SATSANG INTEGRALE
Conversazione con Mokshananda
La Mappa integrale
In questa discussione, Mokie e Ken discutono del concetto di Satsang integrale, un termine indiano che si traduce come .in compagnia della verità. Sebbene sia in genere tipicamente associato con la tradizione Advaita Vedanta, il concetto di Satsang può essere applicato a qualsiasi tradizione spirituale, dell'Est o dell'Ovest.
Come può la mappa integrale aiutarci a comprendere meglio la verità spirituale, agli insegnanti, e alle comunità?
La parola Satsang deriva dalle radici Sanscrite SAT (vero) e Sanga (compagnia), e può essere interpretata in tre modi: a) la compagnia della .verità più alta, b) la compagnia di un gruppo di studenti o professionisti riuniti per studiare, discutere e assimilare quella verità, e c) la compagnia di un maestro spirituale che agisce come un collegamento tra il popolo e la verità.
Mentre è tipicamente associato con la tradizione Advaita Vedanta, il concetto di Satsang può essere applicato a qualsiasi tradizione spirituale o comunità, Est, Ovest, contemplativa o tradizionale. Se vi trovate in chiesa, alla moschea, alla sinagoga, o allo zendo, vi trovate in una qualche forma di Satsang, cercando di capire qualche versione di verità spirituale, insegnata da qualche insegnante spirituale o leader, a una comunità di altri ricercatori e praticanti.
Il Satsang universalmente può essere applicato a qualsiasi comunità impegnata a scoprire la .verità più alta. perché la più alta verità stessa è universale. E questa verità universale è situata nel cuore di ogni tradizione spirituale di tutto il mondo, nel cuore di ogni grande santo, saggio, e insegnante spirituale nel corso della storia, e al centro di ogni esperienza umana che si sia mai avuta. E', infatti, la sola cosa che ciascuno di noi abbia mai conosciuto.
Ma se questa verità, questa conoscenza ed esperienza della nostra intrinseca natura spirituale è così universale, allora qual'è il motivo per cui, per amor di Dio, è così difficile da scoprire? Perché sono stati così pochi in grado di riconoscere questa liberazione che si suppone universale, se è davvero più vicina a noi della nostra pelle, come è stata descritta in passato?
La risposta è semplice. Così semplice, infatti, che non si può davvero darsi la colpa se non si vede. L'Universale è soltanto la metà della storia. L'altra metà è il mondo relativo - il mondo della forma, della distinzione, di questo e quello, di me e voi, di interno ed esterno. Il mondo universale può essere stato la sola cosa che nessuno di noi abbia mai conosciuto, ma il mondo è la sola cosa che la maggior parte di noi abbia mai visto.
Il mondo relativo è, per sua natura, diviso. Così deve ssere - è solo in ragione dell'intrinseca divisione del mondo che noi esistiamo realmente, che quella forma stessa può esistere. E. il solo motivo per cui l'evoluzione può continuare il suo inesorabile incremento verso la novità, verso più complessità, e verso più coscienza, in un infinito perseguimento di uno stato di integrità e di completamento, a cui è possibile essere sempre più vicino, ma senza mai effettivamente raggiungerlo. E' l'unico motivo per cui siamo in grado di distinguere tra noi e il nostro ambiente, tra montagne e valli, tra cielo e terra, tra giusto e ingiusto, e tra buone e cattive idee. E. solo in ragione delle intrinseche diivisioni del mondo che abbiamo il potere della libera volontà e della scelta - ed è il motivo per cui soffriamo.
Il mondo relativo è l'arena dei diversi sé, la turbolenta dimora di passione, dolore, amore, odio, nascita, morte, luce, oscurità, creatività e decadimento.
E' il mondo che si può toccare, gustare, sentire, e vedere - ed è la nostra prigione.
Il mondo relativo
Noi di solito ci sentiamo intrappolati nel mondo relativo, identificandoci con frammenti di mera forma, soggettificandoci con il mondo degli oggetti. Questo è il motivo per cui tendiamo a pensare a noi stessi come .all'interno. del nostro cervello e del nostro corpo, "dentro" la casa, l'auto, o in ufficio, e .dentro. il mondo circostante. Siamo cresciuti talmente abituati ai ceppi delle nostre prigioni relativistiche che raramente avvertiamo che non siamo effettivamente .dentro. uno di questi oggetti, ma che tutti questi oggetti sono in realtà "dentro" la nostra coscienza - coscienza che è più grande rispetto a tutte queste cose. Così grande, infatti, che si potrebbe pensare come la tela su cui l.intero universo manifesto è dipinto. Lo scopo del Satsang, in qualsiasi forma, è semplice: sfuggire alla prigione del mondo relativo.
E ogni prigione "spezzata" richiede una mappa più dettagliata possibile, e questo è il motivo per cui il concetto di Satsang integrale è così cruciale - il quadro integrale è di gran lunga la più completa mappa del potenziale umano attualmente disponibile, offrendo un modo completo per tenere conto di ogni manifestazione nell.universo, così come di ogni esperienza che una persona può avere. Il quadro integrale suggerisce che vi sono due importanti assi di esperienza spirituale da considerare: stati di coscienza e stadi di coscienza. Gli stati fanno riferimento alle reali esperienze della stessa verità trascendente . di cui l'Assoluto è uno dei diversi stati possibili - che vanno dalle esperienze del grossolano al sottile al causale al nonduale.
Gli stadi si riferiscono a fasi di sviluppo della struttura della coscienza, che determina come le esperienze dello stato sono interpretate e assimilate dal sé. Gli stadi (chiamati anche strutture; si usa anche spesso il termine fase con lo stesso significato di stadio, ndr) passano dal magico, al mitico, al razionale, al pluralista, a stadi integrali della coscienza, e oltre.
Come accennato in precedenza, il termine Satsang consiste di due principi fondamentali: la verità e la società, sia che si tratti di società con gli altri in una comunità, con un maestro spirituale o una guida, o dell'esperienza della verità stessa. Pertanto, per quanto attiene al Satsang, devono essere tenute a mente le seguenti importanti questioni:
a) Per quanto riguarda la verità, quali stati di coscienza si stanno esprimendo? Stati grossolani, fisici, di veglia? Sottili, visionari, di sogno? Stati profondi, senza sogni, senza forma? O senza sforzo, stati .sempre già. nonduali?
b) Per quanto riguarda la società di maestri spirituali o una comunità spirituale, quale stadio di coscienza è lo stato di verità spirituale da cui si sta parlando, e a cui si sta parlando? Lo stadio mitico, il tradizionale e assolutista (ambra)? Lo stadio razionale, moderno, materialista (arancione)? Lo stadio pluralista, postmoderno, multiculturale? O lo stadio della vision-logic, del sé attualizzato, lo stadio integrale (grigio verde / turchese)?
Mentre l'essenza della verità in questa formulazione è davvero universale e assoluta, siamo bloccati in un difficile paradosso: assolutamente nulla può essere detto sulla verità assoluta, tra cui questa stessa frase. La verità assoluta non può essere descritta, solo sperimentata. Nel momento in cui cerchiamo di descrivere la verità massacriamo con le parole la verità. Le parole, dopo tutto, sono semplici ornamenti del mondo relativo, e, non appena qualcuno tenta di svolgere una frase circa l'Assoluto, è immediatamente soggetto alle inerenti frammentazioni del pensare relativo, della crescita relativa, e dell'esperienza relativa.
La cosa migliore che possiamo fare è usare le parole in modo ponderato, al fine di costruire le migliori mappe del nostro comune carcere. E in virtù dell'essere relativo, le nostre descrizioni della verità trascendente sono soggette alle nostre interpretazioni di quella verità, che dipendono interamente dalla fase di coscienza in cui siamo e da quando si è avuta l'esperienza. Il Sutra del Cuore afferma uno dei più celebrati paradossi in tutto il pensiero buddista: la forma è vuoto, e il vuoto è forma. Il che significa che, se cerchiamo di capire il vuoto, dobbiamo allora cercare di capire la forma, dato che sono in ultima analisi non-due. Ci sono migliori e peggiori descrizioni di entrambi, del relativo e dell'.Assoluto, il che significa che, anche se tutte le forme sono altrettanto vuote, alcune sono più uguali di altre - o riflettono maggiormente il vuoto inerente qualità intrinseche di questo e di ogni momento.
Chi è Mokshananda (o Mokie, come egli è comunemente noto).
Mokshananda è nato Joe Sousa, nel 1958, ed è discepolo di Gurumayi e Adyashanti. In aggiunta alla sua psicoterapia pratica, Mokie insegna alla FreeWater Sangha a Santa Cruz in California. Egli anche viaggia negli Stati Uniti occidentali e in Canada conducendo Satsang, seminari intensivi, e tenendo lezioni.
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