L' ECONOMIA DI COMUNIONE
È la legge dell'Economia di Comunione inventata da Chiara Lubich. Vicino a Firenze c'è un Polo di aziende che, credendoci, divide gli utili in tre parti uguali: per reinvestirli, per beneficienza e per la formazione. Vediamo se funziona. Vuoi far crescere la tua attività? Destina un terzo dei profitti ai poveri, un terzo reinvestili nell’azienda e un terzo impiegalo per la formazione di un’umanità nuova. È la regola dell’Economia di Comunione (EdC) un modello di impresa ideato da Chiara Lubich - la stessa che ha fondato il Movimento dei Focolari - e che viene applicata a Loppiano in provincia di Firenze.
Qui un polo di 23 aziende la segue da tre anni con il risultato che continuano a crescere nonostante la crisi. A ottobre, a Loppiano, è stato aperto anche un Poliambulatorio Risana e la sede dell’Associazione industriali Valdarno. In teoria funziona così: le imprese condividono i loro utili con la comunità - e in particolare con gli indigenti - e ricevono in cambio una spinta motivazionale tale da diventare più produttive e più profittevoli. In questo modo riescono ad avere un processo di produzione completamente trasparente nel rispetto non solo della legge, ma anche delle persone e dell’ambiente.
In realtà, queste aziende, grazie anche alla loro immagine etica, hanno accesso a un sistema di relazioni e di sostegni finanziari che permettono di far quadrare i conti. Nel 2009 più della metà dei fondi gestiti dal progetto EdC erano contributi personali destinati al volontariato e, intorno a Loppiano, il movimento dei Focolari ha ricevuto in donazione più di 200 ettari di terreno. Con le parole di Alberto Ferrucci, già vice presidente della Erg, oggi imprenditore nel campo della raffinazione del petrolio e membro della commissione internazionale di EdC: «Tante volte nei rapporti con le persone non conta tanto la battaglia per il prezzo quanto l’apprezzamento del lavoro che si fa. Il fatto è che non solo si vive meglio avendo intorno gente che ti vuole bene, ma si trovano anche nuove opportunità di sviluppo».
Intraprendere insieme
Il Polo Lionello accoglie imprese appartenenti ai settori più diversi, tanti negozi, ma anche aziende edilizie, assicurative e manifatturiere. Opera qui anche un promotore finanziario, Mauro Bracci, che ha un passato da assicuratore: «Lavorare per provvigioni rischia di portarti a trascurare il servizio ai clienti e io volevo sottrarmi alla pressione della compagnia di assicurazioni per fare qualcosa di più nobile», racconta, «così quando è nato il Polo ho iniziato a collaborare con Banca Etica. Per l’istituto era la prima esperienza di finanziamento di una realtà estranea al mondo no profit, oggi invece abbiamo addirittura una carta di credito dedicata a EdC: la banca destina le provvigioni ai progetti di formazione del movimento». Non è l’unico contatto di Economia di Comunione con la finanza anzi, in giro per il mondo EdC gestisce diverse attività di microcredito e conta tra le sue imprese la terza banca agricola delle Filippine. Per mettere in comunicazione tra loro le esperienze internazionali di EdC è da poco partito dagli Stati Uniti un sito Internet con la mappa delle diverse aziende e iniziative di scambio e di partnership.
La condivisione è infatti un aspetto importante del progetto,al punto che il 16% degli utili destinati ai poveri va alla creazione di nuovi posti di lavoro, in altre parole al sostegno di imprese in difficoltà come per esempio la Cooperativa Tassano di Sestri Levante.
«Per noi è fondamentale imparare a stare insieme,» spiega Paolo Maroncelli, amministratore delegato di E. di C. spa, la società ad azionariato popolare che gestisce il Polo Lionello «Vivere il progetto di Economia di Comunione è uno stile di vita e una cultura del dare che si può costruire solo insieme». Maroncelli non ha dubbi su quale sia la vera forza del movimento: «Diciamo sempre di avere un socio occulto,» confida, «l’Eterno Padre, e credere nella Provvidenza ci ha sempre aiutato. Per esempio al Polo c’è Azur, che produce prodotti per l’infanzia come culle o passeggini. L’anno scorso ha avuto un momento di grande difficoltà perché ha concorrenti molto agguerriti e costi altissimi: produce tutto in Italia e con la massima attenzione alle esigenze del bambino. Ma ha continuato a credere nella sua diversità ha puntato sul Made in Italy come leva di marketing. Già quest’anno ha avuto commesse maggiori e aumentato il suo fatturato. Di esperienze di questo tipo ne abbiamo viste parecchie».
La solidarietà innovativa
Parla Stefano Zamagni - Economista dell’Università di Bologna e consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Come può essere competitiva un’azienda che destina un terzo dei profitti ai bisognosi e un terzo alla formazione?
Oggi per essere competitivi bisogna innovare. Ora, quando il lavoratore vede che la propria impresa è in grado di unire efficienza e solidarietà dà il meglio di sé, è più motivato e più innovativo. Il suo sforzo lo fa volentieri perché vive bene il suo lavoro. Ecco perché le imprese Economia di Comunione hanno successo e riescono a sostenere gli alti costi di produzione dovuti al fatto che non sfruttano i lavoratori, non evadono le tasse e non inquinano.
Perché l’Enciclica Caritas in Veritate parla dell’Economia di Comunione (EdC)?
L’EdC è un esempio di impresa che è riuscita a unire la produzione del reddito alla sua redistribuzione. Mostra che è errato il convincimento secondo il quale, nel mondo dell’impresa, si deve guardare solo all’efficienza mentre, per la dimensione sociale, si deve invocare l’intervento dello Stato. L’EdC non è il solo modello di impresa che coniuga efficienza e solidarietà: le cooperative, per esempio, sono nate nell’800 con questi obiettivi e oggi ci sono le imprese sociali ed esperimenti di produzione tra pari (commons based peer production). La mia previsione è che, in futuro, i diversi tipi di impresa alternativi alla tradizionale azienda capitalistica cresceranno, perché quel modello fa acqua da tutte le parti.
Crede in uno sviluppo dell’EdC fuori dall’ambito dei Focolari?
L’Edc è un modello molto legato alla spiritualità focolarina. Si definisce una “minoranza profetica” che esercita un’azione di richiamo, una specie di campanella che suona per attirare l’attenzione degli imprenditori sulla possibilità concreta di unire efficienza e solidarietà.Non vuole conquistare tutte le imprese, d’altra parte non è mica da tutti essere profeti.
Un esempio isolato non può funzionare
Lo dice Pierangelo Dacrema Economista dell’Università della Calabria
Si può basare l’attività di impresa sul dono come fa Economia di Comunione?
Un’economia del dono può funzionare nel momento in cui si trasforma in un fatto educativo e ha un largo seguito. Potrebbe dare dei risultati brillantissimi nella lotta alla povertà. Per essere risolutiva, però, deve essere una manovra corale e per questo è necessaria una piccola rivoluzione sul piano giuridico e culturale. Finché il bilancio continua ad avere certe regole, un’impresa orientata al benessere collettivo ha le mani legate. Occorre da un lato una legislazione diversa e dall’altro una mentalità nuova, più elastica e pronta a recepire e affrontare i difetti del sistema.
In che senso?
Oggi un’impresa che guarda alla solidarietà è di fatto incompatibile con il sistema finanziario.Faccio un esempio: prendiamo un’impresa alimentare che soffre di un eccesso di capacità produttiva. Potrebbe avere tutto l’interesse a produrre di più e donare parte dei sui prodotti a una comunità indigente con un evidente profitto sociale. Se lo facesse, però, questa impresa fallirebbe, in quanto affronterebbe costi superiori ai ricavi. Perché possa mantenersi sul mercato dobbiamo immaginare che questa impresa, proprio perché decide di aiutare chi sta male, può godere di un sistema di relazioni e di sostegni finanziari molto concreti che la aiutano ad aggiustare i conti. Nel nostro modello economico, infatti, un’impresa che non fa quadrare i conti non sta in piedi ed è per questo che il piano etico si stacca da quello economico e confliggono.
Fonte: Economia di Comunità
Sono un socio , e sono stato colpito da questo processo innovativo di produttività dal primo giorno che si compose questa società.
Ricordo che ero a loppiano in occasione di una visita parrocchiale a fine anno, coincidente con la prima riunione di formazione e di discussione sul progetto di economia di comunione.
Ne fui cosi entusiasto che non ci pensai due volte a comprare due quote di azioni.
Oggi sto pensando, nella mia piccola attività di rappresentanza famigliare, di creare una società di servizi e di applicare una regola in parte somigliante alla vostra.
Una parte ai poveri (magari quelli della porta accanto) una parte reinvestiti nell\\\\\\\\\\\\\\\'azienda e una parte per la sopravvivenza.
Le % delle parti non saranno fisse,possono variare in funzione del momento.
Chiedo a voi un parere.
Vi chiedo un parere sul nome da dare all\\\\\\\\\\\\\\\'azienda :
Gli darò questo nome : \\\\\\\\\\\\\\\" Go-el innovation \\\\\\\\\\\\\\\"
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