IL DIVINO QUALE MOLTEPLICE
Sri Aurobindo
Non condivido l’opinione secondo la quale il mondo è un’illusione – mithyā. Il Brahman è tanto qui quanto nell’Assoluto sovracosmico. Ciò che dobbiamo superare è l’Ignoranza che ci rende ciechi e ci impedisce di realizzare il Brahman nel mondo e al di là di esso, e la vera natura dell’esistenza.
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La conoscenza di Shankara, come il vostro Guru ha messo in evidenza, rappresenta solo un aspetto della Verità: è la conoscenza del Supremo come viene realizzata dalla mente spirituale attraverso il silenzio statico della pura Esistenza. Proprio perché si fondò esclusivamente su questo aspetto Shankara non riuscì ad accettare o spiegare l’origine dell’universo se non come un’illusione, una creazione di Maya. A meno che non si realizzi il Supremo nell’aspetto dinamico così come nell’aspetto statico, non si può avere l’esperienza della vera origine delle cose e dell’eguale realtà del Brahman attivo. La Shakti, o Potere dell’Eterno, diventa allora solo un potere d’illusione e il mondo diventa incomprensibile, un mistero di follia cosmica, un eterno delirio dell’Eterno.
Qualunque logica verbale o mentale si possa addurre a sostegno, questo modo di vedere l’universo non spiega nulla: costruisce soltanto una formula mentale dell’inesplicabile. Solo se vi avvicinate al Supremo attraverso il suo doppio aspetto di Sat [Esistenza pura] e Chit-Shakti [Coscienza-Energia], doppio ma inseparabile, la verità totale delle cose può divenire manifesta all’esperienza interiore. Quest’altro aspetto fu sviluppato dai Tantrici Shakta [adoratori di shakti]. Le due verità unificate, la vedantina e la tantrica, possono arrivare alla conoscenza integrale.
Ma filosoficamente questo è ciò cui giunge l’insegnamento del vostro Guru ed è ovviamente una verità più completa e una conoscenza più vasta di quella offerta dalla formula di Shankara. Essa è già indicata nell’insegnamento della Gita [la Bhagavad Gita] relativo al Purushottama [l’Essere supremo] e alla Parashakti (Adya Shakti) [l’Energia suprema, la Madre divina] che divengono il Jiva [lo spirito individualizzato che sostiene l’essere vivente nella sua evoluzione da una nascita all’altra] e sostengono l’universo.
E’ evidente che Purushottama e Parashakti sono entrambi eterni e sono una sola cosa e inseparabili; la Parashakti manifesta l’universo, manifesta anche il Divino nell’universo quale Ishwara [Signore, Maestro] e Lei stessa appare accanto a Lui quale la Shakti dell’Ishwara. O, possiamo dire, è il supremo Potere cosciente del Supremo che si manifesta o si proietta come Ishwari [femminile di Ishwara] dell’Ishwara, Atma-Shakti dell’Atma [il Sé], Prakriti [la Natura, l’energia attiva ed esecutrice del cosmo] del Purusha [Persona, Essere o Anima cosciente], Jagat [mondo, universo] del Jiva [creatura vivente]. Questa è la verità nella sua completezza, nella misura in cui la mente può esprimerla. Nella supermente tali domande non sorgono nemmeno: è infatti la mente che crea il problema, creando opposizioni tra gli aspetti del Divino che non sono in realtà opposti fra loro, ma una cosa unica e inseparabile.
Questa conoscenza supermentale non è stata ancora raggiunta, perché la supermente stessa non è stata raggiunta, ma il riflesso di essa nella coscienza spirituale intuitiva è presente, e questo è evidentemente quanto il vostro guru ha realizzato nell’esperienza e ha espresso in termini mentali nel brano citato. E’ possibile avvicinarsi alla conoscenza iniziando con l’esperienza della dissoluzione nell’Uno, a patto però che non vi fermiate lì, prendendola per la Verità suprema, ma che proseguiate fino a realizzare lo stesso Uno come la Madre suprema, la Coscienza-Forza dell’Eterno.
Se, d’altra parte, vi avvicinate attraverso la Madre suprema, essa vi darà tanto la liberazione nell’Uno silenzioso quanto la realizzazione dell’Uno dinamico, e da ciò è più facile arrivare alla verità nella quale entrambi sono un’unica cosa e inseparabili. Allo stesso tempo viene colmato l’abisso creato dalla mente fra il Supremo e la Sua manifestazione, e non c’è più, nella verità, quella spaccatura che rende tutto incomprensibile. Se alla luce di questo esaminate ciò che vi ha insegnato il vostro guru, vi accorgerete che si tratta della medesima cosa in un linguaggio meno metafisico.
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Se condividete la concezione di Shankara secondo cui Brahman è pura Coscienza indifferenziata, allora non è il sentiero di questo yoga che dovreste scegliere; qui infatti la realizzazione della pura Coscienza e del puro Essere rappresenta solo un primo passo e non la meta. Una spinta creativa interiore, che viene dal di dentro, non può aver posto in una coscienza indifferenziata: ogni azione e creazione devono necessariamente esserle estranee.
Io non fondo il mio yoga sull’insufficiente base che il Sé (non l’anima) è eternamente libero. Quest’affermazione non porta a niente al di là di se stessa, o, se usata come punto di partenza, potrebbe anche portare alla conclusione che azione e creazione non hanno alcun significato o valore. Il problema non è questo, ma quello del significato della creazione, ossia se esiste un Supremo che non sia semplicemente una Coscienza e un Essere puri e indifferenziati, ma anche la sorgente e il sostegno dell’energia dinamica della creazione, e se l’esistenza cosmica abbia per Esso un significato e un valore.
Questo è un problema che non può venir risolto dalla logica metafisica, che si occupa di parole e di idee, ma da un’esperienza spirituale che vada oltre la Mente e penetri le realtà spirituali. Ciascuna mente si soddisfa del proprio ragionamento, ma ai fini spirituali questa soddisfazione non ha valore, se non per indicare fin dove e secondo quale via ciascuno sia pronto per entrare nel campo dell’esperienza spirituale. Se il vostro ragionamento vi porta verso l’idea del Supremo come lo vede Shankara, ciò potrebbe indicare che l’Adwaita Vedanta (Mayavada) è la vostra via di progresso.
Questo yoga ammette il valore dell’esistenza cosmica e ritiene ch’essa sia una realtà; il suo scopo è di entrare in una Coscienza-di-Verità superiore o Coscienza divina supermentale, in cui azione e creazione sono l’espressione non dell’ignoranza e dell’imperfezione, bensì della Verità, della Luce e del divino Ananda. Ma per questo la sottomissione* della mente, della vita e del corpo mortali a questa Coscienza superiore è indispensabile, dal momento che è troppo difficile per l’essere umano mortale, col proprio sforzo personale, oltrepassare la mente per arrivare alla Coscienza supermentale il cui dinamismo non proviene più dalla mente ma da un potere completamente diverso. Solo coloro che possono accettare il richiamo a tale cambiamento dovrebbero intraprendere questo yoga.
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Che cos’è il Nirvana? Nel Buddismo ortodosso significa sì disintegrazione, ma non dell’anima – perché ciò non esiste – bensì di un composto mentale o flusso di associazioni o samskāra che scambiamo per noi stessi. Nel Vedanta illusionista significa non una disintegrazione ma la scomparsa di un sé individuale falso e irreale nell’unico Sé reale o Brahman; è l’idea o l’esperienza dell’individualità che così scompare e finisce, potremmo dire una falsa luce che si estingue (nirvāna) nella vera Luce.
Nell’esperienza spirituale è a volte la perdita di ogni senso d’individualità in una coscienza cosmica illimitata; quello che era l’individuo resta solo come un centro o un canale per il flusso di una coscienza cosmica e di una forza e un’azione cosmiche. O può essere l’esperienza della perdita dell’individualità in un essere e una coscienza trascendenti in cui scompare tanto il senso del cosmo quanto l’individuo, oppure in una trascendenza che è cosciente dell’azione cosmica e la sostiene.
Ma che cosa intendiamo per individuo? Quello che in genere chiamiamo con questo nome è un ego naturale, un espediente con cui la Natura agisce contemporaneamente nella mente e nel corpo. Quest’ego deve estinguersi, altrimenti non è possibile alcuna liberazione completa; ma il sé o anima individuale non è questo ego. L’anima individuale è l’essere spirituale che a volte viene descritto come una particella eterna del Divino, ma può anche essere descritto come il Divino stesso che sostiene la propria manifestazione quale Molteplice.
Questo è il vero individuo spirituale che appare nella sua verità completa quando ci sbarazziamo dell’ego e del nostro falso senso separatore dell’individualità e realizziamo la nostra unità con il Divino cosmico e trascendente e con tutti gli esseri. E’ questo che rende possibile la Vita Divina. Il Nirvana è un passo verso di essa. La scomparsa della falsa individualità separativa è una condizione necessaria per realizzare e vivere nel nostro vero essere eterno, per vivere divinamente il Divino. Ma questo possiamo farlo nel mondo e nella vita.
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Nel nostro yoga il Nirvana è l’inizio della Verità superiore, giacché è il passaggio dall’Ignoranza alla Verità superiore. L’Ignoranza dev’essere estinta affinché possa manifestarsi la Verità.
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Non credo di averlo scritto, ma ho detto una volta che le anime che sono entrate nel Nirvana possono (non ‘devono’) tornare a completare una più ampia curva ascendente: Ho scritto da qualche parte, credo, che per questo yoga (si potrebbe anche aggiungere, nell’ordine naturale e completo della manifestazione) l’esperienza del Nirvana può essere solo uno stadio o un passaggio verso la completa realizzazione. Ho anche detto che esistono molte porte attraverso cui si può passare per giungere alla realizzazione dell’Assoluto (Parabrahman), e il Nirvana è una di esse, ma in nessun modo l’unica.
Forse ricordate che Ramakrishna diceva che i Jivakoti possono salire la scala, ma non tornare, mentre gli Ishwarakoti possono salire e scendere a volontà. Se è così, i Jivakoti potrebbero essere quelli che descrivono solo la curva che dalla Materia va, attraverso la Mente, nel Brahman silenzioso, mentre gli Ishwarakoti quelli che raggiungono la Realtà integrale e possono di conseguenza combinare l’Ascesa con la Discesa e contenere nel loro singolo essere i ‘due estremi’ dell’esistenza.
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La realizzazione di questo yoga non è inferiore ma superiore al Nirvana e al nirvikalpa samādhi [trance completa, in cui non c’è né pensiero né movimento di coscienza né consapevolezza delle cose interiori o esteriori].
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Il Nirvana non può essere alla stesso tempo il termine del Sentiero oltre il quale niente più resta da esplorare e pure un semplice luogo di riposo o piuttosto l’inizio del Sentiero superiore dove tutto è ancora da esplorare… Si potrebbero conciliare le due cose considerandolo il termine del Sentiero inferiore attraverso la Natura inferiore e l’inizio dell’Evoluzione superiore. In questo caso si accorderebbe esattamente con l’insegnamento del nostro yoga.
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Non è vero che la Gita offra l’intera base del messaggio di Sri Aurobindo [l’A. parla di sé alla terza persona: n.d.r.]; la Gita infatti sembra ammettere la cessazione della nascita nel mondo come lo scopo finale o per lo meno come il culmine definitivo dello yoga; non avanza l’idea di un’evoluzione spirituale né l’idea dei piani superiori e della Coscienza-di-Verità supermentale, né quella di far discendere questa coscienza come mezzo della completa trasformazione della vita terrestre.
L’idea della supermente, della Coscienza-di-Verità, è presente nel Rig Veda secondo l’interpretazione data da Sri Aurobindo, e in uno o due passi delle Upanishad, ma qui si trova solo in germe nella concezione dell’essere di conoscenza, vijňānamaya purușa, che supera l’essere mentale, vitale e fisico; nel Rig Veda l’idea è presente solo in quanto principio, non è sviluppata, e persino il suo principio è scomparso nella tradizione indù.
Sono queste cose, fra le altre, che costituiscono la novità del messaggio di Sri Aurobindo raffrontato alla tradizione indù – l’idea che il mondo non è né una creazione di Maya, né soltanto un gioco, līlā, del Divino, né un ciclo di nascite nell’Ignoranza dal quale dobbiamo fuggire, ma un campo di manifestazione in cui c’è un’evoluzione progressiva dell’anima e della natura nella Materia e, dalla Materia, attraverso la Vita e la Mente, a ciò che è al di là della Mente fino a raggiungere la completa rivelazione di Saccidānanda [l’Essere divino quale Esistenza, Coscienza e Beatitudine] nella vita. E’ questa la base dello yoga, che dà un nuovo senso alla vita.
Sri Aurobindo
Da: SRI AUROBINDO, “Lettere sullo Yoga” vol. I, cap. II (‘Yoga Integrale e altri sentieri’), p. 49-52, 56-57, 69, 77 e 79-80. Traduzione di Paola De Paolis
* Traduciamo surrender con ‘sottomissione’ in mancanza di un termine italiano che ne renda meglio il senso. Per surrender s’intende un dono di sé totale al Divino.
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