LA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
di Matthew Fox
L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo. Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?
La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”.
Lester Brown ha posto in una sola frase quello che un sacco di attivisti ecologisti e scienziati si stanno oggi rendendo conto: ci sono rimasti soltanto vent’anni per cambiare il nostro stile di vita su questo pianeta. Dobbiamo quindi esplorare la nostra casa interiore prima possibile. Quando usiamo il termine “casa interiore” ricordiamoci che l’anima non sta dentro al corpo. La casa interiore non è quella piccola cosa dentro la ghiandola pineale che Cartesio chiamò anima. Tutti i nostri grandi mistici – Ildegarda di Bingen, Tommaso d’Aquino e il Maestro Eckhart hanno detto che l’anima non è dentro al corpo, ma è il corpo che è dentro l’anima. Il corpo è uno strumento delle passioni, dell’angoscia, dello stupore, di quello di cui ci prendiamo realmente cura. Esplorare la casa interiore della nostra anima significa ascoltare il proprio sé profondo, e non solo il nostro, ma anche quello della comunità della quale facciamo parte, delle nostre nazioni, della nostra specie. La casa interiore non fa parte dell’individuo, anche il nostro stile di vita contiene la sua casa interiore, ed è a causa della nostra violenza interiore che l’ambiente intorno a noi sta morendo, stiamo sporcando il nido nel quale viviamo.
Dunque, l’esplorazione della nostra casa interiore ha a che fare con l’era ecologica. La parola “ecologia” significa lo studio della nostra casa. L’ecologia non è qualcosa “là fuori”, noi siamo nella natura e la natura è in noi, viviamo in un luogo sacro e il luogo sacro è in noi. La natura sacra, incontaminata, non si trova solo nei parchi nazionali, ma dentro a ognuno di noi e ci richiede attenzione, noi non siamo più in contatto con le nostre vere e genuine passioni, per questo intorno a noi c’è solo devastazione.
Ai nostri giorni la religione deve ritornare alla sua tradizione mistica. Il monaco inglese Bede Griffiths ha detto recentemente, “Se la Cristianità non recupera la sua tradizione mistica, può chiudere bottega e ritirarsi, non ha niente da offrire”. E io aggiungo, Amen. Le chiese sono vuote e l’anima dei nostri giovani disperata. Non deve comunque finire così perché possiamo ancora riprendere le nostre tradizioni mistiche, in ognuno di noi c’è il misticismo che anela a ritornare nell’universo. Quando lo si sviluppa allora tornano i profeti. Come disse il filosofo americano William Hocking, “Il profeta è il misticismo in azione” e Carl Jung affermò “La fede non sostituisce l’esperienza”.
Il mistico è ognuno di noi fiducioso di sperimentare il divino nella natura, il quale apre i nostri cuori e, quando questi sono aperti, il divino ci penetra. La fiducia nella nostra esperienza è la base di tutto il misticismo. Il salmista dice, “Prova a vedere se Dio è buono”. Il misticismo si riferisce appunto a questo assaggio, non può esserci un misticismo di seconda mano, indiretto. Il Papa non lo può sperimentare per conto nostro e nemmeno il parroco, il misticismo non lo si può noleggiare, nemmeno in California! Ci stiamo dirigendo verso un’era in cui tutti noi dovremo prenderci la responsabilità della nostra vita mistica, richiamare la saggezza dei nostri antenati e della comunità, inclusa, naturalmente la saggezza della comunità non umana che, costantemente ci sta nutrendo con la rivelazione della sua verità e insegnando che possiamo gustare e vedere che la divinità è buona.
Tommaso d’Aquino la mise sotto questo aspetto, “L’esperienza del Divino non deve riguardare gli anziani o una minoranza”. Non abbiamo bisogno di mistici professionisti, tutti noi dobbiamo risvegliare il misticismo che è in noi. Gregory Bateson, nel suo libro Steps to the Ecology of Mind (Verso l’ecologia della mente), dice, “La cosa più dura nel Vangelo è quando San Paolo, indirizzandosi ai Galilei, dice, “Non si può ingannare Dio”. Queste parole possono andar bene anche alla relazione tra l’umanità e l’ecologia, non si possono ingannare i processi ecologici. In altri termini, la Terra scrive sul suo libro mastro il livello di ozono, l’inquinamento atmosferico, la deforestazione, perché non vuole essere presa in giro e ingannata. Anche Santa Ildegarda disse, “C’è una tessuto di equità che collega l’umanità a tutte le altre creature”. Dice dunque che se gli esseri umani rompono questa trama di giustizia, Dio permette la creazione di una punizione per l’umanità. Questa punizione è già presente, con il cancro e la leucemia. Non si può ingannare la Terra. Bateson inizia allora ad analizzare le tre principali minacce alla sopravvivenza umana. La prima è il progresso tecnologico, la seconda è l’aumento demografico e la terza sono gli errori e le attitudini della cultura occidentale.
Se ci rimangono soltanto vent’anni, dobbiamo iniziare a risvegliare la massa, e la strada per tale risveglio è la tradizione mistica religiosa che si rifletterebbe nel cambiamento totale delle nostre attitudini convenzionali verso il corpo, la salute, la globalità, verso la sacralità di tutte le creature. Ci insegnerebbe la spiritualità, una maniera nonviolenta di vivere con noi stessi e quindi anche con gli altri.
Per recuperare questo tipo di sapienza religiosa, quello che dobbiamo fare è cercare nelle nostre tradizioni spirituali che sono state spesso condannate. I più grandi Santi della tradizione, Ildegarda da Bingen, fu ignorata per 700 anni, Francesco d’Assisi è stato reso patetico e messo accanto alla vaschetta dei pesci in giardino. Tommaso d’Aquino, prima di diventare santo, fu condannato per tre volte. Il Maestro Eckhart fu condannato ed è rimasto ancora adesso, da 600 anni, nella lista dei condannati. Giuliana da Norwich completamente ignorata. Il suo libro venne pubblicato dopo 300 anni dalla sua morte. Nel diciassettesimo secolo, al concilio di Whitby, ai Celti, con la loro cultura centrata sulla creazione, fu soffocato il loro naturale misticismo.
Questo popolo era impregnato di spiritualità centrata sulla creazione, una spiritualità che cominciava con una benedizione originale invece che con un peccato originale. L’idea di un peccato originale è radicalmente antropocentrica. Il peccato è vecchio quanto la razza umana. Io nego la predominanza che la Chiesa occidentale dà al peccato originale, essa ha alimentato questo antropocentrismo. È così egocentrico pensare che l’esperienza religiosa inizi con i nostri peccati.
Credo invece cha l’esperienza religiosa inizi con la solennità e la meraviglia, che sono i primi passi del viaggio spirituale. La solennità è l’inizio della saggezza, non esistono compromessi su questa verità. Oggi, il primo passo verso la rivoluzione spirituale è il recupero del senso di meraviglia e solennità, ed è un compito agevole perché la scienza stessa ci ha dato una nuova teoria sulla creazione, una nuova cosmologia sul come è giunta qui la nostra specie umana, sul come è nato questo pianeta. Nessuno può ascoltare questa storia senza sentirsi riempire di stupore e maestosità.
È spettacolare sapere che tutti gli elementi che compongono il nostro corpo provengono da una esplosione di una super-nova cinque miliardi e mezzo di anni fa, che ci unisce con tutti gli altri elementi dell’universo. È stupefacente sentire che nei primi secondi di questa sfera infuocata, diciotto miliardi di anni fa, furono prese decisioni che ci riguardavano, che la temperatura della palla di fuoco doveva essere entro certi gradi per permettere l’evoluzione di questo pianeta. Ed è ciò che accadde. Quando sentite tutte queste cose sgorgar fuori dalle bocche degli scienziati, non ci si deve stupire se sono proprio loro, oggi, a condurci verso la via del misticismo. Sento l’eco di quello che diceva Giuliana da Norwich nel quindicesimo secolo, “Siamo stati amati ancor prima dell’inizio”.
L’amore incondizionato è la prima lezione della nuova storia della creazione ed è pure la lezione di tutti i mistici. Quando poniamo insieme scienza e misticismo abbiamo fatto ribollire una nuova cosmologia. Quando gli artisti ci raccontano queste storie, sotto forma di canzoni e danze, musica e rituali, avviene una rinascita, una rigenerazione spirituale basata su una nuova visione. Tutta questa solennità è il punto di partenza per una vita spirituale. Tommaso d’Aquino affermò, “Tutte le cose sono state create per imitare la bellezza divina in qualsiasi modo possibile. La beltà divina è la causa di tutti gli stati di movimento e quiete, sia della mente che del corpo e dello spirito”.
Sono 300 anni che questa parola “bellezza” non viene più considerata come una categoria teologica. Cartesio, il padre del mondo accademico e della scienza occidentale, costruì un’intera filosofia senza mai menzionare la bellezza o l’estetica. L’ultima volta che abbiamo avuto una spiritualità cosmologica in Occidente fu nel Medioevo quando ci fu una celebrazione della bellezza del Signore. Francesco d’Assisi disse “Il Signore è Bellezza”, e d’Aquino insegnava che tutti noi condividiamo e partecipiamo alla bellezza divina. L’ecologia ci parla a un livello di base perché ci stiamo tutti innamorando della Terra. Il primo passo nel viaggio ecologico è innamorarsi della bellezza di questo pianeta, in modo da difenderlo e liberarlo quando viene offeso e abusato.
Il rabbino Heschel diceva “Il solo essere è già una benedizione. Il solo vivere è sacro”. Heschel spiega che ci sono tre modi con i quali l’essere umano risponde alla creazione. La prima maniera è di gioirsene, la seconda è di sfruttarla e la terza di accettarla con timore reverenziale. La nostra civiltà occidentale non ha mai praticata la terza via, almeno non negli ultimi secoli. La riverenza è stata tenuta fuori dall’aula perché Cartesio definì le verità come idee, dunque il nostro intero sistema educativo è modellato sulle idee. Una volta uno scienziato mi disse, “Negli ultimi ventuno anni non ho fatto altro che rinchiudermi in un laboratorio all’Università di Stamford, esaminando l’emisfero destro del cervello. Ora sono pronto a pubblicare le mie scoperte che riguardano l’emisfero destro del cervello tutto impregnato dalla paura.
Ecco perché ho smesso di seguire la teologia, in quanto totalmente inadeguata per l’era ecologica e per una rinascita ambientale. Questo modello dice che Dio è “là fuori”. Dio è un proprietario terriero assenteista, che abita lontano dalle sue terre, e che noi siamo qui a fare il lavoro del Signore. Abbiamo quindi una mentalità orientata al dovere, ma non si può stimolare le persone con il concetto del dovere, la fai sentire soltanto colpevoli, la qual cosa le stanca. Quest’idea si rifà a Kant ed è parte dell’Illuminismo. Lasciamola andare.
Tommaso d’Aquino diceva che le persone vanno cambiate con la gioia. Il modello appropriato per la teologia nell’era ecologica non è quello che rinforza il dualismo, quello giusto è il misticismo, il Cristo Cosmico e il Giardino del Cantico dei Cantici, dove ci rendiamo conto che il Divino è il Giardino, che Dio si esprime in ogni pianta, in ogni albero, in ogni animale e quando sono messi in pericolo è il Signore stesso che viene messo in croce. Quando sono forti e in buona salute, è la stessa divinità che irradia la sua doxa, la sua gloria. Il Cristo Cosmico irradia la sua gloria nella gloria della natura.
Un cambiamento nel modello etico, orientato ora al dovere, verso il misticismo e il Cristo Cosmico, è la base per una spiritualità ecologica. Questa è la casa, la “eco” nella quale viviamo, è la casa divina. “Il Signore è qui, siamo noi che siamo andati fuori per una camminata”. (Eckhart). La divinità è in ogni luogo ma i nostri occhi devo imparare a vederla nuovamente.
Un’altra dimensione della spiritualità ecologica è proprio la parola “ambiente”. Proviene dalla parola francese environ che significa “intorno”. La teologia corretta per i giorni nostri non è quella intorno a un Dio che se ne sta là fuori, da qualche parte, riguarda un Dio attorno a noi, come diceva Giuliana da Norwich, “che ci abbraccia totalmente”. Si tratta di un’immagine molto materna di Dio e, come diceva Ildegarda di Bingen, “Sei tenuto stretto dalle braccia del mistero di Dio”.
Questo è panteismo, ci insegna che ogni cosa è in Dio e che Dio è in ogni cosa. È il modo corretto di nominare la nostra relazione con il divino. Mechtild di Magdeburgo, un’attivista femminista del tredicesimo secolo, diceva che “Il giorno del mio risveglio spirituale fu il giorno in cui vidi, e seppi, vidi tutte le cose in Dio e Dio in ogni cosa”. Quello sarà il giorno in cui cresceremo spiritualmente e, se nella nostra cultura non troveremo le risorse che ci assistano in questa crescita, se non sentiremo gli insegnamenti dei mistici, allora dobbiamo andare fuori a chiedere. Lo stesso dobbiamo fare per portar via i nostri corpi dall’industria medica e le nostre anime dai preti professionisti che non stanno facendo il loro dovere, per il fatto che essi stessi sono stati feriti nei seminari e da un’educazione restrittiva.
Lester Brown usa una parola importante quando parla di “inerzia”. Nel Medioevo usavano una parola ancor più profonda, la chiamavano “accidia” che significa rifiutare di iniziare cose nuove. L’accidia comprende la depressione e la tristezza. La nostra tradizione spirituale dovrebbe chiamarla accidia, perché questo è il termine. Come svegliare la massa? Come ci risvegliamo? Paolo, rivolgendosi ai Corinti, diceva, “La tristezza nella vita è imparentata con la morte”.
Ero così consapevole di questo, quando il governo americano stimolando la gente, inviò 400.000 esseri umani in giro per il mondo insieme a una indescrivibile quantità di armi. Essi eccitarono le persone, ma per che cosa? Andare alla guerra. Non siamo riusciti a entusiasmare le persone nei riguardi della disperazione delle nostre città, riguardo al trattamento del suolo. È proprio come diceva Paolo, “La tristezza nella vita è vicina alla morte”. Ci risvegliamo per assistere alla morte come se fosse un intrattenimento. La morte fa notizia. La morte è ora la sola cosa che ci desta. Aquino diceva, “La disperazione arriva quando perdiamo la nostra fiducia nella nostra divinità e perdiamo la consapevolezza di come ci si relaziona con la divinità”.
In altre parole è la teologia delle benedizioni che è la risposta giusta all’accidia e all’inerzia. È quando diveniamo eccitati dalla divinità delle cose che siamo pronti ad agire a favore della vita e della Terra. È come divenire “innamorati”. Noi abbiamo un amore antropocentrico, pensate che sia qualcosa che fate per trovare un compagno per il resto della vostra vita, invece è molto di più di questo. Potremmo innamorarci delle galassie, potremmo innamorarci dei fiori selvatici, dei pesci, delle piante, degli alberi, degli animali, degli uccelli e delle persone. Questa capacità di essere innamorati non ha limiti e tutto ciò deriva dal fatto di sperimentare le benedizioni.
Tommaso d’Aquino disse, “Benedire significa nient’altro che parlare del bene. Benediciamo Dio e Lui ci benedice in un altro modo. Benediciamo il Signore riconoscendo la divinità”. Dunque, dobbiamo prenderci un po’ di tempo per meditare sull’intrinseca divinità delle cose, la divinità delle foreste, dell’aria pulita e salubre e dell’acqua. “Dio ci benedice e ci riempie di divinità” (Aquino). Dobbiamo prenderci tempo per meditare sulle nostre benedizioni, sul come siamo straordinariamente unici. Non c’è mai stata un’altra forma di DNA come la nostra nella storia dell’universo e ogni singola persona è l’espressione unica del Cristo Cosmico. Come dicono i mistici, ciascuno è l’unico specchio di Dio. Questo è il motivo per il quale c’è una tale diversità nella creazione, per deliziare la divinità. Questo è il motivo per cui tutte le creature sono qui per amore della gioia.
Dobbiamo lasciare andare l’ideologia del Peccato Originale, che ci ha fatto crescere con la vergogna e il senso di colpa di essere qui e che, a turno, crea la coercizione del perfezionismo e del sentirsi ancora più in colpa. Il fatto è, miei cari amici, che tutte le creature sono imperfette e, allora, celebriamolo. La divinità, di proposito, si accoppia con le nostre imperfezioni e quindi abbiamo bisogno di entrambe e in questo modo costruiamo la nostra reciproca relazione. Nelle imperfezioni c’è gloria e bellezza. Ogni albero è bello, ma se gli andiamo vicino, ha i suoi nodi, le radici morte e i rami spezzati.
Anche noi siamo allo stesso modo e non c’è da vergognarsi per questo. La vergogna sta nello sguazzare nelle imperfezioni e nel non fare attenzione alla nostra divinità. Aquino diceva che il peccato dell’accidia, il peccato dell’inerzia sono peccati contro il Comandamento di onorare il giorno di riposo. La parola Sabbath significa che il Creatore trascorse il suo giorno di riposo per gioire delle sue creature. Dovremmo recuperare il senso di delizia nei riguardi della creazione. Quando godiamo della creazione, questa è ecologia spirituale, è la Via Positiva (in italiano nel testo originale, n.d.T.).
Il secondo sentiero dell’ecologia spirituale è la Via Negativa (in italiano nel testo originale), la via dell’oscurità, della disperazione e sofferenza. Giornalmente i nostri cuori si spezzano dal sentire quello che l’umanità affligge alla Terra, la sofferenza e il dolore ci colpiscono, ma la prima cosa da fare è porre attenzione alla sofferenza, convivere con la sofferenza, convivere con l’oscurità. I mistici la chiamano la notte buia dell’anima. Al giorno d’oggi la nostra intera specie è coinvolta in questa notte buia dell’anima, ma ciò non è necessariamente una cosa cattiva, può essere l’inizio di una conversione radicale, l’inizio di una nuova vita.
Bede Griffiths dice nel suo libro, The River of Compassion (Il fiume della pietà), “È significativo il fatto che l’esperienza della disperazione sia una pratica logica. La disperazione è spesso il primo passo sul sentiero della vita spirituale e molte persone non si risvegliano alla realtà divina e all’esperienza della trasformazione delle loro vite fino a che non passano attraverso l’esperienza della disillusione e della disperazione”.
Oggi, come civiltà, stiamo attraversando questa disillusione e disperazione e abbiamo bisogno come supporto la tradizione mistica perché Dio lo si può trovare non soltanto nella luce e nella gloria della creazione ma anche nell’oscurità assoluta.
Ho parlato del sentiero della creazione e della gioia e anche di quello dell’oscurità. Ora arriviamo al terzo sentiero, che è quello della creatività. Una rinascita della creatività ci può giungere attraverso la gioia o dopo il buio. Dopo la crocifissione arriva la resurrezione, la nuova nascita, la sorpresa. Abbiamo bisogno, oggi, di far nascere nuove virtù in molte zone della nostra civiltà.
In Occidente, per tradizione, abbiamo meriti politici, interiori e civici. Adesso abbiamo bisogno anche di virtù ecologiche. Per esempio, il vegetarianesimo o il semivegetarianesimo è una virtù. Per gli esseri umani del cosiddetto Primo Mondo, non ci sono più scuse sull’eccessivo quantitativo di carne consumata. Infatti, se soltanto i nordamericani riducessero del dieci percento il loro consumo di carne, sessanta milioni di esseri umani potrebbero oggi mangiare, e non morire di fame. L’ammontare della superficie di terra, dell’acqua e dei cereali impiegati per mantenere la dannosa abitudine dell’alimentazione carnea, è, al giorno d’oggi, semplicemente insostenibile. Non sto dicendo che ognuno di noi si deve convertire al vegetarianesimo assoluto, ma certamente possiamo ridurre del dieci percento il consumo e, quindi, cominciare da lì.
Un’altra virtù ecologica è quella di andare in bicicletta, quella della condivisione dell’automobile o di camminare per andare a lavorare. Lo stesso riciclaggio è un’altra virtù. Riconoscere la sacralità dell’acqua e onorarla ne è un’altra. Ci sono dei modi semplice per imparare a onorare. Eccone uno che ho imparato anni fa dai Nativi americani: se volete imparare a onorare l’acqua, rimanetene senza per tre giorni di fila, dopodichè, al primo sorso, riscoprirete la sua sacralità.
Dobbiamo ricreare i nostri intrattenimenti, a casa e nel vicinato. L’arte della conversazione, del giardinaggio, del teatro, della musica e del piantare alberi sono, esse stesse, una gioia. Per divertirci ci rivolgiamo alla televisione. Ho sostenuto a lungo che se avete un televisore in casa dove ci sono bambini, per ciascuna ora di televisione guardata, essi devono rappresentare un loro proprio spettacolo. Dobbiamo riscoprire l’arte di far festa insieme e godere della reciproca compagnia. Lo studio è una prassi spirituale.
È pure una spiritualità ecologica quella di studiare la nuova creazione e mettere in scena un lavoro teatrale, studiare la crisi forestale, la violenza sugli animali, la propria storia. Sono pure virtù ecologiche le organizzazioni politiche in difesa della creazione, includendo, se necessaria, la disobbedienza civile. Un altro modo è quello di fare rituali, celebrare i tempi e i luoghi sacri e gli esseri sacri con i quali condividiamo il pianeta. I rituali sono i modi con i quali il sistema dei valori viene passato ai giovani. Abbiamo necessità, attualmente, di una rivoluzione nei rituali. I riti religiosi annoiano come quelli del governo o della scuola, dobbiamo riportare i nostri corpi ai cerimoniali. La preghiera rafforza il cuore, abbiamo bisogno di persone che ci guidino attraverso le preghiere in forme nuove e tradizionali.
L’arte è la via fondamentale per scoprire la saggezza dei nostri cuori. Oggi potremmo mettere al lavoro tutte le specie se avessimo onorato l’artista come guida spirituale, che è in effetti il ruolo primario dell’arte, e come lo è sempre stato dappertutto nelle tradizioni indigene naturali. Un paio d’anni fa incontrai una aborigena. Mi disse, “Nella nostra cultura, ognuno lavora per quattro ore al giorno, per il tempo restante fa delle cose”. Cosa significa fare delle cose? Riti, convivialità, bellissimi costumi, musica e cibo per le feste che seguono i rituali. È durante i rituali che la comunità guarisce se stessa, si illumina, presenta i doni di ciascuno per la celebrazioni e poi li offre.
L’abitudine all’avarizia e all’avidità è profondamente radicata nella nostra civiltà, è inserita proprio nella struttura del capitalismo, che è costantemente alla ricerca di avere sempre di più. Tommaso d’Aquino dice, “L’avarizia non è un problema del materialismo, è un argomento dell’anima, è la nostra ricerca d’infinito, ma è messa fuori posto. Il consumismo non ci può soddisfare ed è il motivo per il quale siamo sempre alla ricerca del nuovo modello l’anno dopo, in una progressione infinita nella dipendenza consumeristica.
Qual è la risposta all’avarizia? È quella di mettere come priorità assoluta nel sistema educativo, religioso, politico ed economico, la ricerca umana di infinito che può essere soddisfatta in questa vita. Non vogliamo far tacere la ricerca di Dio. Tommaso d’Aquino menzionò tre modi per un autentico infinito. Il primo è la mente umana, “Una mente umana può conoscere tutte le cose, è capace di contenere l’universo,” e come prova è quella che non si impara mai abbastanza. Quindi, nutrire la mente equivale a combattere l’avarizia. Il secondo modo in cui diventiamo infinito, dice Aquino, è nel nostro cuore. “Non c’è limite alla capacità d’amore di un cuore umano”. Il terzo modo è attraverso l’uso delle mani. “Insieme all’immaginazione, le mani possono creare una varietà infinita di manufatti”. Considerate come, nell’intera storia della razza umana, due musicisti non hanno scritto mai la stessa canzone, due pittori non hanno mai dipinto lo stesso quadro: una capacità inesauribile di creatività. Se volessimo ricreare la nostra civiltà, dovremmo rifarla intorno allo spirito che c’è in noi - mente, cuore e mani.
Quando una spiritualità autentica chiama, la religione segue. Se la religione non è in grado di mutare paradigma, se non lascia andare sia se stessa sia i suoi aspetti sociologici superati, il suo valore, allora, in Occidente, sarà alla pari come quello del partito comunista in Unione Sovietica. Se non reimpara le sue proprie tradizioni spirituali e mistiche, se non toccherà di nuovo i nostri cuori e i nostri corpi, se non insegnerà una coscienza benedicente riguardante l’attuale nuova versione dei fatti della creazione derivata dalla scienza, se non insegnerà il modo di convivere fra sofferenza e oscurità, se non insegnerà le virtù ecologiche indispensabili per sopravvivere, se non offrirà una forma rinnovata di culto, se non insegnerà anche i peccati dello spirito, come l’accidia, l’inerzia e l’avarizia, con lo stesso entusiasmo col quale ha insegnato i peccati della carne, se non si scuserà per i suoi propri peccati contro i popoli nativi, verso la Terra e verso le donne, se non condurrà sulla via che porta alla saggezza di tutte le religioni del mondo, allora, amici miei, i giovani diverranno vecchi molto presto e quando ciò accadrà, la specie morirà.
Considerata l’attuale responsabilità della nostra specie, se questo accadrà, scompariranno con noi molte altre specie. Tuttavia, se saremo in grado di riscoprire una spiritualità come interessa alla creazione, avremo un rinascimento, una rinascita di civiltà, una reinvenzione della nostra specie basata su una visione spirituale.
estratto dal libro Terra, Anima Società vol. 2 edizioni FioriGialli
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