LA MACCHINA NELLA TESTA
di G. Parton
La crisi ambientale consiste nel deterioramento e nella completa distruzione dei micro e macro ecosistemi del mondo intero e comporta l'eliminazione di innumerevoli creature selvatiche dell'aria, della terra e del mare: molte specie vengono spinte al limite, fino all'estinzione stessa. Quelli che permettono passivamente che questo accada, per non menzionare quelli che per motivi non solo economici ne sono i promotori attivi, si sono già incamminate lungo il sentiero della malattia mentale. Dominate e oppresse da gravi problemi psicologici, a molte persone non interessa questa catastrofe planetaria, non la vedono né la capiscono. La crisi ambientale si è radicata nella crisi psicologica dell'uomo moderno. Questo rende cruciale la ricerca di un'eco-psicologia; dobbiamo capire meglio quanto di terribile stia accadendo nella mente degli esseri umani, perché avviene e cosa possiamo fare in proposito.
Pensiero profondo
La soluzione alla crisi ambientale che oggi stiamo affrontando dipende molto meno dalla diffusione di nuove informazioni che dal riemergere nella coscienza di antiche idee. Le idee primitive o tribali - affinità, solidarietà, comunanza, democrazia diretta, armonia con la natura - forniscono la struttura o il fondamento di qualsiasi società razionale o sensata. Oggi queste idee primordiali, dono della nostra eredità ancestrale, sono impossibilitate a penetrare la nostra coscienza. La stragrande maggioranza delle persone moderne non può scorgere le verità basilari riguardo al vivere in equilibrio con la natura che i nostri antichi antenati conoscevano e che noi dobbiamo conoscere di nuovo. Siamo persi in interminabili dibattiti politici, ricerche scientifiche e compromessi: la semplicità della mente primitiva è stato dimenticata.
Per centinaia di migliaia di anni, fino all'inizio della civilizzazione 10.000 anni fa, gli esseri umani hanno vissuto in società tribali: queste producevano una coscienza tribale - un insieme di idee realizzabili o principi guida per vivere insieme, con successo, in un pianeta sano e diverso. L'invasione planetaria della civiltà, in un ambiente tribale dopo l'altro, è stata così rapida e mortale che possiamo definirla il trauma della civilizzazione. Dato che gli esseri tribali erano impreparati e incapaci di affrontare il furibondo assalto della civilizzazione, la coscienza tribale è stata sotterrata, diventando qualcosa di dimenticato e pericoloso. Per paura della morte i popoli conquistati hanno iniziato ad avere timore di pensare e agire in accordo alle antiche maniere. Molta paura si nasconde alle origini della civiltà.
L'ontogenesi riassume la filogenesi - vale a dire che lo sviluppo dell'individuo è una ripetizione abbreviata dello sviluppo della specie. Durante l'infanzia, una persona moderna percorre un'enorme distanza tra la primitiva creatura dell'età della pietra e il responsabile cittadino contemporaneo.
Quando incontra il potere terrificante della civiltà - i cui primi rappresentanti sono i genitori, i maestri e i preti (e più tardi i poliziotti, i legislatori e i dirigenti) - il bambino affronta, psicologicamente, la stessa situazione del suo antenato tribale - cioè si conforma al dettame: o civiltà o morte! La mancanza di difesa nei bambini fa nascere la minaccia del dolore fisico o della perdita dell'amore, usata dai genitori e dagli altri per rafforzare la civile moralità e la civile educazione: un'esperienza traumatica. La piccola persona che sta crescendo diventa timorosa di esprimere la propria natura tribale. Molta paura si nasconde dietro al divenire adulti civilizzati.
Con la presa di coscienza delle idee e degli impulsi che contrastano i dettami della civiltà, il bambino sperimenta l'ansia, che è il segnale di pericolo. Il bambino non ha timore delle intuizioni e gli stimoli, quanto piuttosto della reazione che provocano nei responsabili adulti. Poiché il bambino non può scappare da quelli che controllano la sua vita, sfugge dai pensieri e dai sentimenti pericolosi. In altri termini, il bambino comincia a reprimere il sé primitivo.
Ora le idee primitive vengono isolate, escluse dalla consapevolezza e totalmente impossibilitate a influenzare il futuro corso degli eventi.
Il trauma o terrore ineluttabile della civiltà è responsabile del disordine della ragione. Messa a tacere la dimensione profonda del pensiero riflessivo, la mente primitiva, è cessato quell'intimo dialogo nella mente umana segno di autocoscienza.
Le persone moderne non sentono più la propria voce primordiale; e senza interazione tra le antiche e le nuove idee - le esigenze della tribù (o della specie) e le esigenze dell'individuo - non esiste pensiero profondo. Quando invece la ragione viene recisa alle radici diventa superficiale, incapace di stabilire ciò che ha un valore reale nella vita.
Il passaggio delle idee tribali dallo strato più profondo e antico della mente alla coscienza individuale fa parte del normale, naturale funzionamento della mente umana. Il pensiero profondo non è il risultato dell'educazione: è innato, un nostro diritto di nascita in quanto Homo Sapiens. Quel che ha fatto la civilizzazione è stata la frantumazione del libero flusso di idee nella mente umana, chiudendo la mente primitiva attraverso una traumatica socializzazione. In una situazione del genere, separata dalle idee preistoriche sperimentate e verificate col tempo, la ragione è diventata a una dimensione ed è incapace di risolvere i problemi della vita moderna. Nessuna quantità di nuove informazioni può sostituire la saggezza tribale, che provvede a fondare ogni vita buona e decente.
Niente di quanto sostenuto nega il concetto di progresso; significa invece che il progresso genuino è il risultato di un profondo dialogo mentale in cui le nuove idee sono accettate o rifiutate in riferimento al grande insieme di antiche idee, perfezionate e tramandate per molte migliaia di anni da una generazione all'altra. In altre parole, il progresso genuino si costruisce su verità basilari. Questo non significa idealizzare la cultura primitiva, ma riconoscerne coscientemente le conquiste solide e intelligenti. Dal momento che la civiltà ripudia le verità primitive e basilari, non abbiamo strutture di riferimento per una vita buona e decente. Quello che nel mondo moderno chiamiamo progresso è la smania incauta e senza scopo di individui perduti. Quando qualcuno si perde, è necessario tornare nel luogo in cui ci si può orientare e ripartire di nuovo da qui.
Il falso Io
Abbiamo interiorizzato i nostri padroni, tipica risposta psicologica al trauma. Affrontando un terrore opprimente la mente umana si divide e una parte di essa si modella a immagine dell'oppressore. Questo è un atto di pacificazione. Infatti la mente dice: "Guarda, sono come te, perciò non farmi del male". Insieme al meccanismo psicologico di difesa conosciuto come "identificazione con l'aggressore", come risultato del processo di civilizzazione ora sentiamo nelle nostre teste le voci aliene dei vari rappresentanti della civiltà. A causa di questa identificazione aliena dell'io non sentiamo più la nostra voce tribale/primordiale.
Per ripristinare il pensiero profondo nella mente umana è necessario abbattere queste autorità interiori e sconfiggerne la resistenza, dal momento che impediscono alle idee tribali di prendere coscienza. Il problema oggi non è semplicemente dovuto al fatto che non ascoltiamo queste idee primordiali, ma piuttosto che queste idee non riescono a raggiungere la coscienza a causa di interiori forze avverse che le contraddicono e sovrastano.
Questa identificazione ego-alienata, costruita durante l'intera esistenza, forma e aderisce a una personalità distinta e circoscritta, o falso io, che rappresenta e rinforza i ruoli e le regole della civiltà. Vediamo questo falso io nelle gelide espressioni dei volti, nei gesti stereotipati e nei modelli comportamentali della gente. Questo falso io determina buona parte della nostra vita quotidiana al punto che raramente siamo l'origine delle nostre azioni. Cadiamo nel falso io al primo segnale di pericolo, sotto stress, o semplicemente perché è la strada della minor resistenza. In questo modo irragionevole di giocare il ruolo sociale, riproduciamo dentro di noi la nostra stessa oppressione.
Il trauma ha un ruolo necessario nel civilizzare qualcuno, altrimenti un individuo naturale e maturo non accetterebbe gli ideali della civiltà. Ideali - come la gerarchia, la proprietà, lo Stato - che sono talmente contrari alla nostra natura tribale da dover essere conficcati con la forza nella mente umana. Questo provoca la frattura della mente, la divisione dei suoi territori - ossia la difesa di una sua parte dal nemico invasore. Per questo motivo il falso io non viene mai realmente integrato nella mente umana; ma anche restando appartato, lontano e al di sopra della vita della mente normale e sana, la occupa come un corpo estraneo.
L'Io originario
Sotto il falso io esiste ancora l'identità originaria della persona. L'io originario è più antico, altro rispetto alla personalità estranea che gli è stata sovrimposta. L'io originale o ego primitivo è quel che eravamo durante l'infanzia - prima che la mente fosse distrutta dal trauma della civilizzazione: quello che siamo ancora nel profondo della nostra identità. Questo io originario è strettamente collegato al più antico strato della psiche. È una porzione della mente primitiva individualmente differenziata - la prima organizzazione personale della mente primitiva. Per questo ha accesso diretto alla saggezza primordiale: una percettività rivolta verso l'interno che permette alle idee tribali di attivarsi e penetrare la coscienza.
Nella civiltà l'io originario si trova al centro di una battaglia tra lo status quo del falso io e l'insurrezione dell'io tribale. Anche quando un individuo riesce a mantenere la sua identità personale, rifiutando di cadere nel falso io, la voce primordiale può restare inascoltata, soffocata dal falso io.
Come una personalità distinta e differenziata, il falso io raggiunge una sua propria contro-volontà che è sempre attiva nella mente malata, almeno nei termini di repressione delle idee tribali. Queste minacciano la civiltà quindi non possono sfuggire alla censura del falso io, che ha la funzione specifica di respingere ogni serio attacco alla civiltà.
Inoltre il falso io tende a diventare sempre più autonomo ed esteso, a causa dei modelli perfezionati di controllo sociale e di manipolazione della coscienza - la pubblicità ad esempio. Una volta che la mente si è divisa il falso io prende il comando delle nostre vite, sostenuto dal potere inesorabile della civiltà. L'io originario/primario è diventato autistico o viene estromesso con violenza dall'impegno attivo nella realtà sociale. Tuttavia, almeno ogni tanto, possiede ancora un po' di consapevolezza della nostra identità primaria situata al di sotto del falso io, e di speranza di ribellarsi alla repressione dei processi mentali primitivi, avvenuta in modo più effettivo durante l'infanzia.
Il vero Io
Sul sentiero verso il vero io l'identità originaria dell'individuo viene forzata in qualcosa di più grande e di altro da sé tramite l'identificazione, normale base psicologica dello sviluppo della personalità. Questo processo di identificazione diventa patologico solo quando non viene preservata la continuità della personalità, quando, ad esempio, avviene una separazione in due della mente che origina una nuova struttura psichica - un falso io. Questa divisione della mente sfortunatamente è quello che succede proprio nell'addestramento obbligatorio e nell'educazione degli odierni esseri umani civilizzati. Invece lo sviluppo di una mente sana e naturale non comporta alcuna netta delimitazione tra le sue fasi e funzioni.
Il vero io è la continuazione e il culmine dell'io originario; si sviluppa dall'io originario come questo dall'io tribale. In breve, la realtà psichica consiste nell'unione dell'io tribale con l'io originario e la loro dinamica azione reciproca è responsabile dello sviluppo del vero io. Il vero io è qualcosa che sboccia e progredisce; la civiltà traumatica non lo ha eliminato, ma ha bloccato il flusso delle idee tribali nella coscienza, provocando l'arresto o la distorsione dello sviluppo più alto e maturo della personalità.
Per riappropriarsi del pensiero profondo nella mente, in modo da poter raggiungere il vero io, è necessario respingere e infine distruggere la civilizzazione, internamente ed esternamente.
Il messaggio
Quel che è triste dell'età moderna è che bisogna ricordare alla gente gli "immutabili bisogni umani." Questa verità non si può imporre, ma evocare in loro. Il fatto è che le persone non si sentono appagate dai ruoli che la civiltà assegna loro. C'è il sentimento diffuso che la vera identità e potenzialità di ciascuno non è stata realizzata, ma sfortunatamente non c'è coscienza dell'io tribale - tranne in una minoranza di individui. Una volta reintrodotto all'interno della coscienza popolare il messaggio di un io tribale, questo può restare assopito per un lungo periodo nella mente degli individui, ma non è più totalmente dimenticato come ai tempi dell'infanzia. Questo messaggio fa da catalizzatore per un risveglio intellettuale nella popolazione, accompagnato dalla sensazione che qualcosa di antico e familiare è stato riscoperto.
Il potere di questo messaggio di smuovere un individuo è dovuto ad una questione psicologica, ovvero le idee tribali continuano a spingere per entrare nella coscienza, nonostante la repressione chiuda la strada al pensiero profondo. La mente cerca di continuo l'integrazione di ogni sua idea in un tutto comprensibile.
Qualsiasi cosa appartenga all'inconscio represso sta cercando di penetrare nella coscienza. Quando un individuo apprende da una fonte esterna, tramite il messaggio, dell'esistenza delle idee tribali, compie un profondo viaggio dentro di sé. Il messaggio si appella alla mente conscia, la strattona; suona veritiero poiché va a toccare e a scuotere la verità repressa che sta lottando per irrompere nella consapevolezza. Per questo motivo il trionfo della civilizzazione sull'io tribale non è mai certo, e c'è bisogno di un costante bombardamento di bugie e distorsioni da parte dei rappresentanti della civiltà.
Che un individuo venga risvegliato o meno dal messaggio di un io tribale dipende dalla condizione mentale di ognuno di noi. La crisi può aprire una persona a delle idee che altrimenti sarebbero evitate o rifiutate. Una persona disperata o confusa in cerca di aiuto può accettare intellettualmente la nozione di un io tribale perché dà la sensazione di una storia della propria vita; ma questo non significa ancora afferrare dall'interno le idee tribali, risultato di un dialogo mentale profondo.
La consapevolezza intellettuale, grazie al messaggio, del proprio io tribale è il primo dei pre-requisiti di una persona sana, ma non è abbastanza, non è la stessa cosa che sentire la propria voce primordiale. Ogni individuo deve verificare o provare, di per sé, il messaggio o la teoria di un io tribale.
Il viaggio verso l'esterno
Per sentire la propria voce primordiale e recuperare il pensiero profondo c'è bisogno di un viaggio verso l'esterno da parte dell'io originario: si tratta di combattere per vivere in accordo alle idee fondamentali che ognuno riconosce come buone e giuste, un ideale tribale. Questo è il sentiero del guerriero poiché la civiltà esteriore (leggi, istituzioni e tecnologie) e interiore (il falso io) è organizzata per opporsi a questa lotta.
Ci vuole fermezza e coraggio per andare contro la civiltà, esteriormente e interiormente. Il sentiero di un guerriero tribale nel mondo moderno non ha nulla a che il coinvolgimento e la difesa delle grandi idee della preistoria vedere con l'impugnare una lancia o indossare una pelle di leone; piuttosto implica: la democrazia diretta faccia a faccia, fiumi e ruscelli come luoghi dove dissetarsi, rispetto per animali e piante selvatiche.
Queste idee non richiedono ulteriori dati, argomenti, congressi o conferenze perché sono senza dubbio gli elementi irrefutabili della conoscenza originaria. Il guerriero si appoggia alle incrollabili fondamenta della verità basilare, e le perverse bugie della civiltà - che la terra sia una proprietà, per esempio, o che il bene comune derivi dal massimizzare i propri interessi personali da parte di ciascuno - vengono respinte come se fossero balbuzie insensate di un ignorante…
Le psicodinamiche della cura consistono nello sconfiggere la nostra paura del pensiero profondo rafforzando l'io originario mediante una pratica quotidiana, fino al punto in cui non possa più abbandonare le sue idee sovversive. Abbiamo paura a pensare in maniera approfondita o critica, a causa dell'orrore per il passato. È più sicuro non pensare alle idee tribali e risparmiarsi i ricordi dolorosi della punizione (e gli attacchi di ansia) associati al richiamo di queste idee. L'infante teme che qualcuno possa essere ucciso o gravemente danneggiato dalla persistenza del pensiero tribale.
Il bambino accetta un adattamento insoddisfacente alla realtà sociale - vale a dire, la repressione del suo io tribale che è incapace di affrontare in qualsiasi altro modo la minaccia incombente della civilizzazione. Tuttavia gli adulti non si trovano più nella posizione indifesa dell'infanzia; non è più necessario abbandonare la battaglia contro la civilizzazione. Nelle nostre esistenze quotidiane ci sono moltissime opportunità di mettere in dubbio e rifiutare l'autorità che umilia e debilita.
Ciò che conta, per ora, non è vincere questa o quella battaglia con la realtà esterna, ma restare fedeli alle idee tribali di fronte alla civilizzazione e integrarle nel percorso o nel carattere della nostra vita. Questo è ciò che lentamente provoca un cambiamento radicale nella personalità.
Il sentiero del guerriero è quello di sostenere un ideale tribale - con l'obiettivo terapeutico di portare un ego rafforzato in comunicazione aperta e diretta con la mente tribale, per dissolvere il falso io insieme al suo meccanismo punitivo.
Il viaggio individuale di perdita della stretta del falso io rinforzando l'io primario, di certo non conduce da solo all'abbattimento della civiltà; ma è l'indispensabile requisito soggettivo per ricostruire un movimento ambientalista che potrà raggiungere questo scopo. La gente è saldamente nella morsa del falso io, il che significa che nemmeno per sogno una rivoluzione è segnata sull'agenda.
L'influente macchina della civiltà è nelle nostre teste e per prima cosa dobbiamo sconfiggerla qui; finché le fondamenta psicologiche della liberazione non siano state preparate adeguatamente non ci possiamo aspettare che si ribellino delle persone brutalmente sottomesse per 10.000 anni dalle forze controrivoluzionarie. Dopo che una buona parte di noi avrà svolto il duro lavoro interiore di autoricostruzione, ovvero la rivendicazione della propria salute, allora potremo unirci in gruppi e mandare in frantumi la civiltà.
Il bivio
All'interno della civiltà l'infelicità degli uomini è molto estesa e continua a crescere. Le persone si sentono sempre più vuote, ansiose, depresse e arrabbiate. Ognuno è alla ricerca di una risposta ai gravi problemi mentali. L'ideogramma cinese che esprime la "crisi" combina il segno di "pericolo" con quello di "opportunità". Questo è esattamente il momento storico in cui ci troviamo, al bivio tra due futuri radicalmente diversi. Da una parte c'è il rischio della malattia mentale e dall'altra l'opportunità di un ritorno del tribale.
Il sentiero per la malattia mentale
I bisogni vitali di base, o bisogni tribali, non vengono soddisfatti dalla civiltà e questo crea frustrazione che a sua volta attiva l'aggressività. Mentre la civiltà "progredisce" verso un dispositivo globale di sincronizzazione delle nuove forme di tecnologia, veniamo spinti sempre più lontano dalle gioie della vita semplici e basilari - sedersi di fronte a un raggio di sole, conversare attorno al fuoco, condividere il cibo, camminare, il cielo blu sopra la testa - e così aumentano sia la frustrazione che l'aggressività.
Per neutralizzare le crescenti frustrazioni e ire interiori, l'interesse e la compassione per gli altri e per il mondo naturale sono sempre più repressi e concentrati su di sé. Questa è la spiegazione psicologica della cultura dell'egoismo presente ovunque nel mondo moderno - il primo passo nella strada per la follia.
Il secondo passo, ora all'orizzonte, è la megalomania, un grave stato patologico della coscienza in cui la costante repressione dell'amore per gli altri e per la natura fa nascere la deludente condizione mentale di un'esaltante autostima. Un amore di sé gonfiato abnormemente fa sentire il megalomane sempre più potente, euforico e in grado di avere tutto sotto controllo. Questa condizione patologica di megalomania è alimentata da un odio interno, che sta cercando disperatamente di pacificarsi consumando sempre più amore di cui una persona dispone, ma che fallisce completamente nell'affrontare le cause profonde della nostra malattia mentale - vale a dire i bisogni primitivi insoddisfatti.
Se le persone non possono accedere alle idee tribali che le informano dei bisogni basilari, allora, a causa della loro aggressività e frustrazione, non possono trovare il bersaglio giusto: la civiltà. Come risultato, la collera resta intrappolata nei nostri corpi ed è destinata a raggiungere livelli che sono psicologicamente inaccettabili, insostenibili per qualsiasi individuo, fino a giungere alla pazzia. La malattia mentale, terza e ultima fase della civilizzazione, occorre quando l'io originario diventa un prigioniero torturato tra le mura delle sue paure, frustrazioni e ostilità.
A questo punto è estremamente difficile, se non impossibile, raggiungere o influenzare l'io originario con qualsiasi messaggio razionale.
Il sentiero verso la salute mentale
La società ci ha schiavizzato, incatenati alla dipendenza, all'isolamento e all'artificiosità. Nelle nostre menti c'è ancora traccia di tutto quello che abbiamo sofferto con la civilizzazione - giacché nulla svanisce nella mente umana - e si sta accumulando sotto forma di rabbia. Il meccanismo che la civiltà adopera per impedire che questa rabbia si liberi da ciò che l'ha originata - la civiltà stessa - è l'inserimento di un dittatore nelle nostre menti, un falso io, che possa ribaltare verso gli stessi cittadini questo odio in forma di biasimo verso sé stessi.
Secondo il falso io ogni individuo deve essere biasimato per la sua miseria. Il falso io trae dalle nostre cieche frustrazioni l'aggressività, l'energia necessaria a punirci e asservirci. In assenza di un impegno cosciente nei confronti di un ideale tribale e di un saldo contatto con la realtà fondamentale in base alla quale valutare, condannare ed opporsi alla civiltà, una persona rimane in balia della sua stessa insoddisfazione e dell'aggressività crescente che il falso io è destinato a rivolgere verso l'interno.
L'ideale tribale fornisce un sostegno per rafforzare l'io originario e per sconfiggere quello falso. Sostenendo un ideale tribale, a volte a parole, a volte con l'azione e a volte con il silenzio, noi costruiamo il rispetto di sé sopra solide fondamenta; perché nel profondo del cuore siamo ancora ferocemente indipendenti, creature intelligenti strettamente legate a piccoli gruppi di donne e uomini e a grandi spazi di natura selvaggia.
L'importanza di questo rispetto verso sé stessi come una delle cause prime della natura umana può difficilmente sembrare un'esagerazione; può consentire a un individuo di sfidare la civiltà anche di fronte all'odio dell'intero mondo odierno.
Quando un individuo acquisisce un fondamentale rispetto di sé, non può più essere ingannato, e tutte le mazzate della civiltà non sono altro che cicatrici di un fiero guerriero. Contro questo la civiltà ha meno potere, perché una persona che ha richiamato il fondamentale rispetto per sé non ha alcun timore delle leggi e delle regole della civiltà.
Questo rispetto per sé porta a un genuino amor proprio, secondo e decisivo passo sul sentiero verso la salute mentale, perché l'amor proprio (e in larga misura la felicità) consiste nel diventare di nuovo il proprio ideale personale, come ai tempi dell'infanzia. Questo amor proprio eventualmente trabocca e diventa amore per gli altri e per la natura circostante. Preoccuparsi della vita sulla Terra è il risultato di un surplus di amore, o come disse Nietsche "l'abbondanza in sé stessi… la suprema pienezza di vita… il senso di compiutezza e di maggiore energia ". In altri termini, preoccuparsi della vita sulla Terra proviene da un intatto narcisismo, primordiale e sano, che si sta espandendo.
Senza questa attenzione che deriva dall'amor proprio, scienza ed etica pregheranno invano per la salvaguardia della diversità biologica, dell'integrità ecologica e della reale selvatichezza.
Il megalomane o narcisista patologico non possiede più amore per gli altri o per la natura, dal momento che ha bisogno di tutta l'energia psichica disponibile, se non di più, per sfuggire al falso io che sta diventando sempre più esigente e brutale. Nella megalomania, il flusso a ritroso dell'amore, lontano dagli altri e dalla natura e rivolto verso di sé, è una reazione difensiva alla realtà sottostante fatta di crescente male e odio: l'io originario si sta indebolendo e il falso io rinforzando, poiché la grave lesione provocata alla psiche dell'essere umano dal trauma della civilizzazione sta peggiorando.
L'identificazione con l'io tribale è l'antidoto alle profonde ferite narcisistiche inflitte su di noi dalla civiltà, e minaccia di disintegrare la civiltà perché va alla radice del nostro danno e inizia a curarlo. La terza e ultima di un processo rivoluzionario o eco-radicale avviene quando un individuo, dopo un'ardua pratica intellettuale, ricorda oppure intuisce la verità fondamentale.
Ora l'individuo ascolta la sua voce primordiale, che sgorga dall'intimo come un'inarrestabile, cosciente impulso ad aiutare i suoi simili e a dare un contributo posit
ivo al pianeta.
Per riassumere, il sentiero per la salute mentale inizia con la consapevolezza di un io tribale. L'impegno di una persona nei confronti di questo ideale suscita il rispetto di sé, il quale suscita a sua volta l'amore per sé. Questo amore per se stessi infine trabocca, fino a comprendere gli altri e la natura. Infine, gli individui sono abbastanza forti e sicuri psicologicamente per entrare in associazioni cooperative insieme ad altri, in favore di un movimento di massa rivolto a ristabilire piccoli villaggi incastonati in un paesaggio salutare e selvaggio.
Conclusione
Quando nel ventunesimo secolo si avvicinerà la crisi finale della civiltà, il sistema presente farà tutto il necessario per perpetrarsi. Le persone che sono nella stretta mortale del falso io daranno il loro appoggio qualsiasi cosa il sistema farà, tra cui lo sfruttamento e la distruzione dei parchi nazionali e delle aree riservate alle foreste.
Fino a quando le persone non possederanno un'integrità psicologica sicura e sana, ogni altra cosa sarà in pericolo. La ricerca personale della salute è, o diventerà in breve, il fattore dominante per la grande maggioranza delle persone: a questo scopo ognuna, isolata e impaurita nella società moderna, deve armarsi di un ideale o visione di quello che vorrebbe o potrebbe essere. Non c'è niente di meglio da proporre che un ideale tribale. Sta quindi ad ogni individuo compiere il difficile lavoro psicologico di liberazione personale che deve precedere il reale cambiamento: questo compito personale di cura della mente può e deve essere fatto nelle circostanze dei nostri giorni.
Tratto da: Green Anarchist - Estate 1997
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