ECONOMIA TOSSICA E LAVORO REALIZZATO
di Rick Jarow
Rick Jarow è autore del libro Crea il Lavoro che Ami (edizioni Fiorigialli) La scuola di orientamento a un lavoro “anti-carrieristico”, di cui è iniziatore, non riguarda la semplice ricerca di un impiego, ma tende a individuare e incoraggiare l’espressione della vera identità personale, della voce interiore in azione nel mondo del lavoro. Ascoltare, riconoscere e assecondare la nostra più autentica vocazione sono le fondamenta del processo graduale e pratico di questo seminario. Lo scopo è renderci consapevoli delle condizioni necessarie per realizzare una carriera autonoma e in risonanza con i livelli personali e i propositi più profondi. Le tecniche usate da Jarow sono in grado di portare alla luce e sostenere attivamente le intuizioni personali, di trovare motivazioni e discipline per valorizzarle e svilupparle.
Esplorando le proprie risonanze, le proprie dinamiche familiari e lavorative, è possibile far emergere le vere priorità e la visione creativa su cui basare il successo delle proprie scelte. Riportiamo un suo articolo su ECONOMIA TOSSICA E LAVORO REALIZZATO.
Il termine "economia" ha assunto una connotazione talmente onnipresente e saturata dai media da arrivare ad emulare il mondo dell’Olimpo, dimora degli dei con le loro potenti preghiere e maledizioni, che torreggia sull’umanità. Come un motore monolitico che funziona autonomamente, l’"economia" progredisce trascinando tutti con sé.
Non c’è da stupirsi che il World Trade Center sia stato scelto per un attacco-bomba terroristico: il WTC era infatti diventato la più imponente icona del potere dell’economia globale, così potente che la sua distruzione fisica non sarebbe stata nient’altro che un’altra fase del suo costante processo di rinnovamento. Questo perché il mercato internazionale è diventato la nostra realtà sociale dominante.
Basta pensare che le decisioni familiari dipendono dalla fluttuazione giornaliera dei tassi di interesse e che i lavoratori hanno bisogno di essere preparati per districarsi nella complessità dei conti per essere in grado di pagare le tasse, per prendere atto che siamo stati colonizzati da un diverso tipo di regime.
Ormai entrare in banca oggi è uguale a come quando, una volta, si andava in chiesa e i soli sommi sacerdoti della finanza conoscono i rituali esoterici delle transazioni, delle oscillazioni dei titoli o dei finanziamenti aziendali, meccanismi che determinano l’ascesa e la caduta di intere nazioni. È indubbio che l’economia, oltre a partecipare alle leggi della natura, costituisce l’elemento più basilare delle dinamiche e dei meccanismi più intimi della cultura. L’etimologia della parola "economia" deriva dal greco "oikos", "casa" e "olkovopia", "gestione del nucleo familiare".
Si diceva che la famiglia tradizionale romana fosse governata da Giunone, dea della famiglia. Vivere in una casa e partecipare alle sfide che essa riserva, con la sua complessa rete di interrelazioni che inseriscono lo scambio economico in fitte reti di parentela e relazioni sociali, questo è il senso originale dell’"economia". Ebbene, per qualche ragione, una forma molto particolare di economia si è sviluppata da questa radice, caratterizzata dalla presunzione dominante secondo la quale il modo principale in cui gli individui creano un legame tra di loro è producendo e vendendo merce reciprocamente.
Se si esaminano attentamente gli attuali rapporti di scambio tra venditori e acquirenti, si riscontra tuttavia che questo costante movimento e attività frenetica sono accompagnati da uno straordinario livello di tossicità. Sul piano letterale, le tossine sono dei veleni presenti nel nostro sistema biologico che vengono trasportati attraverso la circolazione sanguigna depositandosi spesso in diversi organi. Si può inoltre notare che le tossine hanno anche delle manifestazioni correlative metaforiche che trovano espressione nel nostro flusso vitale, in quanto, osservando le dinamiche energetiche del principale scambio di mercato, ci si accorge che esiste un sistema economico avvelenato ed un campo altamente tossico.
Ma come si manifesta questo veleno nel mondo socio-economico? Quali sono i suoi sintomi? Sono gli stessi sintomi descritti dagli autori romantici e rivoluzionari dei secoli precedenti (William Blake, Karl Marx ed altri della stessa corrente): grande disuguaglianza e lavoro alienato sostenuti da mitologie minuziosamente congetturate dalle classi dirigenti, con la differenza che ora sono amplificate dalla tecnologia e da una nuova "economia funzionale" mirata alla massima produttività al minimo costo. Con questo non si vuole affermare che la realtà fosse diversa in un qualche passato idilliaco, ma che comunque l’economia di quartiere, all’interno della quale si conosceva personalmente il venditore o l’acquirente, è scomparsa. Il modello di scambio monetario che avviene nel contesto relazionale, secondo il quale, ad esempio il droghiere chiedeva al proprio cliente come stava la famiglia, è stato soppresso.
Per dirlo con le parole di Paul Hawkin, siamo passati da una dinamica di scambio basata sul cliente ad una basata sul consumatore. Se paragoniamo i bazar indiani e mediorientali, pullulanti di vita, di una miriade di odori e reti di relazioni, ai moderni centri commerciali – caratterizzati dalle tradizionali politiche distributive cosiddette “brick and mortar” o che integrano le politiche distributive online e off-line cosiddette “click and mortar” – non si può che essere depressi. Chiunque sia stato in uno di questi posti, nei quali i clienti sono trattati con ospitalità e cura, o dove persino la contrattazione sul prezzo costituisce una parte rituale dello scambio, fatica a ritornare nel mondo senza volto fatto di "carte di credito e nome della madre da nubile".
Il punto è che sotto la continua pressione della produzione e del consumismo, troppe persone non osano prendere in considerazione che più si acquista, più si ha bisogno di farlo, perché è poca la soddisfazione insita nell’atto di acquistare o vendere in sé. Immaginate di acquistare qualcosa di assolutamente nuovo o con ogni sorta di accessori e gadget e di non essere in grado di parlarne a nessuno! Non è in realtà il contatto, lo scambio umano energetico che desideriamo, al quale aneliamo e del quale non possiamo fare a meno? E in assenza di ciò, quanti di noi sono diventati dei rottamai ambulanti, pieni di "roba", non per propria volontà, ma perché non sappiamo cos’altro fare?
Discariche tossiche che non si smaltiranno in un millennio, montagne di copertoni di gomma usati, paesaggi sempre più sommersi da asfalto e fumo, pesci pieni di mercurio che galleggiano sulla pancia: queste sono le immagini dei modelli di scambio interpersonale in crisi. Rifiutando di riconoscere quel diffuso senso di insoddisfazione che non passerà con l’introduzione di nuovi prodotti, l’economia, come transazione tossica, continua a spingere la cultura generale verso la strada non solo dell’eccesso, ma della frenesia disperata. Dietro allo scambio di beni e servizi ci sono i valori. Ma da dove provengono i valori? Sono ereditati? Sono consapevoli? Possono essere trasformati? E se sì, come? Queste sono le domande fondamentali della nostra epoca.
Nei secoli scorsi, intere società hanno cercato di reinventarsi nel nome del "popolo" o del "singolo individuo", mentre la natura umana continua a ribellarsi, ad anelare ad un diverso tipo di sistema. Mentre i nostri avi, Confucio o Mosè, riuscirono ad instaurare uno stile di vita armonioso basato sul modello di un passato aureo o sulle leggi di un meraviglioso essere trascendente, il mondo post-moderno non può rivendicare l’assolutismo per la sua terribile storia. Nessun Dio potente, nessun salvatore mandato dal cielo, nessun sistema supremo o piano di azione può competere con le forze del libero mercato.
Perseguire questa strada significa regredire alla mentalità infantile, credendo nelle economie pianificate o nei redentori personali, cosa che ha contribuito in primo luogo a porre le basi della situazione attuale. Il libero mercato, inoltre, non può essere arrestato senza pagare il terribile prezzo di dover perdere la parola "libero". Ma la libertà offre la possibilità di esplorare alternative e di offrire agli altri i frutti delle nostre esplorazioni.
Secondo questo filone, coloro che procedono a stento nelle acque torbide del "rosso" e "blu" – delle oppressive economie pianificate e di quelle capitaliste sfruttatrici – possono iniziare ad avanzare gradualmente verso il "verde" aprendosi alle sensibilità presenti nella natura, conducendo una vita attenta, ponendo la qualità della vita come priorità sulla produttività e coltivando la reciprocità piuttosto che l’isolamento o la conformità. I valori integrali emergeranno dai profondi poteri rigenerativi dell’essere. È come se, a mio avviso, si chiedesse alla comunità transpersonale di diventare una levatrice, per intuirne l’arrivo, assistere alla presa di coscienza e svilupparli attraverso un dialogo aperto e coraggioso.
Un piano alternativo Lo slogan "pensa globalmente, agisci localmente" suona abbastanza valido, ma in una rete globale nella quale le località sono influenzate da forze enormi e travolgenti, sembra essere alquanto ingenuo. Tuttavia si può notare una notevole saggezza nel particolare, se lo si estrapola dall’isolamento, osservandolo nel suo più ampio contesto. Secondo la visione meccanicistica del mondo, una macchina rotta può essere semplicemente riparata. Nel mondo post-moderno, fatto di collegamenti, un macchina non funzionante può essere indice di uno squilibrio superiore. Invece di provare a riparare la macchina, per mezzo del governo, del grande business, della religione, dell’istruzione o altro, si potrebbero esaminare le supposizioni iniziali sull’oggettivazione del mondo presupponendo la predominanza dell’umano sul naturale. Più tale esame sarà accurato, maggiore sarà il potenziale di vera e propria trasformazione: le cose belle hanno origini profonde.
L’artista americana Annie de Franco, che ha rifiutato la sponsorizzazione da parte di prestigiose case discografiche per mantenere il controllo sul suo materiale, ha scritto in merito: "Se non vogliamo lavorare per “l’uomo”, abbiamo bisogno di un piano alternativo". Un piano alternativo può assumere molte forme, ma possono essere d’ausilio alcune traiettorie coerenti. Ne seguono alcune che ho personalmente messo in atto insieme con amici e colleghi in "gruppi di dimostrazione" nel corso degli ultimi anni. Non sono importanti i risultati o i prodotti: lasciate che questa sia la prima linea guida. È il processo nel quale ci troviamo che riflette chi siamo, dove stiamo andando e quale eredità ci lasceremo alle spalle.
Secondo la teoria eco-buddista dell’origine condizionata (Paticca Samuppada) non potrà mai esserci un ideale finalizzato, un’epoca d’oro di passato o futuro, un obiettivo fisso e stabile. Il futuro è in assonanza con il nostro movimento presente e cambia ad ogni nostro passo. Concentriamo quindi la nostra attenzione sul processo piuttosto che sul prodotto: se il processo è autentico, il prodotto sarà altrettanto, l’esatta inversione dell’equazione machiavellica. A questo proposito mi vengono in mente due esercizi: provate a passare un’intera giornata senza lamentarvi e rifiutate di inserire più di tre voci nel vostro elenco di cose da fare della giornata. Questo tipo di "esercizi" o "esperimenti", per quanto possano apparire semplici, sfidano direttamente le nostre compulsioni verso la produzione in quanto ci consentono di esaminare il nostro processo in modo più esaustivo.
Come sarebbe non accusare verbalmente o mentalmente il nostro partner, i nostri fornitori di servizi o persino il tempo per non essere conformi alle nostre aspettative su come dovrebbero andare le cose (Ricordo il mio stupore e la mia ispirazione nell’apprendere che nessuno aveva mai sentito il poeta Walt Whitman lamentarsi del tempo)? E come sarebbe fare soltanto tre cose al giorno veramente bene, essendo pienamente presenti nella loro profondità, piuttosto che trasformare ogni giornata in una sorta di frenetica corsa? I nostri scambi con gli altri infondono energia reciprocamente? Questa è la seconda considerazione. Il nostro andirivieni, il nostro comprare e vendere, dare e ricevere, contribuiscono allo sviluppo di una mentalità rigenerativa? Solo questo può ricreare una cultura economica, la cultura dello scambio, attraverso il cuore. "Karma" che si traduce letteralmente con "azione" è uno scambio in sé, in quanto ogni azione in definitiva è una transazione.
Ed è nel regno dello scambio che "elaboriamo" il nostro karma. Mi è capitato di riscontrare personalmente che l’intera struttura del mercato non è altro che un modo indiretto per purificare le nostre relazioni con l’altro. Se vinciamo a discapito degli altri o se priviamo interi segmenti di popolazione dei loro diritti, non facciamo altro che generare risentimento, rabbia e potenziale violenza. Se perdiamo a discapito degli altri, stiamo facendo esattamente la stessa cosa. Nietzsche, nella sua condanna all’ideale ascetico, fu uno dei primi europei a formulare chiaramente il concetto che la "perdita" (ovvero martirio ed abnegazione) è altrettanto sbilanciata della "vincita", in quanto entrambe le strategie creano situazioni di dominanza-dipendenza.
L’ideogramma cinese che rappresenta l’"umanità" o la "benevolenza", lo jen, esemplifica l’energia della mutua reciprocità con due linee che ne sostengono una terza. La mutua reciprocità è il filo conduttore tra individualismo capitalista, che promuove l’individuo a discapito della società, e collettivismo socialista che promuove lo stato a svantaggio dell’individuo. Gli "Ismi" in sé, conducono alla perdita delle situazioni in quanto il loro fine ultimo è quello di ottenere seguaci piuttosto che promuovere l’interscambio e la creatività.
La terribile paura di creare la nostra vita in libertà può essere affrontata attraverso la reciprocità. Se si dispone di vari modelli, mentori, colleghi e di una pluralità di opzioni approvate ed accettate tra le quali scegliere, l’espressione e l’innovazione creativa possono emergere senza essere calpestate. Il modello pluralistico, che costituisce il terzo punto fondamentale non-tossico, è diverso da quello relativistico. Quest’ultimo nega infatti qualsiasi valore gerarchico, mentre il modello pluralistico accetta tali valori all’interno dei relativi contesti specifici. Un contesto non deve necessariamente prevalere sull’altro. La tirannia di sacerdoti e re permarrà, in un modo o nell’altro, al punto che l’impulso individuale non sarà rispettato e riconosciuto.
La tossicità della produzione e del consumo irrazionale resterà in vigore fintanto che l’impulso comunitario, che cerca di onorare e condividere l’esistenza, non verrà esaltato. Un piano alternativo: allontaniamoci dall’"uomo" e apriamoci all’individuo, abbandoniamo la storia individuale per aprirci ad una comunità universale: ciò può essere conseguito attraverso la libera professione, la collaborazione con persone che veramente rispettiamo e sosteniamo, lo sviluppo di strategie non consumistiche quali la vita della comunità o la semplicità volontaria o entrando nell’arena del mercato globale nelle vesti di autentici guerrieri fautori del cambiamento.
Lavorando per trasformare le situazioni tossiche, il mercato globale può diventare cosmico. Ma come affrontare i terribili demoni dalle affilatissime zanne che accumulano informazioni, armi e quant’altro? Non appena la festa entra nel vivo, invitateli a scendere in pista. Dopo tutto, tutti amano festeggiare e se un numero sufficiente di persone iniziano veramente a divertirsi, la parte tossica che è in noi si arrende per unirsi alle danze.
ho un lavoro che tutti reputano buono, impiego sicuro regolarmente retribuito.
che dire, dovrei essere felice ma invece ...NO!
VOrrei cambiare vita, non so ancora come e cosa fare, sono anche attore da pochi anni ma ovviamente per sfondare...ce ne passa. e poi fare l'attore non si vive.
Quindi che fare? inotre ho anche lo sfratto...ma questa è un'altra cosa, forse.
che fare? sono anni che ci penso ed ora ho 40anni. non so che fare. mi sento in un vicolo cieco. il lavoro che faccio non mi piace e si vede, i colleghi mi definiscono "non convenzionale" "baraccat" "zingaro" quindi immaginate voi come mi vedono.
Quindi la voglia di cambiare c'è ma la paura è tanta, non ho 20 anni dove posso ancora rischiare. HO paura di fallire, di non essere all'altezza.
Se qualcuno ha delle soluzioni o vuole condividere con me ...lo faccia pure.
Grazie e un abbraccio forstissimo a tutti!
A
Caro Augusto, io di anni ne ho 57 e sto per mollare il posto fisso che ho da vent'anni, per dedicarmi al mio lavoro del cuore che nel frattempo, anche grazie al mio stipendio, mi sono potuta costruire attraverso corsi e master. La molla per iniziare questo cambiamento è stata l'incontro con Rick Jarow nel 2006. Ho seguito con lui tre seminari, uno dei quali sull'alchimia dell'abbondanza. Quando siamo allineati e ascoltiamo veramente il nostro cuore e i segnali che ci arrivano anche dall'esterno, troviamo il coraggio per dare finalmente spazio e voce ai nostri talenti. Siamo nati per essere felici e realizzati, ognuno di noi è un essere unico e speciale, se solo non si lascia vincere dalla paura e dall'apatia! Ti consiglio vivamente il libro di Rick, " Crea il lavoro che ami". Per me è stato prezioso e non finisce mai di darmi spunti e incoraggiamenti, per diventare quella che veramente sono, senza compromessi di sorta. Ti auguro buona fortuna! Ottavia
Caro Augusto, sono casalinga dopo tanti titoli di studio. tante scartoffie per nulla. Però ho trovato come mantenermi, una piccola indennità di pensione di mio padre defunto. ti auguro la stessa fortuna.
caterina maria dolores
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