LIBERTA' EGUAGLIANZA FRATERNITA'
di Maurizio Di Gregorio
Nei libri possiamo trovare leggendo molte belle frasi. Alcune ci colpiscono, altre meno. Vi sono un’infinità di belle frasi. Ognuna di esse potrebbe smuovere come montagne il cuore degli uomini eppure il loro effetto non è assicurato né certo.
“Se è vero che ogni essere umano è diverso dall’altro, è altrettanto vero che tutti sono in relazione con Dio, dove sta l’unità che annulla ogni alterità. Da ciò discende la tolleranza perché ogni uomo e ogni credenza discendono da Lui” (Ibn Arabi)
Cosa succede leggendola? Vi è un significato che la mente non riesce pienamente ad afferrare. La frase, come tutte le frasi, è una forma mentale alla quale accediamo con la mente ma rispondiamo e partecipiamo con l’interiorità del nostro cuore. Qualcosa sfugge alla mente ma il cuore ne è attratto.
Siamo portati a dire che è una bella frase o concetto ma la sua verità può solo essere esperita nei nostri cuori. Qualora percepiamo la scintilla contenuta al suo interno il nostro cuore si incendia.
Una forma (la frase) agisce su una sostanza (noi) e la nostra mente è condotta ad una percezione di verità -il significato.
Ciò avviene nella direzione dal Divino a noi e infatti percepiamo il significato e l’emozione correlata come dotati di una qualità particolare, qualcosa di superiore, un dono.
Nella coscienza ordinaria lo percepiamo rovesciato a come avviene realmente: poiché la nostra capacità di percezione è in realtà limitata, nel migliore dei casi, alla direzione da noi a Dio, non vediamo che in realtà la frase veicola un Fuoco e(s)terno che ci incendia il cuore e a cui infine la mente risale tramite un significato. Noi crediamo di aver raggiunto un significato (lo vediamo come significante) ma invece è il significato che ci ha colpito. Ciò che chiamiamo senso della frase è il significato che tratteniamo (dopo) di un attimo di esperienza- è il risultato del fuoco, cioè cenere.
Noi non cogliamo tutti i significati, non tutte le frasi infiammano il nostro cuore e non scorgiamo il fuoco di tutti i raggi di luce. Ciò dipende semplicemente dalla nostra predisposizione.
Da sempre l’uomo ricerca e apprezza la bellezza e la saggezza contenuta nelle frasi e massime ispirate. Esse possono essere un veicolo, a nostra normale disposizione, per ridestare una memoria di conoscenza e per poter procedere in essa. L’esperienza che compie la nostra interiorità a contatto con “una frase che accende” è regolata secondo modalità in parte personali,uniche, intime e irripetibili.
Per questo la medesima frase può avere effetti diversi nel tempo sulla stessa persona e anche contemporaneamente con più persone. Ciò può essere facilmente compreso, direi in modo banale.
Non è altrettanto facile accorgersi che se il fuoco è sempre lo stesso il significato che abbiamo colto e che rammentiamo (la cenere che ne resta) è di una qualità mista: molto umana e poco divina: in un frammento di attimo l’esperienza si è compiuta, il fuoco è passato, stringiamo tra le mani della mente quel po’ di significato che la mente trattiene. Essa ci parla più di noi e della nostra combustione che di ciò che la ha suscitata, nondimeno sappiamo che è un bene prezioso.
Se scambiamo la cenere con il fuoco facciamo come chi guarda il dito e non la luna, non andiamo sulla luna e restiamo a studiare il dito.
Il ricordo dell’esperienza non è l’esperienza (così come il fuoco lascia cenere ma la cenere non è fuoco) e pertanto ogni frase presenterà in momenti diversi significati differenti.Da ciò nasce il paradosso per cui ogni verità può portare all’errore anche se letteralmente è l’essere umano che non riuscendo a pervenire al vero si sposta dalla verità all’errore.
“La verità non può essere cercata. Eppure la trovano soltanto coloro che la cercano.”
Lei è all’orizzonte
mi avvicino di due passi
lei si allontana di due passi
cammino per dieci passi
l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là
per quanto io cammini non la raggiungerò mai
a cosa serve l’utopia?
Serve proprio a questo:
a camminare
(E. Galeano)
Quanto esposto può risultare vago o astratto.
Prendiamo ad esempio una frase e consideriamola da vari punti di vista.
Libertà-Uguaglianza-Fraternità è il motto del 1789, all’insegna di questa frase è stata condotta la Rivoluzione francese ed in suo nome, dopo soli quattro anni, i rivoluzionari si ghigliottinavano vicendevolmente. Poi il bagno di sangue delle guerre napoleoniche e infine nel secolo scorso l’età moderna, il ‘900 del capitalismo (libertà) del socialismo (uguaglianza) dei vari fascismi (la fraternità simulata dell’individuo de-individualizzato e massificato)
Come partendo da ideali così seducenti, si è potuto giungere a disastri così immensi?
“Una finalità complessa come quella che formula la trinità Libertà-Uguaglianza-Fraternità comporta le sue contraddizioni: questi tre termini sono insieme complementari e antagonisti: la sola libertà distrugge l’uguaglianza e corrompe la fraternità, l’uguaglianza imposta distrugge la libertà senza rivalutare la fraternità, solo la fraternità può contribuire alle altre due. (Edgar Morin)
Nonostante innumerevoli tentativi fatti in varie direzioni, gli uomini non sono ancora riusciti a costruire una società ed una vita basata sull’armonia di libertà, eguaglianza e fraternità.Forse perché queste parole non indicano dei principi o cause, ma solo dei risultati di altre cause
Il trinomio Libertà Uguaglianza Fraternità nasce come motto iniziatico e viene ripreso – e frainteso - dalla rivoluzione francese. Il suo senso spirituale è:
Libertà, da noi stessi, che ci apre alla presenza divina, trascendendo la normale condizione umana, la stabilità di questa esperienza ci permette di riconoscere il divino in noi e noi nel divino, senza confusione, e ci chiarisce i termini della relazione umana con il mondo di Dio pervenendo al riconoscimento dell’essere “figli di Dio” e in ciò perfettamente uguali ad ogni altro essere umano, cosa che ci porta e permette di vivere fraternamente gli uni con gli altri.
Cioè questa frase descrive l’effettiva illuminazione dall’individuo alla società.
L’equilibrio di questi tre termini conduce, nella vita sociale, alla Tolleranza, altrimenti si passa di disastro in disastro. Allo stesso modo nel cammino spirituale individuale è l’Amore che armonizza volontà, sentimento e pensiero, altrimenti il fallimento è inevitabile. Se illuminata dall’ispirazione la pratica sociale può fondarsi sulla fraternità, mantenere la giustizia e favorire la libertà. Quindi l’illuminazione individuale porta ad un senso di fraternità e nella società la fraternità ripercorre lo stesso percorso a ritroso sino alla libertà.
Esempio di una situazione tipo: la fraterna cooperazione di gruppo permetterebbe agli uomini di risolvere i problemi economici, darebbe impulso ad un senso di giustizia realizzando l’eguaglianza che libera l’uomo dalle catene sociali e ne favorirebbe la progressione ed evoluzione individuale.
In modo simile Lao Tze ci ricorda :
Perché ci sia pace nel mondo, è necessario che le nazioni vivano in pace.
Perché ci sia pace fra le nazioni, le città non devono battersi le une con le altre.
Perché ci sia pace fra le città, i vicini devono andare d’accordo.
Perché ci sia pace fra i vicini, è indispensabile che nelle case regni l’armonia.
Perché nelle case ci sia pace, bisogna trovarla nel proprio cuore.
Ogni altro tentativo di ridurre il trinomio Libertà Eguaglianza Fraternità ad una ideologia, cioè un insieme di idee governate dalla ragione, in tutto o in parte, dimenticando che essa è invece l’indicazione di una metodologia sacra, quasi una unità di misura di riferimento di quel che deve accadere, si rivela per quello che è: un rovesciamento ed una perversione del significato, un errore interpretativo votato al fallimento.
E’ quello che succede anche ogni volta che scambiamo causa ed effetto, sostanza e forma, mezzo e fine, processo e procedimento, cosa e come. Si passa dall’illuminazione all’illumin-ismo.
Potremmo dire lo stesso per ogni tecnica di sviluppo spirituale che non porta alla fraternità.
Le buone idee come il retto agire si rivelano nei frutti che ne seguono.
La stessa energia percorre e vivifica costantemente ognuno dei tre termini e quando vi si assenta produce una mistica totalitaria di vario tipo: la mistica dell’egoismo personale, (la perversione della realizzazione dell’Io) la mistica dell’eguaglianza a tutti i costi (la perversione di un idea di giustizia), la mistica della nazione o di un credo religioso (che perverte sotto la guida di un capo o principio unico la naturale propensione alla fraternità).
Talora quando falliscono sia i sistemi fondati su una idea di libertà che di uguaglianza sembra rimanere la possibilità di un sistema basato sulla fraternità o sulla sua parvenza, un “cameratismo”
“ma il cameratismo senza libertà ed uguaglianza non può essere nient’altro che l’associazione di tutti al servizio comune della vita della nazione sotto l’assoluto controllo dell’autorità dello stato collettivista” “le caratteristiche essenziali sono le stesse nei regimi comunisti e nei paesi fascisti, cosicché agli occhi di un estraneo le loro risse feroci sembrano una contesa all’ultimo sangue fra congiunti che si battono per l’eredità dei loro genitori trucidati: la Democrazia e l’Era della Ragione.”
“La ragione non può svolgere il suo lavoro, agire o governare se alla mente dell’uomo viene negata la libertà di pensare o di realizzare il suo pensiero attraverso l’azione nella vita”
(da Il Ciclo umano di Aurobindo)
L’eguaglianza che può funzionare è quella tra libertà e fraternità.
Ogni Stato, qualsiasi sia la sua forma di attuazione, tende inevitabilmente a divenire totalitario, realizzazione di una idea collettivista, sia anche nella sua burocratica meccanizzazione dell’organizzazione razionale della realtà, e pertanto negatore dei diritti della libertà e della realizzazione individuale.
Priva di principi guida l’organizzazione burocratica della vita prende il sopravvento su ogni altra istanza e riduce a effimera parvenza ogni idea di libertà eguaglianza e fraternità.
“Qualunque sia la perfezione dello Stato organizzato, la soppressione od oppressione della libertà individuale da parte della volontà di una maggioranza o di una minoranza, costituirebbe sempre un difetto essenziale che ne vizia il principio stesso. E ci sarebbe qualcosa di infinitamente peggio. Una inflessibile regolamentazione scientifica della vita può essere attuata solo con una inflessibile meccanizzazione della vita stessa. Questa tendenza alla meccanizzazione è il difetto che tanto il pensiero anarchico quanto l’intuito del pensatore spirituale hanno cominciato a sottolineare, ed aumenterà a dismisura man mano che l’idea dello Stato troverà più completa attuazione. Esso è infatti il difetto insito nella ragione allorché si dedica a governare la vita e vuole soffocare le sue naturali tendenze per inquadrarla in qualche tipo di ordine razionale.”
Quando la meccanizzazione della vita tende a sostituirsi alla vita stessa, il falso si sostituisce la vero, la tecnica impedisce il progresso, la ragione allontana la soluzione, l'arte si eclissa, la politica e la religione sono complici del misfatto e la spiritualità diventa una fuffa.
Via via che la falsificazione stende il suo lugubre velo sul mondo i complici di un delitto diventano addetti, il mercenariato è un lavoro, il terrore dello stato si chiama sicurezza, l’imposizione diventa libertà, la manipolazione viene detta democrazia e la guerra è chiamata pace.
Non chiamare le cose con il loro nome inibisce progressivamente la capacità di dare un nome alle cose e quindi di parteciparvi veramente. Il potere del linguaggio cela un linguaggio del potere, quello attuale cela il suo fine: la falsificazione della esperienza della vita.
Si prepara allora un mondo in cui la vita reale di tutti è la sua apparenza o vi è ancora una essenza concreta, una presenza da cui scaturisce una rappresentazione vera e pertanto sacra? In altre parole la realtà è ciò che sembra o quel che sembra si sostituisce alla realtà ?
In questa sfera, al di là della realtà della illusione, cosa rimane allora della realtà stessa? Possiamo scorgere frammenti di esistenza, pezzettini di passione, rimasugli di intenzioni, briciole di conoscenza. Possiamo udire risate beffarde e pianti sommessi, melodie interrotte e suoni stridenti.
Come dice una poetessa: “essi giacciono in massa melmosa e neutra che trasuda cellophane, ibrido vero, verissimo che si espande per partenogenesi…”
Oceani del dolore.
“La ragione è capace di maneggiare con successo l’universo meccanico del mondo fisico, la vita è una forza che è l’espressione crescente di una anima infinita nelle creature che nella loro evoluzione esprimono conflitti e opposizioni. La verità spirituale è l’unica verità della quale tutte le altre sono aspetti velati, brillanti travestimenti od oscure deformazioni. Questo è un lavoro che la ragione non può fare, quello della ragione è un compito intermedio, osservare e capire la vita con intelligenza e scoprire la direzione in cui sta andando e per far questo deve adottare momentanei punti di vista fissi nessuno dei quali può veramente costituire l’espressione definitiva della verità integrale delle cose. Quest’ultima non è verità della ragione, ma dello spirito”.
Pertanto sia l’idealismo anarchico che una fratellanza basati su una semplice istanza razionale o passionale e/o religiosa-morale “ non può garantire l’essere razionale dal richiamo dal basso, né liberarlo dal richiamo dall’alto”.
L’anarchismo su base razionale non riesce, non è fattibile, poiché non tiene debitamente conto della mente emozionale umana né delle forze all’opera per corrodere la simpatia naturale e la propensione fraterna che dovrebbero assicurare la coesistenza di fraternità e libertà. Peggio ancora l’anarchismo distruttivo, dei no, delle bombe e del giudizio implacabile ribalta le sue buone ragioni nel torto, l’assenza di compassione lo rende una condanna anziché una liberazione che sinistramente attira nel tempo le personalità disturbate nel carattere o possedute al pari dei fanatici di ogni altro tipo.
D’altro canto anche la morale religiosa non riesce ad edificare una prassi positiva, infatti piena di insegnamenti e priva di ispirazione presenta la sua capacità limitata come dogma infallibile e proprio lì fallisce. “la stessa religione organizzata ha incitato in passato sovente gli uomini al crimine ed al massacro e giustificato l’oscurantismo e l’oppressione.”e “le forme ed i sistemi religiosi diventano logori e corrotti e devono essere abbattuti, oppure perdono molto del loro senso interiore e diventano nebulosi in fatto di conoscenza e dannosi nella pratica”
Di fatto ne ragione ne religione riescono ad inquadrare correttamente la realtà dell’esperienza umana né a comprendere appieno la funzione dell’altro e ciò pur mantenendo ognuna di loro dei segreti ed una funzione meravigliosa. Aurobindo commenta che “ un anarchismo spirituale o spiritualizzato potrebbe sembrare avvicinarsi di più alla vera soluzione”.
C’è in noi, come individui e come società, la sapienza di una vita che agisce?
Da ciò che facciamo generalmente non sembra. Quello che dovremmo fare non è che non lo facciamo perché non lo possiamo fare?
Non lo possiamo perché non lo sappiamo? Sappiamo ciò che potremmo, sappiamo ciò che dovremmo?
Lo sa Dio se lo sappiamo, noi ci ostiniamo a non farlo, a far finta di non saperlo.
Se lo facciamo lo sapremo: fare, agire, essere attraverso il fare è la strada per riconoscere e ritrovare la sapienza che ci necessita.
Nello stato patologico di una esistenza deviata siamo uomini che non sanno quello che fanno poiché non fanno quello che sanno, veramente.
Se pensiamo che non possiamo perché non sappiamo, nulla è più possibile, se facciamo comunque saremo ed essendo sapremo, nulla sarà allora impossibile.
Il fare è il fondamento dell’essere, così allora ricomporre i frammenti di esistenze e fonderli, recuperare le intenzioni sino alle radici, rintracciare e vivificare le passioni, risalire alla integrità del nostro essere, sono le ali per volare nei cieli dell’Amore.
Non sono cose che si sanno, sono cose che si fanno.
Per riuscire l’anarchico ha bisogno del ricercatore spirituale quanto questo del primo.
L’evoluzione spirituale è un gioco in cui ciascun errore è corretto. Esso richiede sia la capacità di liberarsi di qualsiasi legame e finanche dei propri stessi risultati, di evitare sia la cristallizzazione del pensiero che la staticizzazione della percezione e dell’essere e contemporaneamente la partecipazione sia all’insegnamento che alla tradizione, la giusta condotta e l’abbandono, la consacrazione al divino. Esso fonde libertà e necessità.
Nel cuore segreto dell’uomo, della società e del cosmo vi è un anarchico divino.
In termini umani e sociali tutta la libertà da e tutta la libertà di e tutto l’amore che si dà e tutto l’amore che si riceve.
“ La soluzione non si trova nella ragione, ma nell’anima dell’uomo, nelle sue tendenze spirituali. E’ unicamente una illuminazione, maggiore di quella razionale, che può dar luce alla natura vitale dell’uomo ed imporre armonia ai suoi egoismi. Una più profonda fratellanza, una legge d’amore ancora non scoperta sono i soli fondamenti possibili per una perfetta evoluzione sociale, niente di altro le può sostituire. Una fratellanza spirituale che è l’espressione di una realizzazione interiore dell’unità.”
La stessa forza della vita sospinge sia la vita dell’uomo che la società alla espressione dell’incontro con il divino. In alcuni casi l’espressione dell’anima individuale potrà essere assai più veloce del movimento dell’anima collettiva che è a sua volta impresso dalle realizzazioni degli individui così come questi stessi realizzano sempre una parte del compito collettivo.
La reintegrazione dell’uomo e del mondo nel divino stanno abbracciati insieme in amor fraterno.
Una dimensione in cui la bellezza percepita dalla mente viene riconosciuta vera dal cuore e perseguita in buona volontà, così come allora bella potrà essere la libertà, giusta l’uguaglianza e fraterna l’esistenza umana su questo pianeta.
Maurizio Di Gregorio
(*le frasi tra virgolette sono riportate da Il Ciclo umano di Sri Aurobindo)
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