PER LA CONVERSIONE ECOLOGICA, LA DEMOCRAZIA AUTENTICA, IL RECUPERO DELLA COMUNITA’
Gruppo delle Cinque Terre
1 Siamo in Europa, questo è il campo
1.1 La crisi economica e finanziaria resa esplicita dalla esplosione della bolla speculativa USA del 2008 e diffusasi nel mondo, sembra essere la più grave dopo quella del ’29 ma ha caratteristiche diverse. Specie nella parte occidentale del pianeta, pur in un sistema globalizzato, la crisi ha assunto aspetti più strutturali che indicano elementi di crisi dello stesso concetto di mercato. Il modello della crescita infinita annaspa in un eccesso di offerta a cui non corrisponde una equivalente domanda, appaiono segnali di esaurimento di alcune materie prime ( idrocarburi fossili e vari metalli ), saturazione dei mercati di alcune merci (es. l’auto), crisi ambientali e conseguenti fenomeni di depauperamento sociale ( disoccupazione e peggiore qualità della vita) insieme a concentrazione della ricchezza, non solo monetaria; ad esempio della proprietà delle terre esterne all’occidente (land grabbing ), privatizzazione di beni primari e comuni (es. l’acqua ) speculazioni finanziarie che con il controllo della moneta virtuale provocano impoverimento sociale reale.
1.2 Nella gran parte dei paesi europei la disuguaglianza sociale è aumentata, provocando spesso una crisi dei sistemi politici locali; prima di tutto la crisi delle “case politiche” del secolo scorso (conservatori e socialdemocrazie), tutte inadeguate a comprendere la nuova fase e capaci di sopravvivere solo grazie a sistemi elettorali maggioritari paralitici e paralizzanti, basati su forme artefatte di bipolarismo o bipartitismo che impongono finte alternative e un inconcludente pendolo dell’alternanza. Gran Bretagna, Spagna, Francia, Italia, Germania, per indicare solo i principali, sono paesi in cui nell’ultima fase recente tutti i governi degli ultimi anni, palesemente inefficaci a gestire la crisi, sono caduti o si accingono a cadere a prescindere dal colore politico, mentre le scelte attinenti all’economia ed alla finanza si accentrano progressivamente in organismi extranazionali solo apparentemente rappresentati in strutture come la Commissione europea, la BCE ed altre.
Il Fiscal Compact ( Trattato di stabilità) o il MES (Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto “fondo salva stati” ) sono alcuni dei prodotti più noti di questa involuzione in cui si riduce il peso della democrazia formale e rappresentativa ( le elezioni per esempio ) e diventano più opache le sede della decisione reale. L’evoluzione della crisi ha anche aperto varchi provvisori a partiti della sinistra radicale (es. Linke tedesca, Front de Gauche francese o Syriza greca) incapaci o impossibilitati però a costruire le alleanze necessarie con i sistemi elettorali vigenti e soprattutto a scorgere nuove strategie idonee a superare davvero il modello neoliberista.
1.3 I vecchi movimenti ambientalisti, verdi, ecologisti, nati nella fase precedente (anni ’80) hanno avuto vari significativi risultati ed alcuni momenti felici fino al 2009-2010; ma il successo si è rapidamente sgonfiato: nelle ultime elezioni in Spagna, Grecia, Belgio, Gran Bretagna, Italia ad esempio, i verdi sono praticamente spariti, in vari altri paesi mai decollati. Il successo entusiasmante del 2009 di Europe Ecologie francese proprio sul problema delle alleanze e dell’ Europa si è dissolto, fino al punto che Cohn Bendit, il più noto leader dei verdi europei, in evidente difficoltà nello sciogliere la matassa , dopo un durissimo attacco alla vecchia nomenclatura verde in Europe Ecologie, ha di fatto abbandonato il partito. Tengono i Grünen tedeschi e di alcuni altri paesi del Centro e del Nord-Europa.
La Germania è stata profondamente modificata dall’apporto positivo dato dai Grünen, che, pur rappresentando una forza stabile che promuove un percorso parziale di transizione ecologica, tuttavia segnano il passo. La nascita dei Piraten tedeschi segnala l’ inadeguatezza dei Grünen a cogliere tutti gli elementi di radicalità e le richieste di più democrazia diretta. Se il sistema elettorale proporzionale della Germania , che permette la libera espressione del voto, favorisce entrambi, le conseguenze di una mancata convergenza non sono da poco.
ùMentre ancora un anno fa in qualche sondaggio i Grünen venivano indicati come il primo partito di una futura coalizione vincente rosso-verde per le elezioni politiche del 2013, la comparsa di un'altra forza “nuova e più radicale” li, con alcuni contenuti simili, li ridimensiona a terzo partito del paese e rende sempre più probabile il ritorno alla Grosse Koalition fra CDU e SPD e ad alla conferma del ruolo della Merkel che resterebbe l’unico leader europeo sopravvissuto al turno elettorale.
1.4 Che ne pensiamo dell’Europa?
Proprio l’esperienza della Germania, paese culla dell’ecologismo nel mondo insegna, se ce ne fosse bisogno, che le forze che aspirano al cambiamento del modello economico, sociale e culturale hanno fra i principali compiti, se non il primo e il più determinante, quello di aggregare le forze e aggiornare costantemente un progetto di potenziale vocazione maggioritaria, senza il quale si precipita rapidamente nell’irrilevanza politica. Resta il fatto che qualunque forza che esprima il cambiamento deve aspirare alla collaborazione, alla convivenza, alla costruzione di una Europa unita, federata, democratica, aperta al lungo percorso della conversione ecologica ed al superamento delle logiche sviluppiste e neoliberiste.
2 La crisi e gli anelli deboli
2.1 Come mirabilmente descritto da Paul Hawken in Blessed Unrest , è in sviluppo una moltitudine culturale e sociale, un cambiamento antropologico di paradigma, che intreccia le culture della tutela ambientale, dell’impegno democratico e per la giustizia sociale, anche di tutela delle culture tradizionali e dei popoli nativi. E’ un movimento per una nuova democrazia, è l’ecologia della democrazia stessa, è un movimento per la giustizia ambientale e un movimento per l’ecologia sociale, economica, culturale e della mente. L’idea di una transizione ecologica ad un diverso modello sociale assume così caratteristiche rivoluzionarie.
Ad esempio l’assunto della Decrescita indica che l’era della produzione indiscriminata e infinita di merci ( o della sua illusione), che nessuno può comprare, che sono superflue, a volte addirittura inutili o dannose, volge al termine e non solo nei paesi più sviluppati. Si fa spazio l’idea che ci sono merci che hanno un futuro e le caratteristiche di beni utili ed altre il cui destino, anche per necessità, è la riduzione, la sostituzione con altro, o l’eliminazione; e che l’indice classico del PIL si rivela inutile o ingannevole nell’indicare il grado di benessere reale di un paese.
Stiamo entrando, anche per necessità, nell’era della conversione ecologica e come nel caso del capitalismo ci vorrà magari un secolo o più per potere definire compiutamente di cosa si tratta e di come è andata. Nelle nuove concezioni e pratiche del mondo si fondono e si trasfondono insieme nella azione concreta elementi liberali, socialismi, solidarismi ed elementi tradizionali; liberi da gabbie ideologiche e suscettibili di sperimentazione e modifiche; elementi compostabili da cui crescerà, per passaggi svariati, una nuova epoca e la possibilità di un nuovo naturale fiorire dell’umanità.
2.2 Prendiamo atto che in questo quadro di grande trasformazione mondiale, che non è solo crisi del capitalismo e macerie della globalizzazione, ma al contempo crisi del modello di vita materialistico, crisi dell’epoca dello sviluppo infinito e dello spreco, delle religioni istituzionali e dell’individuo moderno, è proprio la piccola e incompiuta democrazia italiana una delle prime ad entrare in crisi pesantemente, sotto il peso dei suoi fallimenti e dei reiterati errori. Una crisi non tanto solo economica ma una crisi culturale e morale. Quale paese ha visto un così esteso degrado corruttivo del sistema sociale e politico ? E quale paese, almeno nell’occidente, potrebbe snocciolare di seguito Berlusconi, Monti, Bersani + Renzi? Il tempo di questa democrazia fallita perché mai divenuta adulta è finito in Italia ma forse sta scorrendo anche internazionalmente verso l’implosione: se il sistema non cambia profondamente, degenererà, noi fra i primi.
3 Cosa è l’ anomalia italiana?
3.1 È l’anomalia di una nazione democratica nella forma politica esteriore ma ancora in realtà predemocratica e feudale nella pratica di tutte le tradizionali forze politiche, ritardo che permea anche interi segmenti sociali con il dilagare di una corruzione e amoralità tipiche della peggiore cultura materialista. Rappresenta il trionfo dell’Antipolitica (l’interesse privato o di gruppo) nei confronti della Politica (la tutela del Bene comune). Il dopoguerra, in conseguenza alla sanguinosa lacerazione sociale, aveva per un attimo prodotti gli anticorpi sociali utili a produrre ad esempio la Costituzione democratica e repubblicana ma non un sistema di partiti idoneo ad alimentarla. I movimenti antiautoritari del ’68 sono stati stroncati, anche favorendo così gli elementi di degenerazione interna del terrorismo. Ha preso il sopravvento l’intreccio fra fenomeni mafiosi preesistenti, politica e imprenditori; e la conseguente corruzione nei partiti di governo.
La fase di “Mani Pulite” è stata una stagione circoscritta che in assenza di progetti di cambiamento non ha arrestato il processo degenerativo ripreso subito negli anni ’90. Alcuni ne hanno malamente attribuito la causa al “berlusconismo” ed alle sue più aberranti degenerazioni. Dietro il superficiale paravento dell’ antiberlusconismo non solo si è nascosto per qualche tempo il generale degrado del sistema dei partiti italiano, il grado di permeazione, in tutte le direzioni, da destra a sinistra, della corruzione al suo interno, la inefficacia e inefficienza delle diverse opposizioni che dall’antiberlusconismo hanno, senza meriti e culture, acquisito indebiti e momentanei successi mentre il paese continuava a degradare.
3.2 Dalla anomalia italiana sono anche nati partiti recenti di provvisorio successo. La Lega Nord è stato forse un contenitore politico che ha coagulato anche speranze sincere di cambiamento negli ultimi 20 anni: ha trasformato invece in una barzelletta la cultura virtuosa del federalismo; attraverso la compromissione nel governo Berlusconi ha fallito le sue possibilità storiche ed è entrata in crisi banalmente non appena il primo re è andato via; non se ne sentirà la mancanza.
Partiti come quelli di Vendola e Di Pietro, che non hanno un vero riferimento preciso a nessuna delle culture politiche europee, ne vecchie ne nuove, esprimono più padri-padroni di organizzazioni modellate su se stessi che partiti, e sono privi di un chiaro progetto di cambiamento sociale , sostituito da un eccesso di enunciazioni verbali; sono anche privi di sostanziale democrazia interna e non a caso sono esposti a repentine derive trasformistiche o agli infortuni di capi modesti, mentre stentano ad emergere autentiche leadership collettive sia locali che nazionali.
Con l’avvicinarsi della resa dei conti elettorale Vendola ha recentemente detto e fatto tutto e il contrario in poche settimane; per la prima volta provocando addirittura una timidissima opposizione formale (Bandoli e pochi altri) nei suoi organismi nazionali dove i dirigenti leggono sui giornali le posizioni assunte dal partito; di fatto Vendola ha prima quasi sciolto un partito con le fabbriche di Nichi , poi firmato di corsa la Carta d’intenti delle primarie che prevede in chiaro l’accordo con l’UDC, che comporta la continuità del montismo magari in nuove forme di facciata, l’assunzione dei suoi impegni e dei suoi legami europei e nel futuro parlamento l’adeguamento alla maggioranza dei singoli contraenti dell’accordo; nel mentre i sondaggi collocano Vendola pericolosamente vicino al 4-5% con cui si perde qualunque autonomia e si resta fuori.
Di Pietro aveva determinato di recente una buona base di rilancio con i referendum sul lavoro e l’abolizione dei rimborsi ai partiti, ma è rimasto sotto ricatto dell’area filo-PD di Donadi ma anche di altri quadri opportunisti che gli si possono rivoltare contro da un momento all’altro. Infine è stato coinvolto direttamente e messo sotto attacco nelle più generali manovre volte ad arginare l’espansione sia del movimento di Grillo che di altri possibili competitori estranei al montismo. L’IdV di Di Pietro è in realtà un contenitore di buone intenzioni e pessimi acquisti e precedenti, che difficilmente troverà una vera autonomia ne, al suo interno, i protagonisti di un vero rilancio.
L’episodio contingente dei “sindaci arancioni”, di cui non si comprende ne idee ne collocazione, sembra superato dal dualismo Bersani-Renzi, che riporta nel campo dello spettacolo televisivo da “casa del grande fratello”, per chi ne è affascinato, la concorrenza fra attori-protagonisti in cui l’unica differenza evidente è l’età, la prestazione televisiva e pressoché identiche le posizioni per tutte le cose serie. Non si comprende in che cosa siano realmente diversi. Ovviamente Renzi risulterà il salvatore di Bersani, sceneggiando uno scontro da teatro che aggira i contenuti reali. Nell’insieme partito di leaders senz’anima e senza progetto, dove convive alla base tutto e il suo contrario, al di sotto della cupola dove si prendono le decisioni reali e ci si spartisce ruoli e incarichi di potere.
3.3 La mancata realizzazione delle finalità democratiche della Costituzione antifascista ha provocato lo svuotamento effettivo della democrazia italiana e ne ha impedito il naturale rinnovamento che ci avrebbe reso un po’ più simili agli altri paesi dell’ Europa. L’estrema corruzione di tutto e di tutti che viene a galla a velocità sempre più impressionante negli ultimi anni ed ormai dilaga come un fiume in piena negli ultimi mesi, è la dimostrazione che questo sistema è marcito sino alla sua essenza e difficilmente riformabile. I partiti sono degenerati in estese loro parti, le regole della democrazia e della legalità sono continuamente violate e sembra normale limitarsi a “ritirare la tessera” a posteriori al compagno di partito colto in fallo. Se non si accetta e non si riconosce la realtà della situazione, ogni altra forma di analisi e proposta sia culturale che politica è sterile o ipocrita e comunque destinata al fallimento.
I nuovi protagonisti come Grillo e i numerosi gruppi locali che vi fanno riferimento sembrano dare all’anomalia italiana un diverso e più radicale sviluppo. Anche solo la lettura del programma generale in 5 punti del movimento , e di più, per chi le conosce, le istanze portate avanti da centinaia di gruppi locali, indicano la grande vicinanza ai temi della conversione ecologica, l’attenzione alla riconquista della democrazia reale e la sensibilità all’esigenza di una più autentica giustizia sociale. Con il Movimento 5Stelle si afferma dunque un messaggio comunque limpido, che rende ridicola l’opacità e l’ambiguità delle opposizioni di facciata. La probabile entrata trionfale in Parlamento cambierà rapidamente la faccia del movimento, lo costringerà a sciogliere alcuni nodi della democrazia interna e ne svelerà le reali potenzialità.
4 Le ragioni del Gruppo delle Cinque Terre
4.1 A partire dalla nostra nascita, formalmente datata all’agosto 2009 e nei successivi documenti e iniziative, come Gruppo delle Cinque Terre avevamo auspicato la riaggregazione di movimenti, gruppi politici e frammenti di culture diverse che, costituendo insieme una base programmatica orientata ad una visione ecologica della società, dell’economia, della cultura e della politica italiana, realizzassero una risposta sia alla necessità di rivitalizzare la partecipazione democratica dei cittadini con nuovi strumenti di democrazia diretta e partecipata, sia una risposta alla necessità urgente di affrontare e superare l’anomalia italiana.
Nel 2010 proponevamo poi come strumento per questo difficile percorso di convergenza, l’ attivazione graduale di tavoli programmatici su basi sia nazionale che regionale e tematiche. Dall’inizio eravamo coscienti, ci era ben chiara, la dimensione e le difficoltà di un simile progetto, di cui però vedevamo le possibilità per l’Italia. Insieme a quanto avveniva in altri paesi europei e non solo: con le affermazioni dei Grünen in Germania e in altri paesi nordeuropei e con il particolare successo di Europe Ecologie del 2009 in Francia, che avevamo percepito già da un po’, e ancora con le altre novità in varie aree del mondo, come in alcuni paesi del Sudamerica o di altri continenti.
Questa prima fase del nostro percorso si è conclusa con il cosiddetto Ecoconclave di Bologna del gennaio 2011, dove per la prima (e unica) volta un numero limitato ma pur significativo di gruppi e persone di diversa appartenenza ma con elementi culturali contigui avrebbero potuto iniziare un percorso comune. In quella occasione è emerso con chiarezza che senza il superamento e lo scioglimento anche formale delle forme organizzate esistenti un nuovo percorso non si sarebbe avviato. Dai diversi interlocutori (non solo dai verdi residui e dai vari gruppi civici) ma da tutti, compresi gli assenti per scelta anche se invitati, la proposta è stata di fatto non recepita e respinta, il percorso si è fermato, ognuno è rifluito nel suo spazio limitato, qualcuno si è dissolto in pochi mesi o ha simulato percorsi che della proposta del Gruppo delle Cinque Terre erano solo una caricatura.
Abbiamo ricevuto in questo ultimo periodo, in cui per scelta siamo “rimasti nell’angolo”, una diffusa considerazione, diversi apprezzamenti, ed anche una più o meno silenziosa e diffusa ostilità per quanto proponevamo; ma siamo consapevoli di non essere stati affatto compresi: sia da chi ci proponeva di trasformarci nell’ennesimo gruppo o partitino della galassia frammentata dell’ambientalismo, della sinistra o del civismo italico, sia da chi ha in più occasioni strumentalizzato le nostre proposte, anche per fini miserevoli, afferrando qua e là qualche intuizione per volgerla nel suo esatto contrario.
Quanto sostiene il GCT porterebbe ad una progressiva diminuzione dei soggetti attraverso una progressiva aggregazione costantemente aperta ad altri nuovi venuti. Le proposte in campo portano invece ad un aumento dei soggetti, tutti sempre più irrilevanti. Che negli appuntamenti elettorali, visti spesso come principale terreno dell’ iniziativa, partoriscono cartelli provvisori senza capo ne coda con i risultati che tutti conoscono. In gergo medico o psichiatrico si definisce una patologia aggravata e cronica. Quanto è successo nel suo insieme ha evidenziato che alcuni processi richiedono tempi più lunghi e forse un grado di rivoluzione culturale che avevamo certamente sottostimato.
E’ singolare invece che in poche e circoscritte occasioni, come i 4 referendum vinti del 2011, quando invece tanti diversi protagonisti simili fra loro hanno per un momento unito le forze, si è verificato che c’è anche la possibilità di essere maggioranza nel paese. Il referendum che ha fermato il nucleare è il più rilevante esempio di concreta sconfitta di un vecchio modello e di concreta apertura alla transizione ecologica, almeno nel settore della produzione energetica; senza dimenticare il forte significato anche simbolico dei referendum contro la privatizzazione dell’acqua e più in generale dei servizi pubblici intesi come beni comuni della collettività da tutelare.
4.2 Coloro che si ostinano a leggere il mondo nella dislocazione destra e sinistra sono ancora incantati dalle ideologie dell’800’. In tanti casi non innocentemente, poiché dietro a questa affezione a paradigmi del passato si cela l’incapacità di recepire il nuovo e modificarsi, e quindi l’assuefazione a paradigmi da abbandonare. Abbiamo assistito in questi ultimi anni a numerosi tentativi di nuove aggregazioni politiche; molti di essi sono morti sul nascere e tutti sono risultati inefficaci nel loro schema egocentrico senza affrontare realmente i nodi dell’anomalia italiana, della conversione ecologica e della rivalutazione della democrazia.
I tentativi più fallimentari, e dispiace dirlo, anche perché coinvolgono molti animati da autentica buona fede, sono quelli della ri-ri-rifondazione di una nuova sinistra, cosa che è araba fenice dalla fine degli anni 70 e se non è mai avvenuta è perché il nuovo travalica l’ambito e il patrimonio culturale di tutte le sinistre (e anche di tutte le destre) del passato. Dalla sinistra emergono forze ingenti che pur sfiorando il senso di un nuovo paradigma, si fermano all’idea di una “ecologia superficiale” o di un generico ambientalismo male inteso come una propaggine secondaria di una illusoria sinistra più moderna; ma la rigidità culturale provoca un black-out intellettuale che impedisce una trasformazione globale di paradigma e fa ricadere nella “rifondazione della sinistra” all’infinito, una coazione permanente all’immobilità.
5 Il Montismo
5.1 L’era di Berlusconi è stata molto più di quello che sembra. Non è stato solo un ventennio di sostanziale non governo ma un epoca di comune degrado politico morale e civile. Ed è un ventennio in cui per anni, a fasi alterne, ha governato malamente un centrosinistra dagli esiti fallimentari. Con il peggio al potere, senza scuse ne’ ritegno, in brutta mostra di sé, l’era di Berlusconi è terminata con la sua autoimplosione. Non è ancora totalmente finita ma ha già distrutto nel frattempo le residue ragioni di una cultura di destra.
Monti è essenzialmente il Re Nudo che tenta di coprirne le vergogne; eroe di cartavelina di una cultura liberista superata perché non radicalmente liberale e di fatto asservita ai poteri finanziari, incapace di riformare il sistema perché prigioniero dei suoi stessi errori, ecologicamente indifferente e quindi socialmente irresponsabile ed economicamente dannoso, anche nei casi di perfetta buonafede. Bersani e Renzi sono i leader della mediocrità conclamata con l’unica funzione di vanificare ogni speranza e possibilità ideale della sinistra, continuando a comprometterne ragioni, energie e speranze contenute.
Il loro obiettivo è solo quello di sostituire altri nella gestione del potere, magari con un aspetto più presentabile oppure celandosi in parte dietro a Monti stesso e appellandosi all’ emergenza, con il risultato di mantenere esclusivamente lo status quo. In altre parole, le loro capacità riformiste sono pari a zero. L’impresentabilità del sistema stesso e la sua totale incapacità a rispondere alle esigenze del tempo presente sono al momento il carburante inesauribile della corsa del Movimento 5Stelle.
Proprio l’emersione e l’affermazione del Movimento 5Stelle rompe l’incantesimo della casta, mostra i re nudi come in realtà sono: uno solo, il Re del Potere Senzanima , che si prepara alla grande coalizione dei perdenti, che seguirà alle elezioni di aprile 2013.
Ma questa non è totalmente una novità; PD, PDL e UDC governano già di fatto insieme e si spartiscono tutto e tutti i luoghi del potere in Italia; nell’ultimo anno hanno votato insieme tutto e su tutto, c’è sempre una emergenza cui appellarsi; fanno finta di essere diversi poco prima di ogni elezione, ma la sostanza non cambia; anche se alcuni più presentabili di altri, tutti strumentalizzano e mettono sotto controllo ogni cosa, vanificano la democrazia, dilapidando ricchezze e possibilità. Il caso della TAV in Val di Susa, del cemento al potere con le varianti urbanistiche, della difesa degli inceneritori, dell’avallo alla folle spesa degli F-35, delle pensioni, dell’articolo 18, sono solo alcuni esempi della comune incapacità di governare per il paese e non per gli interessi privati di qualcuno.
Sono loro i veri cultori dell’Antipolitica che tutela gli interessi di pochi e privati, e demolisce la Politica come azione per il bene comune di tutti. La consapevolezza di questa connivenza seppellisce le residue ragioni del centrosinistra e sancisce l’assoluta inutilità di ogni progetto politico che non sia antagonista alla Casta del Re Senzanima.
5.2 Ragionando sugli ultimi sondaggi è evidente che si sta preparando il superamento definitivo del bipolarismo PD-PDL ed in questo quadro, mentre si potrebbe contare su una possibile maggioranza teorica dal Movimento 5Stelle a IDV e SEL con tutti gli altri limitrofi e minori, Vendola è il demolitore perfetto dell’opposizione al sistema, della sinistra stessa, delle sue ragioni, delle sue speranze; il narratore funesto dell’ultimo inganno.
In generale i cosiddetti partitini della sinistra radicale, figli di infinite scissioni, con leader eternamente litigiosi che, come ragazzini viziati, ostentano sempre qualità che non hanno, cercano di nascondere la vocazione naturale dei membri dei loro apparati: quella del sottogoverno al fianco del PD; e ora con Vendola si preparano a rompere l’ultimo tabù, direttamente al fianco di Casini, Monti o chissà chi altro, barattando poche briciole di potere con scarse o inesistenti garanzie.
Cosa resta di utile?
Quel che resta dei verdi italiani è ancora, di fatto, il residuo di un malato inguaribile delle logiche di sottogoverno del passato. L’incubatrice dei Rutelli e di altri simili. Il loro resta un fallimento completo e sostanziale: mentre in tutto il mondo si afferma una nuova coscienza ecologista era veramente difficile diventare così piccoli, irrilevanti e compromessi, ma loro ci sono riusciti. Non riuscendo a cambiare né pelle ne’ anima si ostinano, nel vuoto più assoluto, a cambiare continuamente il nome.
I verdi italiani sono la causa principale della frammentazione della visione e della galassia ecologista in Italia. Inventori di appelli strumentali e giravolte mai apertamente dichiarate per mettere insieme qualche gruppetto autoreferenziale allo scopo, neppure celato, di tentare l’elezione di qualcuno; dove non importa. Sempre gli stessi difetti che annullano gli aspetti positivi emersi in vari momenti della loro storia passata.
Verdi, eco civici e quanti altri frammenti riuscissero a mettersi insieme, con una invenzione provvisoria dell’ultimo minuto, sono lontanissimi dalla soglia elettorale del 4-5%. L’unica merce in vendita in questa fase è la possibilità di agire come lista di disturbo al Movimento 5Stelle, a cui stanno andando giorno dopo giorno le simpatie di molte parti sia delle varie sinistre, che dell’ area alternativa, ecologista e civica italiana.
Come meravigliarsi che il Movimento 5Stelle nell’intento di cambiare le cose non intenda allearsi con nessuno dei “vecchi”, ne’ a sinistra ne’ a destra, perché tutti, in vario modo, compromessi ? Se istintivamente e per cultura siamo fautori di alleanze e convergenze fra diversi, razionalmente ci chiediamo: con chi potrebbe allearsi oggi il Movimento 5 Stelle ?
5.3 Esiste un'altra possibilità forse eventualmente utile per le prossime politiche del 2013 ? E’ molto difficile, intanto perché probabilmente fuori tempo massimo e perché non ne emergono i protagonisti. Presuppone lo scioglimento di tutti i gruppi e gruppetti residui, uno scioglimento per dignità e per un sussulto di responsabilità; ma anche un responsabile protagonismo di chi lavora nei diversi movimenti diffusi nel territorio. E’ evidente che c’è un vuoto ancora grande nella nuova polarizzazione che di fatto contrappone la coalizione del PD e dei suoi gregari, con il movimento di Grillo: fra lo status quo con tutte le sue sfumature e il cambiamento con tutte le sue potenzialità e i suoi limiti.
E’ il vuoto di una proposta politica ecologista, che in Italia manca totalmente e che abbia il coraggio di porsi autonomamente operando per un più generale cambio di paradigma: Conversione Ecologica, riconquista della Democrazia, creazione di una Nuova Economia e di Nuovi Lavori, Giustizia Sociale, Lotta intransigente alla Corruzione, Riforma Globale della Politica e dei Partiti, Rifiuto radicale delle grandi opere inutili e un New Deal che metta al centro la dignità dei cittadini e l’amore per il territorio. Essa richiede l’abbandono di una opposizione di facciata e trasformista verso un protagonismo concreto e leale.
Oggettivamente affiancata a quanto il Movimento 5Stelle propone ma che da solo difficilmente potrà fare. In realtà la situazione è tale che si imporrebbe la necessità di aggregare un movimento di liberazione nazionale, in prospettiva costruire una aggregazione maggioritaria nel paese. Ma dove sono i capitani coraggiosi per questa impresa?
6 Dalla frammentazione alla riaggregazione.
Non per le elezioni ma per il cambiamento reale
A partire dallo scossone che il Movimento 5Stelle saprà dare a questo vergognoso sistema politico italiano potrà maturare il tempo per tentare un progetto autenticamente democratico ed ecologista, alternativo a destre e sinistre, a vocazione maggioritaria; che affrontando e risolvendo l’anomalia italiana costruisca le basi e la pratica di una democrazia disinquinata, diretta, partecipata e reale.
Il Movimento 5 Stelle è recente, ma animato, insieme a grandi ingenuità e rischi di autodistruzione, dalla freschezza e dalla buona volontà dei tanti suoi nuovi aderenti; presenta per il momento una proposta politica sufficientemente coerente e lucida di fronte alla realtà italiana: solo con una grande mobilitazione dal basso e popolare si procederà ad una effettiva riappropriazione della cittadinanza che permetterà di spazzare via questa classe dirigente italiana che ha fallito.
In realtà il movimento non è ancora divenuto adulto, ha poche centinaia di eletti nelle istituzioni locali. Il Movimento 5Stelle è giovane, ed è al momento sotto la tutela dei suoi fondatori carismatici, Grillo e Casaleggio. I problemi di democrazia interna a questo movimento così giovane sono quindi naturali e la leadership dei suoi fondatori è per il momento l’unica garanzia che nel movimento non prevalgano da subito furbetti politicanti e arrivisti opportunisti.
Oggi solo il Movimento 5Stelle può rappresentare una speranza per la situazione italiana. Non sappiamo ancora se sarà in grado di realizzare davvero quella effettiva mobilitazione popolare che sollecita ed è evidente che diventando adulto o troverà un percorso che ne garantisca anche l’esercizio pieno della democrazia al suo interno o imploderà.
E’ però il principale pilastro di quel movimento di liberazione nazionale che serve, che Grillo può in parte rappresentare; e questa è la ragione del nostro attuale appoggio. Intanto il Movimento 5Stelle sembra già in grado, con una proposta forte e coraggiosa, lucida e lungimirante, di dare uno scossone nelle prossime scadenze elettorali, e condizionare il sistema attuale come mai è stato prima; uno dei pochi voti utili dal dopoguerra ad oggi.
7 I presupposti della Conversione ecologica
La necessità della conversione ecologica, intesa come necessità del cambiamento negli stili di vita, nei modi di consumare, nella qualità della produzione (cosa, come, dove, quanto, per chi), nelle forme della convivenza, nella distribuzione delle risorse, nell’esercizio della forma democratica, nella pienezza della giustizia totale, e nella globale difesa degli equilibri ambientali per l’oggi e per domani, viene da lontano. Anche prima della rivoluzione industriale, della nascita delle nazioni moderne e delle culture politiche del ‘900.
Assume alcuni aspetti delle culture liberali, di quella socialista, delle espressioni religiose cattoliche e protestanti. Ma la prima espressione complessiva e politicamente orientata ad un progetto politico che proponesse il cambiamento di paradigma è data in Italia dal pensiero, dagli scritti e dalle azioni, per certi versi premature e anticipatrici nell’Europa degli scorsi decenni, di Alex Langer. La sua scomparsa prematura non ha permesso lo sviluppo delle sue profonde intuizioni e per molti aspetti ha lasciato campo libero all’impoverimento, alla deriva trasformista e alla subordinazione culturale del movimento ambientalista e verde forse non solo italiano.
Le associazioni ambientaliste tradizionali avevano per alcuni anni rappresentato il principale strumento di impegno volontario su vari temi ma hanno assunto un ruolo più “laterale” negli ultimi anni di accentuazione della crisi economica. I Verdi ne avevano rappresentato i loro temi, (senza mai una vera e propria delega riconosciuta), nella presenza istituzionale, e sono rimasti in Italia sempre modesti e rapidamente riassorbiti dalle logiche involutive del sistema dei partiti. Già alla fine degli anni 80’ avevano esaurito la fase propulsiva con il massimo storico sul piano elettorale alle elezioni europee del 1989. Con qualche migliaio di eletti, approssimativamente quasi 3000 nelle principali istituzioni locali e nazionali nel trentennio che parte dalla prima metà degli anni '80, non hanno mai rappresentato una forza capace di egemonia e almeno la metà degli eletti sono rapidamente transitati in altre formazioni politiche, quasi sempre della sinistra moderata ed estrema, senza per altro assumervi ruoli significativi duraturi, soprattutto sempre culturalmente ininfluenti; oppure hanno cessato un diretto impegno politico.
Oggi i verdi italiani sono praticamente scomparsi quasi dappertutto. Il fallimento dei verdi italiani è probabilmente una delle cause principali della diffusa frammentazione della galassia ecologista, incapace di trovare punti autorevoli di riferimento per una aggregazione significativa mentre la sensibilità ambientale e la coscienza ecologica si è comunque di gran lunga ampliata in Italia e nel mondo.
Se noi auspichiamo per prima cosa il loro scioglimento, che è lo scioglimento dell’equivoco di qualcosa che simula di esistere ma non c’è, la crisi dei verdi italiani e del vecchio ambientalismo è però un indicatore di cause e ragioni più generali e profonde che coinvolgono almeno l’intera realtà europea.
Occorre un nuovo pensiero europeo che esprima un cambio di modello economico, il ridimensionamento del ruolo della finanza che ha in mano la direzione dello sviluppo e lo ha portato in un vicolo cieco. Un progetto culturale radicale, prima che politico, a tutto campo, proiettato e organizzato in una dimensione almeno europea. Dal quale consegue, concretamente, un movimento politico, anche elettorale, organizzato e pensante nella logica di un unico disegno europeo.
8 Le chiavi per la Conversione Ecologica
8.1 La conversione ecologica è prima di tutto una rivoluzione culturale che ha bisogno di protagonisti e sedi di elaborazione. Il dibattito può avvenire in forme pubbliche o ristrette ma deve tornare a essere l’ambito di una riflessione sul senso della propria esistenza, della convivenza civile, dell’evoluzione della coscienza, dello stato del pianeta e del grado di democrazia e libertà che pretendiamo; questo è il presupposto di una adesione convinta alla conversione ecologica. Le sedi sono tante: dalle università alle stanze dei ricercatori, ai luoghi di lavoro, dai mezzi di informazione alla rete, dai campi coltivati bio al cuore delle valli e delle montagne.
Il nuovo ecologismo non è una nuova ideologia, ma neanche la somma improvvisata delle battaglie locali sui diversi fronti in cui si esprime la critica allo stato di cose presenti. Deve svilupparsi come un percorso consapevole in movimento verso la Transizione. Richiede quindi anche proposte organizzative, e nella sua manifestazione politica anche leader, programmi, presenza elettorale; ma tutto ciò viene dopo e in aggiunta. Il centro è la nostra vita, in tutte le sue espressioni, la vita del pianeta, la convivenza e la sopravvivenza di tutti i suoi frequentatori.
Quando parliamo di EcoHub indichiamo sedi nel territorio, che possono essere centinaia o migliaia, in ogni città o in ogni grande quartiere, dove persone, segmenti diversi della società, si ri-conoscono e si confrontano, organizzando concrete forme alternative di pratica e di azioni comuni, cosi come quando parliamo e scriviamo di Ecovillaggi e/o Cohousing. La tv, la rete, la carta scritta sono solo strumenti, per quanto necessari e utili. Le case del popolo o le cooperative di mutuo soccorso, per certi versi anche conventi e monasteri, in epoche diverse rappresentarono per milioni di persone un punto di contatto e conoscenza, di crescita culturale, ma spesso anche di sopravvivenza personale. I nuovi strumenti oggi e domani possono essere i nodi della transizione reale.
8.2 La Conversione Ecologica è favorita dal riavvicinamento fisico tra la produzione e il consumo: produrre altro, produrre diversamente, fino al cosiddetto kmzero ed alla riscoperta dell’autoproduzione e del riutilizzo dei materiali, allo scopo diversamente concepiti. Un ruolo centrale lo giocano i saperi, la cittadinanza attiva e consapevole, le sue associazioni, nuove imprese e un nuovo tipo di imprenditori disponibili a forme di democrazia partecipativa. Con il ridimensionamento, ovunque tecnicamente possibile, dal gigantismo alle dimensioni ridotte, alla interconnessione degli impianti e delle imprese. L’esempio tipico è la produzione energetica non solo orientata alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica in grandi impianti, ma fino alla autoproduzione per quanto possibile. Oppure per l’alimentazione, ricercandone una più equilibrata, non distruttiva; diffondendo, ad esempio, fuori da una logica di nicchia, i Gruppi di Acquisto. Con riduzione dei costi, dei consumi energetici, una garanzia reale di qualità e nuove opportunità di lavoro utile in una agricoltura che oggi muore.
8.3 La Conversione Ecologica pretende l’arresto del consumo di suolo, sia per costruire che per scavare il necessario per farlo: le nostre città e tutti i centri abitati, anche minori, sono già sufficientemente costruiti per soddisfare con le strutture esistenti o il recupero delle aree dismesse, tutte le esigenze di abitazioni, di attività produttive e commerciali per i prossimi decenni. Abbiamo un eccesso di case, di capannoni industriali, di locali commerciali vuoti. Più di 2 milioni di vani solo per gli alloggi. Ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche ad esempio, garantiscono un ampio spazio a nuovi lavori, a manutentori, ad architetti ingegnosi; anche se di certo ridimensionano la rendita e l’imprenditoria che mangia il territorio. Il suolo urbano e quello periferico libero da costruzioni permette un grande progetto di reintegrazione tra città e campagna, tra agricoltura e agglomerati residenziali. Le municipalità hanno strumenti, spesso a costo zero, per promuovere la riconversione: orti urbani, parchi integrati, i farmer’s markets, mercati ortofrutticoli locali gestiti dai produttori, le cosiddette filiere corte. Sono solo un esempio delle grandi opere diffuse che la conversione ecologica richiede.
8.4 La mobilità insostenibile ci indica che l’era dell’auto, specie in occidente è finita ed ha snaturato, specie in paesi come il nostro, con il suo record mondiale di auto per abitante, la stessa possibilità di muoversi in modo intelligente. L’Italia è il paese dove, negli agglomerati urbani grandi e medi, non esiste un sistema di reti metropolitane interconnesse e proiettate verso le periferie e le aree esterne, con la parziale eccezione di Milano. Siamo un caso praticamente unico in Europa. Da tempo, perfino in Asia e in Africa, si costruiscono e progettano, spesso con nostre imprese, reti di trasporto pubblico che in Italia invece mancano. Un altro esempio di grandi opere diffuse, le reti metropolitane, che dobbiamo pretendere. In Italia si pensa alla TAV in Val di Susa e si smantella la rete ferroviaria regionale e locale. La bicicletta, il car-pooling, il car-sharing, perfino i risciò o l’andare a piedi quando possibile, insieme ad efficienti linee di metrò, si diffondono nel mondo; a New York quasi l’80% degli abitanti non possiede più un auto, a Berlino come a Copenaghen l’auto privata diventa un mezzo tendenzialmente usato da una minoranza; nelle grandi città del nostro paese il peso dell’auto tende ancora all’aumento mentre la velocità di movimento diminuisce. Una diversa mobilità sarebbe determinante per sostenere le imprese e l’occupazione in molte delle fabbriche oggi condannate alla chiusura; molto di più della richiesta di nuovi modelli, o di un piano impossibile dell’auto che si chiede a Marchionne. I petrolieri perderebbero una parte degli utili ma si abbatterebbero costi e tempi di trasporto delle famiglie.
8.5 La Conversione Ecologica necessita che il governo del territorio predisponga i “strumenti operativi” con cui promuovere la Transizione. Questi strumenti operativi sono i servizi pubblici e i beni comuni, restituiti, come disposto dai referendum del 12 giugno, a un controllo congiunto degli enti locali e della cittadinanza, cioè sottratti alle logiche della privatizzazione, anche quando questa ha una parvenza pubblica; quindi, subito dopo, partecipati dalla cittadinanza attiva. Prima va risolto o azzerato il debito pregresso delle amministrazioni locali e delle loro partecipate, come anche il debito pubblico dello Stato nazionale, puniti e allontanati i responsabili del tendenziale default, ridimensionato il costo di amministratori e consulenti, spesso per giunta incapaci oltre che rapaci. E’ impensabile però che si possa uscire dal caos in cui il liberismo ha precipitato l’economia del pianeta senza un radicale ridimensionamento della bolla finanziaria che sovrasta l’economia mondiale e quella del paese. Ripristinando il ruolo originario del sistema bancario in una logica di pubblico servizio erogatore di credito, riflettendo anche sulla esperienza e le potenzialità delle banche etiche e del microcredito.
9 Un nuovo ecologismo
9.1 Un nuovo ecologismo deve affrontare a tutto campo l’insieme dei problemi della società, dai temi della crescita e delle politiche di austerità a quelli del lavoro e della precarietà sociale, dal rapporto fra democrazia rappresentativa e forme di democrazia diretta, dai sistemi elettorali maggioritari che annullano il peso del voto popolare alla riconquista della autonomia fra informazione e partiti; con una propria visione di contrasto alle logiche di casta, alla corruzione, alle mafie, alla evasione fiscale; dalla tutela della convivenza etnica coniugata alla sicurezza sociale dei cittadini, fino alla libera scelta religiosa all’interno della autonomia e della laicità dello Stato, ridando il peso autorevole che serve ai principi generali della Costituzione, e ad una Europa unita in un sistema federato e democratico.
Il sistema elettorale della rappresentanza deve avere una base netta e intransigente di tipo proporzionale con un idoneo quorum di accesso, come d’altronde è oggi quello delle elezioni europee e dei paesi più evoluti, come la Germania e vari altri paesi dell’ Europa. I sistemi di tipo maggioritario in tutte le loro diverse e fantasiose forme sono ostacoli al cambiamento, hanno l’obiettivo di impedire il cambiamento e restringere democrazia e partecipazione attraverso il ricatto della governabilità, del voto utile, del bipolarismo, mentre la gran parte dei paesi in realtà vivono ormai in una cronica ingovernabilità. E’ un tema di fondo, che anche il movimento di Grillo ignora o sottovaluta, di grande rilevanza per l’esercizio della democrazia rappresentativa nell’intera Europa, senza il quale le stesse enunciazioni per la democrazia diretta assumono scarso significato.
9.2 E’ evidente che tutto ciò non ha molto a che fare, pur con una lontana comunanza genetica collaterale, con il vecchio ambientalismo e in gran parte neppure con i partitini verdi emersi dagli anni ’80; ancora meno con i variegati rivoli sia della sinistra neocomunista ne con le espressioni, “all’italiana” delle interpretazioni centriste della socialdemocrazia europea. I movimenti ambientalisti e verdi del passato hanno ignorato, come gran parte delle diverse e mutevoli espressioni della sinistra, gran parte di questi temi, interpretati spesso attraverso gli schemi di ideologie superate non proprie e non più utilizzabili, oppure li hanno considerati secondari, o abbandonati nella pratica per ragioni di opportunismo e di realpolitik.
Su ogni tema occorre invece una propria specifica, autonoma, originale rielaborazione, con il tempo necessario, anziché rimasticare paradigmi inefficaci e superficiali di altri. La nuova ecologia politica non può essere un capitolo marginale e malamente coniugato dei partiti della sinistra ma deve assumere una più coerente visione delle soluzioni superando e abbandonando quelle storicamente proprie dei vecchi schemi culturali che si sono contrapposti fino al secolo scorso rivelandosi per l’oggi inefficaci. La totale fuoriuscita dall’era dell’auto e del petrolio sono un esempio.
9.3 Attualmente il grillismo, la decrescita, i movimenti sui beni comuni, alcune connotazioni del civismo e dei sostenitori della democrazia diretta, esprimono maggiore concretezza e vicinanza al nuovo possibile paradigma culturale del nuovo ecologismo politico rispetto ai vecchi simboli dell’ambientalismo degli anni ’80. Comunque sia, dal vecchio e dal nuovo possono, potrebbero e dovrebbero aggregarsi in un nuovo paradigma culturale e politico delle vaste moltitudini, oggi disarmate e frammentate e quindi non rilevanti nella società. Per questo noi insistiamo sulla necessità del solve et coagula (sciogliere e gradualmente riaggregare) di tutte le energie. Ecologia, Democrazia, Giustizia sociale: i principi di riferimento per avviare la conversione sono principi riformatori.
Nella particolare situazione dell’anomalia italiana, superata la fase costituente del dopoguerra e dispersi in mille rivoli, compresa la deriva del terrorismo, gli aneliti dell’antiautoritarismo del ’68, non una sola forza davvero riformista si è espressa nel sistema politico malgrado le sollecitazioni che emergevano dalla società italiana. Infatti di riforme non se ne sono fatte molte e le eccezioni del passato che si sono espresse con lo statuto dei lavoratori, il diritto all’aborto, il divorzio, alcuni aspetti della riforma sanitaria e psichiatrica sono stati prodotti più di movimenti sociali che sono riusciti ad imporli, che di una sincera maturazione riformista e riformatrice dei partiti.
Il Tempo è finito e Il Nuovo che avanza ha le ragioni per prevalere: forse non subito, forse non domani mattina ma neanche nei tempi indefiniti dell’utopia.
Gruppo delle Cinque Terre - Novembre 2012
bello e interessante..., e allora?
Marzio
|