CE LO INSEGNANO I BAMBINI
di Isabella Bresci
Vi sono due livelli di amore. Sovente, quando si dice di amare i bambini, ci si riferisce alle cure, alle carezze che si prodigano a quei bambini (…) Ma il livello di cui parlo io è un altro. L'amore non è più né personale, né materiale: chi serve i bambini sente di servire lo spirito dell'uomo, lo spirito che deve liberarsi (…) (Maria Montessori)
Mai dire mai... diceva mia madre. Infatti alla veneranda età di 54 anni, la Vita mi ha riportata alla professione per la quale avevo studiato ma che avevo da sempre accantonato per una moltitudine di ragioni: l'insegnante di scuola primaria... la maestra, come dicono i bambini.
Primo giorno di scuola, autunno 2016. Un flash-back. La classe di cui ho appena varcato la sogliaassomiglia spaventosamente a quella del mio primo giorno di scuola nell'autunno del 1967. Tutto sembra cristallizzato nel tempo. Fisicamente pare tutto quasi uguale e poco dopo scopro che, nella scuola in cui mi trovo, anche il metodo è quasi identico. I libri di tutti e cinque gli anni invece sono molto diversi, testo e immagini sono fitti e riempiono tutto lo spazio, alcuni degli argomenti che trattano, ricordo di averli studiati in terza media...Da lì si susseguono fino a giugno una pletora di forti sentimenti ed emozioni contrastanti e difficoltà di ogni genere che non sto ad elencare perché ci vorrebbe un articolo a parte oppure un libro Cuore 2.0 Durante le vacanze di Natale decido di concedermi un po' di “riposo spirituale” e acquisto un libro di cui avevo sentito parlare in una trasmissione culturale in tv.
L'autore è Davide Tamagnini, un maestro di scuola primaria di Varallo Pombia, un paesino del novarese presso il Ticino. Davide è uno di quei maestri col quale imparare diventa un'avventura, un gioco, un impegno a volte faticoso ma stimolante.
Ciò che scrive nel libro mi ridona l'entusiasmo messo a dura prova dalle difficoltà incontrate con il msistema scolastico che mi pare una giungla intricatissima nella quale, per farsi strada e riuscire a procedere, bisogna essere attrezzati di machete. Certo è che per la scuola dove insegno, quello che leggo è irraggiungibile nel quotidiano, se c'è qualche collega disponibile si riesce a mettere in pratica, con poco materiale e molta fantasia, qualche bel progetto stimolante e innovativo, ed è già un enorme risultato che fa ben sperare.
Il libro di Davide Tamagnini si compone di cinque parti, le prime due sono brevi, una sorta di doppia introduzione; nella prima l'autore si cura di definire, in tredici punti, che cosa lui intende con scuola democratica, “scuola di tutti e per tutti” e conclude dicendo:“(...) Dobbiamo ristrutturare il sistema di ruoli e pratiche disumanizzanti che ormai si sono totalmente consolidate da apparire normali. Sebbene siano il risultato di scelte che, purtroppo, hanno fatto cultura, tuttavia, in quanto tali, sono passibili di cambiamento. Per cambiare direzione abbiamo bisogno di lenti nuove per poter guardare noi stessi e le persone con cui lavoriamo da un nuovo punto di vista. (…)
Abbiamo bisogno di una didattica competente e inclusiva che sappia accogliere i 'normali bisogni speciali' di ogni studente e dare spazio a percorsi di crescita personali. Questo rappresenta un buon antidoto alla contro la noia e l'abitudine, parole che purtroppo marcano le esperienze di insegnamento e apprendimento, talvolta alla stregua di un male necessario. (...)”
Nella seconda parte, l'autore dedica tre paragrafi all'amore... amore e ambiente amorevole, necessari e indispensabili per l'apprendimento citando e ricordando gli illuminanti insegnamenti di Don Milani e Paulo Freire, di Gregory Bateson e John Dewey.
Nell'interessantissimo capitolo “La scuola dei bambini” Davide Tamagnini accenna al problema dell'inclusione, del lessico e delle sigle usate attualmente per definire i vari 'svantaggi' (socio-culturale, linguistico, cognitivo, ecc...). Il discorso poi si allarga all'identità professionale, al respiro globale da dare alle esperienze scolastiche, alla responsabilità di trasmettere una 'cultura planetaria' “(...) una visione delle interdipendenze biologiche, storiche e psichiche in grado di costruire una società responsabile e democratica, dunque aperta e rispettosa delle differenze, capace di ridefinire i diritti e i doveri della convivenza tra persone, una società capace di condividere.”
Nell'ultimo paragrafo dedicato agli insegnanti, l'autore sottolinea l'impronta “addestrativa” che accomuna molte pratiche didattiche e la scarsa rilevanza che viene data al lavoro di gruppo; segue un elenco di doveri tra cui la competenza sui processi di apprendimento e la tutela dei bisogni del bambino.
La terza parte dal titolo “Qualcosa si può fare” si addentra nella pratica partendo dall'etimologia del verbo insegnare: lasciare un segno. Suggerisce di tenere un diario per non perdere materiale prezioso (situazioni problematiche, momenti significativi) e trovare colleghi disponibili a collaborare chiedendo loro di osservarci mentre facciamo lezione per darci il loro parere, non per giudicare, ma per registrare passaggi goffi e capire di quali premesse culturali e pedagogiche sono espressione. I dati raccolti possono diventare occasione di confronto e scambio. Queste 'fatiche' sono rigeneranti e ci consentono di riflettere.
Ovviamente per apportare cambiamenti significativi è necessario l'appoggio di una dirigente scolastica di ampie vedute e di genitori collaborativi per poter sperimentare un'impostazione di lavoro centrata su apprendimenti autentici legati ai contesti di vita reale. Segue un elenco di cinque NO ben argomentati: No ai libri di testo, no alle schede fotocopiate, no all'emarginazione di alcuno, no ai compiti, no ai voti.
“(...) Se la scuola deve preparare alla vita, che la vita stessa ne sia il banco di prova, la materia sulla quale lavorare insieme. Non possiamo – ed è paradossale già solo pensarlo! – chiudere la vita fuori dalla nostraaula, relegarla entro parentesi esplicative al fine di rianimare sequele di pratiche ed esercizi esanimi (...)”.
Prosegue trattando in modo molto approfondito e con esempi, questioni pratiche quale l'approccio naturale e inclusivo alla letto-scrittura, il problema della valutazione, il confronto coi colleghi, i compiti, il rapporto con le famiglie e quello coi colleghi.
La quarta parte tratta dell'interpretazione corretta delle emozioni che non sempre sono decodificabili dai comportamenti; avere uno sguardo 'stereoscopico' cioè come quello dei nostri occhi, ognuno ha il suo punto di vista ma ognuno completa la visione dell'altro e questo è ciò che permette di dare profondità a ciò che vediamo e non appiattire la realtà su un'unica visione. Seguono esempi sull'ambiente di lavoro (organizzare la classe), la gestione del tempo e il riconoscimento dei tempi di apprendimento di ciascuno, la curiosità dei bambini che non va tarpata ma anzi fa da volano alla motivazione ad apprendere e richiede uno sforzo non indifferente da parte dell'insegnante. Occorre “riconnettere”, riconnettere il corpo e la mente, riconnettere i saperi delle varie discipline, riconnettere le persone promuovendo l'ascolto profondo, il rispetto, la tenerezza contro l'egoismo, la chiusura, il privilegio.
La quinta ed ultima parte inizia con la postfazione “Dialogo a più voci” che riporta le osservazioni su questo libro da parte di tre esperti: Grazia Honegger Fresco * , Marinella Sclavi** e Lilia Andrea Teruggi*** e conclude con la straordinaria, a mio parere, trascrizione di una registrazione del dialogo dell'autore e di alcune colleghe sul titolo da dare a questo libro, quattro pagine di riflessioni, consigli, idee per una scuola migliore e per il migliore titolo possibile...
Riporto qui un breve racconto dal capitolo “Si deve fare”, una meravigliosa metafora per il mondo della scuola:
Uno scienziato, che era molto preoccupato per i per i problemi del mondo, si era deciso a trovare la soluzione per porvi rimedio. Passava i giorni nel suo laboratorio alla ricerca delle risposte ai suoi dubbi. Un giorno, suo figlio di sei anni, entra nel suo “santuario” deciso ad aiutarlo a lavorare. Lo scienziato, nervoso per quella interruzione gli chiese di andare a giocare da un'altra parte.
Vide che la cosa era impossibile, allora il padre pensò a qualcosa che potesse intrattenerlo. All'improvviso ritrovò una vecchia rivista nella quale c'era una cartina del mondo. Prese le forbici e ritagliò la mappa in diversi pezzi. Consegnò al figlio i pezzi e un nastro adesivo e gli disse: “visto che tipiacciono i puzzle, ti darò il mondo tutto rotto in modo che tu lo sistemi senza l'aiuto di nessuno”. Lo scienziato calcolò che il piccolo avrebbe avuto bisogno di almeno dieci giorni per ricomporre la mappa, ma le cose andarono in modo diverso. Dopo poche ore il bambino rientrò nel laboratorio e con molta calma disse: “Papà, sono riuscito a farlo tutto, l'ho finito”.
All'inizio il padre non gli credette. Pensava che fosse impossibile che, alla sua età, fosse riuscito a comporre una mappa che non aveva mai visto prima di allora. Per sua sorpresa la mappa era completa.Tutti i pezzi erano stati collocati al loro posto e la mappa era giusta. Com'è stato possibile? Come aveva fatto il bambino a sistemare il mondo?
“Figlio mio, tu non sapevi com'era il mondo, come sei riuscito a metterlo a posto?”“Papà, è vero, non sapevo com'era il mondo ma quando hai preso la mappa della rivista per ritagliarla,ho visto che dall'altra parte c'era la figura di un uomo. Così ho pensato di girare tutti i pezzi ed ho cominciato a ricomporre l'uomo, perché so com'è l'uomo”
“Vedi papà, una volta che sono riuscito a sistemare l'uomo, ho voltato pagina e ho visto che avevo sistemato il mondo”
Isabella Bresci
Torino, 21-08-2018
Davide Tamagnini
Si può fare - La scuola come ce la insegnano i bambini
Edizioni Meridiana – collana Partenze, Molfetta (BA) 2017
pagg. 160, € 16,50
Davide Tamagnini è sociologo, “itinerante” e maestro “in-stabile” alla scuola primaria, è diplomato in didattica Montessori presso l'ONM. E' esperto di didattica, ascolto, facilitazione, educazione civica e valorizzazione della memoria.
*Allieva diretta di Maria Montessori
** Sociologa, scrittrice e studiosa di arte di ascoltare e gestione creativa dei conflitti. E' stata docente di antropologia urbana al Politecnico di Milano
*** Docente di Didattica Generale e Didattica della letto-scrittura presso l'Università degli studi di Milano Bicocca
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