COSTITUENTE ECOLOGISTA: UNA SFIDA EUROPEA PER TUTTI GLI ECOLOGISTI ITALIANI
di Marco Boato
Giorno dopo giorno, dalle più diverse parti dell’Europa e del mondo, arrivano non solo notizie catastrofiche riguardo all’ambiente (dal Golfo del Messico al dramma ungherese, per citare le più recenti), ma anche novità importanti e confortanti per quanto riguarda il consenso crescente sul piano internazionale alle forze politiche verdi ed ecologiste ed ai loro rappresentanti più significativi. Basti pensare che in Svezia, alle recenti elezioni politiche, i Verdi si sono collocati come la terza forza politica, con oltre il 7% pur in un contesto complessivo di forte svolta a destra di quel paese, un tempo patria della socialdemocrazia. E qualche giorno fa in un piccolo Stato dell’Europa dell’Est, la Lettonia, e nel più grande Stato dell’America Latina, il Brasile, i Verdi hanno conquistato circa il 20%, con un ruolo ora determinante di Marina Silva (ex-ministro dell’Ambiente di Lula, poi dimessasi per dissenso sulle questioni ecologiche) in vista del secondo turno delle elezioni presidenziali brasiliane.
Nel frattempo, i sondaggi d’opinione in Germania stanno registrando un consenso ogni giorno crescente per i Grünen (dati addirittura al 24%, oltre dieci punti in più rispetto ai risultati ottenuti alle elezioni politiche ed europee), mentre in Francia proprio in queste settimane si sta consolidando il processo costituente di Europe écologie, la formazione ecologista guidata politicamente da Daniel Cohn-Bendit, che ha ottenuto risultati straordinari (superando le angustie del partito verde francese) sia alle elezioni europee che alle successive elezioni regionali. E’ in questo contesto europeo e mondiale che si colloca e deve collocarsi la prospettiva della “Costituente ecologista” italiana, pur nella piena consapevolezza che questa nuova iniziativa politica e culturale deve fare i conti sia con l’attuale frammentazione del variegato arcipelago ecologista nel nostro paese, sia con la drammatica debolezza storica e soprattutto recente dei Verdi italiani, giunti dopo le elezioni politiche del 2008 e le elezioni europee del 2009 alla soglia dell’autodistruzione e della sostanziale scomparsa e irrilevanza politica (con le significative eccezioni del Sudtirolo e del Trentino, che proprio per questo però eccezioni restano).
Il punto di svolta si era verificato dopo le elezioni europee, con la diffusione a livello nazionale del primo “Appello agli ecologisti” e successivamente con la mozione congressuale “Il coraggio di osare”, nella quale la proposta di superamento dei Verdi verso la prospettiva strategica della Costituente ecologista era accompagnata da una doverosa e spietata autocritica: “Abbiamo per troppi anni rinunciato a parlare a tutti i cittadini, per rivolgerci ad una parte limitata e ideologizzata della popolazione, dimenticando colpevolmente che le nostre tematiche sono universali e trasversali. Questo ha portati i Verdi ad essere interlocutori solo di parti limitate e non di tutti”. E ancora: “C’è un aspetto che dobbiamo affrontare con risolutezza e che riguarda noi stessi, ovvero la nostra inadeguatezza. Non siamo stati all’altezza del compito e la deriva degli ultimi anni rappresenta un punto di non ritorno”. Soltanto sulla base di queste premesse spietatamente autocritiche poteva risultare credibile, fin dal Congresso di Fiuggi dell’ottobre 2009, la prospettiva di rilanciare nel paese “un forte progetto ecologista popolare, capace di dare una risposta, anche assumendo responsabilità di governo, alla crisi economica globale, ai cambiamenti climatici, all’aggressione al patrimonio e alle risorse naturali, ai diritti di tutti gli esseri viventi.
Un progetto che metta al centro della propria azione la lotta alla povertà e ai cambiamenti climatici attraverso una programmata riconversione ecologica del economia e della società”. E ancora: “Dobbiamo quindi lavorare per fare in modo che la questione ecologica diventi centrale nella politica e nella società del nostro paese, consapevoli che le nostre proposte sono già, in tutto il mondo, il motore per avviare una radicale trasformazione della nostra società e dell’economia, in un percorso culturale e politico di ricostruzione del senso di appartenenza ad una comunità quale soggetto collettivo”. Già nella mozione congressuale di Fiuggi era contenuta la consapevolezza della radicale insufficienza dei Verdi da soli ad affrontare questa sfida epocale: “E’ evidente che non possiamo avviare un simile ed ambizioso processo da soli. Dobbiamo, perciò, lavorare da subito per costruire una ‘rete ecologista’ assieme a quel grande movimento di milioni di uomini e donne che – in migliaia di comitati, associazioni, pratiche comuni collegate tra loro – si occupano di ecologia, diritti, pace, nonviolenza, nuova economia, legalità, cooperazione internazionale e decentrata, democrazia. E tutto ciò recuperando alla causa militante ecologista quelle intelligenze che lavorano in questa direzione nel mondo della ricerca, della scienza, della cultura, dell’informazione e dell’imprenditoria”.
C’è dunque voluto un anno di impegno, di contatti, di elaborazione e di riflessione, per arrivare finalmente, lo scorso 24 settembre, alla pubblicazione del nuovo appello “Io cambio! Decidere il futuro” per “una Costituente ecologista, civica e democratica”, sottoscritto nella fase iniziale da un centinaio di persone, in minima parte (e intenzionalmente) Verdi ‘storici’, che rappresentano uno straordinario spaccato non solo dell’universo ecologista italiano, ma anche del mondo universitario, della cultura, della scienza, del giornalismo e della comunicazione, dell’ambientalismo storico e nuovo, della ricerca e del volontariato. “Eppur si muove”, verrebbe da esclamare, con una reminiscenza galileiana, di fronte a diffuse forme di scetticismo, di perplessità, di incredulità, che si sono manifestate nel corso dei mesi di ‘gestazione’. Appunto, anche per un parto naturale ci vogliono nove mesi, e altrettanti sono stati necessari per evitare false partenze o iniziative velleitarie, che apparissero come ‘ridipinture’ improvvisate anziché la nascita di un autentico e partecipato processo costituente. Naturalmente, il più è ancora da fare e da elaborare, sia sul piano dei contenuti (rispetto ai quali l’appello “Io cambio!” è intenzionalmente solo una traccia indicativa, ma col merito della elaborazione collegiale), sia sul piano politico-organizzativo, che deve saper superare le strettoie della vecchia forma partito. L’appello si conclude giustamente con questi intenti molto aperti: “Vogliamo dare il nostro contributo alla nascita di una moderna e ampia aggregazione ecologista, civica e democratica che – come accade in Europa con i significativi successi delle forze ecologiste – sappia affrontare questo insieme di problemi unendo in una nuova stagione di impegno civile e politico le migliori intelligenze, esperienze, associazioni, realtà politiche e sociali in un movimento federato che costruisca anche una nuova credibilità in politica degli ecologisti italiani”. E ancora, nella dichiarazione finale: “Vogliamo costruire insieme un nuovo soggetto politico che sia costituito da una rete locale e nazionale, aperta, libera e plurale, e che sappia rivolgersi – trasversalmente e senza gli antichi confini ideologici – a tutti i cittadini e a tutte le cittadine, che sappia parlare ai più giovani, che li sappia incontrare e coinvolgere, per rispondere positivamente alla domanda di cambiamento e di partecipazione che viene dal nostro Paese e al grido di aiuto che sale dal nostro Pianeta, con voci innumerevoli, di ogni specie vivente”.
Nei prossimi giorni, a Bologna, il 15 e 16 ottobre si svolgerà un primo Meeting finalizzato a passare collegialmente dal testo dell’appello “Io cambio!” alla elaborazione di punti cardine di carattere programmatico e a prime proposte sul piano politico-organizzativo. Un work in progress che dovrà vedere iniziative analoghe anche a livello territoriale, costruendo appunto una ‘rete’ nazionale e locale con una struttura leggera e federativa. Un mese dopo, il 18 novembre a Roma, ci sarà un incontro pubblico con Daniel Cohn-Bendit, ispiratore e promotore insieme a molte altre personalità francesi, di Europe écologie, che avrà la prima occasione politica di confrontarsi e di rapportarsi anche col processo costituente ecologista italiano, nella dimensione europea. “Eppur si muove”, dunque. Il percorso è iniziato e sarà lungo. Qualcuno ha parlato anche di “traversata nel deserto”. Ma la carovana si è messa in moto, con molte persone, con molti carri. E con una buona bussola.
Per ‘Terra’ – pubblicato il 9 ottobre 2010
|