di Alain Danielou
Da "Siva e Dionisi", Ubaldini Ed.
L'universo è un'opera meravigliosa d'armonia, di bellezza, d'equilibrio. Sono possibili altri universi, fondati su altre formule. Quello in cui si trova l'uomo è il risultato di una scelta nel pensiero di quel principio immenso, inconoscibile, indefinibile, da cui sono nati gli dei, la materia e la vita.
Non può esserci nulla che non sia implicito nella propria causa. Se il pensiero esiste negli esseri, il pensiero è necessariamente parte del principio cosmico che li ha originati. Esiste dunque un pensiero universale, una coscienza universale, e la creazione non è soltanto un caso, ma la scelta di una volontà trascendente che l'ha voluta così com'è. Tutti gli elementi che costituiscono il mondo sono interdipendenti, sono parte di un tutto. Non c'è uno iato, una discontinuità nell'opera del Creatore. Il mondo minerale, il mondo vegetale, il mondo animale e umano, e il mondo sottile degli spiriti e degli dei esistono l'uno mediante l'altro, l'uno per l'altro. Non può esserci un vero approccio al divino, una ricerca del divino, una scienza, una religione, una mistica che non tenga conto di questa unità fondamentale del creato.
Vediamo comparire dal profondo dei tempi questa ricerca, questa sete di conoscere, di capire la natura del mondo, la ragion d'essere della vita, questo desiderio di accostarsi al principio creatore, di prendervi rifugio. E' una ricerca che, per essere valida, non può ammettere né barriere, né, a priori, non può ignorare alcun aspetto degli esseri o delle cose. Penetra nelle civiltà, nelle religioni, nei modi di pensare più diversi e li rimette inevitabilmente in questione.
Il sentimento dell'unità profonda del pensiero creatore e di tutti gli aspetti del creato resta sempre presente, sia pure allo stato latente, alla coscienza degli uomini, e basta che un messaggio degli dei venga a risvegliare questa coscienza per ricorda re ad alcuni di essi che l'unica via alla felicità, alla realizzazione di sé stessi è quella della cooperazione senza riserve all'opera del Creatore, nell'amore e nell'amicizia che devono unire le piante, gli animali, gli uomini e gli esseri sottili. Qui non si tratta di sentimentalismo, di amare il proprio giardino e il proprio cane, di dipingere le nuvole in rosa, ma occorre che l'uomo ritrovi umilmente il proprio posto in questo mondo selvaggio, magnifico e crudele che è opera degli dei. Se invece ignoriamo o rifiutiamo di vedere l'ordine universale in tutto ciò che costituisce il nostro ordine, fisico e mentale e i legami che ci uniscono, a ogni livello, al mondo naturale e cosmico, attiriamo su di noi la follia distruttrice che è manifestazione della collera degli dei.
Le due fonti della religione
Il fenomeno religioso, dopo la nascita delle civiltà urbane, si è manifestato e concretato, presso i popoli sedentari, in due forme opposte e contraddittorie. L'una è legata al mondo della natura, l'altra all'organizzazione della vita collettiva nelle città.
La religione primordiale rappresenta l'insieme degli sforzi dell'uomo per capire la creazione, per armonizzarsi con essa penetrarne i segreti, cooperare all'opera del Creatore, accostarglisi, identificarsi con lui. Quest'approccio non separa la sfera corporea da quella intellettuale e spirituale cui è indissolubilmente legata. Il corpo è lo strumento di tutte le realizzazioni umane e come tale va trattato, come insegna lo Yoga. La creazione nella sua totalità, la sua bellezza, il suo rigoglio, la sua crudeltà, la sua armonia, è l'espressione del pensiero divino, è in qualche modo la materializzazione, il corpo di Dio.
Solo coloro che comprendono il loro posto tra gli alberi, i fiori, gli animali, possono realmente accostarsi al mondo degli spiriti e degli dei, immaginare il piano del Creatore, presentire la gioia del divino. Per l'uomo consapevole che la creazione non soltanto è opera divina, ma è la forma stessa del divino, ogni essere, ogni vita, ogni atto assume un carattere sacro, diventa un rito, un mezzo di comunicazione col mondo celeste.
"Conformarsi a ciò che si è, è dharma" ("Svalaksana dharanad dharmah"). Dharma è un vocabolo che significa "legge naturale". Conformarvisi è l'unica virtù. Non c'è altra religione che la realizzazionedi ciò che si è per nascita, natura, atteggiamenti. Ciascuno deve recitare come meglio può la parte che gli è stata assegnata nel gran teatro della creazione.
L'altra forma di religione è quella della città, della società degli uomini. Essa pretende d'imporre sanzioni divine a convenzioni sociali. Innalza delle leggi umane ad atti sacri. Serve di scusa alle ambizioni degli uomini che pretendono di dominare il mondo naturale, di servirsene, di attribuirsi una posizione unica a detrimento delle altre specie, vegetali, animali, persino sovrannaturali. C'è voluta la strana e malefica perversione dei valori nelle civiltà e nelle religioni moderne che caratterizzano il Kali Yuga, l'Età dei Conflitti in cui ci troviamo, perché l'uomo rinunciasse al proprio ruolo nell'ordine cosmico che comprende ogni forma di essere o di vita, per interessarsi solo a se stesso e divenire il distruttore dell'armonia del creato, lo strumento cieco, vanitoso e brutale del proprio declino. Sotto l'influsso delle concezioni religiose rudimentali dei conquistatori nomadi le religioni della città assunsero un carattere antropocentrico che in origine non era palese. I popoli nomadi non hanno un vero contatto col mondo della natura. Non vivono in comunità con dei, alberi, animali, a meno che non si tratti di quelli che hanno asservito o addomesticato.
Si portano appresso i loro dei e le loro leggende e più degli altri sono predisposti alla semplificazione monoteistica, a considerare la natura come un insieme di pascoli anonimi, che essi sfruttano e distruggono, e gli dei come guide al servizio dell'uomo. In origine tutte le religioni antidionisiache sono religioni di nomadi, siano essi Ari, Ebrei o Arabi, tendono a conservare questo carattere, anche quando i nomadi sono divenuti sedentari. Ogni religione che consideri i propri fedeli come eletti i quali pretendono d'aver ricevuto da un dio il diritto e il dovere di propagandare le loro credenze, i loro costumi, e di distruggere o asservire gli "infedeli", non può essere che un'impostura. Le crociate, le missioni, le guerre sante sono maschere dell'egemonia e del colonialismo.
La religione della città doveva trovare giustificazione nell'illusione monoteistica. "Il numero uno, dicono i Tantra, è il simbolo dell'illusione".
Fonte:
www.enciclopediaolistica.it