Le cose sono unite da legami invisibili, non si può cogliere un fiore senza turbare una stella - Albert Einstein

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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IDEA E ESPERIENZA DI BELLEZZA


“Bello” - insieme a “grazioso”, “carino”, oppure “sublime”, “meraviglioso”, “superbo” ed espressioni consimili - è un aggettivo che usiamo sovente per indicare qualcosa che ci piace. Sembra che, in questo senso, ciò che è bello sia uguale a ciò che è buono, e infatti in diverse epoche storiche si è posto uno stretto legame tra il Bello e il Buono. Se però giudichiamo in base alla nostra esperienza quotidiana, noi tendiamo a definire come buono ciò che non solo ci piace, ma che anche vorremmo avere per noi. Infinite sono le cose che giudichiamo buone, un amore ricambiato, una onesta ricchezza, un manicaretto raffinato, e in tutti questi casi noi desidereremmo possedere quel bene.

È un bene ciò che stimola il nostro desiderio. Anche quando giudichiamo buona un'azione virtuosa, vorremmo averla compiuta noi, ovvero ci ripromettiamo di compierne una altrettanto meritevole, spronati dall'esempio di ciò che riteniamo essere bene.

Oppure chiamiamo buono qualcosa che è conforme a qualche principio ideale, ma che costa dolore, come la morte gloriosa di un eroe, la dedizione di chi cura un lebbroso, il sacrificio della vita compiuto da un genitore per salvare un figlio… In questi casi riconosciamo che la cosa è buona ma, per egoismo o per timore, non vorremmo essere coinvolti in un'esperienza analoga. Riconosciamo quella cosa come un bene, ma un bene altrui, che guardiamo con un certo distacco, anche se con commozione, e senza essere trascinati dal desiderio. Spesso, per indicare azioni virtuose che preferiamo ammirare anziché compiere, parliamo di una “ bella azione”.

Se riflettiamo sull'atteggiamento di distacco che ci permette di definire come bello un bene che non suscita il nostro desiderio, comprendiamo che noi parliamo di Bellezza quando godiamo qualcosa per quello che è, indipendentemente dal fatto che lo possediamo. Persino una torta di nozze ben confezionata, se la ammiriamo nella vetrina di un pasticcere, ci appare bella, anche se per ragioni di salute o inappetenza non la desideriamo come bene da conquistare. È bello qualcosa che, se fosse nostro, ne saremmo felici, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro. Naturalmente non si considera l'atteggiamento di chi, di fronte ad una cosa bella come il quadro di un gran pittore, desidera possederlo per l'orgoglio di esserne il possessore, per poterlo contemplare ogni giorno, o perché ha un grande valore economico. Queste forme di passione, gelosia, voglia di possesso, invidia o avidità, non hanno nulla a che fare col sentimento del Bello.

L'assetato che, trovata una fonte, si precipita a bere, non ne contempla la Bellezza. Potrà farlo dopo, una volta che il suo desiderio si è assopito. Per questo il senso della Bellezza è diverso dal desiderio. Si possono giudicare degli esseri umani come bellissimi, anche se non si desiderano sessualmente, o se si sa che non potranno mai essere nostri. Se invece si desidera un essere umano (che oltretutto potrebbe essere anche brutto) e non si può avere con esso i rapporti sperati, si soffre.

…. Se certe teorie estetiche moderne hanno riconosciuto solo la Bellezza dell'arte, sottovalutando la Bellezza della natura, in altri periodi storici è accaduto l'inverso: la Bellezza era una qualità che potevano avere le cose della natura (come una bella luce di luna, un bel frutto, un bel colore), mentre l'arte aveva soltanto il compito di fare bene le cose che faceva, in modo che servissero allo scopo a cui erano destinate - a tal punto che si considerava arte sia quella del pittore e dello scultore sia quella del costruttore di barche, del falegname o del barbiere. Soltanto molto tardi, per distinguere pittura, scultura e architettura da quello che oggi chiameremmo artigianato, si è elaborata la nozione di Belle Arti.

La Bellezza dei filosofi
Il tema della Bellezza viene elaborato ulteriormente da Socrate e Platone. Il primo, secondo la testimonianza dei Memorabilia di Senofonte (sulla cui veridicità nutriamo oggi qualche dubbio, stante la faziosità dell'autore), sembra aver voluto legittimare sul piano concettuale la prassi artistica, distinguendo almeno tre diverse categorie estetiche: la Bellezza ideale, che rappresenta la natura attraverso un montaggio delle parti; la Bellezza spirituale, che esprime l'anima attraverso lo sguardo (come accade nelle sculture di Prassitele, sulle quali lo scultore dipingeva gli occhi per renderli più veritieri), la Bellezza utile, o funzionale.

Più complessa è la posizione di Platone, da cui nasceranno le due concezioni più importanti della Bellezza che sono state elaborate nel corso dei secoli: la Bellezza come armonia e proporzione delle parti (derivata da Pitagora), e la Bellezza come splendore, esposta nel Fedro, che influenzerà il pensiero neoplatonico. Per Platone la Bellezza ha un'esistenza autonoma, distinta dal supporto fisico che accidentalmente la esprime; essa non è dunque vincolata a questo o quell'oggetto sensibile, ma risplende ovunque.

La Bellezza non corrisponde a ciò che si vede (celebre era infatti la bruttezza esteriore di Socrate, che però risplendeva di Bellezza interiore). Poiché il corpo è per Platone una caverna buia che imprigiona l'anima, la visione sensibile deve essere superata dalla visione intellettuale, che richiede l'apprendimento dell'arte dialettica, ossia della filosofia.

Non a tutti dunque è dato di cogliere la vera Bellezza. In compenso, l'arte propriamente detta è una falsa copia dell'autentica Bellezza e come tale è diseducativa per i giovani: meglio dunque bandirla dalle scuole, e sostituirla con la Bellezza delle forme geometriche.

Il numero e la musica
Secondo il senso comune giudichiamo bella una cosa ben proporzionata. È pertanto spiegabile perché sin dall'antichità si fosse identificata la Bellezza con la proporzione - anche se occorre ricordare che nella definizione comune della Bellezza, nel mondo greco e latino, si univa sempre alla proporzione anche la piacevolezza del colore (e della luce). Quando nella Grecia antica i filosofi detti pre-socratici – come Talete, Anassimandro e Anassimene, fra il VII e il VI secolo a.C. – iniziano a discutere quale sia il principio di tutte le cose (e indicano l'origine della realtà nell'acqua, nell'infinito originario, nell'aria) essi mirano a dare una definizione del mondo come un tutto ordinato e governato da una sola legge. Questo significa anche pensare al mondo come a una forma, e i greci avvertono nettamente l'identità tra Forma e Bellezza. Tuttavia chi affermerà queste cose in modo esplicito, iniziando a stringere in un solo nodo cosmologia, matematica, scienza naturale ed estetica, sarà Pitagora con la sua scuola, sin dal VI secolo avanti Cristo.

Pitagora (che probabilmente nel corso dei suoi viaggi era venuto in contatto con le riflessioni matematiche degli egizi) è il primo a sostenere che il principio di tutte le cose è il numero. I pitagorici avvertono una sorta di sacro terrore di fronte all'infinito e a ciò che non può essere ricondotto a un limite, e perciò cercano nel numero la regola capace di limitare la realtà, di darle ordine e comprensibilità. Con Pitagora nasce una visione estetico-matematica dell'universo: tutte le cose esistono perché sono ordinate e sono ordinate perché in esse si realizzano leggi matematiche, che sono insieme condizione di esistenza e di Bellezza.

I pitagorici sono i primi a studiare i rapporti matematici che regolano i suoni musicali, le proporzioni su cui si basano gli intervalli, il rapporto tra la lunghezza di una corda e l'altezza di un suono. L'idea dell'armonia musicale si associa strettamente a ogni regola per la produzione del Bello. Questa idea attraversa tutta l'antichità e si trasmette al Medio Evo attraverso l'opera di Boezio tra IV e V secolo dopo Cristo. Boezio ricorda che un giorno Pitagora osservò come i martelli di un fabbro, picchiando sull'incudine, producessero suoni diversi, e si era reso conto che i rapporti tra i suoni della gamma così ottenuta sono proporzionali al peso dei martelli. Non solo, Boezio ricorda come i pitagorici sapessero che i diversi modi musicali influiscono diversamente sulla psicologia degli individui, e parlavano di ritmi duri e ritmi temperati, ritmi adatti a educare gagliardamente i fanciulli e ritmi molli e lascivi. Pitagora aveva reso più calmo e padrone di sé un adolescente ubriaco facendogli ascoltare una melodia di modo ipofrigio in ritmo spondaico (poiché il modo frigio lo stava sovreccitando). I pitagorici, pacificando nel sonno le cure quotidiane, si facevano addormentare da determinate cantilene; svegliatisi si liberavano dal torpore del sonno con altre modulazioni.

Il cosmo e la natura
Per la tradizione pitagorica (e il concetto sarà ritrasmesso al Medio Evo da Boezio), l'anima e il corpo dell'uomo sono soggetti alle stesse leggi che regolano i fenomeni musicali, e queste stesse proporzioni si ritrovano nell' armonia del cosmo così che micro e macrocosmo (il mondo in cui viviamo e l'intero universo) appaiono legati da un'unica regola matematica ed estetica insieme. Questa regola si manifesta nella musica mondana: si tratta della gamma musicale prodotta dai pianeti di cui parla Pitagora i quali, ruotando intorno alla terra immobile, generano ciascuno un suono tanto più acuto quanto più lontano il pianeta è dalla terra e quanto più rapido, quindi, il suo movimento. Dall'insieme proviene una musica dolcissima che noi non intendiamo per inadeguatezza dei nostri sensi.

Il Medio Evo svilupperà un'infinità di variazioni su questo tema della Bellezza musicale del mondo. Nel IX secolo, Scoto Eriugena ci parlerà della Bellezza del Creato costituita dal consonare dei simili e dei dissimili a modo di armonia le cui voci, ascoltate isolatamente, non dicono nulla, ma fuse in un unico concento rendono una naturale dolcezza. Onorio di Autun (secolo XII) nel Liber duodecim quaestionum dedicherà un capitolo a spiegare come il cosmo sia disposto in modo simile a una cetra in cui i diversi generi di corde suonano armoniosamente.

Nel XII secolo gli autori della scuola di Chartres (Guglielmo di Conches, Thierry di Chartres, Bernardo Silvestre, Alano di Lilla) riprendono le idee del Timeo di Platone, unitamente all'idea agostiniana (di origine biblica) per cui Dio ha disposto ogni cosa secondo ordine e misura. Il cosmo, per la scuola di Chartres è una sorta di unione continua fatta di consenso reciproco tra le cose, sorretta da un principio divino che è anima, provvidenza, fato. Opera di Dio sarà appunto il kósmos, l'ordine del tutto, che si contrappone al caos primigenio. Mediatrice di quest'opera sarà la Natura, una forza insita nelle cose, che da cose simili produce cose simili, come dice Guglielmo di Conches nel Dragmaticon. E l'ornamento del mondo, e cioè la sua Bellezza, è l'opera di compimento che la Natura, attraverso un complesso organico di cause, ha attuato nel mondo una volta creato.

La Bellezza comincia ad apparire nel mondo quando la materia creata si differenzia per peso e per numero, si circoscrive nei suoi contorni, prende figura e colore; ovvero, la Bellezza si fonda sulla forma che le cose assumono nel processo creativo. Gli autori della scuola di Chartres non ci parlano di un ordine matematicamente immobile, ma di un processo organico di cui possiamo sempre reinterpretare la crescita risalendo all'Autore. La Natura, non il numero, regge questo mondo.

Anche le cose brutte si compongono nell'armonia del mondo per via di proporzione e contrasto. La Bellezza (e questa sarà ormai persuasione comune a tutta la filosofia medievale) nasce anche da questi contrasti, e anche i mostri hanno una ragione e una dignità nel concento del creato, anche il male nell'ordine diviene bello e buono perché da esso nasce il bene, e accanto a esso il bene meglio rifulge

Da “Storia della Bellezza” di Umberto Eco
(I - INTRODUZIONE) 

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