LA NUOVA PIAZZA? IL CENTRO COMMERCIALE
"Più della metà dei frequentatori non va per comperare necessariamente qualcosa ma per passare il tempo libero, fuggire al caldo della città, vedere gli amici". Non più contenitori anonimi per merci a buon mercato, ma cittadelle parallele. La nuova tendenza: abbandonare le periferie e ritornare verso i centri storici Hanno abbandonato da tempo quell´aria di contenitori anonimi dove si vendono merci a buon mercato. Sono diventati cattedrali del consumo dove si passa il pomeriggio facendo zapping tra i negozi in cerca dell´oggetto che appaghi il desiderio, il luogo dove girovagare senza meta a caccia di un acquisto, di uno stimolo o, come dicono gli studiosi di marketing, di un´identità.
In Italia gli shopping center si trasformano e conquistano nuovi spazi. Negli ultimi 5 anni sono quasi raddoppiati, il picco è stato l´anno scorso quando ne furono inaugurati 40: tra gli insediamenti aperti 5 superavano i 50mila metri quadrati, con il Sud come zona geografica più coinvolta. Tra nuove aperture e ampliamenti c´è stato un aumento della superficie di quasi 3,5 milioni di metri quadrati. Nuovi spazi per le merci ma soprattutto altri scenari per il consumo di massa. Sono passati infatti più di trent´anni da quando fu aperto il primo centro commerciale, era il 1971, vicino Bologna, subito mal visto dai piccoli negozianti che ne intuirono la potenziale minaccia. Metro dopo metro, gli shopping center sono cresciuti, proponendo al consumatore esigente ma frettoloso, qualcosa di sempre più prezioso: non solo il risparmio di soldi ma soprattutto di tempo. Il salto di qualità arriverà poi negli anni ´90, ma è all´inizio del nuovo secolo che la trasformazione si è completata, da shopping malls sono diventati shopping and entertainment centres, cittadelle parallele a quelle reali dove si alternano incontri ed eventi, negozi e servizi, simili a piccole fortezze dove tutto è studiato per conquistare un consumatore sempre più imprendibile, disaffezionato e infedele.
«Per avere un´idea della consistenza del fenomeno basti pensare che il 20% delle nuove aperture negli ultimi 5 anni ha riguardato proprio questo tipo di insediamenti», spiega Gabriella Paolucci, autrice insieme ad altri ricercatori di un saggio di prossima uscita sui centri commerciali di seconda generazione, La città in vetrina, curato da Gianfranco Amendola, edito da Liguori. «Pensiamo al Bicocca Village di Milano, al Molfetta Fashion District costruito a Bari o al Leonardo a Roma, sono spazi che ricostruiscono una città fantasmatica in chiave Disneyland, un spazio-fortezza dove tutto - dalla mancanza di percorsi esterni per pedoni fino alla assenza di orologi - concorre alla costruzione di un luogo che si contrappone alla città». Si cammina nei viali dove vengono ricostruiti i centri storici, tra edifici falsi come le quinte di un teatro, simulazioni per sedurre una clientela che appare però sempre meno disposta ad acquistare. «Da una indagine emerge che solo il 36% dei frequentatori dei centri commerciali va per comprare qualcosa, il 55% li usa come luogo per le attività del tempo libero. Il 20% non acquista nulla e si reca solo per l´intrattenimento, in particolare i più giovani, quelli tra i 15 e i 24 anni», dice Gabriella Paolucci.
Uno scenario confermato anche da una ricerca Censis del 2004: il 39% degli intervistati percepisce il centro commerciale come un luogo "attraente" per le relazioni sociali. Luoghi dove girovagare senza uno scopo preciso, sedotti dalla rappresentazione di tutte le merci possibili, di tutti i desideri possibili. «Si va per passare il tempo, è quello che fanno soprattutto i giovani ma anche persone che non vogliono raggiungere il centro della città. Ci vanno gli anziani d´estate, cercando un posto dove poter star bene senza comprare. Ci vanno le persone che non hanno spazi ricreativi nella loro zona. Gli ultimi studi hanno dimostrato che più si sta in un centro commerciale e più diminuiscono le possibilità di acquisto», dice Carlo Meo, amministratore delegato di Marketing&Trade, che ha curato un´indagine sui giovani e il consumo. E sono proprio i giovani la clientela più affezionata, ma loro vanno per «altro»: per «stare con gli amici», «nei pomeriggi di pioggia», per «trovare la gente giusta», «per divertirsi».
Meno per comprare. Ed è così che ora, giunti alla massima espansione, si studiano nuove formule. «Finita la conquista del Sud siamo arrivati ad una saturazione ma qualitativamente c´è una continua evoluzione, si pensano a nuove soluzioni: centri commerciali a tema, per giovani, luoghi con più servizi e meno supermercati. La nuova tendenza è il recupero dei centri storici e delle aree di archeologia industriale, della memoria urbana, da trasformare in "concept", progetti totali dove il cliente è visto anche come uno che va per godere di uno spazio, di un modello di vita e non solo per riempire il carrello». La Repubblica, 6 novembre 2006
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