Il boicottaggio dei prodotti israeliani: alla ricerca di una cittadinanza globale
Mensile dell'Alternative Information Center http://www.alternativenews.org
Julius Nyerere considerava gli sforzi contro il sistema dell'apartheid come una 'responsabilità individuale' ed un 'contributo personale' alla lotta in Sud Africa.
Comprare i prodotti sudafricani era moralmente sbagliato, ed il boicottaggio di tali prodotti divenne una dichiarazione morale, oltre che una forma di lotta politica.
Quei sentimenti possono essere oggi fatti propri da molti di coloro che lottano per la solidarietà con i Palestinesi. Certamente, detestiamo le politiche del governo israeliano, aborriamo le condizioni di limitazione degli spostamenti, assedio e persecuzione sotto la quale i nostri fratelli e sorelle vivono in Palestina. Marciamo, protestiamo, denunciamo, facciamo pressioni e riusciamo ad approvare delle risoluzioni che condannino queste politiche in svariati forum internazionali. Tuttavia, sappiamo che queste risoluzioni, queste marce e queste proteste non sono abbastanza di per se stesse. Sappiamo che gli interessi globali, i governi e la manipolazione dell'opinione pubblica mondiale proteggono il sistema politico di Israele.
Per Nyerere, la politica è divenuta un'affermazione di carattere morale. Comprare i prodotti sudafricani era moralmente sbagliato e boicottarli è divenuta una dichiarazione morale, ma anche una lotta politica. Il destino del popolo del Sud Africa è divenuto una responsabilità mondiale, la lotta per la democrazia in Sud Africa è divenuta un'espressione di cittadinanza globale.
Allo stesso modo, la solidarietà con la causa palestinese è oggi un'espressione di cittadinanza globale. Ciò si esprime sia nella responsabilità individuale per gli affari globali, che si dimostra mediante le azioni di boicottaggio, ma è anche espressione diretta da parte dei cittadini del pianeta del loro interesse per l'impunità garantita ad Israele. La protezione offerta dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea dall'arena internazionale rende le azioni di boicottaggio una lotta su due fronti: il primo, in rapporto agli avvenimenti in Palestina, il secondo in relazione all'agenda politica interna degli Stati Uniti e dell'Unione Europea.
Israele gode di un'impunità unica al mondo generata da una combinazione di interessi statunitensi in Medio Oriente e dell'abuso cinico della tragedia dell'olocausto al fine di bloccare le critiche provenienti dall'Europa. Gli interessi nordamericani nella regione costituiscono una salvaguardia continua ed inflessibile per le politiche reazionarie di Israele, ed impediscono una risoluzione del conflitto in Medio Oriente. Le politiche statunitensi impediscono l'esecuzione delle risoluzioni delle Nazioni Unite riguardanti il conflitto israelo- palestinese, e bloccano tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, nel caso che condannino Israele o contraddicano i suoi obiettivi politici.
Le politiche messe in atto dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea riguardo ad Israele hanno fatto di questo paese un caso esemplare di impunità, e quindi di importanza globale. Questa impunità porta a sminuire il sistema internazionale che regola i rapporti tra le nazioni. L'impunità di Israele è contagiosa, e ciò indebolisce il valore della Quarta Convenzione di Ginevra in altri conflitti come quello in Afghanistan, in Iraq, Iran e Corea del Nord.
È dunque sia un compito, sia un interesse della comunità globale dei cittadini costringere i responsabili a porre fine a questo stato di impunità, e di ristabilire le norme internazionali che proteggono i diritti umani, politici, sociali e culturali su scala globale. Julius Nyerere considerava gli sforzi contro il sistema dell'apartheid come una 'responsabilità individuale' ed un 'contributo personale' alla lotta in Sud Africa. "Ognuno di noi- ha affermato- può eliminare il proprio sostegno personale al sistema sudafricano rifiutando di acquistare i beni sudafricani. Ci sono milioni di persone nel mondo che sostengono in questo modo il governo sudafricano, e che possono smettere di farlo tramite il boicottaggio. Credo che solo in questo modo possiamo dare significato al nostro disgusto per il sistema, ed incoraggiare i governi propensi a questa causa ad agire".
Il sistema israeliano è moralmente sbagliato, ed esiste un obbligo morale a boicottare dei prodotti che lo sostengano in qualsiasi modo. Ogni prodotto boicottato ha una storia che deve essere spiegata, in modo da legarla alla giustizia sociale. Ogni prodotto ha un legame con gli Stati Uniti e con l'Unione Europea per il destino del popolo palestinese. Attraverso il boicottaggio, il nostro obiettivo è cambiare un sistema globale ingiusto con uno più giusto, che assicuri i diritti individuali e nazionali al popolo palestinese. Dobbiamo rompere la catena di impunità internazionale che protegge Israele.
Traduzione di Susanna Valle per PeaceLink
Io non compro "Made in Israel"
Rachel Corrie aveva solo 23 anni e tanta voglia di vivere, di lottare per difendere il diritto alla vita dove viene negato. Era un'attivista dell'International Solidarity Movement e rappresentava l'altra faccia degli Stati Uniti, quella del "not in my name", del ripudio della guerra di Bush. Ha trovato la morte tra le strade polverose di Rafah, nella Striscia di Gaza, sotto un bulldozer dell'esercito israeliano: stava difendendo con il proprio corpo le case dei palestinesi. Il suo paese si è limitato a chiedere: "spiegazioni per il fatto increscioso", ben attento però a pesare le parole nei confronti del governo di Tel Aviv. Rachel era una pacifista, non un marines, e Sharon è pur sempre il migliore alleato degli Usa nella regione, schierato in prima linea nella nuova crociata contro il mondo arabo.
Anche nel nostro paese parlare senza fronzoli di Israele, delle sue ininterrotte violazioni dei diritti del popolo palestinese, è ancora un tabù. Rischi d'incappare in una campagna mirata che ti paragona ai peggiori antisemiti della storia, come è avvenuto ad Alberto Asor Rosa, di leggere il tuo nome sul solito "scoop" di Libero sui "legami tra la sinistra nostrana e i kamikaze integralisti", di trovare qualche rabbino estremista che invoca l'applicazione della legge Mancino, pensata apposta per i neonazisti. Figuriamoci se l'oggetto della discussione sono azioni pratiche e praticabili, volte a colpire alle fondamenta l'economia di guerra su cui si basa lo stato israeliano, a esercitare una pressione dal basso affinché abbia termine l'occupazione illegale di Gaza, della West Bank e di Gerusalemme Est e sia riconosciuto il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi; una pressione sull'esempio di quella che ha contribuito a sgretolare il Sudafrica dell'apartheid.
LE ACCUSE INFONDATE
Perfino a sinistra, tra le forze amalgamatesi attorno al rifiuto della guerra senza se e senza ma, capaci di critiche anche molto nette alla politica del governo americano o al regime turco (autore del genocidio di milioni di kurdi), spesso si è costretti a ripiegare su posizioni difensive quando si denunciano i crimini commessi in Palestina. Proprio per non incorrere nella scure dell'"antisemitismo". Può quindi capitare che, assieme a dirigenti Forza Italia e post-fascisti di An (dal passato tutt'altro che immacolato su argomenti di questo tipo), amministratori locali di centrosinistra si scaglino contro un tranquillo circolo Arci di Pisa, giudicando "assolutamente sbagliato e incondivisibile" il boicottaggio dei prodotti made in Israel. O che intellettuali di origine progressista, strumentalizzando questa campagna, alludano al ritorno di un clima da "notte dei cristalli".
La risposta più eloquente è venuta dalla Rete degli "Ebrei contro l'occupazione", secondo la quale la paura dell'"antisemitismo" è "un'arma formidabile nelle mani di Sharon, del governo israeliano e di tutti coloro che lo appoggiano", il cui uso politico è grave "non solo perché distrae da ciò che è stato l'antisemitismo storico ed offende la memoria delle sue conseguenze, fino al massacro degli ebrei europei, ma anche perché genera nuovo antisemitismo".
I critici del boicottaggio, evidentemente, non sanno - o fingono di non sapere - che l'appello ai "consumatori" a non comprare merci israeliane (riconoscibili dal codice a barre che inizia col numero 729) e di aziende direttamente coinvolte in questa economia di guerra, è stato lanciato più di due anni fa, in concomitanza con l'inizio della nuova Intifada, proprio da gruppi e personalità ebraiche degli Stati Uniti e dei territori occupati. Non sanno - o fingono di non sapere - che a livello mondiale ed europeo la campagna è sostenuta dai soggetti più svariati. In Inghilterra lo stesso governo di Tony Blair, pressato da alcune associazioni di consumatori, è stato costretto a far ritirare dagli scaffali dei supermercati una serie di prodotti provenienti dalle zone sotto occupazione israeliana, soprattutto dalle alture del Golan, e illegalmente marchiati "made in Israel". In Francia il boicottaggio è attuato dalla quasi totalità dei partiti di sinistra, dal Partito comunista alla Lcr passando per i Verdi, ma anche dalle Donne in Nero, Attac e la Confederazione contadina di Bovè. Il parlamento europeo sta discutendo se mantenere o meno le relazioni commerciali con lo stato israeliano e, in ogni caso, il 10 aprile dello scorso anno ha votato la sospensione dell'associazione di Israele all'Ue.
I PRODOTTI DA NON ACQUISTARE
E in Italia? Nonostante la strumentalizzazione o, più spesso, la ferrea censura dei media, nel nostro Paese hanno già avuto luogo centinaia di iniziative. Promossi principalmente dal Forum Palestina (www.forumpalestina.org) e altri comitati di supporto alla causa palestinese, volantinaggi hanno informato i clienti abituali dei supermercati Auchan, La Rinascente, Upim e Carrefour, e azioni dimostrative sono state indette contro le sedi di Caterpillar, Mac Donald's e Hazera Genetics, tre delle aziende inserite nella lunga lista.
Sono prodotti dalla Caterpillar, i bulldozer dell'esercito israeliano utilizzati per demolire le case palestinesi e sradicare gli alberi d'ulivo. Il presidente della più nota catena di fast-food, Greenberg, è direttore onorario di una Camera di Commercio e Industria America-Israele e, secondo il Chicago Online, Mac Donald's è uno dei maggiori partner economici di un'organizzazione ultra-conservatrice ebraica. La Hazera Genetics è, invece, un'azienda israeliana specializzata nell'import di sementi geneticamente modificate e che, con i suoi pomodorini "Pachino" di dubbia genuinità, sta mettendo in crisi le coltivazioni tradizionali della Sicilia.
Che il boicottaggio sia uno strumento utile, dai risultati tangibili, lo dimostra la recente sospensione dell'accordo stipulato tra l'azienda italiana Acea (di cui il Comune di Roma è il principale azionista) e le autorità israeliane in materia di sfruttamento delle acque. Le petizioni firmate in calce da decine di esponenti politici, giornalisti, docenti, semplici cittadini e le interrogazioni presentate al sindaco Veltroni hanno fatto sentire il fiato sul collo, contribuendo a fare chiarezza su un atto che sarebbe suonato alla stregua di una provocazione. Infatti, fa notare il Forum Palestina, la sottrazione dell'acqua ai palestinesi e agli altri paesi della regione (il Libano, per esempio) è un elemento fondamentale del colonialismo israeliano; Israele, a differenza dei paesi vicini, non ha mai sottoscritto i trattati internazionali sulle acque e non si contano le risoluzioni dell'Onu che hanno condannato le sue rapine delle risorse naturali, prima fra tutte proprio l'acqua.
Al rifiuto di acquistare prodotti di società dai nomi esotici, come Jaffa, Carmel, Delta Galil, di multinazionali tipo Nestlé, Coca Cola, Nokia e L'Oréal, o di stipulare accordi commerciali con le autorità d'Israele, ora si aggiunge anche la richiesta di una moratoria delle relazioni scientifiche e culturali con lo stato sionista. Centinaia di docenti e ricercatori di ogni parte del globo, tra cui diversi italiani, hanno sottoscritto due appelli distinti del "Coordinamento degli scienziati per una pace giusta in Medio Oriente", nei quali si chiede la cessazione di ogni forma di collaborazione istituzionale e di sostegno materiale agli organismi israeliani, fino a quando il governo di Sharon non deciderà di avviare seri negoziati di pace con i palestinesi. Con l'impegno dei firmatari di non assistere ad alcuna conferenza scientifica in Israele e non rispondere alle richieste di perizie provenienti dalle istituzioni di quel paese, fermo restando che nessuno mette in discussione le relazioni personali con singoli colleghi israeliani.
UNO STRUMENTO EFFICACE
"L'abolizione del diritto all'educazione e all'insegnamento, la chiusura delle Università, la persecuzione degli studenti", sono le parole di Etienne Balibar, docente emerito all'Università di Paris X Nanterre, "sono intollerabili, soprattutto nelle condizioni di una occupazione militare.
Non possiamo accettare che da un lato della linea di demarcazione regnino le libertà accademiche e dall'altro la costrizione e la schiavitù". Per lui e gli altri accademici non è stata una scelta facile. La calunnia di "antisemitismo" è sempre dietro l'angolo, e non mancano anche tra le presunte "colombe" coloro che considerano il boicottaggio una proposta "senza precedenti", salvo poi non battere ciglio dinnanzi all'embargo criminale che colpisce l'intero popolo irakeno o ad atti di pirateria internazionale come la legge Helms-Burton. A chi ha cercato di trovare le differenze tra l'attuale situazione nei territori occupati e quella del Sudafrica del razzismo boero, prima della vittoria di Mandela, Balibar risponde che "io non credo che l'occupazione della Palestina sia meno orribile dell'apartheid", e ai colleghi israeliani che hanno mostrato "sconcerto" e "indignazione" propone di impegnarsi concretamente per sostenere le Università palestinesi, "poiché ogni dialogo, anche quello accademico, ha come condizione il ristabilimento di un minimo di uguaglianza fra le parti".
Il boicottaggio è un'arma pacifica, alla portata di tutti, non rivolta contro le popolazioni civili (a differenza dell'embargo) ma contro l'establishment politico, militare ed economico che tiene sotto il tallone di ferro milioni di persone. Un mezzo attraverso il quale far sentire la nostra vicinanza alla Resistenza palestinese e alla sua legittima lotta di liberazione nazionale, ma anche alle forze democratiche, ai refusenik, a quella parte di Israele che dice "signornò" alla violenza del regime di Ariel Sharon. Un modo di acquistare intelligente, in antitesi al modello produci-consuma-crepa.
Boicotta Israele
Lista prodotti israeliani:
AHAVA: prodotti estetici e dermatologici distribuiti in Italia da P.M.
CHEMICALS S.R.L./Milano
AMCOR: purificatori e condizionatori d'aria, insetticidi
ALBATROSS: fax e sistemi di posta elettronica
CANTINE BARKAN Ltd: vini con etichetta Reserved, Barkan e Village
CANTINE DELLE ALTURE DEL GOLAN: vini con etichetta Yarden, Gamla e Golan distribuiti in Italia da GAJA DISTRIBUZIONE, Barbaresco (Cuneo)
CARMEL: prodotti d'esportazione come avocados, fiori recisi e succhi di frutta
CALVIN KLEIN: alcuni capi di vestiario sono realizzati in Israele
DATTERI DELLA VALLE DEL GIORDANO varietà Medjoul e Deglet Nour
EPILADY/MEPRO: epilatori
HALVA: barrette di sesamo
INTEL: microprocessori e periferiche
JAFFA: agrumi
MOTOROLA: prodotti di irrigazione e fertilizzanti
MUL-T-LOCK Ltd: porte blindate, serrature di sicurezza, cilindri e attrezzature
NECA: saponi
PRETZELS: snack salati della Beigel
SALI DEL MAR MORTO: prodotti cosmetici
Società Gitto Carmelo e Figli Srl di Messina: ha costruito una strada che passa nei territori occupati ed è a solo uso dei coloni
SODA-CLUB Ltd.: sistemi per carbonare e sciroppi per la preparazione di
soda e soft drinks
SOLTARN Ltd: pentole e tegami in acciaio antimacchia
VEGGIE PATCH LINE: hamburger di soia e prodotti alternativi
Generi : marche
Abbigliamento: Ask Retailer; Gottex, Gideon Oberson, Sara Prints, Calvin Klein
Aromi e spezie: MATA, Deco-Swiss, Israel Dehydration Co. Ltd.
Bevande: Askalon, Latroun, National Brewery Ltd., Carmel, Eliaz Benjamina
Ltd., Montfort, Yarden Vineyards, International Distilleries of Israel
Ltd. (Sabra), Gamla, Hebroni
Budini: OSEM, MATA, Israel Edible Products Ltd. -Telma
Cipolle: Beit Hashita, Carmit, Sunfrost
Formaggi: Kfir Bnei-Brak Dairy Ltd., Tnuva, Central Co-op, MATA, Haolam
Frutta: Assis Ltd., Carmel Medijuice, NOON, PRI-TAIM, Agrexco USA Ltd.,
Yakhin, PRI-ZE, FIT (Federation of Israel Canners), Jaffy's Citrus
Products
Prodotti a base di pomodoro: FIT, Medijuice, Pardess, Yakhin, VITA
Prodotti dolciari (caramelle e noccioline): Carmit, Elite, Geva, Rimon,
Karina, Lieber, Oppenheimer, OSEM, Taste of Israel, Israel Edible
Products - Telma
Olive: Beit Hashita, H&S Private Label, Shan Olives Ltd. (Hazayith)
Marmellate, conserve, sciroppi, miele e frutta candita: Assis Ltd., I&B
Farm Products, Meshek Industries (Beit Yitshak 778) Ltd., VITA
Pesce: Noon, Yonah, Carmel, Ask retailer/frozen fillets
Prodotti a base di tacchino: Hod Lavan, Soglowek, Yarden, Ask retailer/butcher/Deli
Prodotti dietetici: Elite, Froumine, OSEM, Israel Edible Products - Telma, Kedem, Afifit Ltd., Magdaniat Hadar Ltd., Tivon
Prodotti di forneria: Affifit Ltd., Barth, Elite, Einat, Froumine, Hadar, Israel Edible Products - Telma, Magdaniat Hadar Ltd., OSEM, Taste of Israel
Prodotti vegetali:
Yakhin, PRI-TAIM, PRI-ZE Growers/MOPAZ, Sanlakol, Carmelit Portnoy, Tapud, Sun Frost
Salse per pizza: Jaffa-Mor, VITA, H&S Private Label, MATA
Zuppe, salse e dadi: Israel Edible Products Ltd. - Telma, OSEM, MATA, Gourmet Cuisine
Software e componenti per computer: Four M, Cimatron, Eliashim Micro Computers, Sintel, Ramir (Adacom), Rad, Orbotech, Shatek, Scitex, 4th Dimension Software Ltd., magic Software, 32-bit
Un'azienda da boicottare
La Gilat Ltd è una delle maggiori multinazionali israeliane della net economy.
Impiega circa 1.600 dipendenti, con un fatturato annuo intorno ai 900 milioni di euro. E’ quotata al NASDAQ di New York (GILTF).
Ha sede principale in Israele con filiali in diverse capitali mondiali tra cui Roma.
I capi e fondatori sono due manager israeliani, che hanno lavorato per più di 10 anni per IDF, l’esercito israeliano. Il prodotto principale sono sistemi di connessione satellitare bidirezionale alle reti IP, tra cui Internet. L’ideale per chi non possiede una rete telefonica fissa.
Un vero vanto di efficienza ed innovazione per l’intera industria israeliana. I prodotti vengono distribuiti in tutto il mondo da partner regionali come compagnie telefoniche e provider per l’accesso alla rete.
Il partner paneuropeo della Gilat è l’azienda italiana Tiscali S.p.a., che commercializza l’intera soluzione, i prodotti e perfino l’assistenza della azienda israeliana, tramite il servizio TiscaliSat per il momento in Italia, Germania e Svezia. Entro fine anno in tutta Europa. Tiscali è infatti il maggior provider paneuropeo per la fornitura di accessi ad Internet low-band tramite modem, e in ottima posizione per i collegamenti broadband (ad alta velocità, per esempio ADSL) grazie ad una rete di fibre ottiche europea per i collegamenti fissi e all’accordo paneuropeo in esclusiva con Gilat per le connessioni broadband satellitari.
Ha naturalmente sedi in tutto il mondo. E’ il simbolo della new economy italiana, la prima società ad essere quotata nel Nuovo Mercato di Milano, ed attualmente quotata anche nel listino del nuovo mercato di Parigi, quella che ha dato un impulso straordinario al boom della Borsa. La prima azienda ad offrire l’accesso gratuito alla rete.
L’obiettivo è costringere Tiscali a cessare la distribuzione in tutta Europa dei sistemi di collegamento alla rete via satellite prodotti dall’azienda israeliana Gilat e commercializzati in esclusiva con il servizio TiscaliSAT. Sarebbe una forma di embargo economico europeo dal basso dell’economia israeliana, che funzionerebbe anche come richiesta di embargo economico che la UE dovrebbe effettuare verso Israele
Lista aggiornata prodotti israeliani da boicottare
AGRUMI JAFFA (i pompelmi sono uno dei prodotti israeliani più diffusi in Italia)
AGRUMI e FRUTTA CARMEL (pompelmi, pomelo, avogado)
ARACHIDI GIGANTI DI ISRAELE MISTER NUT e LIFE
Prodotti surgelati ZIO ELIO, Kibbutz Eilon (nuvolette, verdurette, svizzere, wurstel, cotolette)
tra i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani vi segnaliamo:
AHAVA (Dead Sea Laboratories) (prodotti cosmetici e dermatologici)
Distributore italiano: P.M. Chemicals S.R.L./Milano
i sali da bagno (Cristalli di Sali da Bagno del Mar Morto)
I prodotti AHAVA sono talvolta venduti nelle erboristerie e nelle farmacie.
Barkan Wine Cellars Ltd (vini venduti con l'etichetta Reserved, Barkan e Village)
I Pretzels della Beigel & Beigel bakery (le ciambelline salate, biscotti saporiti e crackers)
Golan Heights Winery
(vini venduti con l'etichetta Yarden, Gamla e Golan) GAJA DISTRIBUZIONE, Barbaresco (CN)
HALVA
Dolci di sesamo in barra da 100 grammi, Kosher Produced by Achva. http://www.halva.co.il/
Jordan Plains dates
(le principali varietà di datteri che crescono nella Valle del Giordano degli insediamenti israeliani sono Medjoul e Deglet Nour) Esportato da Israele da Agroexco.
Solitamente si trova nei negozi di frutta o sulle bancarelle di frutta e verdura dei mercati
Esportato da Israel da Hadiklaim Date Growers' Cooperative Ltd.
Soda-Club Ltd.
(sistemi per carbonare e sciroppi per la preparazione di soda e soft drinks)
http://www.sodaclubenterprises.com/content/english/about1.html
Inoltre è in atto una campagna internazionale di boicottaggio contro la Caterpillar Company, azienda USA con sede a Peoria, Illinois.
Le azioni contro la CATERPILLAR vogliono condannare l'uso illegale dei bulldozers forniti a basso costo allo Stato d'Israele per la devastazione dei Territori Palestinesi.
Ricordiamo che CATERPILLAR in Italia commercializza oltre ai suoi bulldozers, con il suo logo CAT anche scarpe ed abbigliamento.
VI INVITIAMO A SEGNALARE TUTTI I PRODOTTI, LE AZIENDE CHE ABBIANO CONNESSIONI CON GLI INSEDIAMENTI ISRAELIANI E LA POLITICA DI ANNIENTAMENTO E DISTRUZIONE DEL POPOLO PALESTINESE DA PARTE DEL GOVERNO DI SHARON.
[email protected]
Campagna per il boicottaggio d'Israele
La seguente lista include quelle ditte che sostengono attivamente lo stato sionista d'Israele. Ci auguriamo che la gente di coscienza tenga in considerazione i nomi di queste ditte e prenda una decisione etica e morale nel non acquistare i loro prodotti.
Questa lista non è da considerarsi completa poiché la ricerca di tali ditte è un processo continuo.
Ringraziamo i fratelli del sito www.inminds.com per averci autorizzato ad usarla.
Lista (in inglese)