LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan: C'è una pratica che le persone debbano seguire? Dong Shan rispose: quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Sai essere freccia, arco, bersaglio? Conosci la sequenza delle costellazioni? La fusione dell'idrogeno in elio? Sai misurare la tua integrità? Se rispondi Avrai l'immortalità.
Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza. Smetti di ascoltare e sentirai la verità. Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare. Non cercare il contatto e troverai l'unione. Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito. Sii delicato e non avrai bisogno di forza. Sii paziente e compirai ogni cosa. Sii umile e manterrai la tua integrità.
SAVITRI, LA SCOPERTA DELL'ANIMA E LA VITTORIA SULLA MORTE
di Paola De Paolis
Da Savitri – La scoperta dell’Anima e la vittoria sulla Morte di Paola De Paolis, ed. La Lepre, riportiamo alcuni estratti. Questo libro contiene, in appendice, il testo della pièce dallo stesso titolo, (rappresentata all’Auditorium di Roma nel 2007) che è una riduzione teatrale di Savitri – Leggenda e Simbolo, il capolavoro poetico di Sri Aurobindo (ed. Mediterranee).
[…] Savitri e Satyavan, i protagonisti di questa storia, rappresentano rispettivamente la Parola Divina (il Verbo, la Vibrazione d’Amore originale) e l’anima incarnata dell’essere umano, anima non ancora pienamente da lui scoperta in tutta la sua profondità e quindi ancora nelle strette della morte e dell’ignoranza. […]
Savitri riconosce […] in Satyavan un’anima che aspira a un’altra cosa, oltre le tradizionali conquiste spirituali. Satyavan ha realizzato la Sovramente, il culmine della sfera mentale, ma sente profondamente, soffrendone, il limite di questa conquista: la mancanza di un anello di congiunzione fra il cielo e la terra (‘il senso umano dell’immortalità’) e riconosce in qualche modo quest’anello nell’incomparabile fascino di Savitri: Guardavo il mondo e mancavo il Sé, / e quando trovavo il Sé perdevo il mondo [...] / Ma tu sei venuta e tutto certamente cambierà [...] / adesso con te un altro regno s’approssima…
Satyavan, insomma, è l’anima umana pronta per il prossimo passo evolutivo. Pronta cioè ad essere scoperta nella sua dimensione più profonda, ancora non raggiunta – ma raggiungibile col maturare dei tempi.
Egli esprime mirabilmente la sua aspirazione. E se all’essere umano è richiesto di arrivare fino al penultimo passo, giacché l’ultimo è il Divino (o Coscienza, o Energia) a farlo per lui, questa storia d’amore illustra in pieno questo ‘miracolo’. […]
Con Savitri – La scoperta dell’Anima e la vittoria sulla Morte entriamo direttamente nella parte più drammatica del Poema. Satyavan e Savitri s’incontrano, si riconoscono e si amano. Savitri vive l’aspetto umano del suo amore, legato al dolore e alla paura della perdita. Ma Satyavan ha riconosciuto nello sguardo di lei “quello intento del proprio futuro”, “l’incarnazione di sogni eonici…”, e in questo riconoscimento già si profila l’avveramento di un’antica promessa: perché gli eoni, nel loro corso, puntano infallibilmente alla realizzazione del ‘Regno dei Cieli’ sulla Terra.
(La visione di Sri Aurobindo richiede un ritorno al nucleo fondamentale di tutte le religioni, Cristianesimo compreso: ‘la Città di Dio’, nel credo popolare cristiano, è possibile solo dopo la ‘fine del mondo’; ma questa ‘fine’, nel suo senso più profondo, non è che la fine di un’era – quella mentale).
Molto presto Savitri si trova nel momento più difficile della sua vita, perché sa che, allo scadere di un anno, il suo amato compagno deve morire e sente allora di dover raccogliere tutta la propria forza per affrontare il dio della Morte che verrà a strapparglielo. Dove trovare questa forza se non nell’anima? Ed ella si mette alla ricerca della propria anima.
È un momento emblematico questo, che si ripete ogni volta alle svolte cruciali delle nostre esistenze, quando tutto sembra crollare all’improvviso, che sia a livello individuale o planetario.
È allora che possono manifestarsi risposte ispirate dal profondo di noi stessi, da quell’aspetto d’anima che riusciamo a contattare e che ci permette di non soccombere. Annientata la nostra identità di superficie dallo strazio del momento, qualcosa di quel che siamo veramente riesce ad affiorare dalle macerie. Non tutto vien per nuocere, anche se un giorno non avremo più bisogno del dolore per trovare noi stessi.
Il dolore è il martello degli dei / per spezzare una resistenza accanita nel cuore dell’uomo, leggiamo in Savitri (p. 443). Grazie alla sofferenza patita quando siamo perduti – assorbiti dalla mente che è la coscienza condizionata –, afferma Eckhart Tolle, si scopre che l’incondizionato è noi stessi: ecco perché abbiamo bisogno del mondo per trascendere il mondo. Questo sembra essere il cammino di ognuno. Forse non quello di tutti in questa vita, ma sembra essere universale.1
Eckhart Tolle e Sri Aurobindo sono gliunici che hanno fatto intravedere un salto nell’evoluzione della coscienza. Anche se le risposte ispirate dall’anima possono essere diverse, esse sono sempre riconducibili, in fondo, a tre tipi fondamentali. Ricordiamo, per fare un esempio impresso ormai nella memoria collettiva, le reazioni suscitate da un evento tragico e destabilizzante a livello mondiale quale fu l’attentato alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre 2001.
Ci furono quelli che, in uno slancio compassionevole, intervennero personalmente a soccorrere sul posto disastrato, o si raccolsero in
preghiera in varie parti del pianeta, tutti connessi a livello del cuore. Ci furono quelli che si sentirono pronti e giustificati per un contrattacco di pari violenza e si volsero a strategie di potere. E quelli che videro il tutto con occhi di saggezza, traendone conclusioni illuminanti per il risveglio dell’umana coscienza…
Savitri, in cerca della sua anima profonda, incontra tutti e tre questi aspetti, nelle loro varie sfumature. Le verranno incontro infatti, consecutivamente, tre Poteri o Energie universali sotto forma di tre Madonne: la Madre di Compassione, la Madonna di Potere e la Madre di Luce. E ciascuno di questi Poteri le dichiara di essere la sua anima segreta, quella che lei sta cercando. Succede però che a ciascuno di essi fa eco ogni volta, dal basso, la voce di un Titano che esprime, ahimé, l’inevitabile deformazione del loro operare quando sono riflessi nella natura umana!
Savitri accetta allora l’identità di questi Poteri solo parzialmente, rendendosi conto che ciascuno di essi, benché importante, manca di qualcosa. Alla Madre di Compassione, che ha il potere di consolare ma non di salvare, manca la Forza; alla Madonna di Potere, che possiede la forza, manca la saggezza; alla Madre di Luce, che possiede la saggezza, manca alla fin fine la leva per sradicare l’ego dell’essere umano.2 E così i loro poteri, a contatto con la natura umana non trasformata, finiscono inevitabilmente per generare delle perversioni, espresse appunto da quei tre Titani che ogni giorno, se prestiamo attenzione, possiamo facilmente incontrare, più o meno virulenti, dentro e fuori di noi: il Titano della sofferenza, (la bestia che ringhia acquattata nel fondo dell’uomo), il Titano ‘nano’ (che si sforza di dominare la stoffa ribelle della sua natura / e di rendere l’universo suo strumento), e il Titano del Pensiero (il ricercatore accanito di una conoscenza assoluta, che scruta ciottoli lucenti sulla riva / dell’enorme oceano della sua ignoranza e, se pure ha visto ‘il corpo nudo della Verità’, non può scorgerne l’anima dentro…).
Riconoscere questi Titani (che rappresentano a un tempo il limite delle realizzazioni umane tradizionali e la resistenza alla trasformazione della nostra natura), è la premessa per arrivare alla scoperta del nostro vero Sé, della nostra anima profonda. Prima di scoprire chi siamo dobbiamo infatti sperimentare che cosa non siamo, pagando lo scotto del dolore. A questo allude la parabola evangelica del Figliol prodigo.
[…]
Il primo Titano esprime quel culto della sofferenza e gusto del dramma che inchiodano l’essere umano nel suo stato inferiore: Dov’è l’Ignoranza, anche la sofferenza deve venire (Savitri, p. 443), perché è l’unico genere di vibrazione capace di far uscire la Materia dall’inerzia dell’Incosciente: è come il marchio simbolico della vita nell’Ignoranza, l’essenza stessa della Menzogna, affermava Mère.3
Gli uomini sono ancora innamorati del dolore […]. Ecco perché Cristo è ancora appeso alla sua croce 4: commentando quest’aforisma di Sri Aurobindo, a proposito della “religione della sofferenza”, Mère osservava: il cristianesimo (l’origine universale, terrestre insomma, di quel che si è espresso sulla terra nella forma della religione cristiana), l’azione di questa religione sulla terra è stata una ‘deificazione’ della sofferenza, perché era necessario che gli uomini capissero – non solo che lo capissero, ma lo sentissero, e aderissero alla ragion d’essere universale della sofferenza sulla terra quale mezzo evolutivo. In fondo potremmo dire che hanno santificato la sofferenza per poter riconoscere la sofferenza come mezzo indispensabile per l’evoluzione terrestre. Ma adesso questa funzione è stata più che utilizzata e dovrebbeessere superata…5
Spinti dalla compassione ispirata dal primo aspetto dell’anima, possiamo costruire ospedali o soccorrere in tutti modi l’umanità sofferente, ma questa continuerà ad ammalarsi e a soffrire finché, prigioniera della propria mente, s’identificherà col proprio ‘corpo-di-dolore’, finché non scoprirà il potere inaudito che è in lei…
Non è con questi mezzi – scriveva Sri Aurobindo negli anni ’30 a proposito dell’umanismo, dell’umanitarismo, dell’idealismo, etc. – che l’umanità può ottenere quel radicale cambiamento dei suoi modi di vita che sta ora diventando imperativo, ma solo raggiungendo la roccia di fondo della Realtà che è dietro, – non attraverso semplici idee e formazioni mentali, ma mediante un cambiamento della coscienza, una conversione interiore e spirituale. Ma questa è una verità per la quale sarebbe difficile avere ascolto nel rumore attuale… (In India’s Rebirth, p. 190).
E nel ’15:
Tagliare i rami dell’albero della sofferenza di un uomo è bene, ma essi crescono di nuovo; aiutarlo a rimuoverne le radici è di un’utilità ancora più divina. (In The Supramental Manifestation, SABCL, 16, pp. 402-403).
Poteri onnipotenti son rinchiusi nelle cellule della Natura, leggiamo nel Poema (p. 370).
La Scienza ci dice che siamo l’unica specie capace di trasformare la propria biologia per mezzo di quello che pensiamo e sentiamo. Ma se le nostre cellule vengono modificate costantemente dai nostri pensieri e da come interpretiamo le nostre percezioni, ricordiamo che Mère, nel ’62, parlando delle ricerche scientifiche che avanzano verso la scoperta dell’immortalità cellulare (il decadimento, la morte essendo solo una “cattiva abitudine”), osservava:
Se si vive nella Coscienza-di-Verità, questa Materia non è contraria a questa Coscienza […] Più ti avvicini alla cellula, più la cellula dice: “Ma io, io sono immortale!” Però bisogna che sia una cellula cosciente. (L’Agenda di Mère, III, 16 ottobre ’62, p. 432).
Sappiamo infatti che più le energie son prossime al centro, più la loro frequenza è elevata; e se la crescita comincia sempre dal centro, dall’interno verso l’esterno, più la coscienza umana, liberandosi degli strati dell’Ignoranza, diventerà perfetta identificandosi con lo stato d’Essere divino – che è la sua Origine –, più l’essere umano sarà capace di manifestare il suo Sé divino. Il prossimo stadio evolutivo sarà per la manifestazione terrestre quello che i ‘realizzati’ di tutti i tempi avevano finora vissuto tagliando invece i ponti con la Materia. […]
Paola De Paolis
10-08-2018
NOTE 1 Da un’intervista in “Re Interiore”, 18 marzo 2014. Per un proficuo raffronto fra Sri Aurobindo ed Eckhart Tolle, forse il più autorevole odierno esempio della nuova spiritualità, vd. Eckhart Tolle e Sri Aurobindo – Due punti di vista sull’illuminazione, di A.S. Dalal, (ed. La Lepre).
2Nella storia umana, quanti santi e benefattori sono stati ispirati dalla prima, quanti eroi e condottieri dalla seconda, quanti poeti, filosofi e veggenti dalla terza? Ma nulla, sostanzialmente, è cambiato nel mondo: il male, il dolore e la morte continuano a regnare sovrani.
3 L’Agenda di Mère, III, 18 maggio ’62, pp. 170 e 172.