LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan: C'è una pratica che le persone debbano seguire? Dong Shan rispose: quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Sai essere freccia, arco, bersaglio? Conosci la sequenza delle costellazioni? La fusione dell'idrogeno in elio? Sai misurare la tua integrità? Se rispondi Avrai l'immortalità.
Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza. Smetti di ascoltare e sentirai la verità. Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare. Non cercare il contatto e troverai l'unione. Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito. Sii delicato e non avrai bisogno di forza. Sii paziente e compirai ogni cosa. Sii umile e manterrai la tua integrità.
Siamo arrivati, sembra, a un punto di non ritorno. Noi, l’umanità nel suo insieme. E’ come se la nostra anima sapesse che stavolta, dopo tante e tante incarnazioni, stiamo giocando una partita speciale. Se ci voltiamo indietro a guardare, la nostra storia ci appare una tragedia di lacrime e sangue: quanto ci è voluto per arrivare a comprendere l’unica cosa che esiste? Un lento, lentissimo risveglio, scandito dal dolore.
Il dolore è il martello degli dei per spezzare una resistenza accanita nel cuore dell’uomo (Sri Aurobindo, Savitri, vol. II, p. 443)(1)
Se ormai la Scienza – con la fisica quantistica – e l’esperienza spirituale si danno la mano per affrontare il passo che ci farà entrare in una dimensione nuova, è perché condividono la stessa visione: ci dicono, ciascuna a suo modo, che viviamo in un mondo apparente che è una irrealtà; tutto è riconducibile a vibrazione e tutto è interconnesso. Siamo uno, e veniamo dall’Uno. Sono stati i pensieri della nostra mente ad aver fabbricato l’irrealtà in cui ci moviamo come sonnambuli che credono di essere svegli – e in cui sentono ormai di annegare.
Perché il pensiero mentale ordinario non ha mai creato dal Silenzio, ovvero unito alla Mente di Dio e al suo disegno luminoso, quel disegno illimitato / che l’Uno serba in cuore ed è il solo a conoscere (Savitri, I, p. 52), ma ha sempre continuato a fabbricare un mondo partendo da un ‘io’ diviso.
… dai solchi arati dalla nostra volontà raccogliamo il frutto delle nostre azioni dimenticate (Savitri, II, p. 378)
Ora, però, il nostro sonno non ha più scuse. Da quando la mente, col primo essere umano, cominciò a tessere la tela delle sue illusioni in reazione alla sua paura (la paura conseguente alla sua presunta separazione dall’Origine, ovvero dalla Mente di Dio o Trascendenza), un mondo fatto di corazze per difendersi, di piccoli o grandi gruppi distinti da altri gruppi e in opposizione fra loro, un mondo di divisioni e violenza si è sviluppato inevitabilmente, sempre più fuori del nostro controllo. Solo perché potessimo comprendere bene tutto il male che deriva dalla nostra smemoratezza.
Un ricordo confuso persiste ancora in noi (Savitri, I, p. 378)
Ora che abbiamo compreso la legge dell’attrazione quale legge fondamentale dell’Universo e non possiamo più atteggiarci a vittime o lamentarci come ci credevamo in diritto di fare nel cosiddetto “vecchio paradigma” ora che sappiamo che tutte le nostre circostanze, a livello personale e planetario, le abbiamo fabbricate noi, che cosa ci resta da fare? Ricordare. Ricordare, appunto, l’unica cosa che esiste. Perché se non sappiamo da dove siamo venuti, non riconosceremo nemmeno dove stiamo andando. E senza una visione evolutiva del processo in cui siamo immersi, la vita terrestre non ha molto senso, riducendosi a una “valle di lacrime” a liberarci dalla quale provvede ancora la morte – o, nel migliore dei casi, una realizzazione spirituale che, come dice Sri Aurobindo, “lascia la terra irredenta”.
Quanti esseri realizzati hanno contattato la Trascendenza, assaporando la Beatitudine, liberato la propria anima durante la loro esistenza? Tanti, e la nostra tradizione ne è ricca, sia in Oriente che in Occidente. Essi hanno mirabilmente ispirato la nostra aspirazione, ma nulla è cambiato per la Terra: il dolore resta, la Morte regna sovrana. E finché c’è la Morte, c’è un lavoro che non è stato ancora compiuto.
O anima, è troppo presto per rallegrarsi! Hai raggiunto il silenzio sconfinato del Sé,(….) Ma dove hai gettato la missione del Sé e il potere del Sé? (….) solo a metà è realizzato il lavoro cosmico di Dio. (Savitri, I, p. 310)
I Rishi vedici, i leggendari poeti veggenti dell’India di 8000 anni fa, possedevano la visione (kavi, in sanscrito, significa ‘poeta’ e ‘veggente’ ad un tempo) e vedevano il futuro dell’umanità, e parlavano di “due mondi in uno stesso nido”. Sri Aurobindo, il kavi moderno pioniere della nuova esperienza, vedeva il Segreto di questa vita terrestre: l’involuzione di uno Spirito supercosciente nella Materia incosciente. E vedeva la ‘chiave’ della vita terrestre: L’evoluzione di questo Spirito supercosciente dalla Materia incosciente per fare di questa “cieca prigione” la sua “splendida dimora”. Un’evoluzione che prende eoni ed eoni di tempo.
Una gigantesca indolenza è la difesa del mondo (Savitri, I, p.247)
“Un Essere cosciente è nel centro del Sé”, leggiamo nella Katha Upanishad. Un Essere che possiede gli attributi della Trascendenza (Esistenza-Coscienza-Beatitudine: Sat-Chit-Ananda) ed “è come un fuoco senza fumo”: “è Lui che veglia in coloro che dormono”, ed è Lui che “deve essere liberato con pazienza dal corpo”. Si tratta di quell’Essere supercosciente, appunto, che si è involuto nella Materia per poter fare tutto un percorso di ritorno alla Trascendenza attraverso qualcuno che ne prenda coscienza. Lui, che era l’Uno non-manifesto, vuole insomma diventare l’Uno. E per questo occorre, nella Manifestazione, qualcuno che ne abbia esperienza. Integralmente però: nella Materia. Nel corpo. Senza lasciare la Terra per i Cieli. “Il nodo dell’Enigma si trova nella specie umana”(2).
Una trascendenza che si realizza percorre la strada dell’uomo. (Savitri, I, p. 339)
Quell’“Essere cosciente” non è mai stato ‘liberato’ nella sua piena espressione - che sarà inevitabilmente, col tempo, la manifestazione della Natura Divina sulla Terra(3), come le profezie di tutte le Sacre Scritture ci indicano.
la Verità segreta delle cose prevarrà. Ché nella marcia del Tempo che tutto realizza deve venire l’ora del volere del Trascendente (Savitri, II, p. 708)
Se nella spiritualità delle nostre tradizioni lo Spirito ha sempre, in un modo o nell’altro, tagliato i ponti con la Materia, siamo stavolta di fronte a un compito completamente nuovo. Con la maturazione dei tempi, la vibrazione elettromagnetica del pianeta, sappiamo, cambia con sempre maggiore accelerazione, portandoci alla necessità imperativa di liberarci da certe ‘densità’ per poter sopravvivere e adeguarci al nuovo ambiente. Le innumerevoli incoscienze che abbiamo registrato a livello cellulare nel corso di millenni funzionando con la mente (principio di separazione) alla guida del nostro essere(4), dobbiamo disfarle una ad una, così come le abbiamo accumulate, ma con un processo che prenderà molto meno tempo, perché questa volta è un processo cosciente. E questo lavoro lo possiamo affrontare solo nel corpo, abitandolo. Se siamo disposti ad affrontarlo. Perché esiste sempre la possibilità di fuga. O di rimandare a una prossima volta.
La terra è il luogo eletto delle anime più forti; la terra è il campo di battaglia dello spirito eroico (Savitri, II, p. 686)
Ora, abitare il corpo è impossibile se siamo nella nostra mente. Identificarsi con la mente significa infatti essere sempre da qualche altra parte. Per abitare pienamente il corpo bisogna essere centrati nel cuore, ovvero nel nostro essere psichico (il centro alchemico di trasmutazione che si situa sottilmente a quel livello). Si tratta di un centro più alto di quella specie di baricentro fisico (l’hara, il centro vitale) su cui pongono l’accento tante discipline corporee, come quelle orientali oggi di moda. E’ vero che ogni sport richiede una centratura di quel genere per mantenere in equilibrio il corpo, ma l’essere umano è più del proprio corpo. (Possiamo eseguire uno slalom perfetto sugli sci senza cadere, insomma, ma, allo stesso tempo, vivere nella divisione).
Che cos’è dunque questa nuova esperienza che ci attende? E’ l’esperienza dell’Uno, dell’Unità nel Molteplice. Ed è solo attraverso il corpo che possiamo averla. Perché si tratta di un’esperienza vibratoria – e non mentale, nemmeno appartenente alla sfera della mente spirituale, come nelle precedenti realizzazioni, stelle cha hanno illuminato il sonno di quest’Era che ci stiamo lasciando alle spalle. Solo affrontando le incoscienze registrate nella nostra memoria cellulare possiamo ‘ingranare’ il lavoro di trasmutazione che ci farà entrare nella nuova avventura, o dimensione.
Come disfacendo un incantesimo deformante (Savitri, I, p.171)
Quello che consideravamo un ostacolo diviene allora la leva. Queste incoscienze, il nostro corpo ce le indica infallibilmente, attraverso le nostre emozioni, nelle nostre situazioni quotidiane. Finiremo per acquisire delle antenne sempre più sensibili a quello che il corpo ci dice. Perché il corpo, si sa, non mente mai. Con la mente, invece, ci siamo raccontati tante storie perdendo l’essenziale, cioè noi stessi, il nostro vero Sé.
Che ‘fare’ di queste incoscienze? La domanda è mentale. E la risposta è: niente. Semplicemente osservarle, quando si presentano. Sentirne la vibrazione, accoglierle, abbracciarle(5), ma senza identificarsi con esse. Ci vuole un estremo coraggio per questo, una Presenza che solo il cuore, o essere psichico, può avere, perché è come morire ogni volta per accorgerci che la morte si disfa dal di dentro – e in realtà non esiste. Con la mente invece, principio maschile dell’essere, legato all’ego, possiamo solo re-agire, giudicando la situazione del momento, e quindi perpetuandola, stringendo ancor più i nodi della rete karmica che ci soffoca. Ma restare così testimoni, ogni volta che un malessere ci segnala un’incoscienza, vuol dire approfondire il Silenzio nella ‘caverna segreta’ del cuore. Ed è nel Silenzio più profondo che si trova il Potere del Trascendente, la scintilla divina in noi, l’aspetto femminile, dinamico, del Trascendente non-manifesto(5): la Madre Divina.
Nell’assoluto silenzio dorme un Potere assoluto. Destandosi, può risvegliare l’anima prigioniera della trance (….) può rendere il mondo un veicolo della forza dello Spirito (Savitri, I, p. 311-312)
Nel susseguirsi perfetto delle difficoltà ‘su misura’ che le nostre incoscienze ci attirano (la legge universale dell’attrazione è ormai scientificamente provata), possiamo allora lasciare finalmente spazio alla Forza/Coscienza divina. La sola che può fare il lavoro.
solo la Sue mani posson cambiare la base di dragone del Tempo. (Savitri, I, p. 314)
E diveniamo ‘respons-abili’, ovvero ‘capaci di rispondere’, smettendo di vivere in continua re-azione. E’ così che costruiamo il nostro vero destino, uscendo dai meandri dell’Incoscienza. E’ così che ci ricordiamo della nostra Origine (divina): e mettere in contatto la Vibrazione divina con la Materia, diceva Mère, “è l’unica cosa che sia REALE”(6).
Assistiamo allora a una serie di miracoli, infinitesimali forse, ma importantissimi per la nostra esperienza di mutanti – o esseri in divenire –, miracoli che allentano sempre di più le maglie di quella rete, facendo entrare più luce: la Necessità meccanica che ci incastrava in situazioni ripetitive si sfalda. Le circostanze attorno a noi cambiano, perché noi cambiamo. Il mondo irreale a poco a poco si disfa lasciando il posto alla vera Realtà che dispiega il Piano divino. E noi diveniamo forti di un immenso abbandono.
NOTE
(1) Le citazioni in versi qui riportate sono tratte dal Poema di Sri Aurobindo “Savitri – Leggenda e Simbolo” (2 voll., Introd., traduzione e Note di P. De Paolis, ed. Mediterranee), il poema della Vittoria sulla Morte.
(2) Sri Aurobindo, Savitri, I, p. 336.
(3) “La Vita Divina” di Sri Aurobindo (2 voll., ed. Mediterranee) e “Un Nuovo Mondo” di Eckhart Tolle (ed. Mondadori) ci paiono importanti in proposito.
(4) Vedi, al riguardo, il ns. articolo ‘La Coscienza-di-Verità: quando tutto i resto è fallito’, in “Lux Terrae”, nov. 2010.
(5) Ne “Il Potere di Adesso” (ed. Armenia) E. Tolle descrive chiaramente questo processo.
(6) “L’Agenda di Mère” (ed. Mediterranee) , vol. VI, p. 93.