SONO IN COLLERA PERCHE'
Sto guidando per raggiungere il posto di lavoro, sono ritardo. L’auto mi supera e mi taglia la strada. "beep, beep" allarme rosso! Il viso si infiamma e si contrae, gli occhi fissano il furbetto, i denti sono serrati, le mani si stringono…
Se fosse apparso lì un abitante della papuasia o dell’africa nera, o della campagna cinese o di qualunque luogo che ti può venire in mente, per quanto culturalmente lontano da noi, avrebbe capito cosa stava accadendo. Sì, perché la rabbia è un’emozione antica, primaria, universale: · si manifesta all’improvviso · non può durare a lungo senza trasformarsi in uno stato d’animo · è facilmente distinguibile da altre emozioni · provoca cambiamenti fisici ben precisi · è caratterizzata da un’espressione del viso universalmente riconoscibile La collera ha una sua funzione positiva: protegge dalle prevaricazioni degli altri, dà sfogo al nostro rancore evitando che l’accumulo di rabbia abbia conseguenze più negative, prepara alla lotta, magari non fisica, quando necessario.
Freud riteneva che le emozioni, se inibite, non svaniscono, bensì si sfogano improvvisamente e in direzioni non opportune. Tornando alla rabbia, non esprimendola si rischia di manifestarla contro la persona sbagliata o di sviluppare sintomi di natura psicosomatica.
Quindi, da una parte reprimere la rabbia o non provarla è rischioso: questa o esplode in direzione sbagliata e magari con maggiore potenza o rischiamo di venire prevaricati, di non difendere degli spazi propri, di non venire rispettati, dall’altra esprimerla in maniera incontrollata rischia di metterci nei guai o di farci compiere azioni di cui poi ci pentiamo.
Nell’impeto di collera la nostra mente si focalizza sulla causa scatenante e cancella tutto il resto, veniamo, come vuole il detto, "accecati dalla rabbia" in una spirale che si autoalimenta. Quale è allora il confine che separa la rabbia "buona", produttiva, che ci protegge, da quella "cattiva", dannosa, che ci mette in pericolo?
Naturalmente è una questione di intensità e proporzionalità rispetto al torto subito. Se reagisco al furbetto che mi taglia la strada semplicemente cambiando la mia fisicità o al limite imprecando contro di lui, probabilmente la reazione è corretta, mi sfogo, allento la tensione, non faccio danni. Se inizio una rincorsa tentando a mia volta di tagliarli la strada o lo obbligo a fermarsi e lo minaccio fisicamente, metto in pericolo la mia e l’altrui incolumità: ho sorpassato il limite!
Rischierò di passare il segno più sono convinto che l’atto dell’altro sia volontario, che abbia infranto un mio diritto o desiderio e/o un nostro principio "sacro", e tanto più sono convinto che la mia reazione possa essere utile alla causa.
Come posso controllare l’eccesso di rabbia? Prima di tutto chiediamo se sia possibile controllare la rabbia. La risposta probabilmente è "sì e no". Iniziamo dal "no". Non si può controllare la reazione primitiva, immediata, che parte dalla zona antica del cervello, la prima ad essere "colpita" dagli stimoli sensoriali.
Dopo la prima reazione, per fortuna, attraverso una "via" più lunga lo stimolo arriva alla corteccia cerebrale e la logica, il raziocinio controlla l’istinto primitivo, funzionale alla sopravvivenza nel passato, un po’ meno ai giorni d’oggi.
Allora iniziamo a esaminare i meccanismi di difesa individuati da Freud e sua figlia Anna: Azione: (re)agire, lo abbiamo visto, è utile se l’azione è commisurata all’azione scatenante Trasferimento: trasferire la rabbia su qualcos’altro (ad esempio battere il pugno sul cruscotto in auto) può essere un buon sistema per sfogare l’impeto (non è altrettanto un buon sistema insultare o prendersela con chi si trova seduto a fianco a noi!) Regressione: mordersi le unghie, masticare nervosamente chewing gum, fumare l’ennesima sigaretta (se serve a evitare il peggio può essere un buon metodo). Somatizzazione: muovere freneticamente le gambe o manifestare altri tic, dolore alla testa (funzionale ma decisamene poco produttivo e desiderabile) Isolamento: estraniarsi dalla situazione, soffocare le emozioni (utile se controllato e non portato all’eccesso) Formazione reattiva: adeguarsi alle pretese dell’altro (cercare di capire le ragioni dell’altro è senz’altro utile, questo non significa accettarle sempre e comunque) Razionalizzazione: mi chiedo se non avesse ragione l’altro, magari andavo troppo piano (come sopra, utile rifletterci su senza per questo dover giustificare l’altro sempre e comunque) Dissociazione: simile all’isolamento e alla somatizzazione, all’estremo significa giungere a svenire per uscire dalla situazione (se dovesse accadervi smettete di leggere questo a articolo e rivolgetevi a uno specialista, lo dico senza ironia) Proiezione: attribuire all’altro quello che noi pensiamo di lui (assolutamente improduttivo) Subimazione: incanalare la rabbia verso una pulsione o un’azione socialmente accettata, ad esempio denuncio l’automobilista pirata alle autorità o con una lettera su un giornale (utile) Soppressione: rivolgere l’attenzione altrove, pensare ad altro in quanto l’evento non è poi così importante (utile se non si bara sulla gravità dell’evento) Umorismo: divertirsi al pensiero di come sia "stupido" il comportamento dell’automobilista (utilissimo se l’azione scatenante non è grave: ad esempio non ha seriamente messo in pericolo la tua incolumità o quella di qualcun altro). Vediamo come si traduce tutto ciò nel processo di gestione delle emozioni che ho già illustrato e consigliato in questa rubrica:
1) Allenati ad ascoltare i segnali emotivi Se ti alleni ad ascoltare i segnali che invia il tuo corpo, riuscirai facilmente a interpretarli e a capire quando la collera è eccessiva. Per allenarti puoi tenere un "registro delle emozioni": tutte le volte che ti capita di arrabbiarti appena puoi rifletti su quello che hai provato e scrivilo sul registro. Scrivi il nome dell’emozione e le sensazioni che hai provato. Ti renderai sensibile alle modificazioni che avvengono nel tuo corpo e imparerai a riconoscere in tempo la collera prima che esploda.
2) Indaga sull’origine delle tue emozioni Perché stai reagendo così? Prendi come riferimento lo schema descritto sopra: · ritieni che l’altro l’abbia fatto apposta per arrecarti danno · che abbia infranto un tuo diritto o bloccato un tuo desiderio · che abbia infranto un tuo valore · è qualcosa che ha a che fare con un evento del tuo passato Riflettere sulle cause e magari parlarne con altri ha un effetto teraupetico, significa fare i conti e chiuderli con qualcosa che è presente e che continua a disturbarci. Una volta affrontato la partita si chiude. 3) Divertiti a scoprire il messaggio positivo dell’emozione Non farti prevaricare, fissare dei limiti all’invasività degli altri, difenderti da un attacco: una volta che lo scopo positivo è chiaro è più facile che la reazione sarà commisurata all’offesa. 4) Usa l’emozione a tuo favore sfruttandola per darti energia, positività e convogliandola verso comportamenti produttivi
Chiediti quale è la reazione più produttiva, cosa puoi fare per uscire da quella situazione e incanala la forza della rabbia, l’impeto, l’energia verso l’azione socialmente accettata e utile allo scopo. E per finire parla delle tue emozioni, descrivi ciò che provi infondendo fiducia a te stesso e aprendoti agli altri con sincerità. Così facendo creerai un rapporto empatico, gli altri ti apprezzeranno si creerà un’atmosfera perfetta per parlare e agire in libertà e civilmente.
Da Piuchepuoi - Adesso basta! Sono in collera perché di Eugenio Guarino
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