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IL MIO ORIENTE E' PIENO DI OCCIDENTE
Casadio Farolfi
"Non è con la ragione che si riesce a varcare i limiti della razionalità." Il battesimo del grande viaggio in India era previsto per il 29 luglio 1979. A Imola era una giornata caldissima, quasi afosa, un anticipo di quel clima che avrebbe accompagnato me e Roberta nelle settimane successive. In realtà, giunti a Bombay fu un monsone della durata ininterrotta di cinque giorni a darci il benvenuto; il tasso di umidità era insopportabile, tale da convincerci a proseguire il nostro viaggio puntando verso il nord del Paese. Fu un lungo itinerario - rigorosamente in treno - attraverso i luoghi turistici dell'India: Agra, Jaipur, Dehli, Benares, Madras, ma anche in tanti minuscoli paesi e villaggi dell'immensa campagna indiana, ben lontani dai falsi splendori delle città caotiche e chiaramente già in piena trasformazione occidentale. Tutto ci apparve come narrato dalle parole di Piero Verni e Folco Quilici, nelle immagini dei Continua... |
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LA SCOPERTA DELL'ALTRO
Intervista a Tzvetan Todorov
Prof. Todorov, Lei ritiene che la scoperta dell'America abbia un signifcato simbolico: la scoperta dell' "altro" o del "diverso" da parte della civiltà europea. Perché ha privilegiato proprio questo avvenimento storico?
Certamente l'incontro con l' "altro" avviene lungo tutto il corso della storia. I Greci scoprono il loro "altro" in Asia, incontrando gli Sciti, i Persiani, i barbari. I Romani si scontrano con il loro "altro" nei barbari venuti dal nord e negli invasori venuti del sud. Se, però, dovessimo scegliere un avvenimento emblematico, credo che quello più importante per la storia europea sia la scoperta e la conquista dell'America. In primo luogo per le sue proporzioni quantitative: si tratta della scoperta dell'altra metà della terra, non di una piccola isola o di una parte interna di un continente dove non si riusciva ad arrivare; in secondo luogo questo mondo "altro" era completamente ignoto. Certamente anche gli arabi o i cinesi erano per gli europei popolazioni sconosciute, ma, per lo meno, su di essi circolavano storie e quindi se ne aveva una vaga idea.
Al contrario, riguardo a quelli che oggi noi chiamiamo "amerindi" l'ignoranza era totale. Per questo l'incontro con loro rappresenta una sorta di laboratorio privilegiato per osservare l'incontro dell'Europa con il suo "altro".
Qual é la conseguenza della conquista dell'America? Il mondo diventa piccolo, diventa una porzione di spazio conosciuta: a partire da quel momento si assottiglia lo spazio dell'alterità, la distanza della differenza. Noi sappiamo che le differenze tra culture sono indispensabili per il cammino stesso dell'umanità. Abbiamo bisogno di una distanza tra "noi" e l' "altro da noi", per riuscire a guardarci dall'esterno. Certamente la scoperta dell'America non è la sola storia esemplare. Penso, in modo particolare, a delle vicende interessanti avvenute durante le crociate, che rappresentano l'incontro della civiltà europea con quella araba, che era, per molti aspetti, superiore. Esistono vari aneddoti. Ricordo, per esempio, un racconto di un medico arabo che registra i comportamenti "selvaggi" degli europei i quali, di fronte ad una gamba ferita, non trovano di meglio da fare che amputarla, in condizioni igieniche spesso precarie tanto che la gamba si infetta e l'uomo muore dopo tre giorni. Il medico arabo descrive gli europei come dei selvaggi che non conoscono gli elementi più semplici della medicina. Al contrario, egli sa curare queste ferite con l'applicazione di alcune piante, di unguenti che guariscono senza alcuna violenza. C'è qui un interessante sguardo gettato su di noi: gli "altri" ci colgono nel ruolo di barbari.
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