DISCORSI SULLA MEDITAZIONE
C’è necessità di liberare la parola meditazione (in sanscrito: Dhyana) da innumerevoli associazioni. La meditazione non è “concentrazione”, né un mezzo rivolto a un fine né un’attività cerebrale, ma uno stato, un modo d'essere in cui c'è consapevolezza senza sforzo di ciò che è la vita dentro e fuori di noi.
Questa mattina mi è stato chiesto di parlare della meditazione. Siccome in questa riunione ci sono persone che non hanno dimestichezza con chi parla e con il suo modo di esprimersi, con il suo modo di usare il linguaggio, vorrei chiedervi, proprio fin dall'inizio, di essere molto accurati sia riguardo l'uso delle parole sia riguardo l'atto dell'ascolto. Ogni parola comporta un'associazione di idee e di emozioni. È estremamente difficile trovare in qualsiasi lingua una parola che non sia carica di associazioni.
Ora, il termine "meditazione" ha un'infinita varietà di associazioni, per cui vorrei chiedere a voi tutti di prestare una speciale attenzione alle implicazioni della parola. Non è mia intenzione usare la parola "meditazione" nell'eccezione "meditare su", "meditare circa".
Nella vostra lingua meditare implica un'attività mentale o cerebrale, in cui c'è una relazione di soggetto e oggetto. lo -un individuo -contemplo, medito circa qualche oggetto, qualche punto prestabilito da me o da qualcun altro per me. In tal senso "meditare.” significherebbe focalizzare la propria attenzione, per un tempo determinato, esclusivamente su un punto prestabilito e implicherebbe lo sforzo conscio di focalizzare l'attenzione su quel punto e di mantenerla.
Dunque si tende a credere che la meditazione sia l'attività mentale che focalizza l'intera attenzione su un punto e qui la mantiene tenacemente. Ma tale attività mentale va denominata "concentrazione" e non "meditazione". Nella lingua sanscrita ci sono due parole diverse: dharana e dhyana.
Dharana significa tenere, sostenere l'attenzione: la parola corrispondente nella vostra lingua è "concentrazione".
Cercherò di "tradurre nella vostra lingua le implicazioni del termine dhyana: intendo, infatti usare la parola "meditazione" come il corrispondente nella vostra lingua del termine sanscrito dhyana.
Dhyana o meditazione è lo stato in cui c'è una consapevolezza senza sforzo e senza scelta di ciò che la vita è dentro e intorno a noi. Si tratta dunque di uno stato, di un modo d'essere,. non di un'attività. Fra le due cose c'è tutto un mondo di differenza Si può crescere fino a fiorire in tale stato. La meditazione, in altri termini, è vivere in un'attenzione dinamica, in una consapevolezza dinamica di ciò che la vita è: è un movimento disinibito, incondizionato della coscienza individuale, in armonia con il ritmo della vita universale.
Vorrei dunque disinfestare la parola "meditazione" da tutta una serie di associazioni. È un movimento non cerebrale, un movimento della coscienza individuale, ma non de1 cervello condizionato, non di quella parte del cervello che è inibita dal condizionamento derivante dall'educazione, dalla cultura, dalla civiltà e dai fattori socio-economici della vita. Il cervello, un organo fisico. una parte dell'organismo biologico, è tanto condizionato quanto il resto dell'organismo fisico. Esistono schemi cerebrali di comportamento. C'è una specie di "corpo" cerebrale cristallizzato, un corpo psicologico. E' invisibile e si esprime attraverso parole, movimenti fisici e così via.
La meditazione è un movimento non cerebrale della coscienza umana, in armonia con il ritmo della vita interna, esterna e circostante. Non può costituire un mezzo rivolto a un fine. La concentrazione può essere un mezzo per un fine. La concentrazione può rilassare i nervi, lenire la psiche travagliata, creare un equilibrio chimico nel corpo; stimolare poteri latenti della mente ed esperienze non sensoriali. Tutto ciò può accadere attraverso la concentrazione.
E chi vive in una società altamente industrializzata, sottoposto ogni giorno una tremenda tensione nervosa, pressato da una molteplicità di stress neurologici e chimici, ha veramente bisogno dell' arte della concentrazione, di sviluppare poteri, di acquisire esperienze, di acuire e rafforzare la sensibilità, di affinare e purificare gli organi cerebrali. Se si vuole, si può seguire questa via. Ma può darsi che la concentrazione volta allo sviluppo dei poteri non porti a una trasformazione radicale della qualità della vita, non abbia alcuna presa sul tessuto della nostra relazione con gli altri esseri umani.
La concentrazione può dunque stimolare poteri, esperienze, rendere potente una persona, e a chi è nei guai, a chi è stanco di piaceri sensoriali, a chi vive in una sicurezza economica e politica, piace molto girovagare nei mondi astrali, nell' occulto, ottenere esperienze non sensoriali, acquisire poteri trascendentali e così via.
È un gioco, una gara nel mondo extra-sensoriale, e lo spirito di avventura crea una compulsione interna a cercare tali esperienze. Nulla di male, premesso che si abbia ben chiaro il proprio scopo. La vita è fatta per avventure ed esplorazioni.
La concentrazione non ha assolutamente nulla a che fare con la religione, la spiritualità, la scoperta della Verità, la meditazione, la Liberazione o il Nirvana. Va nella direzione assolutamente opposta: rafforzare la coscienza dell'io, incrementare la sensibilità della coscienza dell’'io, ampliare la sfera delle esperienze e approfondire la sfera della penetrazione cerebrale.
Perciò bisogna disilludere la propria mente su che cosa sia la meditazione. Essa non implica alcuna avventura romanzesca. È un trascendimento del cervello condizionato. È la crescita di una persona verso una dimensione della coscienza interamente nuova dove l'esperienza di sé giunge a termine; dove per chi esperisce, la coscienza dell'io, dell'ego è mantenuta in completa sospensione, in totale acquiescenza; dove i confini spazio-temporali in cui la coscienza dell'io si muove di momento in momento, si dissolvono nel nulla; dove la dualità giunge a termine; e la frammentaria relazione di soggetto-oggetto con la vita viene completamente a cadere.
A meno che non si abbia l'urgenza di scoprire che cosa c'è al di là della mente, di trovare ciò che è al di là del cervello condizionato, al di là di chi esperisce e dell' atto di esperire, al di là dell' atto di osservazione e dell'osservatore, del pensiero e di chi pensa, ciò che è al di là di spazio e tempo, al di là di tutti questi simboli, al di là dei comportamenti cerebrali; a meno che non ci sia l'innata passione di cercare di scoprire per conto proprio, non si sarà equipaggiati per vivere la via della meditazione.
La meditazione è un modo di vivere totale, non un'attività parziale o fammentaria.
Non so se, a questo proposito, esista un punto di vista orientale od occidentale. La vita non è né occidentale né orientale. La vita è semplicemente Essere. Semplicemente è.
I confini di razza, nazione e religione, le frontiere di tempo e spazio sono assolutamente irrilevanti per la vita e il vivere.
Dunque, ho urgenza di scoprire che cos'è il tempo, che cos'è lo spazio e che cosa c'è al di là? Che cos'è la mente, che cos'è il pensiero e che cosa c'è al di là'?
Possiedo questa urgenza, non come reazione alle frustrazioni, ai fallimenti, o alle delusioni della vita, non come reazione all' ambizione di ottenere qualcosa di diverso dalle acquisizioni materiali, economiche o politiche? Se è una reazione alle ambizioni, alle frustrazioni o ai fallimenti della vita, allora la ricerca mi sosterrà solo fintanto che mi sosterrà la spinta della reazione. Sarò costretto a cavalcare l'onda dell'insoddisfazione, della frustrazione o dell'ambizione.
È dunque assolutamente necessario possedere la fiamma pura e senza fumo della ricerca, ossia l'urgenza di trovare, di scoprire, di imparare, non per qua]che proposito estraneo, ma come atto fine a se stesso; scoprire qual è il significato della vita per il gusto di farlo, per la sua gioia intrinseca.
Quando c'è questa fiamma di ricerca volta a imparare, a scoprire, a vedere, a trovare, per la sola gioia di farlo, le inibizioni di moventi, intenzioni e ambizioni scompaiono.
Tale stato senza moventi è vitalmente necessario all'inizio della ricerca. Come sapete, ogni movente crea un'inibizione e nasconde nella propria ombra una paura. Ogni ambizione porta in grembo la paura de] fallimento e della frustrazione. Una ricerca genuina è assolutamente necessaria; non si insiste mai abbastanza su questo punto.
La ricerca non soltanto elimina l'inibizione di paure represse, ma, quando è genuina, crea la duttilità dell'umiltà, non la rigidità dell'ambizione. La coscienza dell'io è molto rigida.
Sono dunque necessarie la tenerezza, la duttilità, che ci saranno veramente di grande aiuto. L'assenza di paura non può esistere senza la duttilità dell 'umiltà. Voi sapete quanto sono duttili e teneri i bambini! Tutto il loro essere è una fiamma di ricerca. Guardate i loro occhi, i loro movimenti, vogliono imparare e crescere.
L'umiltà libera un'energia che non è né fisica né cerebrale. Ecco perché vorrei attirare la vostra attenzione sulla ?????ensione dell’ 'umiltà che accompagna una genuina ricerca.
La tenerezza, la duttilità liberano molte energie latenti muscolari, nervose, ghiandolari, cerebrali e non cerebrali -che erano incatenate e bloccate dalla rigidità della coscienza dell'io. Esse si liberano nel momento in cui si è teneri nello spirito della ricerca e si desidera conoscere, scoprire, imparare attraverso occhi, orecchie, naso, attraverso ogni nervo del proprio essere.
Trovarsi nello stato di ricerca significa essere nello stato di beatitudine, perché la ricerca esp]oderà nella Realizzazione. La Realizzazione scoperta è soltanto la maturità di tale ricerca. Ricerca e Realizzazione non sono due cose separate. Una ricerca genuina è una benedizione - non una ricerca falsa, non un' attrazione intellettuale o emotiva, non una fascinazione o un'eccitazione. In un vero ricercatore non c'è alcuna eccitazione, c'è una profonda intensità, non la superficialità di un eccitamento entusiastico.
Eccitazioni, entusiasmi, stimolazioni di emozioni e sentimenti, disturbano l'equilibrio chimico dell'essere. Occorre dunque gettare le giuste fondamenta di quello stato di meditazione in cui il proprio meccanismo fisico e biologico si trova in uno stato di equilibrio chimico e di rilassamento nervoso.
Mi chiedo se abbiate mai osservato come apprendono i bambini tra i tre e i sei anni e quelli oltre tale età. Li avete osservati in classe, a casa, quando fanno i compiti? Avete osservato come siedono, come toccano la lavagna, la loro tenerezza e duttilità, il loro graduale sviluppo e poi il primo manifestarsi di una certa rigidità di approccio, a mano a mano che vanno avanti negli anni? Il ricercatore è come un duttile e tenero bambino. È vulnerabile al tocco della vita, esposto da ogni parte all' essenza della vita, senza alcun meccanismo di difesa.
Nel bambino il meccanismo di difesa opera soltanto al livello fisico; al livello psicologico il bambino è esposto alle vibrazioni della vita.
Allo stesso modo un ricercatore si espone alle vibrazioni della vita.
Sicuramente la meditazione richiede che una persona sia sana e integra nel corpo e nella mente. Ecco perché sono necessari la cultura fisica dello yoga, il pranayama, che aiuta ad ossigenare il sangue, e gli asana, che aiutano a mantenere il corpo intero, con tutti i suoi sistemi (muscolari, ghiandolari e nervosi), in una condizione molto duttile e tenera.
La crescita verso una dimensione non cerebrale è preceduta dall'incontro con la mente condizionata, il conscio, il subconscio e l'inconscio: un incontro niente affatto facile da sostenere, a meno che non si abbiano nervi d'acciaio. Altrimenti, si può avere un collasso che distrugge tutto il sistema nervoso. Non è facile trovarsi faccia a faccia con i contenuti del subconscio e dell'inconscio, con le discrepanze, le deficienze e le distorsioni nevrotiche del nostro modo di comportarci. Occorre una forza tremenda per passare attraverso questo incontro. Ecco perché bisogna gettare le giuste fondamenta e possedere un organismo fisico puro e sano. Altrimenti il più leggero incontro può suscitare eccitazione, lacrime, tremori, danze o pianti. Tutto ciò è dovuto all'inadeguatezza del sistema nervoso a sopportare l'incontro.
Dato che dobbiamo discutere di tante cose in un tempo così breve, ora posso parlarvi soltanto delle fondamenta.
Molti si affrettano a risvegliare poteri senza prima equipaggiare il proprio sistema nervoso e muscolare con la forza della purezza, senza gettare le fondamenta :di un ordine interiore. Si precipitano a stimolare poteri ed esperienze attraverso droghe che espandono la coscienza (come l'LSD, la mescalina e affini), oppure cantando mantra, concentrandosi o ricorrendo, all' aiuto di qualche adepto tantrico che indulge nello shaktipat (1), per stimolare e risvegliare la kundalini e aprire ichakra.
Qualsiasi sia la loro via, se si precipitano a stimolare poteri senza "equipaggiare” il proprio sistema nervoso con la forza della purezza, cadono in qualcosa di molto pericoloso e molto scientifico. Ecco perché la mia prima raccomandazione è: “gettate le giusta fondamenta. Questo corpo, questo stupendo, complesso, ricco strumento che abbiamo, scoprite se è in grado di sopportare l'intensità della meditazione, di quel movimento disinibito della coscienza con l'armonia con la coscienza universale.
L'intensità di quel movimento disinibito non è sempre comparabile alla intensità di pensieri ed emozioni, che sono movimenti cerebrali, pulsazioni, e sono stati misurati e controllati. Il movimento della meditazione, l'infinito movimento della vita ha una qualità di spinta interamente diversa. E' qualitativamente differente dal movimento di impulsi come la pulsazione sessuale, l'appetito, il sonno.
Pensieri, sensazioni, sentimenti hanno il loro proprio movimento, il loro proprio meccanismo incorporato nel sistema, nei riflessi biologici.
La meditazione ha una spinta qualitativamente diversa dai pensieri. È molto più intensa, la sua profondità, intensità, è incommensurabile per la mente. Ecco perché le fondamenta di purificazione dell' intero sistema sono assolutamente necessarie; non in un senso puritano, ma con l'aiuto di un approccio scientifico.
Tutto questo bisogna scoprirlo per conto proprio, non sono possibili regole standardizzate per tutti gli esseri umani.
Una volta dato per scontato. che sia fatto ciò, il secondo passo è prendere dimestichezza con il movimento della mente. Il movimento fisico o la capacità di movimento fisico non costituiscono una barriera nel sentiero della meditazione, ma il movimento cerebrale può diventare un ostacolo; perciò bisogna comprendere che cos'è la mente. Bisogna prendere dimestichezza con l'anatomia della mente, la chimica di pensieri ed emozioni, come un pensiero si muove, come si muovono i riflessi, come essi controllano le percezioni, le risposte alle situazioni, come regolano la propria relazione con gli altri. E a tal fine, bisogna imparare che cos' è l'osservazione.
Se io sono colui che esperisce, allora verrò coinvolto nel processo di esperire e non sarò capace di osservare il movimento della mente. Dunque bisogna apprendere la scienza e l'arte dell'osservazione, non interpretare non analizzare, non paragonare, non giudicare, ma avere la consapevolezza del movimento della mente nello stesso modo in cui siete consapevoli del tramonto del sole.
Mentre sedevamo per qualche minuto in silenzio, dovete aver notato il pianto di un bambino. La mente faceva resistenza? Se la mente resiste allora c'è una frizione, e la frizione sfocia in una reazione. Così la resistenza porta alla frizione, la frizione sfocia nella noia e nell'irritazione, e lo stato di osservazione va perduto. Ogni reazione nasce dalla resistenza. Non ci sarebbe alcuna reazione se non ci fosse resistenza alla vita: dunque non resistete, non esperite, essendo l'esperienza una forma molto sottile di resistenza.
Avete mai notato le resistenze agli eventi della vita? Esse si convertono in esperienze perché l'emozione crea una resistenza, una divisione. Voi volete interpretare l'evento, identificarlo, riconoscerlo, valutarlo, dargli un' etichetta e collocarlo nella memoria sotto qualche categoria, in modo che tale esperienza vi sia utile per un 'ulteriore interpretazione degli eventi. Desideriamo avere una difesa, e le esperienze sono parte del meccanismo di difesa, così come lo è la conoscenza.
Abbiamo paura di essere esposti alla vita, di vivere in uno stato di innocenza, di assoluta, incondizionata, vulnerabilità al nudo tocco della vita così com'è, e di lasciare che le risposte vengano da sole.
Vogliamo coltivare le resistenze, acquisire risposte sotto forme di esperienza, immagazzinarle nella memoria, cosicché si possa aprire il cassetto o lo schedario della memoria, riferirsi a esso ogni qual volta ci sia una sfida e tirar fuori la risposta condizionata.
La memoria è una specie di pareggio bancario. Come la gente vuole un saldo bancario sotto forma di denaro, così vuole un saldo bancario sotto forma di esperienza, indipendentemente dal fatto che si comprino, si prendano in prestito o si rubino esperienze!
Avete notato quanto è monca, sbilanciata la crescita nell'uomo? Egli ha raffinato il cervello perdendo l'eleganza della semplicità; ha perso la capacità di guardare le cose senza nessun movente, con innocenza, senza trasformare l'atto e l'oggetto di osservazione in un mezzo volto a un fine.
L'eleganza, la bellezza della semplicità e dell'innocenza sono perse per l'uomo.
Occorre crescere verso la vulnerabilità, la tenerezza, la duttilità della meditazione e allora soltanto l'uomo sarà degno del proprio nome. Siamo diventati monchi. Ecco perchè c'è tanta schizofrenia. L'uomo vive in uno stato più o meno nevrotico. Le nostre risposte sono inibite, le nostre percezioni condizionate. Non c'è alcuna spontaneità nella vita. Soltanto un processo meccanico di reazione in conformità con il condizionamento, la tradizione, le ambizioni, i movimenti personali e così via.
La bellezza dell'azione è perduta. La spontaneità è perduta. Perciò la meditazione si è fatta importante per vivere oggi, per aiutare l'uomo a decondizionarsi, per aiutarlo a vedere quanto sia diventato nevrotico e stimolare in lui il desiderio di crescere in una dimensione della coscienza interamente nuova.
Bisogna dunque imparare a osservare i pensieri a mano a mano che vengono. Occorrerà dedicarci tempo, sedendo quietamente poco importa che lo si faccia nel modo orientale o in quello occidentale. L'unico requisito è che la spina dorsale e la nuca stiano diritte, cosicché il ritmo della respirazione e della circolazione sanguigna non venga disturbato. Occorre stare quietamente con se stessi per un po' di tempo a osservare il movimento del pensiero, nello stato di osservazione.
Bisogna impararlo, perché, non appena vi ponete nello stato di osservazione, riemerge la vecchia abitudine dell'introspezione, della valutazione. In una frazione di secondo lo stato di osservazione può andar perduto: allora diventate il giudice, colui che fa, colui che esperisce. Bisogna educarsi di giorno in giorno. Che la si chiami disciplina, sadhana, autoregolazione o con qualsiasi altro come si preferisca, bisogna passare attraverso questa autoeducazione, imparare come si osserva. All' inizio lo stato di osservazione dura una sola frazione di secondo, e poi interviene subito colui che esperisce, per cui lo stato di osservazione va perduto. Ciò accade ripetutamente e può durare diverso tempo. Non è facile quello stato di osservazione in cui non fate qualcosa, in cui non siete né attivi né inattivi, in cui non state oziando o nemmeno non facendo; in cui l'attività mentale dualistica è tenuta in acquiescenza e resta attiva soltanto l'osservazione, né colui che fa né colui che esperisce.
Allora tale stato di osservazione comincia a permeare le ore di veglia. Sia che cuciniate, sia che andiate in ufficio, "oppure mentre state parlando, lo stato di osservazione comincerà a permeare tutte le attività delle ore di veglia. Quando lo stato di osservazione viene mantenuto durante le ore di veglia, si diventa costantemente consapevoli, dal mattino alla sera, della sfida oggettiva: gli alberi, gli uccelli, i suoni, i palazzi intorno e il traffico che scorre per strada.
Si diventa consapevoli della situazione oggettiva - intensamente consapevoli. Oggi non siamo consapevoli; non stiamo attenti, nemmeno quando mangiamo o quando ci vestiamo, stiamo soltanto galleggiando suill'onda vischiosa della disattenzione, della distrazione, dei disturbi; senza slancio, frigidamente, siamo partecipi soltanto a metà di tutte le attività quotidiane da svegli o da addormentati, ed esse ci sfuggono.
Prestiamo attenzione soltanto ai nostri moventi, e perciò la percezione viene avviluppata e distorta dai moventi.
Quindi a ogni istante si bada a una frazione soltanto dell'unità percetti va; ma, quando lo stato di osservazione viene mantenuto, si rafforza la sensibilità, e dal mattino alla sera si è più consapevoli di prima. All'inizio non c'era alcuna consapevolezza. Soltanto occasionalmente la consapevolezza e l'attenzione venivano a voi. Adesso siete costantemente consapevoli, costantemente attenti, si rafforza l'attenzione, si acutizza la sensibilità, divenendo agile. Siete consapevoli di ciò che avviene sia fuori sia dentro di voi.
Se lo stato di osservazione non sforza in questa agile coscienza, in una rafforzata sensibilità e acutizzata attenzione, allora non stiamo osservando, stiamo soltano scivolando in uno stato di coscienza intorpidito. Non è osservazione, non è silenzio.
L'osservazione apre nuovi canali di energia, nuovi canali di attenzione e consapevolezza, sicché lo stato di osservazione che permea le ore di veglia sfocia in un decollo della coscienza. Prima eravamo consapevoli soltanto di un frammento dell'oggetto, qualificato e modificato dai nostri moventi, e anche le risposte erano condizionate dai moventi. Adesso guardate ciò che accade. Si è consapevoli della totale unità di percezione senza un movente, senza alcuna inibizione. Siete simultaneamente consapevoli di ambedue: a tal fine dev'esserci un decollo della coscienza dal precedente 1ivello di sfida e reazione.
L'impatto della mente subconscia collera, gelosia, repressione del pensiero che si manifestano sotto forma di reazione, è ancora lì, ma gli manca il pungiglione, gli manca la presa su di voi che distorce e travisa le vostre reazioni. Se e quando lo stato di osservazione arriva a permeare le ore di veglia, comincia a11ora a infiltrarsi in ciò che chiamate sonno. Lo stato di osservazione che si infiltra nei sogni è qualcosa di meraviglioso -esser consapevoli del sonno così come lo si è della veglia e non si tratta di poesia, e così. Accade.
La meditazione è il rilassamento del sonno profondo nelle ore di veglia. È una consapevolezza senza sforzo insieme della veglia e del sonno. Le ore di veglia e il sonno producono allora un solo movimento, perché non sono più due dimensioni diverse. Così lo stato di osservazione viene mantenuto durante tutto i1 giorno e tutta 1a notte, ed è solo quando esso è sostenuto in questo modo che i contenuti del subconscio cominciano a emergere e a manifestarsi sotto forma di visioni e di varie esperienze.
La conoscenza e l'esperienza dell' intera umanità sono contenute in noi. Gli psicologi occidentali, a cominciare da William James, Freud, Jung, Adler e James Martin, hanno scoperto che cosa avviene negli strati più profondi della coscienza.
Tutta l'esperienza e la conoscenza dell' intera umanità, indipendentemente dalle razze, sono contenute nella coscienza individuale. Quando lo stato di osservazione viene mantenuto, tali esperienze si atti vano, manifestandosi nell'esporsi alla vostra attenzione, alla vostra consapevolezza e cominciano a palesarsi i poteri nascosti della psiche chiaroveggenza, visione del passato o del futuro, telepatia, lettura del pensiero e così via. Tutto ciò diventa possibile.
Ta1i esperienze interiori non sensoriali hanno un effetto tremendamente intossicante, molto più di qualsiasi altra esperienza sensoriale. Si tratta di una esperienza senza la dualità della relazione fra soggetto e oggetto. Crea l'illusione della libertà, in quanto non occorre collegarsi con nulla al di fuori di sé. La stimolazione è all'interno, l'esperienza è dentro. Ecco perché è così intossicante.
La realizzazione di esperienze occulte e trascendentali sfocia nella liberazione di nuove capacità, di nuovi poteri. Una persona siffatta diventa potente. I suoi occhi si fanno diversi, il modo in cui cammina è diverso. C'è una nuova forza in 1ei, un senso di liberazione, sebbene non sia liberazione -essa si trova ancora nel regno della psiche. Diventa qualitativamente diversa dagli altri, e nella maggior parte dei casi lo stato di osservazione va perduto non appena avviene la stimolazione di nuovi poteri e di nuove esperienze.
L'uomo perde il sonno, il sistema nervoso cede, ed egli ancora una volta si inchina ai dettami della coscienza dell' io, la coscienza dell'ego. Si riaffaccia l'ambizione. La brama entra in rapporto con le esperienze occulte. Chi si trova in queste condizioni può sacrificare qualsiasi cosa per gratificare tale brama, perdendo così l'equilibrio.
Mantenere lo stato di osservazione durante l'incontro con le conseguenze di esperienze non sensoriali è estremamente difficile. Per non essere sopraffatti dall' emozione occorre la duttilità e l'umiltà di un ricercatore. Dico questo essendo mossa da grande ansia e preoccupazione: negli ultimi sei anni ho potuto osservare quanto facilmente molti si entusiasmino e diventino prigionieri di esperienze extra-sensoriali. giovani dei Paesi Bassi, della California, dell'Irlanda, della Norvegia, del Nepal, del Giappone, delle Hawai, quanto grande sia il danno da essi subito a causa di questa "tossicodipendenza" da piaceri non sensoriali!
Non si tratta qui di una critica, ma dell' ddolorata preoccupazione di un'amica sensibile. Anche in questo paese, con tutte le sue associazioni spirituali, è proprio l'esca di esperienze non sensoriali che ha attratto tanta gente verso l'occulto; bisogna dunque essere estremamente sensibili, umili e duttili per mantenere uno stato di osservazione.
Bisogna passare attraverso questo tunnel, l'incontro con il subconscio e l'inconscio è un tunnel attraverso cui ogni ricercatore deve passare. Non bisogna reprimere tali esperienze, ma lasciarle accadere. Quando la tenerezza del cuore comincia a scorrere attraverso gli occhi, allora per la ricerca è la stagione delle piogge. Quando ogni cosa comincia a rinfrescarsi, a calmarsi, e ci si sente distaccati interiormente, allora è l'autunno; perciò da un punto di vista emotivo, bisogna passare attraverso l'intero ciclo delle stagioni dentro di sé.
Se ci si fissa su ciò che emerge nell'effettivo processo di attraversare tale tunnel o ci si attacca ai poteri della psiche, allora la ricerca si arresterà. Non sarete più nelle condizioni di poter sviluppare la ricerca. Occorre dunque tutta l'umiltà e la tenerezza possibile; se si continua a sostenere e mantenere così lo stato di osservazione, allora non c'è più nulla da osservare. Tutte le esperienze assorbono lo slancio del subconscio e l'inconscio si esaurisce. Emerge, si manifesta e si esaurisce da solo. L'esperienza di Gesù di Nazareth, di Gautama Buddha in India, di Laotze in Cina e di altri ancora conferma questa verità.
Queste esperienze possono emergere al livello più superficiale della coscienza. Basta soltanto osservare, guardare, così come si guardano le nubi di un cielo serale. Poi, quando si esauriscono nel loro slancio, nulla più resta da vedere, da osservare. L'osservatore non ha più alcun ruolo da recitare ed entra in sospensione. Non dovete fare qualcosa contro l'osservatore. Quando si esaurisce lo slancio delle associazioni, non resta più per l'osservatore alcun ruolo da recitare. L'ultima espressione della coscienza dell'io è entrata in acquiescenza, e ci si trova nel regno del silenzio.
Fino ad ora non c'è alcun silenzio. Nello stato di osservazione non c'è alcuna attività e tuttavia non c'è il silenzio inteso come una dimensione della coscienza, perché si sta osservando, ci si trova nel processo di osservazione; ma adesso c'è una dimensione di silenzio nel pensiero, nell'esperienza, nelle visioni. Il trascendentale è stato attraversato, si è andati al di là dell' occulto. Ciò è più facile a dire che a fare, ma sto tracciando per voi una mappa dell'intera questione. Ecco tutto ciò che potete fare in parole. Le parole sono soltanto un mezzo di trasporto: sapendo cavalcarne il significato, si viene trasportati. Se si resta affascinati dalle parole, non si verrà trasportati.
Dunque adesso ci si trova nel regno del silenzio, al centro non c'è alcuna coscienza dell'io. È una conoscenza senza frontiere. È una conoscenza senza centro. Ora non è possibile fare qualcosa. C'è soltanto silenzio.
Così l'energia alle radici del nostro essere le radici dell' essere stanno nel punto dell'ombelico -l'energia che era divisa, dispersa e frammentaria in pensieri ed emozioni conflittuali, ne.lla dualità di soggetto e oggetto, di osservatore e di osservato, di esperienza e di esperito, si trova ora nel regno della non dualità, non più frammentata: è lì, all'altezza dell'ombelico, nella sua integrità, totalità, raccolta alla sua sorgente. L'energia non è statica. È movimento infinito. Quindi, per la prima volta nella vita la totalità dell' energia ha un'opportunità di muoversi. Non deve cavalcare l'onda di impulsi, pensieri, emozioni personali e così via. Adesso è libera di esprimersi nella sua totalità.
Così il silenzio comincia a muoversi, operare, a funzionare. Non essendoci alcun movimento di dualità del cervello, del pensiero, dell'emozione, non c'è alcun disturbo chimico nel corpo, alcuna divisione nei nervi. Il sistema nervoso è totalmente rilassato e, da un punto di vista chimico, c'è equilibrio. Ciò è assolutamente necessario.
Se il silenzio non sfocia in questo, non è affatto silenzio, è una pia illusione: l'ego se ne sta acquattato in qualche luogo recondito, ancora all'opera. Dunque la persona è equilibrata dal punto di vista chimico e rilassata dal punto di vista nervoso e la totalità dell' energia si muove. ..Vedrete come è la totalità. Soltanto la totalità del nostro essere può sanare le ferite. Come la totalità dell' energia si muove nel sonno profondo, indisturbata dai sogni, così la totalità dell' energia si muove ora nello stato di meditazione; e l'energia è sensibilità, è intelligenza.
Quindi la sensibilità dell'intero essere - non la sensibilità del cervello, dell' organo fisico, ma dell'intero essere l'intelligenza, divénta operativa come una forza. Oggi non sappiamo che cosa sia la sensibilità, non sappiamo che cosa sia l'intelligenza.
Conosciamo l'intelletto, conosciamo le funzioni cerebrali. L'intelligenza è una modalità qualitativa, un elemento differente della vita. Il movimento dell' intera energia non si può descrivere. È un movimento nella sua dualità, un movimento dell' intero essere.
Dunque la totalità risponde, percepisce ed elimina la divisione tra individuo e universo. La divisione illusoria, la divisione ingannevole creata dalla coscienza dell'io fra individuo e universo, si dissolve in tale dimensione di silenzio. Non siete né l'individuo né l'universo, siete semplicemente Vita.
La totalità della vita, allora, guarda attraverso gli occhi di chi si trova in questo stato. Il silenzio degli occhi risponde attraverso la totalità di tale persona. La struttura di carne e ossa resterà presente finché durerà la spinta ereditaria, ma i movimenti di tale persona non sono individuali perché non hanno movente.
Chiamatelo pure il riassorbimento dell'individuale nell'universale. Non potete descriverlo.
Il fatto è che la divisione fra l'uno e i molti, l'interno e l'esterno, l'individuo e l'universo scompare. La persona è allora una consapevolezza senza sforzo e senza scelta dell'infinito movimento della vita, dell'infinito slancio della vita. La vita è vivere costantemente attraverso nascita e morte, dolore e piacere, la vita opera giorno e notte, la vita respira a ogni istante. La nascita è vita che inspira e la morte è vita che espira.
La vita si muove allora oltre la dualità. Ecco lo stato di meditazione. Chiamate lo samadhi se vi piace, o nirvana se preferite. Tale persona diventa allora una manifestazione in carne e ossa dell'unità, della totalità della vita e per me è questo il compimento della crescita umana.
L'uomo non è ancora maturo per ciò. Egli ha raffinato il corpo e il cervello, ma non è ancora cresciuto nella maturità di coscienza che la meditazione gli sa aprire. Noi oggi siamo esseri umani soltanto nella forma, non ancora nel contenuto. Per me la divinità è umanità raffinata e purificata. L'uomo deve crescere e fiorire nella condizione in cui si formerà una società basata sull'amore, l'amicizia, la cooperazione, sull'ordine sociale, economico e politico, libero da ogni sfruttamento, corruzione e violenza.
Ecco perché la meditazione è la via per una rivoluzione psichica. La crisi sta nella psiche e va dunque risolta nella psiche.
traduzione a cura di Mauro Bergonzi)
(tratto dalla rivista "Yoga" n. 34, organo della Federazione Italiana Yoga.
(l) Trasmissione di potere spesso attraverso il tocco delle dita, p es. sulla fronte (NdT.)
Bellissimo,apre le porte di una nuova dimensione,ma ci vorrebbe una guida credo
momento di riflessione profondo e un primo passo per chi vuole iniziare questo cammino fuori dagli schemi e cosi' impegnativo ed importante
a mio parere (ma posso sbagliare) un modo di vivere l'esistenza non può essere "insegnato" o trasmesso attaverso uno scritto, perchè verrebbe inevitabilmente percepito attraverso un'elaborazione razionale. Risulterebbe positivo se riuscisse a stimolare un percorso strettamente personale,ma la vita che conduciamo ce lo permetterebbe?
Ringrazio tantissimo per questo chiarimento cosi dettagliato e dolcemente descritto. Una Via molto difficile però liberatorio man mano si cammina, salutare e nella direzione del rinnovamento che abbiamo bisogno. Ringrazio davvero e di profondo cuore. Jutta Steigerwald
nessuna guida, ti lasci andare e fai in modo che tutto accada...semplicemente! Abbiamo un potere immenso, usiamolo. Per una volta diamo a noi stessi la possibilita' di creare e sentire cio' che realmente siamo. Esseri meravigliosi ed eterni.
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