UNA BREVE STORIA DELL’AGRICOLTURA
Quasi tutte le principali specie di animali e vegetali attualmente in allevamento e coltivazione subirono il processo di domesticazione in età neolitica (circa 10.000 anni fa). Dalla semplice presenza spontanea di specie selvatiche si passò ad avere gli individui, che avevano un interesse per la comunità, concentrati all’interno di aree particolari, in modo tale da essere disponibili per la raccolta, così da evitare la percorrenza di lunghi tragitti.
Dai più antichi centri di origine l’attività agricola si espanse in vaste zone dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa e dell’America: in queste migrazioni la diffusione delle specie vegetali fu possibile grazie all’immensa variabilità genetica che esiste nelle razze originali domesticate. Le piante selvatiche, infatti, possiedono un patrimonio di caratteri che la domesticazione ha solo celato, rendendone attivi solo alcuni, selezionati con i cambiamenti ambientali, che lo spostamento delle colture aveva causato. Ecco come si svilupparono le tante varietà, che nel corso dei secoli sono giunte fino a noi. Questa variabilità permise - con l’aiuto di mutazioni, ibridazioni naturali e ricombinazioni di geni – la comparsa di nuovi genotipi adatti ad accrescersi e produrre in parecchi ambienti.
La diversità che appartiene alla singola specie è definita germoplasma. Il processo di selezione inizia quando l’uomo comincia a seminare ciò che ha raccolto. In tali circostanze l’affermazione di alcune mutazioni genetiche diventa automatica, secondo un processo che è ben descritto da Harlan (1978): << Una volta che il seme viene messo a dimora deliberatamente, la composizione della successiva generazione dipende da quel che l’uomo raccoglie, per cui l’affermazione di alcune mutazioni diventa automatica. La risposta genetica più comune nelle piante preziose per il loro seme commestibile è uno spostamento verso la non disintegrazione, vale a dire, la tendenza ad allontanarsi dalla dispersione naturale dei semi. Le spighe dei cereali diventano rigide e non si disarticolano quando sono mature. Il baccello e il pericarpo non si aprono più con violenza per disperdere i loro semi alla maturazione. Una volta perduto il meccanismo naturale di dispersione dei semi, le piante si ritrovano a dipendere dall’uomo per la sopravvivenza.
Anche altri cambiamenti avvengono in modo più o meno automatico. I semi delle piante selvatiche sono spesso dormienti quando giungono a maturazione, e anche se le condizioni sono favorevoli alla germinazione, essi non germinano fino alla stagione giusta. Questo è un adattamento raffinato per quel che riguarda le specie selvatiche, ma può darsi che non sia affatto conveniente dal punto di vista agricolo . In tal caso, la tendenza ad ottenere la non dormienza, o per lo meno una dormienza che scompaia all’epoca della successiva semina, è automatica.
Alla stessa stregua, la selezione automatica per la produzione di semi più grandi avverrà nei semenzai se c’è competizione tra le pianticelle. I semi più grandi hanno maggiori riserve nutritive ed è probabile che producano plantule più vigorose; le piante che emergono per prima e che hanno più vigore daranno probabilmente la maggior parte dei semi alla generazione successiva. Prende così avvio una selezione disgregativa: la selezione naturale agisce nel senso di far mantenere alle popolazioni selvatiche i loro adattamenti, ma le ripetute seminagioni e mietiture modificano le popolazioni coltivate nel senso di un adattamento alle condizioni dei campi>>.
Oltre alle pressioni di selezione automatica l’uomo interviene con processi di selezione deliberati e intenzionali. Ciò significa che i semi delle piante che hanno i caratteri desiderati vengono in parte accumulati e utilizzati per la semina successiva. Le basi scientifiche del miglioramento genetico furono gettate da Darwin, nei suoi scritti sulla variazione delle forme biologiche (pubblicati nel 1859) e da Mendel, attraverso la scoperta delle leggi dell’ereditarietà (1865).
I metodi usati invece, nel moderno miglioramento genetico, si dividono in tre categorie, sulla base di come le varie specie si propagano. Le specie che si riproducono sessualmente e sono normalmente propagate per seme – tutte le colture cerealicole, legumi, molti alberi e arbusti – appartengono alle prime due categorie. La prima di queste include le specie che producono semi attraverso l’autoimpollinazione; la seconda, specie che producono semi principalmente attraverso l’impollinazione incrociata. La terza categoria riguarda le specie che si riproducono asessualmente, propagandosi attraverso parti vegetative.
Le pietre miliari del miglioramento genetico riguardano:
- la consapevole introduzione di diversità genetica nella popolazioni per incrocio o accoppiamento di germoplasma selezionato con caratteristiche rilevanti che si complementano;
- la selezione di piante con geni per desiderati caratteri, affinché siano raggiunti più alti livelli di migliore adattamento (fitnesss riproduttiva), uniformità genetica e stabilità agronomica.
Gli organi delle piante che rivestono il maggior interesse commerciale sono quelli che sono anche maggiormente modificati. Se si tratta di un cereale le parti più modificate saranno la spiga e le cariossidi che contiene. I risultati senza dubbio più vistosi per gli effetti morfologici ottenuti sono tuttavia afferenti alle piante ortive. Straordinarie divergenze contraddistinguono le varietà di cavolo, di lattuga, bietola ecc. in coltivazione, che sono state selezionate avendo come obiettivo varianti curiose ed inconsuete che dipendono dall’uomo per la sopravvivenza.
L’agricoltura come ecosistema
Un campo coltivato è un ecosistema, defininito agroecosistema. Con ecosistema si intende parlare di un concetto, appartenente alla scienza dell’ecologia, che individua i componenti singoli e le relazioni che intercorrono tra le parti di un complesso naturale.
Un lago è un ecosistema, i cui componenti sono il fondo terroso, la parte vegetale e algale, la presenza di pesci, l’acqua, e l’atmosfera al di sopra della superficie: tra questi componenti esistono relazioni specifiche ed un flusso continuo di materia ed energia, che inizialmente proviene dal Sole. Il lago ha una sua evoluzione nel tempo e nello spazio, in condizioni di non intervento umano, tale da generare un equilibrio che si definisce dinamico, per la sua caratteristica di avere alcune fluttuazioni intorno alla posizione media dei parametri analizzati. Questo equilibrio è mantenuto oltre che dalla normale rete alimentare, anche attraverso la presenza di organismi parassiti o infestanti, presenti in qualsiasi ambiente naturale.
Qui nasce il problema dell’agricoltura intensiva: lo sviluppo di organismi patogeni, normalmente presenti in natura, che in presenza di grosse fonti alimentari, si sviluppano vigorosamente. Infatti, esiste una pulsione naturale a mantenere l’equilibrio: se quindi ci troviamo di fronte a 100.000 piante uguali, aumenterà il rischio di sviluppo di organismi dannosi per le piante stesse (la fonte di cibo permette un aumento della popolazione infestante, es. insetti). Ecco perché si sono cercati fitofarmaci di origine chimica che risolvessero queste problematiche.
Inizialmente l’utilizzo di tali molecole fu abbondante, anche senza la conoscenza dell’effetto che avrebbero avuto sull’ambiente. Mentre in un’ecosistema naturale la biodiversità autonomamente provvede al mantenimento dell’equilibrio degli organismi viventi, al riciclo degli elementi inutilizzati, con la normale successione di nati e morti, e alla mineralizzazione degli scarti, attraverso l’opera inarrestabile di lombrichi, funghi e quant’altro, in modo da rendere sempre fertile e rinnovato il suolo, nell’agricoltura convenzionale questo ruolo deve essere portato avanti interamente dall’uomo.
Per tale motivo, gli agronomi hanno predisposto fertilizzanti e concimi, per mantenere vitale il suolo, rigenerandolo dei componenti mancanti. Queste pratiche hanno causato e causano tuttora seri problemi: le sostanze eccedenti, siano esse fitofarmaci o intedratori) sono infatti lisciviate (disciolte dall’acqua e trasportate) e sono responsabili dell’inquinamento delle falde idriche, per fare un esempio molto semplice. L’agricoltura convenzionale ha dunque un pesante fardello da portarsi sulle spalle. Ecco il motivo per cui si stanno progressivamente sviluppando delle tecniche di coltura maggiormente sostenibili per l’ambiente, oltre che per gli operatori e i consumatori.
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