GIUSTIZIA, STATO E ORDINE PUBBLICO
di Angelo Miotto
Tre notizie in un giorno, protagoniste le forze di polizia. Si tratta di una casualità. Eppure, nel giro di poche ore, tre notizie hanno fatto capolino sui quotidiani italiani: hanno come protagonista le forze di polizia e per oggetto la repressione, le botte la degradazione dei manifestanti, fino all'omicidio. La prima notizia: piazza del Municipio, 17 marzo 2001, Napoli. Quel giorno andò in scena la grande prova generale dell'ignobile spettacolo fornito dalle forze di polizia a Genova pochi mesi più tardin nel cuore del G8. Le violenze, in una piazza scientificamente chiusa, senza via di uscita, passaggi interrotti financo alle autoambulanze che accorrevano numerose, ebbe il suo epilogo disgustoso nella caserma Raniero.
Le testimonianze raccolte con un grande lavoro nel Libro bianco sui fatti di Napoli raccontano di perquisizioni corporali su uomini e donne al limite della tortura, estenuanti esercizi fisici, cori e insulti che risentiremo uguali nei corridoi di Bolzaneto, quattro mesi più tardi. In mezzo ci fu il cambio di governo, perché - è bene ricordarlo - il ministro responsabile di allora era il signor Enzo Bianco, oggi senatore del Pd, allora titolare del Viminale.
La seconda notizia: La Corte dei Conti ha convocato un centinaio di poliziotti per contestare loro il danno di immagine allo Stato per come hanno represso le manifestazioni dei No Tav.
La terza notizia è l'apertura del processo Aldrovandi-bis, quello relativo al depistaggio che è avenuto dopo l'uccisione del giovane di ferrara massacrato di botte mentre tornava a casa all'alba, dopo una notte passata con gli amici. Era il 25 settembre del 2005. Il processo in primo grado è terminato con la condanna per tre anni e sei mesi per quattro polliziotti. Ora la famiglia è stata accettata fra i banchi delle parti civili nell'inchiesta che riguarda il depistaggio delle indagini. La notizia data in pasto all'opinione pubblica dalla questura fu quella di uno squilibrato tossicodipendente che aveva attaccato gli agenti.
Le tre notizie, nel medesimo giorno, sono quasi una sorpresa, quando, in fondo, riguardano comportamenti che l'autorità giudiziaria valuta secondo prove e indizi rispetto a un 'lavoro' molto sensibile, quale quello degli operatori di pubblica sicurezza e i gestori dell'ordine pubblico. Ma la sorpresa è divenuta quasui una 'buona notizia', travalicando quel confine di normalità che in uno Stato di diritto dovrebbe avere, perché sono poche le occasioni in cui si è assisitito, nella nostra storia italiana, a condanne o inchieste oneste rispetto a comportamenti devianti di alcuni soggetti, o di intere branche, del mondo delle forze di polizia.
L'abitudine, insomma, è più quella che abbiamo imparato a inghiottire: poliziotti non identificabili, senza numeri sui caschi, senza identificativo sulle tute antisommossa, equipaggiati con materiali al limite delle convenzioni internazionali (ricordiamo il gas Cs, vietato addirittura inn teatri di guerra perchè capace di modificazioni genetiche), morti ammazzati senza colpevoli, archiviazioni, fantasiose ricostruzioni balistiche (Carlo Giuliani e un sasso che devia un colpo di pistola fin sotto uno zigomo!), impunità e anzi onorificienze della classe politica governante e dirigente per chi stava a capo della catena di comando dei fatti di Genova, se non per i responsabili ultimi delle decisioni adottate, con crudezza tangibile, nella 'piazza'.
Vengono quasi i brividi a riscoprirsi più fiduciosi verso una giustizia eguale per tutti - anche per chi porta la divisa - quando si leggono tre notizie in fila come quelle raccontate. E nello stesso tempo avere una reazione spontanea che affiora alle labbra e fa dire che forse è stato solo un caso. Lo stupore richiama la distanza ancora da colmare per poter affermare davvero, compiutamente, di vivere in uno Stato in cui l'ordine pubblico è cosa che si svolge a favore e non contro i propri cittadini.
26 gennaio 2010
Fonte: www.peacereporter.it
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