INNOCUITA' INCLUSIVITA' IMPERSONALITA'
di Mariabianca Carelli
Acquistiamo più chiaramente la percezione di noi stessi e della nostra esistenza quando entriamo in relazione. La qualità della nostra vita è determinata in gran parte dalla qualità dei nostri rapporti; a seconda della loro maggiore o minore armonia e delle ampie o ristrette potenzialità progettuali che da essi scaturiscono, la nostra esistenza sembra acquistare o perdere senso, illuminarsi d’amore o spegnersi nell’indifferenza.
L’Età dell’Acquario vedrà attuarsi sulla Terra la Legge dei retti rapporti, basata sull’altruismo e sulla Pace; per l’avvento di tale realtà siamo tutti chiamati a portare il nostro contributo di amore e intelligenza.
Il nostro passaggio sulla Terra richiede che sviluppiamo:
– l’Innocuità, intesa in senso attivo, come la capacità di favorire il progresso di tutti gli elementi della Manifestazione;
– l’Inclusività, la qualità del cuore che permette di abbracciare una parte sempre più vasta di umanità;
– l’Impersonalità, ovvero la capacità di stabilire rapporti privi di colorazioni “personalistiche”, rivolti all’anima, e non alla personalità dei nostri interlocutori; si terrà presente, cioè, che tutti coloro che avviciniamo sono, in realtà, “anime in evoluzione”.
Afferma Hermann Hesse, scrittore e ricercatore spirituale: “Il mio prossimo non è solamente ‘un uomo come me’ ma è ‘me’, poiché la separazione è solo un’illusione. Chi ha compreso che il mondo è un’unità, ha ben chiara l’assurdità che le singole parti di un tutto si facciano del male reciprocamente”.
Nel cammino evolutivo, la qualità dell’Innocuità è il presupposto affinché i gruppi umani funzionino a livelli più alti. “Innocuità” (da non nocere, non nuocere) non è da intendersi solo nel senso omissivo di “non fare del male” ma in senso assertivo e propositivo: sostenere lo sviluppo delle creature di tutti i regni di natura, i quali sono parti del grande Essere in cui abbiamo la nostra esistenza e che evolve con noi. L’innocuità diventa “ovvia” quando l’uomo comprende che la propria evoluzione è collegata a quella di tali altre “parti”.
In questa più ampia visione, scompaiono, perché sentiti disarmonici e meschini, il cinismo (da kyunismos, imitazione del cane), il sarcasmo (da sarkasmos, lacerazione di carni), l’ironia (da eironéia, finzione), la mal-dicenza. Ci sentiamo sempre più a disagio a praticarli, poiché avvertiamo che, facendone uso, derubiamo gli altri di ciò che è più sacro all’essere umano: la dignità e il rispetto. Ci rendiamo anche conto che, dal disprezzo per l’altro, sotteso a tali atteggiamenti, deriviamo un malsano “vantaggio”: umiliando l’altro è come se, implicitamente, innalzassimo noi stessi.
Criticando in qualche modo comportamenti e modi di fare, è come se affermassimo: “Posso dire la tal cosa di Tizio perché io, invece, sono immune da tale mancanza (o colpa, o difetto)”: “È così che vanno trattati i propri fratelli e le proprie sorelle? Come fanno (alcuni) a non rendersi conto che sono legati a loro e che, deformandoli, deformano qualcosa anche in loro stessi?” (Omraam Mikhaël Aïvanhov, Pensieri quotidiani)
Quando alla nostra consapevolezza si esplicitano le poco nobili motivazioni di tali atteggiamenti, ci accorgiamo che, ora, ogni forma di derisione o abbassamento dell’altro provoca in noi fastidio e imbarazzo. Comprendiamo che le forze del sospetto, del criticismo e della condanna, assorbite dalla sfera magnetica dell’altro, vi possono accentuare proprio quelle caratteristiche “sgradevoli” che avremmo voluto fossero eliminate, e la lotta tra questi aspetti e le qualità evolutive diventa più aspra.
Diventano più stabili dentro di noi le qualità dell’accoglienza e dell’Empatia; ci si rivolgerà sempre più spesso all’anima di chi sbaglia e non alla personalità, che spesso si risente. Ogni appunto al fratello non sarà fatto con l’intento di riprenderlo altezzosamente, ma con sincerità e senso di giustizia, nell’intento amorevole di far emergere maieuticamente nella sua anima la volontà di auto-educarsi:
“A cosa serve sottolineare continuamente i difetti degli esseri umani? Li vediamo forse per questo migliorarsi? No. Allora,d’ora in poi, cercate piuttosto di concentrarvi sul principio divino, immortale ed eterno che vive anche in loro, e di avere per quel principio divino dei sentimenti sacri: in questo modo li aiuterete e farete anche un buon lavoro su voi stessi.
Occupandovi invece dei loro difetti, vi fate del male, perché vi nutrite di sudiciume, e impedite anche agli altri di evolvere; non stupitevi poi di sentirvi soli. Criticando gli altri, sottolineando le loro debolezze e le loro lacune, non fate che scavare un fossato tra loro e voi.
Quando, tramite la vostra anima e il vostro spirito, saprete entrare in relazione con tutte le anime e con tutti gli spiriti che sono sulla terra, quando quello che c’è di migliore in voi incontrerà quello che c’è di migliore negli altri, credetemi, non vi sentirete più soli“.Omraam Mikhaël Aïvanhov, Pensieri quotidiani)
Perseguendo l’Innocuità, diventeremo esigenti anche con i nostri quotidiani pensieri e sentimenti, affinché essi producano azioni luminose e “belle”. I nostri atti risuoneranno al Bene e al Bello intorno a noi, vi si specchieranno e genereranno nuova bellezza. Potremo, in tal modo, collaborare, con le nostre piccole azioni-opere d’arte, alla più grande Opera d’arte in cui viviamo, creazione di un Artista sconosciuto.
Riconosceremo inoltre che un’azione innocua e ispirata alla Bellezza emana inequivocabili caratteristiche “di luce”:
– è unitiva, mai separativa, poiché re-ligiosa (da re-ligio, tenere insieme);
– porta con sé una carica di pace che allevia il dissidio interiore e i contrasti esterni;
– è evocativa di bene e irradiante, richiamando, così, ulteriore luce;
– allinea mente e cuore, è “un’azione della mente illuminata dal cuore”;
– è gentile ma non formale, raffinata ma non elitaria;
– non ama l’esibizione ma vive in un silenzio fertile e produttivo;
– trova in se stessa il suo compenso, non ne cerca altri fuori da sé;
– è scelta da una volontà centrata, consapevole e direzionata;
– è empatica con l’uomo e la natura;
– riconosce e sostiene sentimenti e desideri di ben-essere, talvolta solo per accoglierli, talaltra per elevarli, facendo intravedere più alte prospettive;
– è calda, privilegia l’uomo rispetto agli elementi tecnici, burocratici, legali ed economici, che dichiaratamente a lui subordina;
– è giusta poiché in armonia con le leggi dell’Universo;
– pur essendo suscettibile di ampliamenti e sviluppi, è completa in sé, è per-fetta;
– è immediatamente riconoscibile, perché espande e porta gioia;
– ha spesso a che fare con il per-dono;
– è diretta e pertinente apparendo subito, a prima vista, l’unica ovvia, perché utile e di servizio;
– è semplice, lontana dalle complicazioni dell’ego e dall’utilitarismo;
– è spesso collegata al “sacri-ficio”, non nel senso di rinuncia rancorosa o vittimistica, ma nel senso etimologico di “compio un atto sacro”;
– ha in sé un potenziale evolutivo, conduce a maggiori consapevolezze e a possibilità di eseguire compiti più avanzati;
– è sempre rigorosa nella sostanza ma può essere soffice, lieve nella forma, se le dinamiche relazionali lo richiedono;
– è terapeutica, si prende cura (dell’ambiente, dell’uomo e delle sue necessità);
– può sembrare talvolta convenzionale o legata alla morale corrente ma è, invece, sempre palpitante e interiormente sentita;
– è appagante al momento ma conduce ad una ulteriore tensione inappagata, che muove alla ricerca di nuove occasioni di ben agire.
Biancamaria Carelli
|