LA CLASSE EMPATICA ED AUTOEDUCANTE
di Blanche Varelle
• L'adolescente è personalità in formazione, crisalide di adulto; sentendo di non avere ancora un’ identità strutturata, “si affida” e poi “si adegua”, consapevolmente o inconsapevolmente, ai giudizi altrui sulla propria persona, soprattutto a quelli espressi da chi considera “autorevole”: genitori, insegnanti, parenti, compagni più grandi o leader del gruppo, ecc.
Egli va pertanto accompagnato in ogni modo nella ricerca di sé e del senso del proprio “essere al mondo”, rispettando incertezze, dubbi, e problemi che spesso appaiono insignificanti e risibili ad adulti che hanno “preso le distanza” dal proprio passato, talvolta per insensibilità, talvolta per mancanza di capacità di identificazione, talaltra per il timore di risentire le frustranti o dolorose sensazioni di impotenza e di disagio che hanno caratterizzato la loro personale adolescenza.
Il necessario atteggiamento di ascolto e attenzione porterà, beninteso, alla comprensione, e non certo ad un inopportuna e spesso deleteria “complicità” (“fai pure le tue esperienze, tutto ti è lecito”).
• Si eviteranno, pertanto, nel rapporto con l’adolescente alle prese con le sue crisi di crescita, pregiudizi, “etichette”, giudizi fissi ed immutabili nel tempo; implicite o esplicite aspettative di eventi infausti (“ti conosco e quindi so cosa aspettarmi da te”), ma si farà sentire che si è comunque, “dalla parte del ragazzo”, disposti a credere in lui, e anche più e più volte, quando la parola non è stata mantenuta e la fiducia è stata tradita.
Se il rendimento scolastico è scarso, oltre ad indagarne i motivi, si invierà il chiaro messaggio che è solo quello che viene valutato “insufficiente” e non la personalità globale dell’allievo, che riceverà comunque una valutazione di “più che sufficiente”. Dopo ogni insuccesso, si andrà insieme alla ricerca dei motivi spesso più profondi e meno evidenti che hanno determinato quel fallimento e si cercheranno nuovi strumenti, metodologie e strategie; talvolta, quando il malessere non è profondamente radicato, basta il calore dell’interessamento e del dialogo empatico a produrre il cambiamento e a “far fiorire” impegno e responsabilità.
• Eventuali atteggiamento disarmonici o disfunzionali al contesto scolastico, anziché rigidamente e costantemente rimarcati, potranno essere presi in considerazione come deformazioni o rovesci di caratteristiche più costruttive, immaturamente, parzialmente ed imperfettamente espresse, che sono in attesa di essere scoperte e gradualmente “sostituite” a quelle riscontrabili, attraverso un processo di ricerca e di evoluzione.
Tali comportamenti inadeguati andrebbero, inoltre, ogni volta che è possibile, analizzati e interpretati alla luce delle informazioni accessibili all’insegnante sulla famiglia e sul tipo di vita che il ragazzo conduce fuori della Scuola: sulla sua speranza, o disperazione; sulla sua autostima o disistima; sulla sua fiducia o senso di abbandono; sul suo progetto di vita o sul suo buio esistenziale.
• Proporre modelli di relazione “diversi” da quelli assimilati in altri contesti di vita e valutazioni di sé più positive ed ottimistiche rispetto a quelle, talvolta denigratorie, imposte dall’ambiente familiare, può essere una delle grandi sfide della Scuola.
Un più bene-volo atteggiamento permette all’adolescente di “proporsi” a se stesso e agli altri in modo nuovo, di scoprire parti di sé e confrontarsi con un inedito “identikit” di se stesso, capace di contribuire ad una maggiore autostima.
Vedersi proporre, invece, spesso, solo la foto “al negativo” di sé può portare a sensazioni di impotenza, rassegnazione e stasi; a comportamenti del tipo “faccio il minimo che mi è richiesto” e, talvolta, anche ad ottundimento delle capacità cognitive o a stati di cronica ribellione, silente o manifesta.
• Ci si porrà perciò, soprattutto all’inizio di un nuovo ciclo di studi - quando lo studente è alla ricerca di una modalità di rapporto personale con l’istituzione scolastica - in una posizione di “ricezione” delle esigenze che provengono dai singoli studenti che formano le classi e dalle classi, considerate Gruppi che perseguono comuni obiettivi evolutivi, umani e spirituali.
Le richieste possono andare da quelle più esplicite di supporto affettivo, che non potranno certamente trovare pieno esaudimento nel contesto scolastico, ma che vanno comunque tenute in debito conto nel rapporto docente-discente, a quelle più immediate: “guardami”; “studierò se otterrò attenzione e riconoscimento”; “non mi stimo quindi non mi impegno”; “sono troppo indietro, è inutile tentare”; “sono troppo stupido, mi sempre andata male a scuola, non capirò nulla”; “aiutami a crescere”; “mi sento isolato in classe”; “non so bene chi sono né cosa voglio diventare”; “sono sopraffatto dall’emotività”; “ho bisogno che mi rimandi un’immagine positiva di me, altrimenti non riesco a ingranare”; “la mia vita non ha senso”; “ai miei interessa solo il mio rendimento scolastico”, ecc.
Tali richieste e messaggi vanno, per quanto possibile, “letti” nei comportamenti; potrebbero essere quindi portate, con il dovuto tatto, alla consapevolezza dello studente, affinché egli possa affrontarli in una dimensione più matura e serena del rapporto con se stesso e con l’insegnante.
• Si terrà presente che i rapporti che si sviluppano all’interno della Scuola sono per gli adolescenti altamente significativi e rimangono spesso indelebili nella coscienza; i ragazzi ricercano e colgono, più che i contenuti proposti, i messaggi sottesi alla comunicazione, la “relazione” che l’insegnante stabilisce con loro, attraverso la quale essi cercano di “vedersi”, di definire più precisi lineamenti di sé.
Ed è spesso una fiduciosa ed empatica relazione con l’insegnante-persona (anziché con il “docente-di-ruolo”) che fa’ sì che il ragazzo risvegli capacità cognitive e creative inespresse o sopite, oltre che più adeguate capacità di relazionarsi agli altri.
L’insegnante si sentirà, perciò, qualunque sia il rendimento scolastico dello studente al quale si rapporta, mediatore di autostima e facilitatore di conoscenze e consapevolezze che contribuiscano a diradare sensi di inadeguatezza, di confusione e scarso senso di sé tipici dell’adolescenza.
• L’insegnante-persona ha una positiva immagine di sé, pur conoscendo i propri limiti; è attento ai processi evolutivi dell’allievo, oltre che ai risultati; a “come” l’alunno matura oltre che a “quanto” ha conseguito da un punto di vista strettamente scolastico.
Si presenta competente e professionale riguardo ai contenuti disciplinari ma non si nasconde dietro a un ruolo stereotipato; ha il coraggio di non mascherare i suoi sentimenti, di giocare apertamente come una persona vera. Rispetta i sentimenti, le opinioni degli studenti e i loro “sistemi di valori”; sa vedere “nelle” loro reazioni cogliendo empaticamente il loro modo di vivere il processo educativo, ma cercando tuttavia di allargare le loro percezioni.
• Terrà presente che i processi di apprendimento risultano più duraturi, persuasivi e significativi quando: - i “contenuti” sono avvertiti come rilevanti ai fini della realizzazione di bisogni, aspettative e interessi collegati alla realtà sociale e/o personale;
- lo studente si sente parte attiva del processo di apprendimento;
- nell’apprendimento sono coinvolti aspetti emotivi oltre che cognitivi;
- si tiene in giusta considerazione il fatto che l’apprendimento più utile nell’attuale contesto socio culturale è spesso quello che riguarda il metodo e il processo stesso dell’apprendere: l’essere aperti all’esperienza e al cambiamento;
- si tiene conto che la soluzione collaborativa dei problemi promuove mobilitazione emotiva e partecipazione al processo educativo. A tal proposito, potrà essere proposta, all’inizio dell’anno scolastico, una presentazione degli obiettivi da perseguire e degli itinerari da percorrere, costantemente riformulandoli e verificando la loro rispondenza ai bisogni-aspettative;
- si propongono, più che la valutazione esterna, l’autovalutazione e l’autoanalisi miranti a sviluppare autonomia e fiducia nelle proprie capacità di progresso.
• Il “potersi fidare” dell’insegnante e dei compagni stimola spesso creatività ed interessi e facilita il senso di appartenenza, la scoperta del proprio “ruolo nel gruppo”, del senso del proprio “essere in comunità” nonostante lacune e mancanze.
Il docente-educatore potrà proporsi, perciò, come “adulto di fiducia” cui potersi rivolgere come a chi ha già percorso quell’itinerario e che ha comunque interiorizzato “mappe” e “valori” che lo studente potrà verificare nella propria esperienza soggettiva e confrontare con le proprie conoscenze e la propria “visione del mondo”.
• L’insegnante si sentirà responsabile del “clima emotivo” della classe, ove sensazioni ed opinioni potranno essere, in tempi e modalità opportune, liberamente espressi.
In tal modo il ragazzo vedrà rispecchiate nei compagni i suoi stessi interessi e anche le sue stesse problematiche (di apprendimento, di relazione, esistenziali, ecc.) che gli appariranno perciò, avendole potute condividere, meno minacciose.
Sentendosi meno impotente di fronte ad esse, potrà più agevolmente liberare capacità ed energie.
• Al di là dell’acquisizione delle specifiche competenze disciplinari, lo studente sia sollecitato a ricercare il senso e il valore che le discipline scolastiche hanno per l’uomo e per il suo agire nel mondo.
Spesso si pongano, perciò, problematiche etiche, sociali, politiche, filosofiche, scientifiche, che non risentiranno dell’impostazione ideologica dell’insegnante, ma rimarranno “aperte”, per personali riflessioni dello studente. Si cercherà, cioè, di contribuire alla formazione di una coscienza complessa e critica che si ponga di fronte alla realtà con curiosità umana e desiderio di comprendere al di là delle informazioni e delle tecniche apprese, in un bisogno di interazione personale, attiva e vigile.
Si privilegeranno, pertanto, tematiche significative che possano fungere da “cardine” tra l’esigenza di conoscenza del mondo esterno e quelle di arricchimento interiore e di sviluppo “integrale”.
• Si terrà sempre presente che il ragazzo dovrà comunque percorrere, nel tempo trascorso a Scuola, un segmento significativo ed evolutivo della propria vita che potrebbe condurlo anche ad accettare i propri limiti e a scoprire i suoi “punti di forza”; a fondare, nel complesso, consapevolezze su cui basare il suo cammino di giovane adulto alla ricerca del suo specifico Compito di Vita.
Che ogni adolescente, a prescindere dai risultati strettamente legati al “profitto” scolastico, possa allontanarsi dalla Scuola con un personale Proposito, sia pur non ancora del tutto definito, e, innanzitutto, con “quanta più Speranza possibile”!
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