FRANCESCO, ECOLOGO GLOBALE
Padre Simpliciano oliati, ofm
La enunciazione "Francesco ecologo globale", in verità piuttosto ambiziosa, può essere utile, non tanto per indicare che Francesco nel suo fraterno rapporto con il mondo abbraccia tutte le creature, rispetta il fuoco, l'acqua e il vermicciolo della terra, quanto invece per indicare che questo suo modo di rapportarsi con il creato ha come centro l'uomo, visto nella molteplicità delle sue esigenze, nella globalità delle sue dimensioni e del fine specifico che è a lui assegnato, per quella vocazione nel mondo che da un lato lo accomuna e dall' altro lo distingue da tutte le altre creature.
Ogni ecologia suppone o dovrebbe supporre una antropologia: il problema vero è l'uomo, non il creato e nemmeno il rapporto con il creato. Il titolo proposto allora può indicare una via utile per una possibile ipotesi di ecologia francescana o, più modestamente, e forse veritieramente, per introdurci a quel mirabile e cristianissimo modo che ha Francesco di rapportarsi con il Creato, tutto il Creato e specialmente con l'uomo.
1. Dalla casa al giardino Vorrei introdurmi, per leggere il modo che ha Francesco di rapportarsi con il Creato, che è un testo privilegiato del modo in cui Francesco sente e vive anche i nostri problemi, con un primo sottotitolo: "Dalla casa il giardino". Perché questa espressione? Ecologia, come ognuno sa, significa “discorso sulla casa”, con evidente e molto ottimistica allusione a questa grande e mirabile casa della terra, casa di tutti gli uomini, come diceva San Bonaventura, e di tutti gli esseri visibili, casa delle creature, per i credenti. Francesco aveva questa idea della terra come casa nostra e di tutte le creature? Certamente, perché così chiama la terra “sora nostra matre terra"; dunque una terra doppiamente provvidente, doppiamente affettuosa, se è lecito dire, come sorella e come madre. Ma Francesco non voleva avere una casa stabile, una "permanente abitazione" qui, e già facendo questa affermazione si intravedono delle dimensioni diverse per una possibile ecologia.
Per Francesco valeva il codice del pellegrino il quale va, guarda ammirato, ma non distolto, i paesi e il paesaggio, sosta necessariamente alla sera, per poi ripartire verso la casa vera, verso la patria vera, la casa del Padre, da cui è partito. Il suo considerare la casa della terra si apre, già in partenza, verso un'altra prospettiva che forse si potrebbe indicare come prospettiva ultima o escatologica. In questo nostro discorso sulla casa della terra possiamo sottolineare due altre immagini più proprie a Francesco, che ricaviamo da quel versetto del Cantico che recita appunto "per sora nostra matre terra, la quale ne su stenta et governa et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba"I.
Il mio dotto confratello, Padre Carlo Paolazzi, in un suo mirabile e gustoso libretto sul Cantico, ci informa sulla complessità di questi versetti e ci fa notare che l'espressione "sustenta et governa et produce diversi fructi ...et herba" è, pressoché letteralmente una citazione biblica dal Genesi2, ma non solo, dentro la citazione, inseriti destramente e vitalmente, ecco i coloriti fiori, e questo è tutto di Francesco.
Allora, per usare le parole stesse di "laudante", lasciatemi dire così, qui la terra nostra casa appare a lui come il grande orto di tutti i frutti e come il giardino dei coloriti fiori. In realtà, Francesco, secondo che testimonia esplicitamente e intenzionalmente, come particolare importante e caratterizzante, la Leggenda Perugina: Diceva al frate incaricato dell' orto, di non coltivare erbaggi commestibili in tutto il terreno, ma di lasciare uno spiazzo libero di produrre erbe verdeggianti, che alla stagione propizia producessero i fratelli fiori. E’ un questo particolare su cui talvolta si è anche un po’ scherzato, ma che diventa profondo, se guardiamo alla ragione che Francesco adduceva: Consigliava all’ortolano di adattare a giardino una parte dell'orto, dove seminare e trapiantare ogni sorta di erbe odorose e di piante che producono bei fiori, affinché ne] tempo della fioritura invitino tutti quelli che ]e guardano a lodare Dio, perché ogni creatura sussurra e dice: "Dio mi ha fatta per te, o uomo". Ogni creatura sussurra: "Dio mi ha fatto per te, o uomo". É un modo concreto e immaginoso di dire che ogni creatura ha una sua forza, che vale per sé, e ogni creatura, inoltre, è capace di proporre un servizio per l'uomo.
Questo sussurro di Dio, che in termini di laude diventa: "quanto sono grandi, quanto sono utili, quanto sono belle le tue opere, o Signore" e che stabilisce subito il primato di Dio e la destinazione per l'uomo, che cosa può dirci in questa ipotesi provvisoria di ecologia francescana come ecologia globale?
Proviamo a rivederlo attraverso tre immagini: * Terra, casa materna e fraterna, riguarderà soprattutto gli affetti e sentimenti fondamentali. * Orto e riguarderà soprattutto i frutti vari e preziosi, cioè l'utilità. * Giardino e riguarderà soprattutto lo splendore e la gioia dell' abitare.
Dal punto di vista operativo è inteso che l'orto va coltivato, è inteso che il giardino va custodito. In queste immagini, terra –casa provvisoria, orto, giardino, sussurro della voce per Dio, si muove il complesso dei rapporti umani e cristiani di Francesco con il creato, e mi pare che essi ci aiutino visivamente, per quadretti viventi, come è nella tecnica comunicativa di Francesco, a sintetizzare: 1. La visione del creato in Francesco ha per centro una serie globale di umane esigenze, di umani affetti, insomma ha per centro l’uomo pellegrino, partito da Dio e in viaggio verso l’altra casa, cui quella terrena rimanda.
2. Francesco ci mette in guardia nel nostro ragionare: se la prospettiva ecologica di cui siamo in ricerca sembrasse deviante dal reale oppure pretestuosa, per il fatto che accentra anche esigenze spirituali, e anche perché in realtà tiene conto di tutto l'uomo, l'uomo dell'orlo e del giardino, l'uomo che vede nel suolo e nei suoi prodotti l'utile e l'uomo che sente il sussurro di Dio, anche nella più umile erba.
3. Dal punto di vista dell’ecologia e della salvaguardia del creato, è necessario sottolineare che Francesco operava in situazioni e dimensioni enormemente diverse dalle nostre (e pensiamo un po’ era un uomo che, fra immense distese di pianure e di boschi, si preoccupava di fare spazio all’erba). Da quelle dimensioni diverse, però, può far sentire la sua voce, forse anche per rendere ancora più inquietante l’interrogativo: parliamo di rapporto col Creato; ma, e quello con l’industria? Sarà proprio da prendere sul serio che è stato Caino, come dicono alcuni esegeti, il ripudiatore del lavoro agricolo, a dare l’avvio alle arti e ai mestieri? Così siamo condotti di nuovo alla domanda originaria, quella sulla vocazione dell’uomo, che è collegata a quella dei suoi compiti nel mondo con cui si rapporta nel realizzare la sua vocazione.
Perché gli ecologi hanno scelto come patrono dell’ecologia un santo e, più specificatamente, San Francesco? Certamente perché hanno intuito che limitarsi a vedere le cose solo lì, nell’immediato, nella molteplicità dei problemi, e anche nel loro splendore e nella loro bellezza; a vedere i rapporti umani nella molteplicità delle tensioni e anche nello splendore, nella creatività di questi rapporti, come pure nella tristezza, nella contraddittorietà, nei conflitti; limitarsi a vedere e a guardare solo così non mostrava il chiostro del mondo, ma un campo di battaglia. Francesco ci indica qual è il chiostro del mondo nella sua verità, diventa colui al quale possiamo ancora chiedere qualcosa sull’ecologia, ci mostra incessantemente nella fraternità universale la via per risolvere i nostri problemi.
Siamo sempre tentati di chiedergliene il suo segreto, ma forse il suo segreto è in questa semplice frase: ”Dio ha tutto creato per te, o uomo, tutte le cose ti portano il sussurro di Dio”. Un sussurro che viene dai cieli immensi e dalle più umili erbe, o dal più umile cuore di ogni uomo.
Padre Simpliciano Olgiati, ofm
parzialmente tratto da “Ecologia problema globale”, Quaderni di Spiritualità Francescana, n. XVII
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