TERTIUM NON DATUR
di Guido Dalla Casa
Un prato in salita
Ero sdraiato su un prato di montagna, a prendere il sole. A volte un leggero soffio di vento mi accarezzava il viso. Ero semi-sveglio. Mi rendevo conto di essere tutt’uno con il prato, il vento, le nuvole, il vicino bosco, dal quale sentivo aleggiare gli spiriti degli alberi. Qualche volta riuscivo a sentire gli alberi: sapevo che erano viventi e senzienti, mentre nella civiltà industriale erano considerati risorse, oppure legname, e venivano accettati solo per questo. Vidi alcune galline, di quelle poche che ancora razzolano e beccano per terra: le altre, laggiù, erano chiamate risorse-per-fabbricare-uova ed erano ammassate in capannoni, tutte in fila, immobili. Così crescevano i cosiddetti indici di efficienza, ma molto di più la sofferenza e la tristezza del mondo.
Forse le sofferenze apportate alla Vita saranno restituite e ci sarà un “ritorno” ad opera delle forze sistemiche, o, se preferite, ad opera del karma.
[(*)in nota: il termine sanscrito karma significa “la conseguenza dell’azione”: la legge del karma ci dice che ogni azione, anche mentale, avrà una conseguenza sull’entità che la compie].
Perché ero lì? Avevo scelto io, oppure ero destinato ad essere lì? In una logica non-dualistica, la domanda non ha senso: forse mi aveva portato su quel prato il mio karma di quel momento. Non potevo sfuggire alla legge del karma, però lo avevo accumulato con le mie azioni, quindi ero/non ero libero, così come lo erano l’erba, gli alberi, il cielo, le nuvole.
Mi accorsi che il principio di non-contraddizione era volato via.
Tertium non datur? Mentre mi assopivo, vedevo il gatto di Schroedinger nel suo scatolone, nella sua condizione di vivo/morto in quella ora fra la rottura/non rottura della fiala di cianuro e l’apertura dello scatolone da parte dell’”osservatore”. Così, pian piano, mi accorgevo che anche per questa via il principio del terzo escluso (il Tertium non datur) stava volando via, insieme alla logica aristotelica.
A e non-A possono coesistere, quindi anche l’Essere e il Nulla.
Tertium datur: si può anche esistere/non esistere contemporaneamente. Pensavo e sentivo che tutto si risolveva nel vuoto quantistico, che è vuoto/pieno, una Vacuità creativa: così se ne andava allegramente col vento anche la visione atomistica di Democrito e dell’Occidente moderno.
Ma se io ero quel prato e quegli alberi, o quelle montagne, non c’è nessun ego separato. Mi stavo consolando per la morte? Se non c’è nessun ego, non c’è niente che muore. Non moriremo perché non siamo mai nati. Questo ego/non-ego è inconsistente, è solo una successione di stati mentali, variabile e impermanente come tutte le cose del mondo.
Poi mi venne in mente una giornata fra le montagne dell’Asia. Durante un viaggio in Bhutan, la guida locale, un giovane di trent’anni, a una mia domanda sul significato da dare al fatto che la montagna più alta di quella terra (il Chomolhari, di 7400 metri, sulla catena di confine con il Tibet) era considerata “la dimora” di una divinità femminile, mi rispose con un sorriso ma con fermezza: “Chomolhari IS a goddess”.
Ingenuo incorreggibile occidentale, avevo inconsciamente cercato il dualismo. Quella montagna era una divinità, cioè una mente, come tutto quanto mi circondava. Quel giovane aveva studiato cinque anni a Londra, ma non ci sarebbe mai tornato, stava meglio fra le sue montagne. Lentamente mi accorsi di avere impiegato molti anni per arrivare a quella specie di animismo-panteismo senza dualismi: la mente è ovunque, oppure tutto è Mente-Energia-Materia, senza opposizioni.
L’animismo è stato il sottofondo di pensiero dell’umanità, e forse anche di scimpanzè e bonobo, per milioni di anni, altro che le “religioni moderne”, quelle “vere” oppure “non-vere”. Ma allora ero credente o ateo? Ancora una volta avevo ripescato un dualismo inutile: forse veniva dall’inconscio? Ma inconscio e coscienza sono una distinzione “occidentale”, un altro dualismo. Finalmente mi saltò in mente il bonobo Kanzi che mi suggeriva “Allora sei anche tu un fanatico religioso? Ma vieni a saltare con me fra gli alberi della foresta!”
Il ritorno
Per breve tempo avevo captato la Vacuità creativa, che era poi la sunyata del Buddhismo. Ma dovevo rialzarmi, tornare a sentir parlare di economia, di inflazione, di P.I.L. e di Nasdaq? Ah, no, lo avrei evitato il più possibile. Ho pensato al Nasdaq solo perché quel termine era simile al Noshaq, la seconda montagna dell’Hindu Kush. La più alta era il Tirich Mir, salita per la prima volta da Arne Naess, il grande filosofo norvegese, un Maestro per il mio pensiero.Cominciai a prolungare la mia presenza su quel prato.
Sentii l’aria farsi più fresca e aprìi gli occhi: vicino a me stava passando un vecchio, con un enorme gerlo di fieno sulle spalle, che mi chiese se avessi bisogno di qualcosa. Un tempo avrei pensato che la sua era “una vita dura”, mentre salivo con uno zaino altrettanto pesante “per divertimento”: era uno di quelli che non se ne erano andati in città per godersi la vita in una fabbrica e vivere in due stanze più servizi, “per un’esistenza più logica, razionale, e civile” (!!).
Iniziai a fare un cenno con la mano, ma il vecchio intuì subito la risposta e si scostò, ridandomi il sole.
Guido Dalla Casa
Febbraio 2018
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