SUL FUTURO DEL CAPITALISMO
Con l'avvento della tecnologia avanzata, l'offerta è divenuta pressoché illimitatamente incrementabile. E ciò ha determinato l'interesse del capitale ad aumentare la domanda, finora frenata, per qualità e quantità, dal basso potere d'acquisto delle masse.
Ma neanche questo, ora, è più sufficiente.
All'inizio della rivoluzione industriale, qualunque merce venisse prodotta, prima ancora che essere una novità, soddisfaceva un'esigenza primaria.
Attualmente, più o meno appagato quel bisogno, si stenta a realizzare prodotti completamente nuovi, capaci cioè di proporsi come 'necessità di acquisto'. È come se si fosse determinata una specie di povertà dei ricchi; nel senso che 'tutti' hanno 'tutto', ma nessuno ha quello che veramente desidera.
Le attuali tendenze alla mondializzazione hanno inoltre invertito la rotta dei decenni precedenti. Le sacche di arretratezza cominciano a non essere più funzionali ai profitti, dato che la povertà non consuma e non compra nulla. Motivo per cui il capitalismo tenterà, nell'immediato futuro, di favorire la scomparsa della povertà (o, meglio, di aumentare la percentuale delle fasce ricche nei paesi poco industrializzati), poiché solo in tal modo potrà realizzare il mercato mondiale in tutta la sua ampiezza.
Se la borghesia, infatti, ha abbracciato la bandiera del pacifismo, è perché soltanto una società 'pacifica' può assorbire una gamma e una quantità crescente di nuovi prodotti.
È ovvio che questo tipo di pace (opportunistica) sarà mantenuta finché gli affari ne alimenteranno il bisogno, altrimenti cesserà ogni interesse a conservarla.
Anzi, è prevedibile che se in tempi abbastanza brevi non ci sarà una nuova generazione di prodotti a ridar fiato alle vendite, si porrà la ragionata necessità della guerra per riattivare la domanda. Cadrà così anche quest'ultima maschera umanitaria e antimilitarista!
Ma cosa ci serba il capitalismo nel futuro non prossimo?
Quali potranno essere i suoi nuovi scenari?
L'ago della bussola va sicuramente verso la fine dell'Età del Lavoro. E quell'evento coinciderà con la realizzazione degli 'Esseri Tecnologici', cioè di 'soggetti artificiali' capaci di sostituire gli uomini in ogni fase del processo lavorativo.
L'elemento inedito di queste macchine sarà la loro completa 'autonomia'. Nel senso che avranno la capacità di accrescere il proprio apprendimento, di 'partorire' altre macchine e di eseguire ogni tipo di operazione: dalla progettazione alla costruzione, dalla consegna al riciclaggio.
Quando compariranno tali Esseri, esauritasi la necessità di lavorare, verrà a dissolversi anche l'attuale struttura politica e culturale, poiché attorno al lavoro è stata costruita non solo l'organizzazione dei bisogni materiali, ma anche larga parte della concezione ideale della società.
Per l'attuale assetto economico, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, giacché, venendo meno il lavoro, verrebbe meno anche il criterio che determina la formazione del valore della merce. E, rompendosi il meccanismo con cui si forma il denaro, il funzionamento del capitalismo potrebbe entrare in caduta libera.
Bisogna stare attenti, però, a non cadere nell'attesa fatalistica del crollo del 'sistema' o a concepire come automatico il passaggio all'Utopia.
Prima di tutto perché 'infinite' possono essere le nuove vie del capitalismo. E poi perché da nessuna parte sta scritto che questi nuovi scenari preparino le condizioni per la qualità della vita richiesta dall'Utopia.
Gli Esseri Tecnologici potrebbero, difatti, svilupparsi anche in regime di proprietà privata dei mezzi di produzione e dar luogo a nuove forme di oppressione sociale compatibili perfino con la soppressione del denaro.
- Testo integrale del libro Preludio alla Società dell'Utopia
- Pubblicato dalla Casa Editrice Editing & Printing
- ISBN 88-900133-0-3
- Printed in Italy, gennaio 1997
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