DEPRESSIONE
Ciò che chiamiamo depressione è uno stato d'animo che ha diverse cause e manifestazioni e che quindi deve essere affrontato in modi diversi. E' importante capire ogni forma nella sua specificità per affrontarla nel modo migliore, nel modo più realistico possibile, con la consapevolezza di quello che non c'è bisogno di fare oppure di quello che si potrà fare o che non si potrà fare. In alcuni casi la depressione è uno stato transitorio, è un episodio circoscritto, delimitato nel tempo: ad esempio, siamo depressi perché siamo stati abbandonati, oppure perché abbiamo vissuto un fallimento lavorativo o sentimentale. Nessuno pensa che queste forme di depressione sono delle malattie, perché esse sono perfettamente adeguate alla realtà che la persona sta vivendo. In questi casi verrebbe anzi da dire: è giusto essere depressi quando si ha perso un amore oppure quando non si è riusciti in una impresa a cui si teneva. Anzi, in questi casi se una persona non è depressa abbiamo qualche ragione di pensare che forse non provava un sentimento amoroso verso il partner perso, né dava una vera importanza all'impresa che non è andata in porto. Quando poi, la persona perduta è morta, allora subentra una reazione depressiva che è più giustamente e comunemente nota come lutto. Il lutto è questo: la reazione di fronte a qualcosa che abbiamo amato, quindi un sentimento che deriva dal senso di perdita connesso a una persona che aveva per noi grande valore. Si può provare lutto quando ciò che abbiamo perso è per noi di grande valore. Ugualmente, si può soffrire di essere stati lasciati, di non avere superato una prova scolastica, lavorativa o sportiva, perché tenevamo molto ad essa; la tristezza in questi casi è proporzionale al valore che davamo alla cosa che non siamo riusciti ad ottenere. In questi casi, la tristezza è una reazione adeguata, rispetto al nostro investimento emotivo; come nel caso dell'investimento finanziario, ad un grande investimento segue una grande sofferenza se l'affare non da' i frutti sperati.
Altre forme di depressione, che possono anche mettere in pericolo la vita o che intaccano profondamente la vita quotidiana ( con una intensità e una durata giustamente preoccupanti) appaiono, a prima vista, meno giustificate delle forme che abbiamo appena trattato. In alcuni di questi casi la persona può dire che un certo episodio ha innescato la depressione; ma riconosce facilmente che c'è qualcosa di eccessivo nella sua reazione e soprattutto che c'è qualcosa di non del tutto razionale. Si può arrivare a constatare che la depressione, o le alterazioni improvvise dell'umore, hanno fatto parte da sempre della propria esistenza. Si può così osservare che queste forme di depressione sono in sostanza inspiegabili o difficilmente spiegabili. Si può dire che quando la depressione diventa ancora più grave, quando appare nelle forme in cui si alterna allo stato maniacale il grave problema di umore, è ancora più inspiegabile; in certi casi l'episodio scatenante, che può essere ricordato, non è chiaramente connesso con il sentimento che ha prodotto. Tuttavia anche in questi casi la depressione è una reazione perfettamente adeguata: non è adeguata al mondo esterno, ma lo è rispetto al mondo interno della persona. Questo è un aspetto su cui è necessario richiamare l'attenzione. La depressione, anche in questi casi, non "piove dal cielo"; cade certamente in modo brusco e tremendo nella vita della persona, ma con una causa. E' vero che in questi casi lo stato che si produce è fonte di grande sofferenza; è vero che è una reazione affettiva che dobbiamo arrivare ad arginare; ma essa ha un significato per la persona. Per queste ragioni, può essere utile alla persona depressa, anche quando soffre di una forma grave di depressione, ampliare la coscienza e consapevolezza dei propri stati emotivi e essere aiutato a esprimere i propri pensieri. Nei casi gravi può rendersi necessario una seria valutazione di tipo anche farmacologico. Ma anche in questi casi la persona può trarre un grande vantaggio dal conoscersi meglio, dal saperne di più su sé stesso; peraltro questo lavoro può affiancare anche un trattamento farmacologico: si è verificato, in numerosi casi, che esso ha una grande efficacia anche sulla terapia farmacologica stessa, poiché rende più pensato e consapevole il rapporto con il farmaco.
Ampliare la propria coscienza non consiste soltanto nel riflettere sugli eventi attuali e sulle reazioni emotive attuali, ma anche nel riflettere sulla propria vita e individuare quali timori e angosce hanno maggiormente inciso, accanto a quali valutazioni su di sé e sugli altri. Riflettere sulla propria storia è come completare un libro incompleto, come cioè scrivere i capitoli che sono rimasti in bianco perché la persona provava una senso di Sé negativo e svalorizzato. Quando questo accade anche la persona depressa può trarre grandi benefici, perché può ammettere nei suoi pensieri delle emozioni che fino a quel momento non potevano essere considerate. Quando si arriva a questo si vede che ciò di cui si soffriva era proprio una specie di falsa coscienza. Si constata cioè che moltissimi individui vivono una condizione paradossale: essi chiamano "coscienza" ciò che invece è una "falsa coscienza", condizionata e illusoria, mentre ciò che non era cosciente fino a quel momento, si è rivelato essere il loro vero io. In questo modo si impara come si è veramente fatti; le proprie debolezze o inclinazioni criticabili, assumono una diversa luce e così, non più respinte in modo automatico, divengono anche maggiormente utilizzabili e governabili. Soprattutto, si impara a prendersi il diritto a dire quello che si ha in mente - conquista che può sembrare cosa da poco, ma in realtà è qualcosa di prezioso perché è il primo passo per fare valere nella vita i propri desideri e i propri progetti.
Spesso infatti, nella vita adulta la necessità di farsi una posizione, di inserirsi nella società, in un sistema, continuano a costringere l'individuo a reprimersi, a seguire le esigenze collettive, anziché le sue esigenze individuali, così la 'maschera' si consolida, e la scissione fra l'io falso e il Sé autentico si fa sempre più profonda. È per questo che il depresso può vivere, fino ad un certo punto della sua vita, una vita sociale a cui non manca nulla dello standard comune della normalità, mentre in realtà egli già soffre le pene della sua infelicità. E' necessario che la persona sia convinta che la sua vera individualità esiste anche se è inconscia e preme continuamente per manifestarsi, per esprimersi. E' ormai un fatto accertato che esiste nell'essere umano, a fianco di una tendenza all'uniformazione, anche una tendenza a manifestarsi e questa tendenza non viene distrutta, ma può essere solo mascherata. Giunge un momento in cui la pressione del nostro Sé si fa sentire, più o meno fortemente e coscientemente, ed allora ha inizio il malessere, il conflitto, la crisi che prima o poi, porta al superamento della falsa 'coscienza' e al ritrovamento della propria realtà. Questa lotta tra la spinta a realizzarsi nell'autenticità e l'io superficiale, tra spiritualità e adeguamento alla volontà dell'altro, porta a profonde crisi, che possono essere vissute consapevolmente oppure manifestarsi solo come uno stato doloroso.
a cura di Silvia Cavalli, Luigi Colombo e Uberto Zuccardi Merli da mybestlife
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