LA POESIA DELLA NATURA
Conversazione con Gary Lawless
Jamie Sayen (in seguito JS): Quando ci siamo incontrati più di dieci anni fa stavi tenendo una discussione su un’idea che mi colpì perché piuttosto sorprendente e nuova, un’idea che tu hai chiamato “dare voce al posto”. Potresti spiegare cosa vuoi dire e come sei arrivato a vedere le cose da questa prospettiva e perché trovi che sia un modo utile di osservare il mondo? Gary Lawless (in seguito GL): Penso che l’idea sia stata stimolata dalla mia connessione con il movimento bioregionale. Quando per la prima volta ho iniziato ad andare alle riunioni del movimento bioregionale, ad ognuno veniva ricordato che quando parlava del proprio posto – il posto da cui veniva, la sua bioregione, la sua casa biologica – sia politicamente che culturalmente, non stava parlando solo per, nel mio caso un bianco, uomo, Europeo, in realtà stava rappresentando tutto ciò che ha vissuto, si è mosso ed è accaduto entro i confini di quello che considera il proprio posto. Quando cerchi di parlare in nome di un luogo devi includere non solo ogni cosa che vive lì, ma la totalità delle interazioni che in quel luogo avvengono, e con le quali, che tu lo voglia ammettere o no, hai relazione. Molti dei nostri politici e gente d’affari non parlano o agiscono con riferimento a un luogo specifico, perché ciò che hanno in mente è solo una piccola parte di quello che avviene in quel particolare luogo.
Gary Lawless (in seguito GL): Penso che l’idea sia stata stimolata dalla mia connessione con il movimento bioregionale. Quando per la prima volta ho iniziato ad andare alle riunioni del movimento bioregionale, ad ognuno veniva ricordato che quando parlava del proprio posto – il posto da cui veniva, la sua bioregione, la sua casa biologica – sia politicamente che culturalmente, non stava parlando solo per, nel mio caso un bianco, uomo, Europeo, in realtà stava rappresentando tutto ciò che ha vissuto, si è mosso ed è accaduto entro i confini di quello che considera il proprio posto. Quando cerchi di parlare in nome di un luogo devi includere non solo ogni cosa che vive lì, ma la totalità delle interazioni che in quel luogo avvengono, e con le quali, che tu lo voglia ammettere o no, hai relazione. Molti dei nostri politici e gente d’affari non parlano o agiscono con riferimento a un luogo specifico, perché ciò che hanno in mente è solo una piccola parte di quello che avviene in quel particolare luogo. Quando dico di parlare per il luogo dove si vive, intendo proprio questo. Penso che se ascolti abbastanza attentamente in modi che non sono necessariamente connessi con il discorso umano, puoi cogliere la conversazione del luogo, e puoi cercare di rappresentare le voci del lichene o del vento o di un pesce. Ci sono molti modi diversi di essere sensibili alla conversazione e prendere quasi parte ad essa.
Per tre giorni, attraversando il ponte, siamo passati accanto ad una volpe che giaceva morta, continuava a dirmi che non voleva stare lì. Così, questa mattina ho preso una pala, e mi sono fermato, la gente passando in automobile mi guardava in modo strano -cosa sta facendo? Non c’è rispetto per questi esseri. Semplicemente non c’è rispetto. Allo stesso modo, lavoro molto con persone invalide e senzatetto e vedo anche loro come parte della mia comunità, perché parte del processo di guarigione è guarire all’interno della tua specie. Non puoi essere un grande attivista per la foresta e allo stesso tempo essere razzista, omofobo, o sessista, ciò di cui stiamo parlando è costruire una comunità, riconoscersi l’un l’altro, conoscere chiunque vive in essa e aver rispetto per tutti.
Penso che l’altro modo di essere bioregionalista sia il . sentirsi parte di un lungo tragitto. Sai che non imparerai mai tutto ciò che vuoi imparare sul luogo in cui vivi, ma fai un tentativo per imparare quanto più possibile, secondo la tue personali capacità. Quando metto qualcosa in una delle mie poesie cerco di fare in modo che le informazioni siano corrette. Se scrivo una poesia sugli orsi e Jasper Carlton la legge, e dice che va bene, allora so che posso pubblicare quella poesia perché rispetta la creatura e il luogo in cui la creatura vive. Così quando ho scritto un paio di poesie sugli orsi e Jasper ha detto che le informazioni erano corrette, ho sentito che tutto andava bene, e che potevo cercare di parlare in quel modo degli orsi perché le informazioni non erano fuorvianti e il linguaggio non era improprio, né il comportamento. Non ho ancora scritto nessuna poesia sul deserto, perché anche se ci andiamo da un certo numero di anni, non sento di conoscerlo abbastanza per dire qualcosa di vero su di esso. Io vado lì, ma non conosco le piante, non conosco gli uccelli che ci vivono. Ho molto reazioni emotive e fisiche nei suoi confronti, ma mi sento come una specie di apprendista – sto ancora imparando e non voglio davvero dire niente finché non sento che è la cosa giusta da dire.
Così molte delle mie poesie sono ancora ambientate nel nord – sono ancora ambientate in luoghi umidi e freddi (risate) perché è lì che mi sento a mio agio, e provo un senso di appartenenza, ma quando vado nel deserto, lo sento così estraneo. Potrei scrivere una poesia sulla sensazione di estraneità, ma non è ciò che voglio fare. E’ interessante per me – probabilmente non per tutti – che io abbia molti appunti, ma non ho ancora pubblicato nulla su questo perché in realtà sento che non sono ancora nel posto giusto per parlarne. In un certo senso lo sto immagazzinando. E questo mi da la scusa per continuare a tornarci, (risate). Ho bisogno di una maggiore ricerca. Quando vai nel deserto, per esempio, impari molto di più sull’importanza dell’acqua. Impari anche come vive il popolo Yaqui nel Nord America e quanto sia diverso: come vive il popolo Navajo oppure Hopi, come le altre culture affrontano la loro relazione con il mondo naturale, e come trovano altri modi di vivere con il luogo. E’ davvero istruttivo, e sfortunatamente abbiamo fatto del nostro meglio per tagliare quel canale di informazione in modo da rimanere separati e sovrani e sovrane del pianeta..
JS: E così lo stile di vita a Phoenix, in Arizona è lo stesso stile di vita della Boston suburbana.
GL: Ridicolo, totalmente ridicolo. Questo è ciò che in- dove il cuore vaga, selvatico, tendo quando parlo dell’acqua. Tu prendi possesso dell’acqua del New England e con essa rifornisci Phoenix o Tucson e causerai una catastrofe che è davvero un enorme segnale della tua mancanza di rispetto per quel luogo, perché tu vivi proprio in modo sbagliato. Ciò mostra anche la tua mancanza di rispetto per le piante del posto perché questi esseri hanno un’incredibile quantità di intelligenza perché vivono in quel posto. Possono sopravvivere; tu no. E allora ti sbarazzi di loro e pianti un prato. Chi è stupido? Secondo me è quasi la stessa mentalità alla base dell’estrazione di minerali. Non è che l’errore sia evidente, ma è un segno della tua mancanza di rispetto.
JS: Come puoi evitare la trappola di presumere di parlare in nome della terra e delle creature che la abitano?
GL: Bene, questo ti innalza fino a Dio. Ma io penso che se ti impegni a vivere in un posto particolare e educhi te stesso quanto più possibile su quel posto, questo è un segno di umiltà; stai scegliendo di esserne parte, non di avere potere su di esso. Penso che l’umiltà vada insieme al rispetto per il luogo. Quando sono andato a lavorare con i senzatetto, non sapevo come comportarmi, chiaramente. E quando sono andato a lavorare con i disabili, mi sono semplicemente messo lì e ho lasciato che fossero loro ad insegnare come comportarmi, piuttosto che impormi e dire “così deve essere”, perché ero in una comunità che non mi era familiare, e dovevo imparare il linguaggio di quella comunità. Non parlo solo del linguaggio parlato, ma anche di quel tipo di linguaggio dell’interazione.
Se vuoi parlare in nome degli alberi devi imparare il linguaggio d’interazione perché uno dei modi con cui un albero ti parlerà è nella maniera in cui interagisce con ogni altra cosa all’interno della comunità. Se tu neghi alcune di queste interazioni, allora è molto più facile che ti sbarazzi di loro perché stai negando la loro interazione con i microbi del suolo, stai negando la loro interazione con le micorrizze, o con gli uccelli, o con le salamandre, o con l’acqua. Così non puoi comprendere appieno il linguaggio dell’albero perché non sei capace di cogliere l’intera conversazione. Che l’albero fa buoni frutti è solo una parte della conversazione, ma c’è un’altra intera conversazione della comunità che va avanti.
Nel lavoro che faccio con i senzatetto, sento davvero che c’è una connessione tra il modo in cui ci comportiamo nei loro confronti e il modo in cui ci comportiamo nei confronti dei luoghi disboscati. Entrambi sono considerati negativamente come cose che non vogliamo proprio vedere e con cui non vogliamo passare del tempo. E in realtà sono entrambe creazioni della nostra cultura, e così neghiamo non solo i luoghi che abbiamo distrutto, ma anche le vite che abbiamo distrutto…
Io vedo un luogo disboscato come un disabile, non senza speranza; è ancora lo stesso luogo di prima. Molti senzatetto lo sono a causa delle azioni della società. La condizione di senzatetto e la condizione di disboscamento – così come non rispettiamo un fiume inquinato o un luogo disboscato o una miniera aperta, uno stagno svuotato… Abbiamo perso il rispetto per questi luoghi in quanto luoghi. E abbiamo perso il rispetto per un numero di persone in quanto persone, o non abbiamo mai avuto rispetto per loro? Non penso che tu possa guarire l’uno senza guarire anche l’altro. Penso che qualcuno debba lavorare in entrambi i luoghi e che qualcuno di noi scelga di passare il proprio tempo in alcuni di questi luoghi, e qualcun altro scelga di passare il tempo in altri luoghi. Io stesso sono curioso nei confronti di molti aspetti differenti della mia comunità, e non comprenderò mai tutto a riguardo. Ho sviluppato quest’idea – che si estende alle altre specie – che una comunità è proprio una conversazione, e se non permetti a tutte le voci di essere presenti, la comunità non è in armonia. Non può guarire se stessa fino a quando tutte le voci non siano presenti, e nessuna di esse predomini. Quindi penso che il modello bioregionale di rappresentare tutte le voci di un luogo sia un modello davvero potente per un modo di considerare il futuro della comunità. Tu non pensi semplicemente a dove tutta questa gente possa vivere e da dove possa prendere la propria acqua e dove possa mettere i propri rifiuti. Devi includere ogni impatto sulle altre specie di quel luogo e ogni cosa a valle del fiume e sotto vento. Il pianeta diventa sempre più piccolo senza cambiare misura, così c’è sempre meno spazio per tutti.
Penso che ci sia un ruolo per gli artisti creativi – c’è un ruolo culturale come pure un ruolo scientifico. Non so che differenza ci sia; sento soltanto che c’è un diverso tipo di linguaggio tra gli attivisti ambientali e gli attivisti culturali. Alcuni di noi si esprimono attraverso le danze, alcuni di noi si esprimono attraverso la pittura, alcuni di noi sì esprimono attraverso la scultura. E tanti di questi cosiddetti gruppi ambientalisti ignorano quel linguaggio e non lo usano.
Inizialmente ero interessato sia al movimento bioregionalista, sia al movimento originario di Earth First! perché a loro piacevano non solo gli attivisti-ambientalisti, ma anche i musicisti, gli scrittori, e davano loro lo stesso spazio sul palco, perché capivano che puoi arrivare al cuore della gente in tanti modi differenti.
Mi sono convinto che se non posso arrivare al cuore degli adulti, posso andare nelle scuole e leggere poesie ai loro ragazzi e farli pensare agli alberi e farli pensare alle salamandre e farli pensare al luogo da cui viene la loro acqua.
Ogni semestre vado alla Fondazione Chewonki e organizzo un laboratorio per le scuole secondarie inferiori nel loro semestre lungo la costa del Maine. E alcuni di loro tornano e dicono, “Oh, signor Lawles, signor Lawless, ti abbiamo sentito leggere poesie al Chewonki. E’ stato così bello.” Faccio la stessa cosa con l’Audubon Expedition Institute. Ogni autunno faccio questa cosa con l’autobus, e sento come alcuni di loro ascoltano – non che io stia direttamente cambiando le loro vite, ma potrei aprire una visione diversa per chi vorrebbe iniziare a leggere più poesia o che vorrebbe scrivere poesia o che potrebbe iniziare a dipingere o a cantare o a fare qualcos’altro. Tutto questo legittima un altro modo di parlare nella comunità. La creazione artistica non deve essere una cosa solitaria, passiva.
Non sto dicendo che ogni poeta deve essere un difensore del mondo naturale; sto soltanto dicendo che se tu sei portato per quella strada allora è un’opzione attuabile, che dovrebbe essere perseguita e che non ti dovresti spaventare del fatto che non stai parlando secondo il modello scientifico razionale, o che non hai i giusti elementi per quantificare la metrica nella tua poesia. Forse non stai cercando di raggiungere il cervello direttamente; forse cerchi di giungere prima al cuore e poi lasciare che si diffonda; può darsi che si diffonda e si sieda nell’inconscio per un po’.
JS: La mia teoria è che il nostro sistema di educazione sociale cerca di tagliare la connessione con il mondo naturale nel quale tutti i ragazzi della nostra specie sono nati.
GL: Ma questo è solo un modello di educazione, l’educazione di questa società. Perché in questo continente ci sono altre società il cui sistema di educazione è diverso dal nostro, essi educano i loro bambini in un modo diverso, sebbene abbiamo cercato di soffocare gran parte di ciò. Se hai osservato le persone che si trovavano qui prima che noi Europei portassimo il nostro sistema di educazione, essi educavano le persone attraverso storie che insegnavano con esattezza dove vivevano e come il tutto funzionava. Quando osservi il New England e fai caso ai nomi che i nativi avevano dato ai loro luoghi, prima che noi arrivassimo e li cambiassimo, descrivono perfettamente l’andamento biologico di questi luoghi. Ti diranno dove pescare e dove non pescare, dove dovresti uscire e passeggiare invece di cercare di andare in canoa. O quali erano le specie primarie in questo particolare posto – cacciare o pescare o qualcos’altro. Noi abbiamo sviluppato un linguaggio privo di quella connessione – e intenzionalmente.
JS: Perché dici “intenzionalmente”?
GL: Cosi la puoi distruggere. Più lontano sei da tale connessione più facile è distruggerla, penso. Così, mentre c’è sempre meno rispetto per il posto, è molto più facile riempirlo di immondizie e poi andare avanti e cambiare il nome del prossimo luogo e riempirlo di immondizie e poi rinominare quel posto con il nome che aveva prima “Corso Quaglia” o “Passaggio scavato del Cervo” o qualcos’altro. Si dà il nome a seconda delle specie che è stata cacciata via, per far posto alle nostre abitazioni.
Io penso che l’intero pianeta stia cercando di educarci. Penso che questa letteratura educativa sia sempre disponibile se solo ci fermassimo, respirassimo e ci guardassimo attorno e stessimo zitti e uscissimo dal tracciato per un attimo. Ogni cosa attorno a te sta cercando di educarti su come vivere in quel posto. Quindi, se ti fermi ad ascoltare il vento tra gli alberi per un minuto e guardi in basso per vedere cosa sta succedendo sotto i tuoi piedi, oppure semplicemente ti concentri su un luogo particolare, anche su un marciapiede, c’è qualcosa che ti educa continuamente su quel luogo.
Abbiamo un’idea piuttosto limitata su cosa è l’educazione.
JS: Ci hai parlato di educazione di nomi e di come chiamare un luogo. Sono interessato al linguaggio in sé, cosa ci dice il nostro linguaggio sul mondo in cui viviamo e su noi stessi?
GL: Cosa sappiamo del nostro iniziale linguaggio come Europei occidentali? Se consideriamo le incisioni rupestri e le analizziamo, allora il nostro linguaggio ha avuto molto a che fare con l’essere cacciatori-raccoglitori e ci mostra come ci deve essere stata una incredibile consapevolezza del posto, come viverlo, per sopravvivere. Ma anche un incredibile attaccamento creativo verso di esso, perché se pensi che gli uomini di Neanderthal, o gli uomini Paleolitici fossero stupidi bruti che distruggevano semplicemente ogni cosa che potevano vedere, allora vai nelle grotte in Francia meridionale e in Spagna settentrionale e guarda quelle incredibili pitture, quelle bellissime decorazioni di vita selvatica di quei luoghi – questo è molto più che voler uccidere delle creature. Questo significa avere un qualche tipo di connessione.
JS: Come possiamo ripristinare una cultura che abbia una rispettosa e salutare relazione con la terra dalla quale è nata?
GL: Penso che sia solo nella nostre teste che siamo alienati; i nostri corpi stanno ancora conversando con il pianeta, ma le nostre teste lo negano. La conversazione avviene quando dormi la notte, qualche volta ti risponde. O quando i tuoi bambini ti parlano a volte senti quella conversazione che tu in qualche modo non hai saputo gestire o a cui non hai saputo dare il giusto significato.
Penso che uno dei passi sia affidare te stesso ad un luogo. Quando vivevo da Gary Snyder, quando ero giovane e sciocco, lui mi ha detto che la cosa più radicale che potessi fare era stare a casa, E io penso che il secondo passo sia accettare la propria
Ogni territorio di questa Terra ha bisogno
di un poeta che ne apprenda il linguaggio,
i ritmi, i cicli e che sappia dar voce all’esperienza
affinché il luogo possa parlare attraverso la poesia
CARIBUDDISMO
Edizioni “Arcobaleno fiammeggiante”
Genius loci
DARE VOCE AL POSTO: UNA CONVERSAZIONE CON GARY LAWLESS
Gary Lawless, poeta e bioregionalista, abita nella Bioregione Golfo del Maine, dove lavora per la sua piccola casa editrice ‘Blackberry Books, ccnpone poesie, scrive e tiene seminari sul bioregionalismo.
Deve ai poeti Beat il precoce amore verso la poesia, i boschi e le montagne e l’interesse per il mondo naturale, le storie, i miti, i popoli nativi e le religioni orientali.
Appena terminati,gli studi (primi anni settanta) passa una intera estate sui monti della Sierra Nevada, in California, ospite a casa del poeta Gary Snyder. Lawless definisce questo periodo come il più “intenso della sua vita”.
Al suo ritorno nel Maine porta con sé la convinzione “che ogni territorio di questa terra ha bisogno di un poeta che ne apprenda il linguaggio, i ritmi, i cicli e che sappia dare voce all’esperienza affinchè il luogo possa parlare attraverso la poesia”.
E questa è la poesia di Lawless. Una platea dove “lo spirito del lupo che ritorna”, “le rocce piene di luce”, “i caribù che sopraggiungono splendenti” e “gli orsi in cammino verso nord”, sfidano la nostra capacità e volontà a riallinearci con il pulsare della vita sul pianeta.
Bibliografia Poetica di Gary Lawless:
First Sight of Land - Blackberry Books, 1990.
Sitka Spring – Blackberry Books, 1991.
Poems for the Wild Earth – Blackberry Books, 1994* Somewhere within thè shell mound – Joe Napora 1995
Caribouddhism - Blackberry Books, 1998
Quando il tempo è giusto
lo spirito del lupo ritorna. (Gary Lawless)
Per contatti con l’autore:
Blackberry Books
617 EastNeck Read
Nobleboro, Maine 04555 Gulf of Maine Bioregion
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