LA GLOBALIZZAZIONE E' MORTA E SEPOLTA
Davide Casaleggio intervista Jeremy Rifkin
1- L'ERA DELLA RESILIENZA
DAVIDE CASALEGGIO: Sono Davide Casaleggio.
JEREMY RIFKIN: Ci siamo conosciuti molti anni fa, non so se si ricorda.
J.R.: Mi era venuto a trovare. Abbiamo passato circa un’ora insieme a parlare di quella filosofia sul MoVimento.
D.C.: Sì, certo! Circa 10 anni fa forse.
J.R.: Tuo padre era ancora vivo all’epoca. Avete fatto un ottimo lavoro e vi ho seguito da lontano. Avete creato un movimento politico molto interessante.
D.C.: Grazie. In questi tempi complicati, stiamo cercando di capire la visione economica, anche perché non è solo una questione di salute: anche se questo è il problema principale che oggi deve essere considerato, dobbiamo anche capire cosa avverrà nei prossimi mesi. Sarebbe bello se ci potesse fornire alcuni approfondimenti su cosa pensa del futuro.
J.R.: Mi faccia iniziare con la pandemia.
D.C.: Certo.
J.R.: Penso che ci sia bisogno di comprendere il motivo per cui è diffuso il Coronavirus e cosa succederà in futuro. Sarà difficile per il pubblico italiano e americano, come per altri, sentire che questa pandemia è strettamente connessa al cambiamento climatico.
Abbiamo avuto una serie di pandemie nel corso degli ultimi anni, senza precedenti – Sars, Mers, Zika, Ebola. All’interno della comunità scientifica, e anche della comunità imprenditoriale, sapevamo che le pandemie sono endemiche del cambiamento climatico ed ecco perché: ciò che sta accadendo, come sapete, è che il cambiamento climatico cambia i cicli dell’acqua della terra. Quindi, in un pianeta fatto di acqua i nostri ecosistemi si sono sviluppati nel corso di milioni di anni sulla base delle precipitazioni attraverso le nuvole che bagnano i nostri ecosistemi.
Quello che è successo è che per ogni grado Celsius di aumento della temperatura sul pianeta, a causa delle emissioni climalteranti delle attività industriali l’atmosfera sta assorbendo il 7% in più di precipitazioni dalla terra per il calore, e le emissioni di gas serra stanno spingendo le precipitazioni dalla terra alle nubi, causando così una maggiore concentrazione di precipitazioni e una curva maggiore di eventi esplosivi e imprevedibili: nevicate invernali da record, 70 gradi Celsius sotto zero nell’emisfero settentrionale, vortici polari e in ogni continente si verificano alluvioni in primavera. Poi, dopo le alluvioni primaverili, siccità e incendi in estate. E dopo l’estate, in tutti i continenti si verificano uragani e tifoni. Gli ecosistemi non possono sopportare dopo milioni di anni questo drammatico cambiamento del ciclo dell’acqua e stanno collassando. Questo è il punto numero uno.
Numero due: lo sviluppo umano. Quello che sta accadendo è che, se si guarda a un secolo fa, solo il 15% circa della natura selvaggia delle terre emerse era sfruttata dell’essere umano. L’85% del mondo era ancora selvaggio. Oggi, rimane solo il 23% del mondo selvaggio. Abbiamo perso oltre il 77% e si va tanto velocemente che lo perderemo del tutto entro i prossimi due decenni, se andiamo avanti così.
Ciò significa che non sono solo i rifugiati umani a migrare a causa del cambiamento della temperatura, del ciclo dell’acqua, delle inondazioni, della siccità, degli incendi, degli uragani. Anche gli animali migrano. Gli animali selvatici migrano, e anche i virus migrano.
Questi sono dei virus rifugiati. Fanno un giro in autostop sugli animali, e gli animali si avvicinano sempre di più agli esseri umani perché i loro habitat vengono distrutti. Quindi entriamo sempre in più stretto contatto con gli animali. I virus si attaccano ai pipistrelli ad esempio, potrebbe essere il pollame, potrebbe essere il bestiame, potrebbero essere le scimmie, ma quello che sta accadendo è che con la migrazione di massa ci dovremo aspettare più pandemie.
Queste non sono solo speculazioni. Ci sono tanti studi che sono stati condotti negli ultimi cinque anni. Siamo stati avvertiti dalla Banca Mondiale, dal WHL dal CDC Centro per il controllo delle malattie negli U.S.A. dal nostro Health and Human Services, dal Dipartimento della Difesa, in tutto il mondo la comunità scientifica ha avvisato, e recentemente l’anno scorso anche il nuovo Presidente, che ci accingiamo ad affrontare la prospettiva di grandi pandemie.
D.C.: Sì.
J.R.: Quindi, quello che sta succedendo, ti faccio un esempio, è che il range della temperatura si sposta verso Nord, così il caldo si sposta sempre più a nord. Le zanzare stanno migrando verso le latitudini settentrionali e così i virus. Quindi, questo è difficile da ascoltare, però non succederà solo questa volta. Il coronavirus non è una pandemia una tantum. Ne abbiamo già avute cinque negli ultimi cinque anni.
D.C.: Quindi, pensi che ciò accadrà più di frequente?
J.R.: Guardando i Friday for Future, sai, gli scioperi… Non li avevo capiti, sai, abbiamo avuto proteste nel corso di tutta la storia. Ci sono sempre state proteste. Sono stato nel mondo dell’attivismo per 50 anni; le proteste sono normali nella storia. Bene ma, non avevo capito, fin quando non mi trovavo in Italia e stavamo presentando un nuovo libro e ho passato un pomeriggio con un po’ di persone della Gen Z che facevano parte del movimento Friday for Future, un paio di studenti delle scuole superiori e dell’università, e mi ha colpito, ed è stato imbarazzante che non avessi capito prima cosa riguardavano questi scioperi.
Cioè che milioni di ragazzi sono usciti delle loro scuole o i Millennials dai loro uffici, la Gen Z, milioni di loro in 140 paesi. La loro non era come tutte le altre proteste, e anche loro non lo capivano. La loro è stata la prima rivolta della specie umana. Questo lo puoi mettere per iscritto.
D.C.: Ok.
J.R.: Questa è stata la prima volta nella storia di uno sciopero dove due generazioni – Millennials e Gen Z – hanno cominciato a pensare a sé stessi come una specie.
Non c’è mai stata una protesta in cui due generazioni di esseri umani, attraverso tutti i confini che li separano l’un l’altro, si sono presentati come un’unica specie, una specie in via di estinzione. Non era mai successo prima ed è la prima volta che un’intera generazione è sembrata non solo in pericolo d’estinzione, ma ha cominciato ad empatizzare con i propri simili come parte di una famiglia evolutiva. Lo abbiamo visto per esempio, con gli incendi in Australia, sai, le persone mortificate quando hanno visto i canguri scappare dagli incendi, i koala che bruciavano a terra. Le persone in tutto il mondo piangevano. Così i ragazzi hanno iniziato a rendersi conto che al mondo non c’è solo una specie in estinzione, e a considerare le altre creature come loro simili ed è probabilmente quella famiglia evolutiva che non si era mai verificata per generazioni.
E terzo, penso che sia ugualmente importante, stanno cominciando a vedere la biosfera come una comunità indivisibile. Iniziano a imparare la lezione crudele del cambiamento climatico, da cui tutto quello che facciamo è influenzato e che colpisce tutto quello che si trova su questo pianeta. Di certo la pandemia ci ha dimostrato questo. E questo ci porta dalla geopolitica alla politica della biosfera: è una nuova presa di coscienza.
Invece di tutti quei confini politici che abbiamo imposto nel passato, ora tutti siamo coinvolti in una biosfera e tutto ciò che accade in una parte del mondo dal cambiamento climatico, alle pandemie, influenza tutti gli altri. Ciò significa che bisogna pensare come una specie unica e pensare ai nostri simili come parte di una famiglia e pensare alla biosfera come una cosa unica e indivisibile. È questo il cambiamento di coscienza ed è grande come il passaggio dalla visione cristiana medievale del mondo all’Età dell’Illuminismo, l’età del progresso.
Questa è l’Età della Resilienza. Questo è ciò di cui si tratta. Non è più l’età del progresso, non credo che nessuno lo pensi, ma è l’età della resilienza. Richiede un movimento politico basato sulla resilienza.
Essere in grado di lavorare insieme nelle bioregioni locali e poi lavorare insieme in tutto il mondo, per capire che dobbiamo condividere la biosfera, e ognuno di noi deve essere responsabile con i propri partiti politici dei nostri 19 chilometri di biosfera dalla stratosfera alla litosfera.
Dobbiamo farlo a livello regionale. Penso che i giovani lo abbiano capito profondamente. Hanno iniziato a pensare come specie ma questo è solo il primo passo, anche se grande. Tutti i vecchi confini sono saltati e poi pensare alla biosfera nel suo insieme è solo il primo passo, ma è un risveglio politico che manda in frantumi i confini politici che abbiamo creato. I confini geopolitici, politici, i confini economici, i confini sociali sono appena stati spazzati via.
2- LE TRE INFRASTRUTTURE DI OGNI RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
DAVIDE CASALEGGIO: Al momento ci sono due problemi. Uno è ovviamente l’ambiente e come dici tu, l’ambiente può essere legato alle pandemie e ad altri problemi che potremmo avere e che descrivi molto bene nei tuoi libri. Ma oggi c’è anche la questione dell’impatto economico di questa pandemia che ha scosso le economie, almeno in Europa, ma penso prossime settimane probabilmente anche negli Stati Uniti. Come ne usciremo una volta che potremo pensare di nuovo all’economia?
Perché stavo riflettendo sul fatto che dopo grandi pandemie come l’influenza spagnola, o dopo le due grandi guerre mondiali, abbiamo sempre avuto una ripresa con grandi investimenti da parte degli Stati. Quindi, possiamo iniziare a pensare a che tipo di investimenti lo Stato dovrebbe fare per far crescere di nuovo l’occupazione, per far salire il PIL e avere il mondo in cui vorremmo vivere? Possiamo iniziare a pensare a questo tipo di approccio ora?
JEREMY RIFKIN: Sì, ho consigliato che è quello che dobbiamo fare, e da un po’ di tempo, anche prima di questa pandemia, stavamo cominciando. Come sai, ho contribuito a progettare il piano per l’Unione Europea e come si muoverà verso un’Europa smart e ho anche lavorato con la leadership cinese a quello che abbiamo chiamato China Minute Plus. Quindi abbiamo avuto anni di esperienza e lavorando con la leadership di entrambe le due superpotenze e nella progettazione di un piano che ci permetterà di passare ad una nuova fase di sviluppo economico. Ora, ciò che è successo è che abbiamo bisogno di fare un passo indietro per un momento.
Guardare come le grandi trasformazioni economiche nella storia si sono verificate è la chiave, perché sapere come si sono verificate vuol dire ottenere una potenziale mappa e un orientamento su cosa fare in questa crisi. Perché questa non è solo una depressione ma è una crisi storica. Intendo, davvero senza precedenti.
Permettimi di aggiungere una cosa, sai che l’Europa ha avuto una crisi simile nel Medioevo: è stata chiamata la Peste Nera, più della metà della popolazione europa morì in 200 anni. Allo stesso modo abbiamo avuto la piccola Era Glaciale che ha gelato l’intero continente e tutto il mondo: milioni di persone sono morte di fame perché le coltivazioni non crescevano e quello che ha fatto è portare a un disincanto circa il modo di vedere, narrare, di comprendere il mondo. Era relazionata con la società, perché la Chiesa non era in grado rispondere alle domande. La chiesa continuava a dire che è necessario pregare Dio, o si era peccatori, o che si doveva pagare penitenza, ma niente di tutto ciò ha funzionato.
Così quella visione del mondo è andata in frantumi, non esisteva più una narrazione.
Nella visione cristiana medievale del mondo, Dio non è accorso in aiuto e ciò ha portato all’inizio di un interesse verso una rivoluzione tecnologica e una rivoluzione sociale: nuove tecnologie, il passaggio per il quale gli esseri umani diventando i padroni del loro destino. Ha portato l’Illuminismo e l’Età del Progresso e una nuova filosofia di vita basata sugli esseri umani in grado di prendere il posto di Dio e, si spera, governare la natura attraverso la tecnologia che stavano sviluppando nell’Età Moderna, dal motore a vapore. E permettimi di fare come una premessa.
Ci sono state almeno sette principali trasformazioni economiche nella storia. Non avvengono molto spesso. La ragione è che condividono un comune denominatore, cioè molte volte sono state un colpo di fortuna: in un dato momento, nel corso della storia della civiltà, le tecnologie emergono e convergono per creare quello che noi chiamiamo in ingegneria piattaforma tecnologica per uso generale, cioè un’infrastruttura.
Questa è la chiave: l’infrastruttura che cambia radicalmente il modo in cui gli esseri umani gestiscono il potere e cambiano la loro vita economica quotidiana, la loro vita sociale, la loro governance. Ecco cosa sono queste tre rivoluzioni tecnologiche.
Numero uno, le nuove rivoluzioni della comunicazione sono essenziali, permettono ad una collettività più estesa di riunirsi e creare relazioni complesse e diversificate nella vita economica e sociale.
Numero due: le nuove fonti di energia consentono ad un maggior numero di persone di unirsi in una nuova relazione socioeconomica perché hanno più energia per le attività logistiche.
Numero tre, nuovi tipi di mobilità e logistica consentono a gruppi di persone più complessi e più grandi di riunirsi e avere la possibilità di muoversi e avere la società maggiormente diversificata di cui hanno bisogno.
Così quando la comunicazione si unisce a nuove fonti energetiche, nuove modalità di mobilità e logistica, cambia radicalmente il modo in cui la società gestisce i poteri, la vita economica, la vita sociale e la governance. Cambia il nostro orientamento spazio-temporale, cambia il nostro ambiente, i nostri edifici, le nostre infrastrutture, cambiano i nostri modelli di business e la nostra governance.
Ti farò due esempi e il secondo è fondamentale perché è il punto in cui ci troviamo in questo momento. Quindi se si guarda alla Prima Rivoluzione Industriale, in Gran Bretagna c’è stata una convergenza e questo è successo dopo l’Era Glaciale e la Peste. È iniziata nel 1770. In un primo momento c’è stata la rivoluzione della comunicazione grazie alla stampa di stato. La stampa è stata sviluppata nel 1400, ma la stampa a vapore ha davvero aumentato l’alfabetizzazione, vale a dire quando si è iniziata ad usare l’energia a vapore per la stampa di massa, e quindi a stampare molto velocemente e a buon mercato. Si potevano avere giornali, consegne quotidiane di giornali, si potevano richiedere libri di testo per il nuovo fenomeno chiamato educazione della scuola pubblica.
Così, la rivoluzione della stampa a vapore e poi, nell’ultima parte del XIX secolo il telegrafo, ci hanno permesso un nuovo modo di comunicare, di avere relazioni più grandi e complesse per un numero maggiore di persone consentendo appunto la comunicazione.
Poi alla rivoluzione della comunicazione si univa una nuova fonte di energia, il carbone raccolto dallo stesso motore a vapore utilizzato per la rivoluzione della stampa. Poi il motore a vapore è stato messo su rotaia per la mobilità e la logistica, tramite le ferrovie. Così, l’unione tra comunicazione, energia, mobilità e logistica, ha cambiato il nostro orientamento spazio-temporale.
Immagina le persone in grado di utilizzare la stampa per comunicare tra loro al di là della comunicazione orale e poi, naturalmente, la locomotiva… 50 miglia all’ora.
Tutto questo ci ha portato a cambiare il nostro ambiente edilizio, siamo arrivati alle grandi città, mercati urbani e quelle città hanno creato un fitto agglomerato urbano grazie ai trasporti. Poi, quello che è successo dopo, cioè abbiamo creato i mercati nazionali poiché avevamo comunicazione, energia, mobilità. Ciò ha riunito grandi gruppi di persone in tutta la Gran Bretagna. I mercati nazionali hanno dato origine ai governi nazionali in tutto il mondo, e i governi nazionali hanno cambiato la nostra filosofia di vita e ci hanno portato in un mondo nuovo.
Se si guarda la Seconda Rivoluzione Industriale negli Stati Uniti abbiamo avuto una convergenza simile nel XX secolo. La grande rivoluzione della comunicazione era il telefono, che è stata probabilmente la più grande rivoluzione nella storia. Prova a pensare alle persone che comunicano a quella velocità a migliaia di miglia di distanza.
Poi la radio e la televisione, così negli Stati Uniti, questa rivoluzione della comunicazione si univa ad una nuova fonte di energia: il petrolio del Texas.
Poi Henry Ford ha messo tutti sui trasporti con motore a combustione interna, la ferrovia, i trasporti via mare e aria. Quella rivoluzione ci ha portato dai mercati nazionali alla globalizzazione, e con la globalizzazione ci ha portato a gigantesche multinazionali integrate verticalmente, “Fortune 500”, per gestire la logistica e la catena di distribuzione. Ci ha portato anche alla costruzione di un nuovo ambiente, dall’ambiente urbano a quello suburbano.
D.C.: Nel tuo libro parli del modo intelligente di trattare l’elettricità e di nuove infrastrutture in grado di farlo, questo è quello a cui vuoi arrivare?
J.R.: Sì, è esattamente la direzione in cui dobbiamo andare. Attualmente sto lavorando con la Commissione Europea e il Parlamento Europeo e ora stiamo digitalizzando la Rete elettrica, trasformandola in Internet dell’Energia, perché quei milioni di attori che producono energia solare ed eolica dove vivono e lavorano, condividono quella che non usano.
Condividere l’elettricità del governo mediante algoritmi, sempre più elettricità digitalizzata, maggiore energia rinnovabile, per la condivisione dell’energia con gli altri così come già condividiamo le notizie, la conoscenza, l’intrattenimento tramite la comunicazione via internet, utilizziamo la stessa tecnologia dei big data. È la stessa cosa. Unisce i due Internet e uno si organizza con l’altro.
Ora, questi due tipi di Internet si stanno unendo con un terzo internet, quello della mobilità e della logistica digitale, fatta di veicoli elettrici e di grandi autocarri a lunga percorrenza. Quei veicoli elettrici saranno alimentati da energia solare ed eolica tramite l’internet dell’energia e saranno autonomi su strade, ferrovie, via mare e via terra, nei prossimi dieci anni. Gestiti dagli stessi dati, dalle analisi, dagli stessi algoritmi della governance che usiamo per condividere le notizie, la conoscenza, l’intrattenimento sull’Internet per la comunicazione e condivideremo energia tra di noi tramite la rete dell’energia solare ed eolica.
I tre Internet sono progettati per gestire il potere e la comunicazione, l’energia, la mobilità, la logistica della società. Cavalcano l’onda dell’Internet delle Cose, in virtù del quale stiamo mettendo i sensori in tutto il mondo: campi agricoli, fabbriche, smart home, veicoli smart, magazzini. Si raccolgono dati ed entro il 2030 saremo interconnessi in tutto il mondo e cambierà profondamente il modo in cui gli esseri umani organizzeranno la loro vita quotidiana.
Il lato positivo di tutto questo è che potremo collegarci con il mondo intero e ci sposteremo dalla globalizzazione, dalla Seconda Rivoluzione Industriale.
Prima c’erano i mercati nazionali, poi la globalizzazione. Ora stiamo passando alla “glocalizzazione” e cioè verso le regioni di tutto il mondo, non solo la Catalogna e la Scozia. Lo vedi in Italia la tecnologia è conveniente. Lo hai visto nel mondo politico con quello che hai fatto in Italia, il primo esperimento politico al mondo, ma sta diventando così conveniente che le imprese locali, le cooperative e le PMI possono coinvolgere altri in tutto il mondo con costi fissi molto bassi e costi marginali prossimi allo zero; possono bypassare alcune di quelle enormi multinazionali verticalmente integrate “Fortune 500” di cui avevano bisogno come intermediarie per la filiera logistica.
Ci stiamo spostando dalla globalizzazione alla glocalizzazione e gli abitanti non saranno più isolati, così anche gli edifici urbani e suburbani cambieranno, i nuovi edifici saranno dei grandi nodi. Tutti gli edifici che avete in Italia oggi, saranno ristrutturati per diventare resilienti al cambiamento climatico e alle pandemie.
Jeremy Rifkin
6 - 7 Aprile 2020
Davide Casaleggio intervista Jeremy Rifkin
|