Dove c'è amore, c'è visione.
Richard of St. Victor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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SAVITRI,
LA SCOPERTA DELL'ANIMA
E LA VITTORIA SULLA MORTE



di Paola De Paolis

Da Savitri – La scoperta dell’Anima e la vittoria sulla Morte di Paola De Paolis, ed. La Lepre, riportiamo alcuni estratti. Questo libro contiene, in appendice, il testo della pièce dallo stesso titolo, (rappresentata all’Auditorium di Roma nel 2007) che è una riduzione teatrale di Savitri – Leggenda e Simbolo, il capolavoro poetico di Sri Aurobindo (ed. Mediterranee).

[…] Savitri e Satyavan, i protagonisti di questa storia, rappresentano rispettivamente la Parola Divina (il Verbo, la Vibrazione d’Amore originale) e l’anima incarnata dell’essere umano, anima non ancora pienamente da lui scoperta in tutta la sua profondità e quindi ancora nelle strette della morte e dell’ignoranza. […]

Savitri riconosce […] in Satyavan un’anima che aspira a un’altra cosa, oltre le tradizionali conquiste spirituali. Satyavan ha realizzato la Sovramente, il culmine della sfera mentale, ma sente profondamente, soffrendone, il limite di questa conquista: la mancanza di un anello di congiunzione fra il cielo e la terra (‘il senso umano dell’immortalità’) e riconosce in qualche modo quest’anello nell’incomparabile fascino di Savitri: Guardavo il mondo e mancavo il Sé, / e quando trovavo il Sé perdevo il mondo [...] / Ma tu sei venuta e tutto certamente cambierà [...] / adesso con te un altro regno s’approssima…

Satyavan, insomma, è l’anima umana pronta per il prossimo passo evolutivo. Pronta cioè ad essere scoperta nella sua dimensione più profonda, ancora non raggiunta – ma raggiungibile col maturare dei tempi.

Egli esprime mirabilmente la sua aspirazione. E se all’essere umano è richiesto di arrivare fino al penultimo passo, giacché l’ultimo è il Divino (o Coscienza, o Energia) a farlo per lui, questa storia d’amore illustra in pieno questo ‘miracolo’. […]

Con Savitri – La scoperta dell’Anima e la vittoria sulla Morte entriamo direttamente nella parte più drammatica del Poema. Satyavan e Savitri s’incontrano, si riconoscono e si amano. Savitri vive l’aspetto umano del suo amore, legato al dolore e alla paura della perdita. Ma Satyavan ha riconosciuto nello sguardo di lei “quello intento del proprio futuro”, “l’incarnazione di sogni eonici…”, e in questo riconoscimento già si profila l’avveramento di un’antica promessa: perché gli eoni, nel loro corso, puntano infallibilmente alla realizzazione del ‘Regno dei Cieli’ sulla Terra.

(La visione di Sri Aurobindo richiede un ritorno al nucleo fondamentale di tutte le religioni, Cristianesimo compreso: ‘la Città di Dio’, nel credo popolare cristiano, è possibile solo dopo la ‘fine del mondo’; ma questa ‘fine’, nel suo senso più profondo, non è che la fine di un’era – quella mentale).

Molto presto Savitri si trova nel momento più difficile della sua vita, perché sa che, allo scadere di un anno, il suo amato compagno deve morire e sente allora di dover raccogliere tutta la propria forza per affrontare il dio della Morte che verrà a strapparglielo. Dove trovare questa forza se non nell’anima? Ed ella si mette alla ricerca della propria anima.

È un momento emblematico questo, che si ripete ogni volta alle svolte cruciali delle nostre esistenze, quando tutto sembra crollare all’improvviso, che sia a livello individuale o planetario.

È allora che possono manifestarsi risposte ispirate dal profondo di noi stessi, da quell’aspetto d’anima che riusciamo a contattare e che ci permette di non soccombere. Annientata la nostra identità di superficie dallo strazio del momento, qualcosa di quel che siamo veramente riesce ad affiorare dalle macerie. Non tutto vien per nuocere, anche se un giorno non avremo più bisogno del dolore per trovare noi stessi.

Il dolore è il martello degli dei / per spezzare una resistenza accanita nel cuore dell’uomo, leggiamo in Savitri (p. 443). Grazie alla sofferenza patita quando siamo perduti – assorbiti dalla mente che è la coscienza condizionata –, afferma Eckhart Tolle, si scopre che l’incondizionato è noi stessi: ecco perché abbiamo bisogno del mondo per trascendere il mondo. Questo sembra essere il cammino di ognuno. Forse non quello di tutti in questa vita, ma sembra essere universale.1

Eckhart Tolle e Sri Aurobindo sono gliunici che hanno fatto intravedere un salto nell’evoluzione della coscienza. Anche se le risposte ispirate dall’anima possono essere diverse, esse sono sempre riconducibili, in fondo, a tre tipi fondamentali. Ricordiamo, per fare un esempio impresso ormai nella memoria collettiva, le reazioni suscitate da un evento tragico e destabilizzante a livello mondiale quale fu l’attentato alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre 2001.

Ci furono quelli che, in uno slancio compassionevole, intervennero personalmente a soccorrere sul posto disastrato, o si raccolsero in
 preghiera in varie parti del pianeta, tutti connessi a livello del cuore. Ci furono quelli che si sentirono pronti e giustificati per un contrattacco di pari violenza e si volsero a strategie di potere. E quelli che videro il tutto con occhi di saggezza, traendone conclusioni illuminanti per il risveglio dell’umana coscienza…

Savitri, in cerca della sua anima profonda, incontra tutti e tre questi aspetti, nelle loro varie sfumature. Le verranno incontro infatti, consecutivamente, tre Poteri o Energie universali sotto forma di tre Madonne: la Madre di Compassione, la Madonna di Potere e la Madre di Luce. E ciascuno di questi Poteri le dichiara di essere la sua anima segreta, quella che lei sta cercando. Succede però che a ciascuno di essi fa eco ogni volta, dal basso, la voce di un Titano che esprime, ahimé, l’inevitabile deformazione del loro operare quando sono riflessi nella natura umana!

Savitri accetta allora l’identità di questi Poteri solo parzialmente, rendendosi conto che ciascuno di essi, benché importante, manca di qualcosa. Alla Madre di Compassione, che ha il potere di consolare ma non di salvare, manca la Forza; alla Madonna di Potere, che possiede la forza, manca la saggezza; alla Madre di Luce, che possiede la saggezza, manca alla fin fine la leva per sradicare l’ego dell’essere umano.2 E così i loro poteri, a contatto con la natura umana non trasformata, finiscono inevitabilmente per generare delle perversioni, espresse appunto da quei tre Titani che ogni giorno, se prestiamo attenzione, possiamo facilmente incontrare, più o meno virulenti, dentro e fuori di noi: il Titano della sofferenza, (la bestia che ringhia acquattata nel fondo dell’uomo), il Titano ‘nano’ (che si sforza di dominare la stoffa ribelle della sua natura / e di rendere l’universo suo strumento), e il Titano del Pensiero (il ricercatore accanito di una conoscenza assoluta, che scruta ciottoli lucenti sulla riva / dell’enorme oceano della sua ignoranza e, se pure ha visto ‘il corpo nudo della Verità’, non può scorgerne l’anima dentro…).

Riconoscere questi Titani (che rappresentano a un tempo il limite delle realizzazioni umane tradizionali e la resistenza alla trasformazione della nostra natura), è la premessa per arrivare alla scoperta del nostro vero Sé, della nostra anima profonda. Prima di scoprire chi siamo dobbiamo infatti sperimentare che cosa non siamo, pagando lo scotto del dolore. A questo allude la parabola evangelica del Figliol prodigo.
[…]

Il primo Titano esprime quel culto della sofferenza e gusto del dramma che inchiodano l’essere umano nel suo stato inferiore: Dov’è l’Ignoranza, anche la sofferenza deve venire (Savitri, p. 443), perché è l’unico genere di vibrazione capace di far uscire la Materia dall’inerzia dell’Incosciente: è come il marchio simbolico della vita nell’Ignoranza, l’essenza stessa della Menzogna, affermava Mère.3

Gli uomini sono ancora innamorati del dolore […]. Ecco perché Cristo è ancora appeso alla sua croce 4: commentando quest’aforisma di Sri Aurobindo, a proposito della “religione della sofferenza”, Mère osservava: il cristianesimo (l’origine universale, terrestre insomma, di quel che si è espresso sulla terra nella forma della religione cristiana), l’azione di questa religione sulla terra è stata una ‘deificazione’ della sofferenza, perché era necessario che gli uomini capissero – non solo che lo capissero, ma lo sentissero, e aderissero alla ragion d’essere universale della sofferenza sulla terra quale mezzo evolutivo. In fondo potremmo dire che hanno santificato la sofferenza per poter riconoscere la sofferenza come mezzo indispensabile per l’evoluzione terrestre. Ma adesso questa funzione è stata più che utilizzata e dovrebbeessere superata…5


Spinti dalla compassione ispirata dal primo aspetto dell’anima, possiamo costruire ospedali o soccorrere in tutti modi l’umanità sofferente, ma questa continuerà ad ammalarsi e a soffrire finché, prigioniera della propria mente, s’identificherà col proprio ‘corpo-di-dolore’, finché non scoprirà il potere inaudito che è in lei…

Non è con questi mezzi – scriveva Sri Aurobindo negli anni ’30 a proposito dell’umanismo, dell’umanitarismo, dell’idealismo, etc. – che l’umanità può ottenere quel radicale cambiamento dei suoi modi di vita che sta ora diventando imperativo, ma solo raggiungendo la roccia di fondo della Realtà che è dietro, – non attraverso semplici idee e formazioni mentali, ma mediante un cambiamento della coscienza, una conversione interiore e spirituale. Ma questa è una verità per la quale sarebbe difficile avere ascolto nel rumore attuale… (In India’s Rebirth, p. 190).

E nel ’15:
Tagliare i rami dell’albero della sofferenza di un uomo è bene, ma essi crescono di nuovo; aiutarlo a rimuoverne le radici è di un’utilità ancora più divina. (In The Supramental Manifestation, SABCL, 16, pp. 402-403).
Poteri onnipotenti son rinchiusi nelle cellule della Natura, leggiamo nel Poema (p. 370).

La Scienza ci dice che siamo l’unica specie capace di trasformare la propria biologia per mezzo di quello che pensiamo e sentiamo. Ma se le nostre cellule vengono modificate costantemente dai nostri pensieri e da come interpretiamo le nostre percezioni, ricordiamo che Mère, nel ’62, parlando delle ricerche scientifiche che avanzano verso la scoperta dell’immortalità cellulare (il decadimento, la morte essendo solo una “cattiva abitudine”), osservava:
Se si vive nella Coscienza-di-Verità, questa Materia non è contraria a questa Coscienza […] Più ti avvicini alla cellula, più la cellula dice: “Ma io, io sono immortale!” Però bisogna che sia una cellula cosciente. (L’Agenda di Mère, III, 16 ottobre ’62, p. 432).

Sappiamo infatti che più le energie son prossime al centro, più la loro frequenza è elevata; e se la crescita comincia sempre dal centro, dall’interno verso l’esterno, più la coscienza umana, liberandosi degli strati dell’Ignoranza, diventerà perfetta identificandosi con lo stato d’Essere divino – che è la sua Origine –, più l’essere umano sarà capace di manifestare il suo Sé divino. Il prossimo stadio evolutivo sarà per la manifestazione terrestre quello che i ‘realizzati’ di tutti i tempi avevano finora vissuto tagliando invece i ponti con la Materia. […]


Paola De Paolis
10-08-2018

NOTE
1 Da un’intervista in “Re Interiore”, 18 marzo 2014. Per un proficuo raffronto fra Sri Aurobindo ed Eckhart Tolle, forse il più autorevole odierno esempio della nuova spiritualità, vd. Eckhart Tolle e Sri Aurobindo – Due punti di vista sull’illuminazione, di A.S. Dalal, (ed. La Lepre).

 2 Nella storia umana, quanti santi e benefattori sono stati ispirati dalla prima, quanti eroi e condottieri dalla seconda, quanti poeti, filosofi e veggenti dalla terza? Ma nulla, sostanzialmente, è cambiato nel mondo: il male, il dolore e la morte continuano a regnare sovrani.

3 L’Agenda di Mère, III, 18 maggio ’62, pp. 170 e 172.


4 Sri Aurobindo, Pensieri e Aforismi, p. 93.

5 L’Agenda di Mère, VIII, 29 luglio ’67, p. 268.

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se possibile vorrei sapere qualcosa su Paola de Paolis e Sri Aurobindo. grazie

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