Dove c'è amore, c'è visione.
Richard of St. Victor

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I SENTIERI DELL' ESSERE
Le mille Vie della Spiritualità
I SENTIERI DELL' ESSERE
LA PRATICA DA SEGUIRE
Un monaco chiese a Dong-Shan:
C'è una pratica che le persone debbano seguire?
Dong Shan rispose:
quando diventi una vera persona c'è una tale pratica.
Sai essere freccia, arco, bersaglio?
<b>Sai essere freccia, arco, bersaglio?

Sai essere freccia, arco, bersaglio?
Conosci la sequenza delle costellazioni?
La fusione dell'idrogeno in elio?
Sai misurare la tua integrità?
Se rispondi
Avrai l'immortalità.

Laura Scottini

MEDITAZIONE TAOISTA
<b>MEDITAZIONE TAOISTA </b>





 

Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare e sentirai la verità.
Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto e troverai l'unione.
Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente e compirai ogni cosa.
Sii umile e manterrai la tua integrità.

 

IL VUOTO CHE DANZA
IL VUOTO CHE DANZA










di H.W.L. Poonja


Rimani ciò che sei ovunque tu sei.
Se fai così, saprai immediatamente
di essere Quello che hai cercato
per milioni di anni.

Non c'è ricerca,
perchè si cerca solo qualcosa che si è perso.
ma quando niente è andato perduto
non ha senso
cercare qualcosa.

Qui semplicemente Stai Quieto.
Non formare nemmeno un pensiero nella mente.
Allara saprai
Chi sei realmente.

per tre motici la ricerca e la pratica
sono follie fuorvianti
sono l'inganno della mente
per posporre la libertà.
Continua...

PAROLE SU DIO
PAROLE SU DIO

di Simone Weil

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.

Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia. Restare immobili e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi. Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare. La distanza è l’anima del bello.

Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal, pietra miracolosa che in virtù dell’ostia consacrata sazia ogni fame, apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra, il re quasi paralizzato dalla più dolorosa ferita: “Qual è il tuo tormento?”. La pienezza dell’amore del prossimo sta semplicemente nell’essere capace di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”, nel sapere che lo sventurato esiste, non come uno fra i tanti, non come esemplare della categoria sociale ben definita degli “sventurati”, ma in quanto uomo, in tutto simile a noi, che un giorno fu colpito e segnato dalla sventura con un marchio inconfondibile. Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo. Continua...
I BAMBINI
DAGLI OCCHI DI SOLE

I BAMBINI<br> DAGLI OCCHI DI SOLE










Vidi i pionieri ardenti dell’Onnipotente
superando la soglia celeste che è volta alla vita
discendere in frotta i gradini d’ambra della nascita;
precursori d’una moltitudine divina,
essi lasciavano le rotte della stella del mattino
per l’esigua stanza della vita mortale.

Li vidi traversare il crepuscolo di un’era,
i figli dagli occhi di sole di un’alba meravigliosa,
i grandi creatori dall’ampia fronte di calma,
i distruttori possenti delle barriere del mondo
che lottano contro il destino nelle arene della Sua volontà,
operai nelle miniere degli dei,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’Immortalità.

Nella sfera umana caduta essi entravano,
i volti ancora soffusi della gloria dell’Immortale,
le voci ancora in comunione coi pensieri di Dio,
i corpi magnificati dalla luce dello spirito,
portando la parola magica, il fuoco mistico,
portando la coppa dionisiaca della gioia,
Continua...
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI
IL SEGRETO DELLE STELLE CADENTI

di Maurizio Di Gregorio

Tutti cerchiamo qualcosa. Se lo cerchiamo nel mondo materiale pensiamo di trovarlo all’esterno di noi stessi. Se lo cerchiamo nel mondo spirituale siamo portati a credere di poterlo trovare all’interno di noi. Una massima dice: la risposta è dentro di te. Una battuta invece dice: la risposta è dentro di te, ma è sbagliata. Ambedue le affermazioni sono vere perché si riferiscono a due esseri diversi. Uno vero e l’altro falso. Come si fa a sapere quale é l’Io interiore che contiene tutte le risposte della vita? Dalla felicità. Nel primo caso si sa solo che si è felici, sia pure per un attimo, si è completamente, immensamente e interamente felici e più correttamente si dovrebbe chiamarla beatitudine. Nel secondo caso sappiamo solo, che a dispetto di ogni altra cosa, momentanea soddisfazione o eccitazione, non si è veramente felici. 
Aivanhov, definendo la natura umana, parla della coesistenza di una natura inferiore e di una natura superiore. All’interno di ognuno è una continua lotta tra due esseri (o stati di essere) in competizione che Aivanhov chiama Personalità e Individualità. “Persona “ è la maschera e in ogni incarnazione la maschera è diversa, “Individualità” è l’abitante della maschera, colui che non cambia, il vero Sé divino. La personalità è in parte ancora inesistente nel bambino ma già tracciata, si sviluppa con l’età come la trama di un tessuto e si consuma nella vecchiaia. Il risveglio dell’anima consiste nel riconoscimento del Sé interiore e nell’abbandono momentaneo della maschera della personalità. Ora anche se possiamo capire qualcosa del nostro essere maschera, né la mente, né il cuore né la volontà sono risolutivi.
E questo perché mente cuore e volontà sono una triade che esiste tanto nella natura delle Individualità quanto nella natura della Personalità.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” Quale è, in ogni dato momento, il cuore che chiede, la mente che cerca, la volontà che agisce? La strada dell’evoluzione spirituale, cioè della evoluzione dell’essere allo Spirito, è insidiosa perché ad ogni sviluppo della Individualità segue uno sviluppo della Personalità. Differentemente il discernimento è possibile solo dal punto di vista della Coscienza Superiore che è esattamente ciò che si illumina.
Fuori da questa esperienza si persiste sempre in un tipo di coscienza media, anche se ampliata o sofisticata, una coscienza media perché media in un equilibrio precario le necessità delle due nature....Continua...
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA
I SETTE ASPETTI DELLA NUOVA COSCIENZA

di Ervin Laszlo

Il grande compito, la grande sfida del nostro tempo è cambiare se stessi.
Questo elenco delle principali caratteristiche della nuova visione, della nuova coscienza, è scritto per stimolare la trasformazione, perché è possibile acquisire una nuova consapevolezza, perché tutti possono evolvere, tante persone l'hanno già fatto ed è diventata una conditio sine qua non della nostra sopravvivenza sulla Terra.
La prima caratteristica è l'olismo, la visione olistica, per contrastare la visione frammentaria, disciplinaria, atomistica, che separa tutto: la mente dalla natura, l'uomo e la società dalla biosfera, e tutti i campi della realtà l'uno dall'altro. La visione olistica è proprio quella comprensione Continua...
I FIGLI DELLA LUCE
I FIGLI DELLA LUCE




 


I Figli della Luce si nutrono di Pace, Libertà, Amore, Giustizia, Grazia, Benevolenza, Comprensione, Compassione, Generosità, Bontà, Luce, Verità, Positività, trasmettendo tutto questo intorno a loro. Le creature che vengono in contatto con i Figli della Luce percepiscono la Positività dell’operato della “Luce Amore” e uno stato di benessere entra in loro. Non sono consapevoli della fonte di questa Positività, ma stanno volentieri in compagnia dei Figli Luce dispensatori d’Amore.
Continua...
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA
UNA SPIRITUALITA' ECOLOGICA

di Matthew Fox

L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo.
Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.
E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.
Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!
Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”. Continua... 
SULL'ANARCHIA BUDDISTA
SULL'ANARCHIA BUDDISTA di Gary Snyder

Da un punto di vista buddista, l'ignoranza che si proietta nella paura e nel vano appetito impediscono la manifestazione naturale. Storicamente, i filosofi buddisti non hanno saputo analizzare fino a che punto l'ignoranza e la sofferenza erano dovuti o favoriti da fattori sociali, considerando il timore e il desiderio come fatti intrinseci alla condizione umana. Così, la filosofia buddista si interessò principalmente alla teoria della conoscenza e la psicologia fu svantaggiata, per dare più spazio allo studio dei problemi storici e sociologici. Anche il buddismo Mahayana possiede un'ampia visione della salvezza universale, la sua realizzazione effettiva si è concretizzata nello sviluppo di sistemi pratici di meditazione per liberare a una minoranza di individui da blocchi psicologici e condizionamenti culturali. Il buddismo istituzionale è stato chiaramente disposto ad accettare o a ignorare le disuguaglianze e le tirannie sotto il sistema politico che vigeva. È stata come la morte del buddismo, posto che è comunque la morte che riesce a far comprendere il significato della compassione. La saggezza senza compassione non sente dolore.
Continua...
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DONNE, TAO E ARTI MARZIALI


Roberta Belli
In questi anni mi sono spesso posta la questione della mia presenza in una  scuola di Kung Fu in quanto donna, quindi minoritaria in un ambiente quantitativamente e tradizionalmente maschile. Ho iniziato con il Tai Chi Chuan, affascinata dalla sua grazia e dal benessere psico-fisico che è in grado di produrre in chi lo pratica e sono finita, fatalmente direi, per intraprendere anche lo studio del kung fu esterno. Praticare entrambi i settori, esterno ed interno, è stato come far combaciare i pezzi di un mosaico - oserei dire come ricongiungere le due polarità yin e yang - e in definitiva la sensazione che si prova è la gratificazione che deriva dalla "completezza", dall'integrità.

Se innegabilmente il kung fu esterno è più yang e per convenzione più "maschile", mentre il tai chi è più yin e per convenzione più "femminile", allo stesso modo all'interno delle singole discipline si riproduce nuovamente questa polarità. Ciò a ben vedere vale per ogni fenomeno o cosa esistente, se vogliamo considerare valida la teoria taoista che vuole il Tao, l'indefinibile, come lo stato di superamento di ogni dualismo. Sia nel kung fu esterno che in quello interno, ad esempio, ci sono tecniche più yang di altre, ed aspetti relativamente più yin, c'è il continuo passaggio dal pieno al vuoto e viceversa: l'uno non potrebbe esistere senza l'altro e proprio per questo l'uno non è "migliore" o più importante dell'altro.

Pensando a questi concetti filosofici ho cercato di darmi una spiegazione riguardo alla esigua presenza di donne nelle scuole di arti marziali. Io credo che la ragione sia essenzialmente di natura sociale: la società fatica ad accettare che una donna si sottoponga a duri allenamenti volti al combattimento, da sempre visto come prerogativa maschile, quindi assai poco "femminile". Allo stesso modo a volte sono rimasta perplessa nel costatare come alcuni praticanti maschi di arti marziali siano ancora tenacemente radicati nella tradizione che vuole questo ambiente più adatto agli uomini. Ciò non si traduce in un rifiuto delle donne, tutt'altro, le donne sono ben accette perché… "mettono un tocco di grazia" nell'ambiente. Perché, proprio come accade anche in tutti gli altri ambienti sociali, si continua a pensare ad uomini e donne come entità psicologicamente e non solo fisicamente diverse: l'uomo sicuro, determinato, forte, votato alla trascendenza o all'attivismo e la donna fragile, sentimentale, insicura e votata all'immanenza o alla passività.

Si sbandiera, spesso, un astratto concetto di "femminilità", che a ben vedere non ha nulla di naturale ed al contrario ha molto dell'elaborazione concettuale, della convenzione sociale. A partire da Simone De Beauvoir in avanti, molte donne si sono poste questo problema della "femminilità". Quale sia il motivo che ci ha spinte a farlo in fondo non ha molto importanza e se ne ha è nel suo confermare la discriminazione alla quale la società ci sottopone sin dalla culla con più o meno gravi traumi di mancata accettazione.

Ma cos'è questa benedetta "femminilità" che dovremmo tanto difendere? È qualcosa di innato, naturale o è un modello sociale? Io propendo per questa seconda ipotesi, che vuole la donna non solo come diverso "fatto anatomico", ma come un insieme di sentimenti, comportamenti ai quali l'uomo ha dato il valore di un modello ideale, quindi molto evanescente, accomodante rispetto alle singole situazioni e ben poco reale.

Molte donne, spiega Simone de Baeuvoir, si impegnano con zelo per incarnare questo modello, ma "ci fa difetto un esemplare sicuro, un marchio depositato". Quindi, conclude l'autrice: "se oggi la femminilità è scomparsa, è perché non è mai esistita". Non dobbiamo dimenticare, infatti, che questa concezione astratta è frutto di un primordiale conflitto di interessi: "tutto ciò che hanno scritto (o detto) gli uomini sulle donne, dev'esserci sospetto, perché essi sono al tempo stesso giudici e parti in causa".

Ad un uomo, dice l'autrice, non verrebbe mai in mente di classificarsi come un individuo di un certo sesso: "Esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile". Quindi sin dall'origine della nostra cultura, "l'umanità è maschile e l'uomo definisce la donna non in quanto tale, ma in relazione a se stesso; non è considerata un essere autonomo". Quindi l'uomo è il soggetto, l'assoluto, la donna è l'altro. Il concetto di "Altro", è antico come la stessa coscienza e risponde ad un'esigenza di essenzialità, di potenza, che è alla base di qualunque rapporto: tra individui, paesi, razze, religioni ecc. ed ovviamente "la coscienza dell'Altro gli oppone a sua volta la stessa pretesa": di qui il conflitto, la divisione.

Eppure il kung fu sembra una disciplina esente da queste categorizzazioni: la forza è importante, ma da sola non basta, ha bisogno dell'energia, dell'agilità, dell'intuizione del praticante per essere efficace. A ben vedere ciò che fa la differenza tra gli artisti marziali non è tanto la prestanza fisica quanto l'atteggiamento mentale, quindi se si accetta davvero l'uguaglianza tra i sessi nelle facoltà psichiche e morali, pur riconoscendone la diversità fisica, non si può dire che il kung fu sia "cosa da uomini". Perché allora, pur ammettendo che la sessualità e la società condizionano anche la psiche, bisogna anche riconoscere ad ogni essere umano la capacità in potenza di trascendere la propria condizione di partenza. Tra l'altro qualità come determinazione, sicurezza e volontà non sono prerogative dell'uomo in quanto tale, ma solo perché incoraggiato in questo senso dalla società. Infatti se l'uomo ha inventato per la donna il modello "femminilità", allo stesso modo ha posto per se stesso il modello "maschilità" e perciò si è votato alla fragilità ed alla frustrazione che provoca l'anelito ad un'irraggiungibile figura ideale, esemplare.

si tratta di negare la diversità di uomo e donna, ma di prendere atto che "ogni essere umano concreto ha sempre la sua particolare situazione". "Non si può pretendere in buona fede di porsi al di là del proprio sesso", ma tra questo dato di fatto e la pretesa di affibbiare un ruolo, una sfera di sentimenti, una categoria di comportamenti o di capacità all'uno o all'altro sesso sulla base di una presunta naturalità, c'è un'enorme differenza.

Si continua a dire, infatti, che la donna nella nostra società sta sacrificando la famiglia e la vita privata per la carriera, che sta rinunciando alla grazia e alla sensibilità per l'aggressività e l'arroganza, che sono tipiche degli uomini, mentre sul piano della disciplina marziale sento dire che stili "duri" come l'Hung Gar non siano adatti alle donne. Ciò vuol dire che si riconosce alla donna il diritto di emanciparsi dagli antichi schemi sociali, purché non pretenda di arrogarsi alcune caratteristiche che l'uomo ama pensare come sue peculiarità.

In realtà l'aggressività, la trasgressione, l'egoismo, il cinismo, la volontà di incedere nel mondo con spavalda fisicità, sono sentimenti e atteggiamenti non caratterizzanti il sesso maschile in quanto tale, ma caratterizzanti l'essere umano in quanto libero di agire ( e l'uomo lo è sempre stato), e quindi anche di sbagliare o dare spazio al proprio ego. Perciò la donna che vive in un contesto sociale e culturale abbastanza civile, non dovrebbe negare a se stessa il diritto di "essere" nella propria totalità, comprendente anche gli aspetti meno lusinghieri dell'animo umano, o quelli più assertivi, limitandosi a relegare l'emancipazione a quei soli comportamenti che la connotano ancora come "angelo", come essere gentile e sensibile...insomma, proprio come la vorrebbero gli uomini per sentirsi più potenti, almeno della metà del mondo, per diritto di nascita. Porsi la questione in termini di libertà vuol dire ragionare senza schemi preconcetti ma solo nel pieno rispetto dell'essere umano in quanto tale e della sua innata vocazione alla trascendenza.

Ma nel kung fu c'è anche un altro principio che dovrebbe eliminarne ogni connotazione eccessivamente "maschile". Mi riferisco al Taoismo e al Buddhismo, le due filosofie che più hanno influito su questa disciplina marziale, con le loro componenti alchemiche, che si avvicinano molto anche all'alchimia occidentale. In alchimia si pensa che Dio, la Pietra filosofale, la perfezione alla quale aspira l'alchimista, siano l'unione dei principi complementari, rappresentata figurativamente come il Rebis o "Androgino", un essere che comprende in egual misura la natura maschile e femminile e quindi ha sanato ogni dualismo. Si può ben dire che il Rebis occidentale corrisponda esattamente al diagramma orientale che noi tutti conosciamo come Tao.

Se da una parte questa asserzione sembrerebbe confermare le effettive opposizioni dualistiche di uomo-donna, luce-oscurità, duro-molle, yang-yin, dall'altro afferma anche che la complementarità non significa opposizione insanabile ma compresenza indispensabile delle polarità in ogni fenomeno, che in sostanza elimina ogni differenza o predilezione per l'uno o l'altro aspetto. Quindi un artista marziale, a mio avviso, dovrebbe essere disposto a lasciar spazio alla sua componente femminile, senza rifiutarla con esorcistica aggressività, se davvero aspira a sviluppare le sue massime potenzialità.

Nel Taoismo gli opposti sono parte di un'unità, non c'è quindi dualismo assoluto e non c'è l'accezione netta del bene e del male che abbiamo noi di cultura cristiana. Io intendo il Tao un semplice simbolo, una rappresentazione che antichi uomini saggi hanno dato di qualcosa che è alla base dell'esistenza del tutto, che può essere osservata ed intuita ma non interamente compresa. Un qualcosa che deriva da quello che gli antichi chiamavano "la cosa in stato di miscuglio ancora in divenire", il che vuol dire compresenza caotica degli elementi costituenti che, grazie ad una forza non chiaramente compresa e conoscibile, ha generato i complementari che creano una nuova unità non più caotica ma armonica. In questo senso nel caos dimora la *possibilità* dell'armonia esattamente come nell'armonia esiste la possibilità del caos...

Inoltre, se vogliamo fare un esempio ancora più banale e radicato anche nella nostra tradizione filosofica, possiamo constatare agevolmente che per sapere che la luce è luce abbiamo bisogno dell'esperienza del buio esattamente come per sapere che il buio è tale abbiamo bisogno dell'esperienza della luce e similmente per tutte le cose. Per questo non si può dire che il male sia assolutamente male, poiché l'esperienza del bene sarà direttamente proporzionale all' intensità della conoscenza del male e in questo senso il male è uno strumento di conoscenza.

Questo principio lo ritroviamo anche nel Buddhismo, in cui si invita al rispetto e all'amore per le cose che ci danneggiano, in quanto preziosi maestri. Se il "male" e l'"oscurità" sono essenziali per la comprensione del "bene" e della luce" non possono essere caricati della valenza negativa che noi siamo soliti dare a questi termini. Per questo sono parte essenziale e complementare di quel supremo equilibrio di forze che è rappresentato nel Tao. Quindi nel Taoismo la separazione tra bene e male, tra buio e luce, femminile e maschile, yin e yang non è affatto netta o permanente, ma al contrario è uno stato temporaneo, come dicono i buddisti "occasionale", destinato a realizzare la sua aspirazione - questa sì - naturale all'unità.

Il supremo equilibrio delle forze complementari è la radice del bene ed è quanto l'essere umano dovrebbe ricercare in ogni sua attività. Io interpreto il Tao come il risultato di quella forza "divina" che spinge verso l'equilibrio, forza presente in ogni parte della natura quindi anche nell'uomo.

Per questo credo che i praticanti di arti marziali non dovrebbero rinnegare la componente "yin" della loro personalità e del loro modo di praticare, ossia quell'insieme di sensazioni, pensieri e comportamenti che per convenzione chiamiamo femminili. In questo senso mi spingo addirittura dire che allo stato attuale delle cose lo donne potrebbero avere maggiori potenzialità di eccellere nella pratica del kung fu, proprio perché esse non hanno remore e infondati pudori nel concedere spazio alla loro parte yang e "maschile", dal momento che nella società il maschile è visto come un principio superiore.

Auspico che i lettori traggano da questa pagina la volontà di riflettere e di approfondire la questione, cercando di leggere, anche dentro se stessi, con assoluta serietà ed equanimità, mettendo da parte alibi personali, giustificazioni morali o sociali e cercando invece di seguire la logica stringente che vede uomo e donna strettamente connessi ed indispensabili l'uno all'altra esattamente come lo yin e lo yang del Tao e, in quanto esseri umani, dotati degli stessi identici diritti ed orizzonti intellettuali, fisici e spirituali. Il mio più grande desiderio, in questo senso, è che ognuno di noi dia il proprio contributo affinché cessi l'attribuzione di comportamenti, sentimenti ed azioni all'uno o all'altro sesso, e che vengano pensati semplicemente come "umani".

è importante solo per noi, lo è soprattutto pensando a quelle donne che, in tutto il mondo, sono ancora sottoposte ad una sistematica e spesso abominevole privazione di dignità e libertà.

Roberta Belli
Aprile 2009




Non posso essere che felice nel vedere scritto ciò che è sempre stato il mio pensiero.

questo è articolo è fantastico!!! uno dei migliori articoli sul maschile/femminile che abbia mai letto in vita mia e che mi riguarda moltissimo da vicino dal momento che anche io pratico kung fu e che ho una parte maschile molto sviluppata. Veramente bello e illumimante! complimenti!

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