"Apri il cuore e accontentati di quello che la vita ti concede. Siamo tutti invitati alla festa della vita,
dimentica i giorni dell'oscurità, qualsiasi cosa possa essere successa non è la fine"
  Augusto Daolio

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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L'ASIA IN PERICOLO



di E. F. Schumacher

Il dilemma che tratterò qui riguarda l'impatto del moderno occidente sull'antico oriente. Tale impatto produce necessariamente una crisi di enorme importanza perché il moderno occidente pone una sfida e tende a distruggere tutto ciò che l'Asia, per migliaia di anni, ha ritenuto sacro e con cui ha nutrito il proprio pensiero e la propria vita, in breve tutto il suo patrimonio. L'antitesi, ovviamente, non è tra occidente e oriente ma tra stile di vita moderno, una "deviazione" unica nella storia dell'uomo che prevale nei paesi occidentali, e modo di vita tradizionale o normale che, sebbene a stento, sopravvive ancora in oriente. I nostri stessi antenati precedenti al Rinascimento, se improvvisamente tornassero in vita oggi, si troverebbero senza dubbio più a proprio agio in ciò che rimane dell'antico oriente piuttosto che in Europa occidentale o in America.

Il dilemma dell'Asia è un dilemma di tipo spirituale perché sono in gioco tutta la sua cultura e i suoi valori spirituali. Nell'affermare questo conferisco un carattere "reale" alle cose spirituali. La domanda fondamentale, posta dagli uomini di tutte le epoche, è "Cosa è l'uomo?" E la risposta data dalla tradizione universale dell'umanità è che l'uomo è un composto di spirito, anima e corpo (alcuni direbbero "anima, mente e corpo", ma preferisco le parole che ho utilizzato). A volte, però, le persone perdono la capacità di distinguere tra spirito e anima, e allora l'uomo viene descritto semplicemente come un'unione di corpo e anima. Chi afferma ciò corre l'immediato pericolo di perdere anche l'anima, perché il corpo e l'anima sono così strettamente collegati che non è difficile dimostrare che sono semplicemente due aspetti della stessa medaglia.

In tutte le civiltà è possibile osservare tendenze occasionali verso questo tipo di semplificazione, ma in genere sono velocemente superate e dimenticate. Il moderno occidente è l'unica, significativa eccezione. Tutte le altre civiltà si interessano principalmente, o in qualche grado lo hanno fatto, delle questioni spirituali; vedevano lo spirito come l'elemento divino, e in genere immortale, dotato di uno strumento psicosomatico, l'anima personificata o, se più vi piace, il corpo animato.

Naturalmente, se esiste un tale elemento divino ed immortale questo merita più attenzione del suo strumento, l'anima-corpo, che è così dipendente, così mutevole e ovviamente così mortale. Pertanto, la vita intera ruotava attorno allo spirito come unica "realtà", e il corpo e l'anima e tutto ciò che li riguardava erano considerati relativamente irreali.

In Europa abbiamo perso tutto questo nel corso degli ultimi tre secoli e il moderno occidente non si occupa più delle questioni spirituali ma di quelle materiali. Tuttavia, resta tra di noi una certa consapevolezza che il termine "spirituale" ancora esiste nelle nostre lingue, nonostante una scuola di filosofi molto stimata affermi che questo termine non ha senso.

Nel momento in cui si consideri seriamente l'idea dello "spirito", si è portati a conclusioni totalmente fuori moda. Se uno crede che le questioni dello spirito sono "reali" e pertanto infinitamente importanti, e che le questioni legate al corpo e all'anima sono solo relativamente reali (che significa alquanto irreali) e ricavano la loro importanza solo dal fatto che il corpo-anima è uno strumento dello spirito (proprio come gli attrezzi di un operaio traggono la loro importanza unicamente tramite la persona che li adopera), beh, se uno crede questo, è in grado di riconoscere che l'Asia si trova non solo nel mezzo di difficoltà politiche ed economiche ma anche in una vera e propria "crisi spirituale".

Coloro che non credono in nulla di tutto ciò, coloro che vedono l'uomo come niente di più di un animale intelligente incidentalmente fuoriuscito dal processo dell'evoluzione, e via dicendo, non credo che troveranno qualcosa di condivisibile in questo articolo. Dal momento che, per quanto li riguarda, non esiste nessuno spirito, non può esserci alcun dilemma spirituale in Asia né da nessun'altra parte.

Perché parlare di "dilemma spirituale", dicono. Non si tratta semplicemente di una battaglia tra la conoscenza moderna e l'errore antico, tra il progresso e la reazione, tra l'avanzato e l'arretrato? Questo è ciò che ci viene detto dal mattino alla sera, spesso anche con le migliori intenzioni. L'occidente moderno deve aiutare l'oriente arretrato e i ricchi devono aiutare i poveri. Naturalmente abbiamo il dovere di rispettarli e non dobbiamo sentirci superiori perché altrimenti si stimolerebbe l'antagonismo. Nei fatti, però, noi siamo superiori perché abbiamo le risposte e loro no. Riconosco, tuttavia, che non siamo più così inclini, come lo eravamo un tempo, a trasformare queste idee in parole (come ho appena fatto), ma la nostra nuova umiltà, a me sembra, è un'umiltà finta perché di fatto conserva l'idea che nulla conta tranne i nostri ultimi perfezionamenti.

Gli occidentali, in breve, credono ancora nella loro "missione civilizzatrice" e in ciò sono sostenuti dalla gran parte degli orientali occidentalizzati la cui fede nella superiorità occidentale è ancora più acritica della nostra. Contro queste opinioni "progressiste", ritengo invece che esista un dilemma spirituale e che ciò che si sta distruggendo in Asia non è solo errore, reazione e arretratezza, ma un inestimabile patrimonio che viene sostituito, da noi e loro, con nulla più di futilità e caos.

È impossibile ottenere anche l'apprezzamento più superficiale di questo patrimonio se non spogliamo completamente le nostri menti da due o tre pregiudizi molto radicati. Il primo, già menzionato, è la fede implicita dei bianchi nella superiorità della razza bianca su tutte le altre. Questa superiorità in effetti esiste solo in un ambito puramente materiale (fenomeno recente già in declino) ma è totalmente assente in altri campi. Il secondo pregiudizio, è la fede implicita nella superiorità dei bianchi contemporanei su tutte le generazioni precedenti di razza bianca. Questa idea è così radicata che supera qualsiasi argomento razionale volto in senso contrario ed è inculcata nei nostri figli dal momento in cui iniziano a imparare che: "Naturalmente prima non sapevano" o "Pensa, questa cosa si sapeva già centinaia di anni fa", e così via. Entrambi questi pregiudizi sono supportati e approfonditi dalla complementare contrazione della nostra esperienza della realtà: solo il materiale costituisce la realtà per gli occidentali moderni e siccome in questo particolare ambito sono, in effetti, superiori sia agli antenati sia ai loro contemporanei scuri di carnagione, proprio le loro deficienze supportano il loro complesso di superiorità.

Mentre gran parte degli occidentali hanno perso completamente contatto con la realtà spirituale, molti di loro aderiscono ancora ad una certa pseudo-cristianità che li porta ad indulgere in un terzo pregiudizio, di tipo molto pericoloso: la Cristianità è l'unica vera religione. Tutti i non-cristiani sono pagani immersi nell'idolatria. Come disse Ananda Coomaraswamy (The Bugbear of Literacy, p. 49): "L'eresia più clamorosa, e forse anche l'unica vera eresia, della cristianità moderna agli occhi degli altri fedeli sta nella rivendicazione della verità esclusiva. Perché ciò significa tradire Lui che "non restò mai senza testimoni" e può essere confrontato con il rinnegamento di Cristo da parte di Pietro. E chiunque dica agli amici pagani che "la luce che è in te è oscurità", nell'offenderli offende anche il Padre della luce". Anche la tolleranza cristiana delle altre religioni è spesso solo finzione. "Non ci può essere un tipo più vizioso di tolleranza che quello di dire ad un'altra persona "Serviamo entrambi lo stesso Dio, tu a modo tuo, io nel mio""

È possibile vedere che questi tre pregiudizi coprono molto bene il terreno. Per chi di noi considera reale solo il regno del materiale, tutto conferma la superiorità del moderno occidente. E coloro per i quali la religione è una cosa vera e importante per il mondo, possono fondare il proprio senso di superiorità nella sconcertante affermazione che la propria religione cristiana non solo è semplicemente vera ma è anche l'unica vera religione al mondo. E allora, cosa potrebbe offrire l'Asia che vale la pena conservare per gli stessi asiatici o per il mondo intero? I tre pregiudizi suggeriscono solo una risposta: nulla di nulla. Certamente si possono conservare un po' di mistero e di fascino che torneranno utili come attrazioni turistiche, ma il resto, via!

Questo è più o meno l'atteggiamento ufficiale. "Stiamo parlando di trasformare intere società", disse Eugene Black, l'ex presidente della Banca Mondiale, durante un seminario su "L'età dello sviluppo economico", "e di creare nuove tradizioni che sostituiscano quelle vecchie, rese tragicamente antiquate dal passare del tempo". E quali sarebbero queste "nuove tradizioni?" (l'espressione ricorda la storia di un'università la cui amministrazione decise che tutti gli studenti, da quel momento in poi, avrebbero dovuto vestirsi in un determinato modo: "Questa tradizione inizierà domani mattina alle 10,00"). Così facendo, viene data per scontata l'accettazione senza riserve di ciò che potrebbe essere chiamata la religione dell'economia.

Naturalmente Eugene Black non la chiama così. Egli afferma che "si spera veramente che la gente prenderà l'ideologia meno seriamente semplicemente perché sarà troppo occupata". Si spera che imiteranno il moderno occidente perché, secondo Black, "è proprio...non prendendo l'ideologia troppo seriamente che il mondo occidentale oggi gode di democrazia, libertà e degli standard di vita materiali più elevati". In breve, è necessario badare soltanto all'economia e Black renderà semplice questo compito: egli, infatti, "renderà il gergo dell'economia…moralmente asettico". La gente non dovrà percepire la sensazione che badare solo all'economia equivale dedicarsi ad un'ideologia; quindi, "Proviamo a rimuovere la patina di ideologia dal gergo economico e indirizziamo questo gergo verso l'unico fine della promozione di standard di vita materiali più alti".

Il tentativo di trasformare intere società non soffre certamente di un eccesso di modestia. Si basa su un complesso di superiorità così radicato e così scevro da dubbi che nemmeno le peggiori esperienze negative nella vita pratica riescono a farlo traballare. "Lo sviluppo economico", dice Black riferendosi ai paesi in via di sviluppo, "si è rivelato particolarmente incostante. Anche ora la creazione di desideri umani è più veloce della fornitura dei mezzi atti a gratificarli". È pertanto necessario riconsiderare l'intero approccio? Oh, no, continua Black, "lo sviluppo economico ha lasciato ai suoi albori nel mondo sottosviluppato problemi tragici che solo uno sviluppo più economico è in grado di risolvere" [corsivo aggiunto]. Non sarebbe giusto considerare queste opinioni come idee personali di Black, uno dei più importanti banchieri, visto che rappresentano pienamente il pensiero predominante in occidente e riflettono accuratamente l'immagine creata dagli aiuti occidentali nei cosìdetti paesi sottosviluppati.

Ciò che segue è un'ideologia massimamente aggressiva e che offre le più grandi tentazioni, come descritta dal Prof. Donald J. Dewey, della Duke University: "La ricerca di progresso ed efficienza è, ed è sempre stata, secolare perché zittisce le remore religiose nemiche di una maggiore produttività oraria. Questa ricerca non è romantica perché non ha intenzione di sacrificare le entrate nazionali per mantenere felici gli agricoltori o una classe abbiente portatrice di cultura. È materialistica perché la felicità è vista come un obiettivo più pressante, se non un obiettivo più nobile, della salvezza. E soprattutto è ottimistica perché suppone che la somma della felicità umana è aumentata da un crescente benessere".

Sarebbe difficile negare che questa affermazione assurdamente barbara riflette una condizione di straordinario disequilibrio che giustifica le dure parole di René Guenon, secondo cui "la civiltà occidentale è un'anomalia, per non dire mostruosità". Non deve meravigliare il fatto che l'illustre ex presidente dell'India, Radhakrishnan, sia giunto alla conclusione che "non vale la pena salvare la civiltà se continua con le sue presenti fondamenta". Rappresenta, tuttavia, il punto più alto della tentazione, che corrompe, se possibile, anche l'eletto.

Negli ultimi cento anni si è sempre più diffusa la convinzione, tra l'élite spirituale asiatica, che l'attacco della tentazione proveniente dal moderno occidente si sarebbe rivelato irresistibile e che sarebbe stato impossibile preservare i tesori della cultura tradizionale accumulati nei secoli. I testi più sacri, prima accessibili solo agli iniziati, sono stati quindi distribuiti agli studiosi occidentali che hanno duramente lavorato per elaborarli, tradurli e interpretarli. Durante il diciannovesimo secolo, la maggior parte di queste traduzioni e interpretazioni sono state così coloritamente distorte dallo spirito di crudo materialismo, che allora regnava supremo in Europa, al punto di non convogliare affatto la sottigliezza e la sublimità degli insegnamenti orientali. Da allora, però, c'è sempre stato un piccolo gruppo di persone che si sono dedicate, in molti paesi occidentali, non solo al puro apprendimento delle parole ma che ne hanno anche capito lo spirito.

E cosa troviamo? Scopriamo che questa cultura è il prodotto di una lotta sostenuta, combattuta per molte migliaia di anni per sostenere e sviluppare ciò che di buono c'è negli esseri umani e indebolire e controllare ciò che c'è di cattivo, per promuovere in ogni modo il Buono, il Vero e il Bello, come direbbe Platone. Ma soprattutto per ottenere la salvezza tramite la conoscenza. Che non è la conoscenza dei fatti, che è soltanto utile, ma una "conoscenza che può renderti libero".

Non scaturisce semplicemente da un'operazione della facoltà di raziocinio, ma da un coinvolgimento della persona tutta, corpo, anima e spirito. È la conoscenza che l'Europa una volta aveva, nessun popolo ne è mai stato privato, ma che abbiamo rifiutato sempre di più fino a perderla. Citerò ora Ananda Coomaraswamy: "Se non prendiamo in considerazione le filosofie "moderniste" e individualiste di oggi e consideriamo solo la grande tradizione dei filosofi magnanimi, la cui filosofia era una religione che doveva essere vissuta per essere compresa, si scoprirà presto che le differenze culturali tra est ed ovest, o tra nord e sud, sono paragonabili solo a quelle dei dialetti. Tutti parlano essenzialmente lo stesso identico linguaggio spirituale utilizzando parole diverse ma esprimendo le stesse idee e molto spesso tramite idiomi identici. Detto in altro modo, esiste un linguaggio universale intelligibile, non solo verbale ma anche visivo, delle idee fondamentali su cui le diverse civiltà hanno posto le fondamenta" (Bugbear, p. 78).

Questo linguaggio universalmente comprensibile è ancora vivo in Asia. Nonostante il tremendo fracasso fatto dai funzionari occidentalizzati, questo linguaggio può ancora essere ascoltato da coloro che si sono spogliati dei pregiudizi e hanno l'intenzione di imparare. La modernizzazione e l'industrializzazione non sono ancora così avanzate da eliminare del tutto lo stile di vita tradizionale così che è ancora possibile vedere nella vita vera cosa significa realmente una civiltà "equilibrata".

Le basi di una moderna civiltà, è stato detto, sono tali "che è stato più volte dimenticato anche dalle persone istruite che l'uomo ha sempre tentato di vivere non di solo pane" (Coomaraswamy, p. 7). In Asia, tuttavia, questo tentativo è ancora in corso in alcuni luoghi non ancora depauperati dal "tocco avvizzente" dell'occidentalizzazione. C'è ancora "il giusto mezzo di sussistenza", l'orgoglio dell'artigianato, bellezza e dignità, anche lì dove la gente, secondo gli standard occidentali, vive in povertà.

C'è ancora uno stile di vita in cui ogni uomo e ogni donna può essere un artista e, tramite la propria creatività, ottenere la vera conoscenza, e dove tutta la vera sapienza viene venerata. Sir George Birdwood, un cristiano convinto ed esemplare, incontrando questo tipo di società in India, affermò che "un tale ordine ideale sarebbe stato impossibile da realizzare, e invece continua ad esistere…e a darci, tramite i vivi risultati del suo quotidiano operare in India, una prova della superiorità, così spesso insospettata, della civiltà ieratica dell'antichità sulla civiltà secolare, mesta, vuota e auto-distruttrice dell'occidente".

La mente moderna è incapace di comprendere che un vero attaccamento e una vera conoscenza delle cose spirituali possono produrre qualcosa come un "ordine ideale" nella vita esterna, che è nei fatti la precondizione inesplicabile per un tale ordine. "Cerca prima il regno di Dio e tutte le altre cose ti verranno date in aggiunta", quanto bene si conoscono queste parole e quanto sono ripudiate dal moderno occidente, che si dice cristiano. La verità è che possiamo vedere questi due approcci solo come opposti inconciliabili. O cerchi il regno di Dio e la Sua giustizia o cerchi "tutte le altre cose", cioè ordine, benessere, ricchezza e felicità.

Come disse il Professore americano: "La felicità è vista come obiettivo prioritario, se non più nobile, della salvezza" e condanniamo "tutte le remore religiose nemiche di una maggiore produttività oraria". Ma se volgiamo lo sguardo all'Asia troveremo una tradizione ancora viva di sapienza e saggezza, che include la pratica nella vita quotidiana, basata sul "limite", sul controllo e la prevenzione dei "desideri", sulla "liberazione". Sarebbe piuttosto sbagliato suggerire che l'"ordine ideale" che Sir George Birdwood trovò settant'anni or sono esiste ancora. Ne esistono delle tracce, insieme alla saggezza perenne. Come diremmo oggi, esiste il "know-how" non solo sotto forma di parole e teorie ma come forza vitale in milioni di persone.

Solo ora, io credo, siamo in grado di riconoscere il dilemma spirituale: il vecchio ordine si è spezzato e questa frattura ha causato una spaventosa povertà. Ora viene tratteggiato un nuovo ordine, sviluppato dal moderno occidente, che suggerisce che la povertà può essere sconfitta solo tramite una rottura ancora più radicale con tutte le tradizioni antiche e che causa della povertà in Asia non è la distruzione di un ordine quasi ideale, ma al contrario la sopravvivenza di alcuni elementi di quel ordine.

I crudi fatti sulla povertà dell'Asia non devono, naturalmente, essere negati né minimizzati in nessun modo. Ma sarebbe un grave errore immaginare che per gran parte dell'umanità delle società tradizionali non c'è mai stato altro che profonda miseria. Questo fa parte del pregiudizio moderno che falsifica completamente la storia. La povertà attuale non è in alcun modo tipica delle condizioni di vita in cui l'Asia ha versato per migliaia di anni. Al contrario, è assolutamente eccezionale ed è, nei fatti, il prodotto di quel "tocco avvizzente" dell'occidente giunto non solo con una forza fisica straripante ma anche con il luccichio di una tentazione quasi irresistibile. È il risultato di un lungo e prolungato processo di decadimento iniziato a livello spirituale e che ora si manifesta anche a livello fisico, così che tutti possano vederlo.

Molti convengono che "qualcosa va fatto". Ma cosa? Il già citato Eugene Black afferma, difatti, che l'occidentalizzazione ha creato enormi problemi che possono essere risolti solo tramite una maggiore occidentalizzazione. Altri affermano anche che l'occidentalizzazione ha creato tragici problemi, ma concludono che ciò che occorre è un ritorno ai veri principi della loro propria civiltà indigena.

Non si tratta qui di un conflitto di opinioni tra chi vuole miglioramenti materiali e chi li rifiuta in nome dei valori spirituali. No, entrambi i gruppi vogliono miglioramenti materiali. Non esiste alcun vero insegnamento spirituale che comanda di trascurare le proprie condizioni materiali e di vegetare nella miseria. Non è una negazione dei valori spirituali per gli affamati cercare il pane invece di frequentare le funzioni religiose. Mentre entrambi i gruppi, come ho detto, vogliono miglioramenti materiali, il primo gruppo ritiene che siano raggiungibili solo seguendo la via occidentale, che è anti-tradizionale e anti-spirituale, mentre l'altro ritiene che i miglioramenti materiali possono essere ottenuti solo tramite un moderno risveglio dello stile di vita tradizionale.

Per metterla in maniera negativa, il primo gruppo (che è di gran lunga il più rumoroso) dice: "Non si può avere sviluppo economico senza prima aver abbandonato le tradizioni e le preoccupazioni spirituali ed aver abbracciato la "religione dell'economia"", mentre l'altro gruppo dice: "Non è possibile avere lo sviluppo economico senza essere preparati a rafforzare e purificare le tradizioni e gli affanni spirituali".

Non vi sorprenderete se dico che il tipo o lo schema di sviluppo economico di cui parlano questi due gruppi contendenti non è lo stesso. Il primo è moderno ed occidentale, l'altro deriva dalle tradizioni indigene di grande antichità. Il primo pone l'accento sulla quantità, il secondo sulla qualità. Il primo si occupa principalmente della soddisfazione procurata dal consumo, il secondo della dignità e della creatività delle persone in qualità di produttori. Il primo degrada il lavoro e cerca di ridurlo al minimo, il secondo lo esalta e ne fa libero uso.

La questione cruciale in entrambi i casi è il modo in cui viene avviato il processo di sviluppo. L'asso nella manica degli occidentali sta nella possibilità di preparare un piano e, forse, portarlo avanti, se necessario anche con la forza. Ma la loro debolezza principale è che un piano che non ha radici tra la gente può benissimo fallire nel raccogliere l'adesione popolare e quindi non portare a risultati veramente benefici per la popolazione. Credo che la situazione attuale dell'India sia proprio questa. Anche lì dove i programmi vengono completati, non c'è nessun vero successo. L'altro gruppo, con più rispetto per la saggezza indigena, insiste che, in ultima analisi, solo l'auto-aiuto può essere efficace e può moltiplicarsi un milione di volte su tutto il paese.

Sono istintivamente contrari alla pianificazione centrale, che tende sempre ad assumere un' inclinazione occidentale, e desiderano affidarsi alla crescita spontanea portata avanti dalla stessa gente, dai villaggi, non organizzata, libera, non pianificata, imprevedibile. Ma che succede se non esce spontaneamente? Puoi aspettare invano che la gente si dia da fare e anche un grande santo vivente, come Vinoba Bhave in India, potrebbe non riuscire a ispirarla e a mobilitarla in maniera sufficiente per un'azione costruttiva o, quantomeno, non così velocemente come si vorrebbe.

Questa è l'eterna questione e non faccio finta di essere in grado di rispondere. Se ci fosse una risposta certa avremmo già da tempo risolto tutti i nostri problemi. Niente si raggiunge senza persone creative ma le persone da solo possono fare ben poco. Come possono ottenere il sostegno e la cooperazione della maggioranza passiva? Non si può raggiungere niente di valore senza una base di spontaneità e di libertà, ma la maggioranza passiva, essendo passiva, manca esattamente di spontaneità e tende a muoversi solo sotto costrizione. Ci sono, per quanto posso vedere io, solo due forze che possono risolvere questi problemi paradossali: la grande sofferenza o la grande saggezza.

In Cina c'è stata grande sofferenza a partire dal crollo dell'Impero Manchu e la sofferenza ha prodotto i "quadri" di uomini e donne d'acciaio che guidano le masse e la disponibilità delle masse di farsi guidare. In India esiste una grande saggezza: può essere vantaggiosa in qualche modo? La tragedia è che molti indiani colti immaginano che la sofferenza può essere evitata abbandonando la saggezza. Qualche parola sul valore di quella saggezza per l'occidente. Non posso far cosa migliore che citare l'introduzione di Marco Palli ad uno dei libri di René Guenon:

La situazione attuale dell'occidente è…da paragonare a quella delle vergini sciocche che, volgendo l'attenzione in altre direzioni, fecero spegnere le loro lampade; per risvegliare il fuoco sacro, che nella sua essenza è sempre lo stesso ovunque esso bruci, dovevano far ricorso alle lampade ancora accese delle loro compagne più sagge. Ma una volta riaccese, saranno sempre le loro stesse lampade che dovranno essere riaccese, e tutto ciò che dovranno fare sarà alimentarle correttamente con il tipo di olio che avranno a disposizione…Un Hindu scrisse da qualche parte che l'incapacità degli occidentali ad interpretare l'oriente è legata alla mancanza di una più profonda comprensione dei propri saggi e addirittura dei Vangeli. Reciprocamente, si potrebbe affermare che tramite una genuina assimilazione del contenuto essenziale delle tradizioni orientali, potrebbero essere aiutati a ricatturare lo spirito che alberga nel cuore della stessa cristianità...

Se per un occidentale la vera conoscenza delle dottrine tradizionali offre solo i mezzi efficaci per fuggire dall'imminente disastro che in così tanti temono ma che nessuno sente di poter prevenire, tramite un processo di reintegrazione verso l'interno e di riforma nel senso letterale del termine, così anche per l'orientale restano i mezzi indispensabili di consolidamento, auto- rinnovamento, indipendenza e raccoglimento.

"Tutte le civiltà sono decadute, solo che sono decadute in modi diversi. Il decadimento dell'oriente è passivo mentre quello dell'occidente è attivo" (Schuon, Perspectives, p. 22). "L'oriente dorme sopra verità, l'occidente vive negli errori". Chi è che ha più bisogno di aiuto? Senza dubbio l'occidente, perché viene impotentemente guidato da forze demoniache che possono distruggere il mondo in qualsiasi momento. Nel nome dell'individualismo, della libertà e della democrazia ha abbandonato la lotta contro le propensioni maligne della natura umana ed è largamente senza scrupoli anche quando cerca di fare del bene.

Entrare in contatto con la saggezza indiana e cinese non solo costituisce un inestimabile guadagno personale ma anche una possibilità unica di scoprire cosa possiamo fare politicamente ed economicamente per evitare la rovina definitiva. Il dilemma spirituale non esiste né per l'Asia né per l'occidente. Ma esiste la tentazione. Per entrambi c'è la scelta di servire Dio o la Ricchezza e fa parte dell'errore moderno credere che si tratti di una scelta tra povertà e ricchezza. Non è così, anzi. Nonostante tutte le apparenze, il servire la Ricchezza non viene ricompensato da una prosperità durevole ma da disastri cataclismici. È il servire Dio, o la Verità, come direbbero in Asia, che da solo porta ad un benessere durevole su questa terra.

tratto dal libro "La misura della felicità" di F. E. Schumacher edizioni Fiorigialli


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