità che avviluppa la visione del mondo moderna.
In ogni caso, non ci può essere alcun dubbio che furono il materialismo e il riduzionismo scientifico a dare forma all’intera società industriale e alla sua innovazione tecnica fatta di macchine, armi, aerei e sottomarini. Lo sviluppo dell’industria non sarebbe stato avvallato e se non ci fosse stato il dogma di un mondo materiale oggettivamente esistente, in modo del tutto indipendente dal mondo mentale-psichico-spirituale

Fisica Quantistica e Nuove Scoperte
Eppure almeno dal 1930, le conoscenze che sono state raggiunte rendono insostenibile questo sottofondo di pensiero, sebbene l’Occidente faccia di tutto per nasconderlo e divulghi ancora il paradigma in cui era inquadrata la scienza alla fine dell’Ottocento. Dal 1930, nel campo della scienza per eccellenza – la fisica – sono avvenuti rivolgimenti del pensiero in seguito a formulazioni teoriche, sempre confermate, che hanno falsificato il paradigma cartesiano-newtoniano8. Sono i famosi Trent’anni che sconvolsero la fisica, dal titolo del libro del fisico russo George Gamow.
Con la relatività speciale o ristretta, enunciata da Einstein nel 1905, la fisica meccanicista o classica ha cominciato a vacillare: spazio e tempo hanno perduto ogni connotazione assoluta, materia ed energia sono diventate la stessa cosa. Con la relatività generale, formulata da Einstein nel 1916, la gravitazione, vista da Newton come una forza (e anche un campo), diventa la geometria dello spazio-tempo. Quanto accennato finora non ha mai in taccato il principio cartesiano fondamentale di netta separazione fra un osservatore (mente) e un osservato (materia, o materia-energia). La rivoluzione di Einstein è notevole, ma siamo ancora ben legati alla visione cartesiana.

Materia ed energia sono state unificate, ma il dualismo principale resta netto: c’è un mondo energetico-materiale oggettivo, che viene esplorato da una mente umana separata. Inoltre si continuano a considerare ovviel’impenetrabilità dei corpi (cioè il dualismo vuoto-pieno) e la logica “A non è non-A”(il principio di non contraddizione). Si pensa che gli atomi siano composti sostanzialmente da alcune particelle fisse o rotanti in un oceano di “vuoto”. Si continua a dividere ogni problema, ogni cosa, ogni processo in parti, senza tener conto che qualunque suddivisione risente di qualche “pregiudizio” e non può essere neutrale e valida universalmente.

Einstein non accettò mai la fisica quantistica, malgrado le evidenze già presenti prima della sua morte. Nel 1927 il fisico tedesco Werner Heisenberg formulò per la prima volta il suo famoso principio di Indeterminazione, poi inquadrato da Niels Bohr nell’interpretazione di Copenaghen. È impossibile, anche in linea teorica, separare il fenomeno dall’osservazione. Come dire, è impossibile distinguere la mente dalla materia. Ovvero, senza una forma “mentale”, non si può parlare di alcunché, se non come una fantomatica onda di probabilità. Gli sviluppi successivi hanno rafforzato la fusione mente-materia estendendola praticamente a tutto l’universale. Inoltre, l’indeterminazione applicata al binomio massa-tempo (o energia-tempo) ha portato a formulare il concetto di vuoto quantistico: non esiste alcuna particella né entità stabile, c’è solo una specie di vacuità creativa, una danza di energie che continuamente nascono nell’Essere e svaniscono nel Nulla. Il dualismo vuoto-pieno è scomparso: “A” e “non-A” possono coesistere. Non c’è alcun “mattone fondamentale” della materia.

Come precisa Dalla Casa: «Questo significa la fine dell’idea che il mondo materiale sia costituito di “particelle” e di “vuoto”, concezione che era in sostanza ancora quella di Democrito. Al suo posto è subentrata un’idea di vuoto-pieno continuamente e “contemporaneamente” pulsante, una specie di vacuità creativa-abbastanza simile alla sunyata del Buddhismo».

Queste idee sconvolgenti sono qualcosa che tutte le civiltà orientali ed indigene – che abbiamo colonizzato, depredato, sottomesso – hanno sempre saputo e vissuto. Esse sapevano che nulla è separabile nell’Universo e ogni processo o “oggetto” ha influenza su qualsiasi altro, a qualunque distanza spaziotemporale si trovi. La fede nell’interconnessione e dell’impermanenza di tutte le cose è totale e vibrante nel buddismo e nell’induismo dove la legge del karma sancisce che ogni cosa e persino i pensieri hanno una conseguenza nel mondo visibile e invisibile, prima e dopo la morte. “Tutto è Uno”, Ellam onru, è il principio che sostiene la prassi della tradizione non dualista indiana e il simbolo circolare dello Yin e dello Yang – tipico della tradizione cinese – è quello che meglio esprime la coesistenza degli opposti. Un cerchio in parte bianco e in parte nero, dove all’interno della luce c’è un punto di oscurità, all’interno dell’oscurità c’è un seme di luce. Ma il cerchio è tutt’uno e non si può separare.

Tuttavia è soltanto attraverso la Scienza cartesiano newtoniana – il suo riduzionismo e il suo determinismo – che l’uomo europeo ha acquisito uno straordinario potere sul mondo che lo circonda. Proprio perché si è ritenuto che l’unica realtà fosse quella del materialismo scientifico, che la conoscenza è stata ricercata in segmenti sempre più piccoli, ridotti e separati gli uni dagli altri (riduzionismo e relativismo). Solo questo approccio ha potuto far nascere l’industria con una tecnologia sempre più specialistica e potente che ignora le conseguenze a largo raggio dei propri prodotti.

Al contrario se prendiamo sul serio le scoperte della fisica quantistica, dovremo comprendere che la realtà non si può spezzettare, non si possono fare «riduzioni al semplice, né considerare le variabili come indipendenti, dato che le retroazioni sono numerosissime e intercollegate per cui ogni sistema deve essere considerato un sottosistema di quello totale, in realtà indivisibile».
La specializzazione che rende possibile l’industria è quindi di fatto un errore gnoseologico. La scienza moderna cartesiana newtoniana è una novità nel percorso dell’Homo Sapiens Sapiens (un novum – come lo chiama Panikkar) cioè «una forma particolare e ristretta di pensiero». Essa ha solo due-trecento anni, mentre la cultura indiana o quella cinese hanno settemila o quattromila anni.

Si tratta di tempi del tuttoin-significanti, soprattutto se guardiamo le cose dal punto di vista sistemico e ci rendiamo conto che l’umanità è una specie animale comparsa su uno dei tanti pianeti solo tre milioni di anni fa contro i tre o quattro miliardi di anni di esistenza della Vita sulla Terra. Ciò che siamo è un tutto indivisibile che ha impiegato quattro miliardi di anni per divenire ciò che è. Ci vuole una certa dose di presunzione per pensare di essere i più evoluti e di poter cambiare il mondo, e farlo cosi velocemente!
 

... analoghe alle antiche verità dell'Oriente
Ogni civiltà umana ha avuto un pensiero e un sapere, che lo abbia chiamato gnosis o episteme o sophia in greco o Jnana e Veda in sanscrito, oppure scientia in latino. Era comunque considerato un sapere esaustivo, vero, da cui gli uomini traevano il loro orientamento per vivere. Se guardiamo le cose dal un punto di vista del pensiero indù o buddista, la Scienza settecentesca si è concentrata solo su ciò che gli indiani chiamano la “lo stadio grossolano dell’esistenza” che è connesso con un determinato livello di coscienza, quello egoico. Abbiamo dimenticato che esistono dimensioni ben più sottili sia microcosmiche che macrocosmiche.

Ci soffermeremo su questi temi nella seconda parte del volume, ma possiamo anticipare che nei testi dell’antica India lo stato “materiale” che noi consideriamo l’unico reale, è chiamato “Stato grossolano” o “il Comune a tutti gli uomini”. Esso è esperito durante lo stato di veglia, quando la nostra coscienza è rivolta verso l’esterno (attraverso i sensi) e fruisce della materia grossolana o “sthula”. Per gli indiani è certo che esiste anche una materia sottile o “suksma” che può essere sperimentata dall’uomo in stati particolari di coscienza (senza dover ricorrere a costosissimi laboratori del CERN). Il secondo, il terzo e finalmente il quarto stato di coscienza permettono all’uomo di diventare consapevole dello stato subatomico e pertanto della progressiva interconnessione tra mente e mondo (Atman e Brahman) fino a sperimentare l’ineffabile Unità del tutto in uno stato unitario di completa gioia chiamato saccidananda: “essere, intelligenza, beatitudine”.

Com’è chiarito nella figura 2, l’evoluzione umana e il processo di realizzazione per cui l’uomo diviene divino, consistono quindi (contrariamente a ciò che pensiamo in Occidente) nell’abbandonare lo stato della coscienza ordinaria legato allo stato di veglia. Questo stato è connesso alla gabbia Egoica (cioè all’Ego come consolidamento del flusso esperienziale provocato dalla paura e dalla separazione) ed è legato alla dimensione psicologica, al pensiero razionale, al paradigma spazio-temporale e all’esperienza dell’amore passionale.

Allargando l’esperienza dell’Ego si può invece raggiungere il quarto stato della Pura Consapevolezza o Turiyacentrato sull’esperienza del Sé. In esso si vive l’area dell’intelligenza, del pensiero intuitivo, il paradigma quantico e l’amore apatico, cioè dell’amore illimitato e universale.

Il mondo grossolano dell’esperienza quotidiana con i suoi oggetti separati è la manifestazione della struttura dell’appercezione egoica, ma non ha nessuna realtà definitiva; è maya, illusione. Secondo le Upanishad e la filosofia indiana, l’errore, l’illusione consiste nel prendere questo stato quotidiano, “comune” come l’unico esistente o il definitivo.

Anche Platone con il suo famoso mito della caverna chiarisce la stessa cosa. Egli parla degli uomini comuni che fin dall’infanzia, credono veri gli oggetti quotidiani che invece sono semplici ombre. Uno di loro, attraverso forzo e sofferenza, riesce finalmente a rompere le catene che lo immobilizzano, a capovolgersi e ad abbandonare alle sue spalle la fede nella realtà ordinaria. Egli riesce finalmente a vedere la realtà e a contemplare ciò che è chiamato simbolicamente il sole, ma che è l’unica e pulsante origine di tutto ciò che vive.

Il mondo che vediamo tutti i giorni (empirico e fenomenico) non rappresenta l’intera realtà, anzi è solo il primo e più banale gradino di sapere degli uomini che sono schiavi delle apparenze. Oggi le scoperte della fisica subatomica ci avvicinano sorprendentemente a queste antiche concezioni sull’energia che costituisce l’essenza sottile del mondo.

Il fisico austriaco naturalizzato statunitense Fritjof Capra, specializzato nel campo delle alte energie, descrisse la sua conoscenza della realtà subatomica in un brano divenuto giustamente celebre:

In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica […]. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce, l’acqua e l’aria che mi circondavano erano composte da molecole e da atomi in vibrazione, e che questi a loro volta erano costituiti da particelle che interagivano tra loro creando e distruggendo altre particelle. Sapevo che l’atmosfera della Terra era continuamente bombardata da una pioggia di “raggi cosmici”, particelle di alta energia sottoposte ad urti molteplici quando penetrano nell’atmosfera. Tutto questo mi era noto ma fino ad allora ne avevo avuto esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e teorie matematiche. Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita: “vidi” scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e distruggevano particelle con ritmi pulsanti, “vidi” gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza cosmica di energia, percepii il suo ritmo e ne “sentii” la musica, e in quel momento seppi che questa era la danza di Shiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli indù.

L’immagine di Shiva Nataraja, Signore dell’universo e Re della danza, è da millenni raffigurata in bronzo in un cerchio di fiamme e simboleggia l’eterna congiunzione di creazione e dissoluzione16. Il grande storico dell’arte vissuto tra Londra e gli Stati Uniti, Ananda Coomaraswamy, ammirando il ritmo incontenibile, la bellezza, la potenza e la grazia di Nataraja, elucidò: «È la più chiara immagine dell’attività di Dio, che qualsiasi arte o religione possano vantare».

Nella grande notte di Shiva (Mahashivarartri), Shiva depone il tridente (trisula) per eseguire la danza estatica del Nataraja. Il tridente simboleggia i tre orditi-trame di pensiero da cui è congiuntamente costituito ogni essere vivente (pesante ed inattivo; passionale ed agitato; sereno, puro e contemplativo). Solo quando l’uomo padroneggia i tre orditi, può scoprire l’esperienza estatica del vero essere (Atman) rappresentata dalla danza.

Nelle quattro mani, Shiva regge a destra un piccolo tamburo (damaru) che testimonia il suono, che dà origine allo spazio e dunque alla creazione. Nella destra invece porta una lingua di fuoco, simbolo dell’incenerimento. La catena continua tra creazione e distruzione mantiene in vita l’universo (il seme che muore dando origine all’albero) ed è raffigurata dal cerchio di fiamme che circonda il Nataraja. La mano inferiore destra è nella posizione (mudra) che dice “non aver paura” (abhaya) mentre la sinistra offre protezione (varada). Il piede sinistro del danzatore è alzato ed allude all’elevazione e alla liberazione. Il piede destro, invece schiaccia il corpo prostrato di un demone che rappresenta l’Ego e i desideri che padroneggiano la natura inferiore dell’uomo.

La gloria dell’uomo sta nella conquista della sua natura più bassa, quando diventa signore dei suoi desideri. Il Serpente che adorna il collo del Nataraja simboleggia che egli domina totalmente i suoi desideri, i sensi e il suo ego. Infine, la serenità e l’assoluta indifferenza nel volto del Nataraja rappresentano la suprema tranquillità dell’Essere supremo (Atman) che collega e sostiene tutte le cose.

Il libro di Capra, Il Tao della Fisica è diventato un testo di riferimento internazionale, tradotto in 30 lingue, un grande successo con la sua sorprendente dimostrazione della concordanza tra scoperte della fisica quantistica e dell’Entanglement, e le antiche sapienza indù, buddiste, taoiste, zen. Un volume di avvincente bellezza dove i testi delle Upanishad, della Bhagadavgita, di Ashvaghosa, del Tao Te Ching, di ChuangTzu, sono accostati alle parole di Bohr, Heisenberg, Needlam, Bohm ad altri fisici contemporanei.

Le ricerche sulla realtà del mondo dopo il principio di Indeterminazione di Heisemberg – come scrive lo statunitense David Bohm – «hanno condotto verso una nuova concezione della totalità ininterrotta che nega l’idea classica della possibilità di analizzare il mondo in parti esistenti in maniera separata e indipendente».

La Federazione Tedesca Scienziati ha pubblicato nel 2005 il Manifesto di Postdam in cui ribadisce: «La realtà classica, fatta di ciò che è divisibile in termini di oggetti e di materia, emerge soltanto come ungrossolano risultato medio di una immateriale connettività potenzialmente omnipervasiva, unitaria, essenzialmente aperta sul piano temporale».

Il Manifesto è un accorato e potente appello ad abbracciare un nuovo tipo di conoscenza, visto il collasso attuale – ecologico, economico ed esistenziale – delle azioni legittimate dalla visione del mondo materialistica e deterministica.

Un altro Manifesto, quello sul Futuro dei sistemi di Conoscenza firmato nel 2009 dallo stesso Capra, da Vandana Shiva e Carlo Petrini e un team di scienziati, sostiene che la visione del mondo materialistica e meccanicistica è all’origine delle molteplici crisi che l’umanità si trova ad affrontare.

«Per centocinquanta anni la scienza ci ha portato a credere che siamo separati da tutto, che siamo separati dal nostro corpo, separati dal mondo, separati uno dall’altro» afferma l’autore americano Gregg Braden «E la conseguenza di questo pensiero sono le crisi che vediamo nel mondo di oggi».

Anche Tiziano Terzani era consapevole delle nuove prospettive della scienza e citava il principio di Indeterminazione di Heisemberg del 1927: «La scienza sta accettando che, contrariamente a tutto ciò che ha pensato finora, non esiste una osservazione oggettiva, in quanto persino gli oggetti più inanimati non restano indifferenti all’essere scientificamente osservati: reagiscono!»22.Pochi mesi prima di lasciarci, Terzani infatti individuava l’origine del nostro deragliamento proprio nel materialismo e denunciava: «Il male del nostro tempo è che abbiamo messo la materia al centro di tutto e non consideriamo niente al di là della materia. Questo giustifica il capitalismo, giustifica la ricerca esclusiva del profitto e la nostra aspirazione ad avere piuttosto che a essere».
In maniera del tutto analoga oltre 100 anni fa, già Gandhi aveva denunciato i mali del colonialismo inglese in quanto «espressione della moderna civiltà materialistica. La sua insensata adorazione per la materia ha dato origine ad una mentalità che guarda al progresso materiale come alla meta ultima, ed ha perso la nozione dei veri fini del vivere». 

Estratto da “Verità della decrescita. Via dalla scienza totalitaria per salvare il mondo” di Gloria Germani
Castelvecchi editore ©2021 Lit Edizioni s.a.s. Per gentile concessione

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Verità della DecrescitaVia dalla scienza totalitaria per salvare il mondo
 



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09 MARZO 2019 MILANO - INCONTRO COME SOPRAVVIVERE IN UNA ERA DIGITALE
15 MARZO 2019 BATTAGLIA TERME (PD) - DOCUMENTARIO UNA POPOLAZIONE FUORI DAL GREGGE
12 - 14 MARZO 2019 LONDRA - PARTECIPAZIONE COLLETTIVA ALLA LONDON BOOK FAIR 2019
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