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è chiamata libero mercato

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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IL VIRUS SIAMO NOI



di Paolo Quircio

Chi, tra i lettori  di FioriGialli, ha avuto la pazienza e la bontà di leggere alcuni dei miei precedenti articoli, tutti incentrati su temi inerenti lo Yoga e il Vedanta, avrà forse notato che cerco di evitare il più possibile di esprimere opinioni personali; in genere mi attengo agli Shastra, i testi tradizionali, scritti dagli antichi Rishi, e ai loro commentari, scritti da divulgatori ed esegeti più recenti. Oggi, per la prima ed ultima volta, voglio approfittare della piccola  tribuna offertami da Fiori Gialli per fare alcune osservazioni, personali sì, ma comunque legate allo Yoga e alla spiritualità. Il tema, naturalmente, non può che essere quello che è sulle pagine di tutti i giornali e tutti i siti web del mondo, oltre che nella mente di due o tre miliardi di persone chiuse in casa per cercare di limitare il diffondersi del contagio. Tutti conoscono la storia del Re nudo, e qui di re nudi mi pare di vederne diversi.

Sulla nudità dei re della politica, nazionale, europea e mondiale, nutrivamo pochi dubbi anche prima. È interessante notare la corsa allo stato autoritario, giustificato dall’emergenza sanitaria, di molti governanti, da Duterte nelle Filippine, dove l’esercito ha l’ordine di sparare a vista ai contravventori del coprifuoco; a Orbàn in Ungheria, che ha chiesto e ottenuto, da un parlamento servizievole, i pieni poteri; al primo ministro indiano, Modi, che alle 21 ha annunciato il blocco totale di qualsiasi attività,  cominciare dalla 24. Tre ore di preavviso! Col risultato che i milioni di lavoratori che dai piccoli villaggi dell’immenso subcontinente si erano recati nelle smisurate metropoli indiane, si sono trovati, così, di punto in bianco, senza casa, senza lavoro e senza un soldo. Treni e bus bloccati, alcuni, molte migliaia, hanno cominciato a camminare, con bambini e fagotti, verso i villaggi d’origine, distanti anche mille chilometri! L’Europa che si disfa, frontiere chiuse, egoismi nazionali e locali sempre più accesi. Uno spettacolo avvilente.

Un altro re, la cui nudità è apparsa evidente, è la scienza, quella medica in particolare. Che la medicina non fosse una scienza esatta già si sapeva (senza nulla togliere agli immensi progressi fatti negli ultimi decenni e alle tante vite che ha salvato o reso più dignitose), ma vedere il gotha degli scienziati e clinici italiani e non solo, virologi, immunologi, oncologi, infettivologi e altri ‘ologi’, prendersi pubblicamente a pesci in faccia, dandosi dell’incompetente a vicenda, proclamando con straordinaria sicumera delle tesi, per poi, con altrettanta sicumera, dopo pochi giorni affermare tutt’altro. Mentre i medici e gli infermieri in prima linea sgobbavano come matti e molti di loro, purtroppo, hanno anche perso la vita, eroicamente. Disgraziato il popolo che ha bisogno di eroi! Un altro spettacolo avvilente.

Che la statistica non fosse una scienza esatta, malgrado tutti gli sforzi dei suoi addetti per accreditarla come tale, forse alcuni già lo sapevano. Con grafici, algoritmi e tutti gli armamentari informatici di cui dispone oggi, non sembra essere andata oltre il famoso ‘mezzo pollo a testa’ di Trilussa. I dati forniti sono spesso contraddittori già all’origine, a seconda della fonte da cui provengono, e la loro elaborazione risente di interpretazioni (manipolazioni?) quanto mai soggettive. Ognuno dice la sua, creando, invece di chiarezza e sicurezze, dubbi, incertezze, timori. Anche qui rimane difficile non avvilirsi.

Poi, visto che stiamo quasi tutti a casa e molti non hanno granché da fare, si va a ruggire sulla tastiera del computer. Come diceva Umberto Eco: “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere". Naturalmente, mi metto automaticamente in questa schiera. Sui cosiddetti social si può leggere di tutto. Così come durante i mondiali di calcio diventiamo tutti commissari tecnici della nazionale, ora siamo tutti esperti di tutto. Chi sostiene una cosa e chi il suo contrario. E come ci si insulta nei commenti! Ci sono i complottisti, gli antivax, i sostenitori della clausura forzata e quelli che pensano che è solo una manovra per prepararci allo Stato di Polizia; c’è chi dice che il virus viene dai pipistrelli e chi dai laboratori cinesi o americani; ma anche qui ci si divide a suon di insulti, perché c’è chi pensa che gli Americani lo abbiano portato a Wuhan durante i giochi militari, e chi dice che è sfuggito accidentalmente dai laboratori dell’OMS, situati proprio a Wuhan. C’è poi chi, tra i complottisti più estremi, o più smaliziati (?), ritiene che tutta questa confusione sia creata ad arte da quell’élite di potere parzialmente o totalmente occulto, quella che gli americani chiamano il ‘deep state’, per far dire ai complottisti delle sciocchezze facili da smontare, affinché si coprano di ridicolo e perdano credibilità. A me pare che il vero ‘deep state’, in italiano  ‘stato profondo’, sia quello simile al coma in cui versa la maggior parte dell’umanità, l’ipnosi di massa da cui non riesce a svegliarsi.

Da decenni gli ambientalisti, di varie estrazioni e di vari livelli di intransigenza, stanno avvertendo l’umanità del gravissimo stato in cui versa il nostro pianeta, la nostra amata Madre Terra. Ma noi, niente. Proseguiamo imperterriti per la nostra strada. Ci avvertono che stiamo correndo verso un baratro, e noi continuiamo a correre incuranti, sicuri che il baratro sia ancora lontano, che tutt’al più il problema riguarderà i posteri. Mi viene in mente una battuta di Groucho Marx :”Perché dovrei preoccuparmi dei posteri? Cos’hanno fatto i posteri per me?”  Il grande Groucho naturalmente scherzava, ma secondo me sono davvero tanti quelli che la pensano così, perché, probabilmente, non credono nella reincarnazione e nella legge del Karma. Non si rendono conto che i posteri siamo noi, noi che, quando ci reincarneremo tra dieci o venti generazioni, o forse prima, ci troveremo questo mondo infetto, avvelenato, tossico e imbruttito, che è stato creato sempre da noi, prima di diventare i posteri. E quella sarà la lezione che dovremo imparare, lo scotto da pagare.

Nota bene, non una punizione divina, ma una punizione tutta umana. Se ti dai una martellata su un dito, non te la puoi prendere col martello. Il buon Dio ci ha consegnato un mondo splendido, siamo noi ad averlo reso così. Una buona parte dell’umanità, per limiti intellettuali e culturali, a malapena si rende conto del disastro in cui stiamo precipitando. Altri se ne rendono conto, ma con fatalismo supremo, non pensano di avere i mezzi per cambiare nulla. Altri ancora sono ben intenzionati ad agire, ma purtroppo le loro ottime intenzioni raramente, forse mai, sono coronate dal successo. Perché? Einstein una volta disse che ”Non si può risolvere un problema con la stessa mente che lo ha creato”. Nulla di più vero.

Il vero responsabile della catastrofe incombente sul nostro pianeta, di cui l’attuale crisi sanitaria è, probabilmente, solo una piccola avvisaglia, un buffetto bonario, non è il virus, non è la plastica, né il mutamento climatico, ma quello da cui derivano i comportamenti umani che producono questi affetti. Se noi umani sapessimo vivere e convivere con la Natura non come suoi presunti padroni, ma come rispettosi e passeggeri inquilini, se capissimo che ogni ferita inferta a Gaia, quell’essere vivente che ci ospita per i pochi anni della nostra esistenza terrena, è una ferita inferta a noi stessi, i cui effetti prima o poi si manifesteranno. Se ci rendessimo conto che umani, animali, piante, persino i minerali, sono tutti composti della stessa energia, della stessa sostanza divina, e che quello che differenzia gli uni dagli altri è esclusivamente il livello di consapevolezza, cominceremmo a capire che noi umani, proprio perché dotati, per motivi karmici, del livello di consapevolezza più elevato, abbiamo il dovere preciso di accudire, proteggere e salvaguardare gli altri esseri, viventi o meno, non di sfruttarli e torturarli. Alcuni pensano che gli uomini stanno uccidendo la Terra. Stolti! La Terra non si farà certo uccidere da un gruppo, per quanto numeroso, di creature egoiste, prepotenti e presuntuose.  

Ma qual è la causa di questi comportamenti umani così distruttivi? Nello Yoga e nel Vedanta la risposta è abbastanza semplice: la mente. Questa mente di basso livello che usiamo quotidianamente. La mente pratica, quella che lo Yoga definisce Manas. La sua funzione è quella di coordinare i cinque sensi di percezione, gli Jnanaindriya, di capire i loro segnali e di reagire attraverso i cinque sensi di azione, i Karmaindriya, di gestire, insomma,  il livello più grossolano dell’esistenza. Non è molto dissimile da quella che usano anche gli animali, almeno i più evoluti. Grazie a questa mente grossolana, l’uomo riesce a svolgere le sue funzioni vitali, ma è per causa sua che si identifica con il corpo e con la mente stessa, dimenticando la sua vera natura, che è divina. Questa identificazione, erronea e limitante, dettata dall’ignoranza spirituale, a sua volta genera l’attrazione e la repulsione; attrazione per ciò che riteniamo ci sia favorevole, che ci possa dare piacere sensuale, e repulsione per ciò che potrebbe arrecarci dolore e danni. Tra questi danni, il peggiore è sicuramente la morte, il cui terrore ci fa perdere completamente quel po’ di raziocinio di cui disponiamo. Ignoranza spirituale (Avidya), senso dell’io (Asmita), attrazione (Raga), repulsione (Dvesha) e paura della morte (Abhinivesha) sono definite, negli Yoga Sutra di Patanjali Maharishi, i cinque Klesha, le cinque afflizioni dell’umanità.

La mente grossolana crea il nostro peggior nemico: il desiderio. La produzione di desideri è inarrestabile. Se non vengono soddisfatti destano ira e risentimento; se vengono soddisfatti, il senso di soddisfazione dura ben poco. Ben presto sopraggiunge la noia, e per scacciarla creiamo un nuovo desiderio, in una spirale perversa senza fine. Nella Bhagavad Gita (II, 62-63) così ne parla Sri Krishna: “62. "Pensare agli oggetti dei sensi causa attaccamento ad essi. Dall'attaccamento nasce il desiderio, e dal desiderio scaturisce la collera. Dalla collera nasce l'illusione; l'illusione genera perdita di memoria (del Sé). Dalla distruzione della memoria deriva la rovina della facoltà discriminativa. Dalla rovina della discriminazione segue l'annientamento (della vita spirituale).”

Questo è quello che, a mio avviso, intendeva Einstein. È questo tipo di mente grossolana, egoista e miope che, a causa dell’ignoranza spirituale, pur avvertendo il disagio esistenziale, pensa di poterlo risolvere acquisendo oggetti esterni, invece di puntare alla ricerca del divino in sé, unica fonte di profonda pace interiore. Questo errore di fondo spinge l’umanità alla conquista di un mondo materiale ed esterno, con arroganza e supponenza, un’umanità che ha dimenticato il suo ruolo su questa Terra, come un figlio degenere che uccide sua madre. Perché ciò possa cambiare, noi esseri umani dobbiamo cambiare radicalmente la nostra mente, dobbiamo usare sempre meno Manas e cominciare a dare spazio a Buddhi, la mente più sottile, intuitiva, sempre umana, ma più prossima alla componente vera del Jiva, l’insieme di anima, corpo, mente e Prana. La componente più vera del Jiva è quella divina, insita in ognuno di noi, ma di cui abbiamo perso consapevolezza.

Naturalmente, questo non può succedere così, semplicemente volendolo. Bisogna lavorarci sopra, con impegno e serietà. Bisogna capire che questo è il vero scopo della nostra vita, il vero ed unico motivo per cui ci siamo incarnati. Bisogna cambiare il nostro livello di vibrazione, renderlo più sottile, più spirituale, più vicino alla Fonte Suprema. Solo le pratiche spirituali possono far sì che questo avvenga, anche in tempi relativamente brevi. Il mio Maestro, Swami Vishnudevananda, sosteneva che un Sadhu solitario che medita in una grotta dell’Himalaya, può fare per la pace nel mondo molto di più di migliaia di persone che manifestano in una piazza, se questa folla non sviluppa la giusta vibrazione. Alla luce di questi cambiamenti epocali, che probabilmente si prospettano in un futuro non molto lontano, diventano più chiare le scelte altrimenti incomprensibili di tanti grandi Guru del recente passato. Quando Swami Vivekananda, Yogananda Paramahansa, Ramana Maharshi, Swami Sivananda ed altri Mahatma cominciarono, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, a diffondere le conoscenze dello Yoga e del Vedanta, fino ad allora riservate a pochi illuminati, tutti Brahmani, si gridò allo scandalo. Diffondere certe conoscenze esoteriche tra fuoricasta, donne, non Indiani, sembrava una bestemmia, un oltraggio alla tradizione.

Oggi forse si capisce il perché di queste mosse apparentemente avventate. La creazione in tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a prescindere da sesso, razza, credo e ceto sociale, di una nuova-antica mente superiore, in grado di creare una massa di vibrazioni spirituali positive in grado di cambiare l’assetto del mondo. Da questa esperienza di disagio, in molti casi di dolore e di gravi perdite, sia materiali che affettive, dobbiamo imparare, a mio avviso, a trarre alcuni insegnamenti. Dobbiamo imparare a sviluppare due qualità fondamentali: Santosha e Vairagya, appagamento e distacco. Solo così potremo smettere di cercare la felicità fuori di noi, con conseguenze disastrose per noi stessi, per tutti gli altri e per l’intero pianeta. Dobbiamo sviluppare al massimo le nostre pratiche spirituali. Creare una sorta di ‘massa critica’ spirituale che cambi l’energia del mondo intero. Più persone prendono coscienza di ciò, più questo sarà possibile.

Dobbiamo ‘infettare’ la Terra di energia spirituale, positiva. Se questo avverrà, come molti si augurano, le prove che il prossimo futuro ci riserva avranno un senso e uno sviluppo positivo. Dalle avversità del momento potrebbe nascere una nuova epoca, più luminosa e spirituale. Vite più semplici, senza tanti oggetti inutili e costosi, ma con più tempo libero, da riservare all’evoluzione spirituale e agli affetti, alla solidarietà, a ritrovare la parte di noi che abbiamo dimenticato, quella divina.
Utopia? Sogni ad occhi aperti? Chi può dirlo? Dipende solo da noi, da ognuno di noi. 

Paolo Quircio
Roma, 12-04-2020


 


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