PONTE DI NUVOLE: UN FUNERALE SCIAMANICO
di Giancarlo Tarozzi
Nelle tradizioni sciamaniche, in cui tutti i momenti significativi dell'esistenza sono sanciti da un Rito di Passaggio, un rituale che consente di consapevolizzare e integrare le trasformazioni interiori provocate dagli eventi della vita, ognuno di tali momenti viene definito come una vera e propria "morte" iniziatica.
Muore il bambino perché nasca l'adolescente, muore l'adolescente che entra nella vita sessuale matura, e così via... Uno dei Riti di Passaggio fondamentali è, ovviamente, quello che viene celebrato quando qualcuno muore nella nostra esistenza: si tratti di morte fisica, oppure di allontanamento e separazione. Questo rituale antichissimo, giunto a noi attraverso le culture estremo orientali del Vietnam e della Cambogia, si chiama Ponte di Nuvole. Per mezzo di questo rituale vengono sciolti tutti i legami residui che, come dice la parola stessa, "legano" reciprocamente alla persona od all'animale che è morto nella nostra vita. Questo permette ad entrambi di proseguire nel proprio percorso con una libertà molto maggiore.
In Occidente, invece, tutta la cultura sembra proporre di stimolare l'attaccamento, il legame, la dipendenza nei confronti di chi non è più presente: riti funebri, celebrazione annuale della morte di persone care, pellegrinaggi al cimitero non fanno che legare chi si trova ormai su un altro piano dell'esistenza da cui viene continuamente richiamato indietro. Sotto l'apparenza dell'amore si nasconde invece un invito all'egoismo, al voler possedere, all'attaccarsi al ricordo... tutto questo non fa altro che allontanare dal momento presente e rinchiudere in una dipendenza sempre più forte nei confronti di ciò che è stato. La stessa cosa vale, ovviamente, quando per morte si intenda una separazione, un divorzio, una rottura: anche in questo caso chi ha vissuto questo evento traumatico non è affatto aiutato a liberarsi del ricordo e andare oltre, ma si ritrova spesso prigioniero di un'immagine di qualcosa che non esiste più.
E tutto questo viene definito amore. Nelle culture spirituali con il termine Amore si intende un moto che parte dal cuore e va verso l'esterno; si parla di Amore Universale, di Amore come principio divino, come manifestazione diretta della realtà. Qualcosa di completamente diverso dall'uso quotidiano che troppo spesso si fa della parola: ti amo perché... perché sei mio o mia, perché mi piaci, perché provo attrazione sessuale nei tuoi confronti, perché ho bisogno di te, perché voglio invecchiare insieme a te... Il cuore, lo spirito non ha motivi. Ama perché non può fare a meno di farlo, perché è sua natura farlo. Ogni volta che il termine amore è seguito da un "perché", si tratta di qualcosa di completamente diverso, qualcosa di mentale.
E allora... ci si convince che amare una persona che è morta nella propria vita significhi legarla ancora con i ricordi, con la sofferenza, con il dolore. Legarla... quindi, imprigionarla. Tutti quelli che nel secondo training della Caccia all'Anima hanno sperimentato il rituale del.Ponte di Nuvole si sono resi conto di come, una volta che i vincoli, i lacciuoli della mente, vengono dissolti quello che rimane, se rimane qualcosa, è una pura ed assoluta manifestazione del cuore: l'amore, insomma.
E celebrare questo tipo di rituale nei confronti di una persona o di un animale che non è più in vita, che ha lasciato il corpo, significa, oltre a liberare se stessi dalla sofferenza, aiutare l'altro a proseguire il suo cammino nelle nuove realtà, nei nuovi piani che sta sperimentando, senza essere ostacolato o richiamato indietro dalla sofferenza e dall'attaccamento camuffati da amore.
Questo discorso può sembrare duro ed arido, in realtà è esattamente il contrario: rendersi conto della differenza profonda che passa tra l'espressione del cuore ed una manifestazione dell’attaccamento mentale offre una vera possibilità di scoprire e sperimentare il significato più profondo della parola Amore.
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