di Gabriele Mandel
I sufi sono i mistici dell'lslàm. Per i sufi non v'è differenza tra l'essere e l’infinito, poiché ogni essere può giungere all'infinito olistico che è in noi, realizzando se stesso. Ciò è possibile compiendo una via di ascesa mistica, che inizia rimuovendo psicologicamente devianze, condizionamenti e preconcetti, e giunge alla illuminazione, o piena consapevolezza di Dio.
Il primo passo da compiere è il passaggio dalla morale all' etica. Come chiave di lettura dirò che per il Sufismo la "morale" consiste in una serie memorizzata di preconcetti, che albergano nel Superlo e che, contaminando l'Io, causano la nevrosi.
Liberatosi dai preconcetti, l'individuo sviluppa l'applicazione positiva delle esperienze, e individualmente sceglie secondo il concetto di "utile" o di "dannoso" a sé e/o agli altri.
Questa è l'Etica.
Per uscire dalla nevrosi, dai limiti della copionizzazione, dai condizionamenti stressanti, occorre che l'individuo sostituisca la morale impostagli nell'infanzia con l'etica sperimentata lungo il corso della vita adulta.
Ciò premesso,
chi sono i Sufi?
Sono, come ho detto, i mistici musulmani, divisi in più Confraternite (simili a un dipresso agli Ordini monastici cristiani) a seconda delle correnti interpretative della mistica via dell' ascesa a Dio. Sorte dalla lettura culturalmente progredita del Corano precipua degli lraniani in unione con tecniche filosofico-sciamaniche dei Turchi, le correnti sufiche nacquero nell' Asia centrale, e dai Turchi vennero diffuse in tutto il mondo islamico.
Nel mondo turco emersero ordini che promossero correnti mistiche ricche di pensatori eminenti; presso gli Arabi (gli abitatori della Penisola arabica) e alcune popolazioni arabofone, le confraternite dei Sufi degenerarono in correnti politiche integraliste o di bassa spettacolarità a carattere magico.
Tra i sufi di maggiore importanza il persiano alHallaj, che scrisse pagine di grande affiato mistico, e che venne crocefisso dagli integralisti nel 922; il turco Ibn Sinà, noto in Europa come Avicenna (980-1037), nato in Uzbekistàn, che fu uno dei maggiori medici del Medio Evo (i suoi testi influirono considerevolmente anche sulla formazione della medicina europea); il turco afghàno Birunì (973-1048), grande maestro di scienze positive, astronomo, medico, farmacologo e matematico; l'insigne teologo Ghazalì (1058-1111), nato a Tus, nel Khorasàn -a quel tempo provincia dell 'impero turco dei Selciùkidi -paragonato in Europa a sant' Agostino, a san Tomaso d'Aquino, a Lutero; il grande matematico persiano Ornar Khayyam (1048-1131), celebrato in Europa anche per le sue libere e concettose quartine; il teologo e poligrafo andaluso Ibn al Arabì (1165-1240), che seppe conciliare i contrasti fra tradizionalismo e misticismo; e infine .Talàl alDìn Rùmì (1207-1273), nato a Balkh, in Afghànistàn, e fondatore a Konya (Turchia) della Confraternita dei Mevlevì.
E così dunque,
quale è la Via della realizzazione del Sé sulla Via del sufismo? Con quale simbologia e con quale tipo di iniziazione il concetto viene veicolato?
Va detto anzitutto che i Sufi svilupparono sin da mille anni or sono una serie di pratiche psicoterapeutiche, individuali e di gruppo, del tutto precorrenti quelle attuali esercitate in Occidente, e anzi aprirono anche, mille anni or sono, i primi manicomi forniti di apparati farmacologici e terapeuti appropriati.
Questo argomento è già stato oggetto di una lunga serie di studi e di interventi in vari Congressi. Poi, in primis, il sufi non impone la sua linea di condotta etica con la forza o la persuasione. Ciò sarebbe contrario all'
indicazione coranica «Nessuna costrizione in fatto di religione» (Corano, 2256).
L'insegnamento del sufi risiede soprattutto nell'esempio fornito dal suo comportamento secondo il motto di base:
«Nel mondo, ma non del mondo».
Lo sforzo
(il jihad, termine erroneamente tradotto in occidente con "guerra santa", quando il termine "guerra santa", alHarb alHaràm, non è mai citato dal
Corano, per il quale nessuna guerra è santa, anche se fazioni sedicenti musulmane ne usano oggi per i loro scopi politici e assolutamente anticoranici), iljihad, dicevo, è sforzo dell'essere umano per convertire se stesso da pietra grezza a pietra levigata.
D'altronde l'etica dei Sufi, come giustamente osserva il giudice Said alAshmawì, un grande giurista islamico contemporaneo, recita che la religione non può venir utilizzata come politica, poiché la religione eleva, mentre la politica corrompe, limita, divide, uccide. Non si può accettare una formula religiosa spinti dall'ignoranza, dalla paura o dal preconcetto. Base di ogni religione è la fede in Dio e la rettitudine nei comportamenti. Ciò si consegue solo con la penetrazione del concetto che l'essere umano è un tutt'uno olistico con l'umanità e l'universo.
Il Sufismo è da secoli impegnato in questo conseguimento, e si proprone come risoluzione della ricerca di identità di un concetto olistico dell 'Islàm stesso, che nelle plurime e a volte perfino aberranti o inquinate manifestazioni oggi rischia di allontanarsi dai precetti coranici così come ne sono lontani (pur proclamando si invece musulmani) vari capi di Stato del periodo attuale.
Il Sufismo avvicina l'essere umano a Dio attraverso l'avvicinamento dell'essere umano a tutti gli altri esseri umani, grazie alla tolleranza per ogni pensiero differente dal proprio, al rispetto per l'individuo ma anche per i suoi diritti e per il suo ambiente.
Sin dal XII° secolo i Sufi hanno scritto nelle loro tekkye il motto «libertà, eguaglianza, fratellanza». Questo nonostante le persecuzioni da parte di dittatori, ulema corrotti, teologi limitati. Persecuzioni che sono state esemplate dalla figura di alHallaj, uno dei poeti mistici più eminenti dell'umanità tutta.
Personaggio di spicco per la comprensione dell' etica sufica è Jalal alDìn Rùmì, il Dante Alighieri della gente turca, uno dei più grandi mistici dell’umanità. Nato a Balkh (Afghànistàn) nel1207, morì a Konya (Turchia) nel 1273.
Di lui il professor Halil Cin, rettore dell’Università Selciukide di Konya, ha scritto:
«Rùmì, superando le frontiere religiose del pensiero turco e dell'Islàm, è simbolo di un amore, di una tolleranza e di una pace indirizzati a tutta l'umanità. Trova la fonte dell'ispirazione nell' Islàm e nella cultura turca; li esprime e li amplifica, e li offre a tutti senza distinzione alcuna; mentre la maggior parte dei conflitti fra gli uomini deriva appunto dalla mancanza d'amore, dall' egoismo, dal fatto che non viene dato alla persona umana il valore che merita».
Questo messaggio di Rùmì trova veramente l'ambito universale nella quartina che leggiamo all'ingresso della Mevleviyya di Konya:
« Vieni, vieni; chiunque tu sia vieni,
Sei un miscredente, un idolatra, un pagano? Vieni.
Il nostro non è un luogo di disperazione,
e anche se hai violato cento volte una promessa, vieni!»
Ebbi a dire in altra sede che Rùmì ci insegnò a superare il preconcetto limitante, il condizionamento restrittivo, il ricatto morale ed ogni sentimento egoistico che acidamente semina nelle coscienze terrene l'imposizione violenta di una ideologia, sia essa politica o religiosa, che non sia a dimensione umana valida per tutta l'umanità; in grado di insegnare la pace, la tolleranza, il rispetto reciproco.
Oggi tutti invocano la pace, ma secondo i concetti di Seyyd Hossein Nasr essa non viene mai raggiunta proprio perché dal punto di vista metafisico è assurdo aspettarsi che una cultura consumistica ed egoistica dimentica di Dio e dei valori dello spirito possa darsi la pace. La pace fra gli esseri umani è il risultato della pace con se stessi, con Dio, con la natura, secondo una componente etica che abbia superato false morali, preconcetti, interessi unilaterali e presuntuose ignoranze. Essa è il risultato dell' equilibrio e dell’armonia che si possono realizzare soltanto aderendo agli ideali delle società iniziatiche. In questo contesto è di vitale importanza la pace fra le religioni. In questo campo la punta di diamante è da secoli rappresentata dal Sufismo.
In tema di pace va detto qualcosa a proposito della
pace interiore che oggi gli esseri umani cercano disperatamente tanto da aver favorito l'insediamento in Occidente di pseudo-yoghi e di falsi guaritori spirituali. In realtà si avverte per istinto l'importanza dell'ascesa mistica ed etica, ma
ben pochi accettano di sottoporsi alla disciplina di una tradizione autentica, .la sola che possa produrre effetti positivi.
Allora, quando si è atei, quando mancano ideali religiosi o etici o morali, molti si volgono alla droga, che è violenza su se stessi e fuga, oppure alla violenza sugli altri giungendo anche al massacro sistematico di popolazioni inermi o di gruppi etnici diversi dal propno.
Perché questo? Gli esseri umani riconoscono un solo Dio, ma in realtà molti vivono come se avessero molti dei: servono molti interessi. Così è implicito nel loro modo di agire il politeismo,
l'ipocrisia per la quale da un lato professano un principio e dall'altro agiscono con una prassi opposta.
Il Sufismo cerca di portare alla luce questa ipocrisia e sanare così la malattia mortale dell' anima. Il suo scopo è rendere l'essere umano di nuovo integro, olistico, e la meta del Sufismo è questa integrità, in tutta la profondità e vastità della sua essenza, in tutta l'ampiezza compresa nella realtà dell’essere che si è realizzato spiritualmente.
La dottrina sufi è offerta all'essere umano la cui mente è confusa, come una conoscenza teorica della struttura della realtà e della posizione che in essa l'essere umano occupa. Il labirinto delle contraddizioni, paralogismi, ambiguità, le trappole intellettuali che caratterizzano certo pensiero moderno, sono il massimo ostacolo alla vita dell' anima, e possono venir risolti solo attraverso l'esperienza etica, quella dei sufi ad esempio, che libera dalle scorie del contingente e del molteplice.
Rùmì scrisse:
«Le vie sono diverse, la meta è unica. Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non appartiene né alla miscredenza né alla fede; lì non sussiste contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si diceva l'un l'altro durante la strada "tu sei un empio" dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica».
Questo non è solo il superamento della religione, ma
il "rispetto" d'ogni religione, come insegna lo stesso Corano. Non vi è infatti altro testo sacro che parli così diffusamente e in modo tanto aperto dell'universalità di tutte le religioni; e ancora una volta si dimostra che i vari emiri, re e dittatori che interpretano i versetti del Corano a loro stretto beneficio momentaneo e si pretendono musulmani, in effetti sono ben lungi dall'esserlo.
In definitiva, nell' ambito dell’olismo, possiamo riconoscere al sufismo la risoluzione della dialettica fra il particolare e l'universale. E' allo stesso tempo chiusura iniziatica e confronto universale. Dalla iniziazione rituale iniziale dell'individuo giunge a porsi come ideale regolamentatore di una società universale. Non per nulla Assaf Hàled Celebì (Parigi 1987) definì il Sufismo
«il rifugio degli spiriti liberi contro il fanatismo devastatore dei dogmatici».
E veniamo ora alla Via dei Sufi che conduce alla realizzazione del sé. Essa comprende cento "dimore", divise in inizi, porte, comportamenti, costumi, princìpi, valli, stati mistici, santità, realtà, dimore supreme. La presa di consapevolezza della realtà olistica, ad esempio, è della massima importanza. C'è a questo proposito un detto sufi evidente:
«Prima di essere sulla Via credevo che le montagne fossero montagne, e i mari fossero mari. Quando percorsi la Via mi accorsi che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari; e ora che sono giunto so che le montagne sono montagne e i mari sono mari».
Le varie tappe si dividono in sette gradi, o sette organi chakra, ognuno simbolizzato da un profeta-prototipo:
- il mondo della natura dell’uomo (Adamo);
- il mondo delle forme (Noè);
- il mondo della percezione spirituale (Abramo);
- il mondo dell'immaginifico (Mosé);
- il mondo dell'informale (Davide);
- il mondo della natura divina (Gesù);
- il mondo dell' essenza divina (Maometto).
Si toccano allora vari stati spirituali (ahwàl), sino all' estasi, o illuminazione in atto nella comprensione globale dell'Essenza divina; passando di volta in volta attraverso varie stazioni spirituali (maqàmàt).
La comprensione utile per ogni passaggio, e l'aderenza al mondo fenomenico sono assicurati da simboli, architetture auree, simboli geometrici e numerici che sono lo zero, l'uno, il due, il tre, il quattro, il cinque, il sei,il sette, l'otto, il nove, il dieci, l'undici, il dodici, il ventotto, il trecentossessanta.
Questa la Via dei Sufi.
Il materialismo storico ha mostrato le sue grandi incongruenze; la civiltà dei consumi ha prodotto mostri di violenza e ci ha portato ad uno stato di fallimentare degrado etico ed ecologico. Entrambi sono responsabili dei disastri d'oggi, che vedono moltiplicate le azioni negative di un tempo.
Alle soglie del XXl° secolo una delle cose necessarie alla salvezza dell'umanità, di tutta l'umanità, è la comprensione e l'accettazione dei valori globali basati sulla tolleranza, la fratellanza universale, la comprensione e l'accettazione dei valori delle varie e più disparate civiltà, che sono in effetti patrimonio comune di tutti.
(atti del Convegno “
L’uomo fra materia e spirito” )
Direttore dell’Istituto di Storia e Psicologia dell’arte presso lo Iulm (Istituto Universitario di Lingue Moderne) di Milano, è stato insignito di una laurea honoris causa in Scienze islamiche dall’Università Statale di Konya (Turchia). Ha pubblicato numerosi libri, fra cui:
”Corano senza segreti (1991) e
”Saggezza islamica” (1992). E’ da decenni attivo come autore ed organizzatore di grandissimo talento anche nel campo della grafica.
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