AGRICOLTURA ALLEVAMENTI E SOVRANITA' ALIMENTARE
a cura di Paolo Scroccaro
Documento per il Tavolo “ALLEVAMENTI - AGRICOLTURA - SOVRANITA’ ALIMENTARE” E PER UNA PIATTAFORMA COMUNE [Vicenza 27 gennaio – Venezia 23 febbraio 2019]
Il megasistema alimentare dato dalla connessione tra agroindustria e allevamenti è riconosciuto dai maggiori esperti e studiosi ecologici come la principale causa del riscaldamento globale, dell’inquinamento dell’aria, del consumo di acqua e di suolo fertile, dell’alterazione di fondamentali cicli vitali quali quelli dell’azoto e del carbonio, della riduzione della biodiversità.
Agroindustria e allevamenti si configurano come un megasistema estremamente articolato e capillare, che coinvolge tutti i territori e vari settori economici e infrastrutturali: i trasporti via terra- mare- cielo, i combustibili fossili, l’industria chimica, lo smaltimento dei rifiuti, i laboratori di sperimentazione biotecnologica …
I principali responsabili dell’agroindustria sono le più potenti e influenti corporation oggi esistenti al mondo ovvero colossi agro-farmaceutici come Bayer-Monsanto, Novartis, Dupont, e in Italia (ma non solo) multinazionali come Cremonini-Roadhouse, che compiono un’imponente opera di lobbyng verso le istituzioni, vanificando le regole della democrazia, condizionando gli studi scientifici, e operando iniquamente in numerosi paesi nel nord come nel sud del mondo, influenzando le decisioni delle maggiori agenzie internazionali come F.M.I, World Bank, W.T.O. ; intere aree vengono addirittura espropriate e deforestate, soprattutto nel sud del mondo, per destinarle all’ agroindustria e agli allevamenti (land-grabbing); contemporaneamente, vengono imposte in tutto il mondo grandi opere come dighe, aeroporti, autostrade in funzione del profitto di pochi e della logica perversa della crescita ad ogni costo.
Il predominio di agroindustria e allevamenti comporta degrado e desertificazione dei terreni via via colonizzati, aggressione alla biodiversità e riduzione delle aree forestali, cioè delle principali eco-infrastrutture che garantiscono irrinunciabili servizi ecosistemici: per esempio proteggono i terreni dalle intemperie e dalle erosioni, vivificano la terra con l’ attività microbica e micorrizica, mitigano il clima, assorbono il carbonio, ossigenano l’aria, ricaricano le falde, proteggono i corsi d’ acqua, danno rifugio e ristoro alla fauna selvatica… Secondo una vasta letteratura scientifica, il valore dei servizi ecosistemici è comunque superiore a tutto il PIL mondiale (cfr. R. Costanza e altri, Nature, 1997), anche se volessimo ridurre il confronto in termini meramente economici.
IL RUOLO DELL’AGRICOLTURA E DEGLI ALLEVAMENTI NEL RISCALDAMENTO GLOBALE E NELLA DEVASTAZIONE AMBIENTALE: PRECISAZIONI
Proprio per le sue connessioni ad ampio raggio, l’agro-industria è una delle più grandi opere ed è corresponsabile del riscaldamento climatico. Le stesse pratiche agronomiche sono fortemente invasive: l’aratura, ormai usata di routine nei campi, è responsabile del degrado dei terreni e contemporaneamente del rilascio di carbonio in atmosfera; la deforestazione per ricavare sempre più terreno per l’agricoltura e per i pascoli, ha ridotto l’assorbimento di carbonio e ha manomesso gli habitat naturali; inoltre l’agroindustria risulta fortemente inefficiente, da un punto di vista energetico (oltre che economico), perché impiega circa dieci unità energetiche per produrne una sola (D. Pimentel).
Il ciclo della carne è la principale fonte di riscaldamento climatico, con stime che oscillano tra il 18% (FAO, 2006) e il 51% (Goodland-Anhang, 2009) di effetto serra, configurandosi così molto più impattante dei trasporti a base di combustibili fossili. Gli allevamenti hanno anche pesanti ricadute sulla qualità dell’aria, essendo, in Europa e in Pianura Padana (J. Lelieveld, 2015), il primo fattore di inquinamento dell’aria da particolato secondario (cioè non dovuto a combustioni), che qui da noi risulta pari o superiore al particolato primario ( dovuto in genere al traffico e al riscaldamento).
Questo contribuisce a spiegare perché le limitazioni del traffico hanno dato risultati deludenti nel corso degli anni. In aggiunta, il ciclo della carne è una fonte primaria anche per quanto concerne: il consumo di acqua (D. Pimentel); il consumo di antibiotici; la deforestazione e il consumo/colonizzazione di suolo (oscillazioni tra il 45 e il 55%: cfr. International Livestock Research Institute, 2011 e R.L. Kruska, 2003); la violazione forse irreversibile di alcuni planetary boundaries (confini planetari), alterando strutture indispensabili per la rete della vita quali il ciclo del carbonio, dell’azoto e del fosforo (J. Rockstrӧm, 2012). Nonostante il suo carattere eminentemente antiecologico, antieconomico e anti-etico, il ciclo della carne viene ampiamente sussidiato e agevolato con risorse pubbliche (2 euro - 2 dollari ••• al giorno per ogni capo di bestiame, cfr. J. Stiglitz e World Bank).
PROPOSTE PER UNA PIATTAFORMA COMUNE
Le nostre proposte passano anzitutto attraverso la comprensione che l’agricoltura e il ciclo della carne rappresentano ambiti che connettono molte battaglie ambientali (protezione del clima, delle falde, dei corsi d’ acqua, difesa dalle nocività chimiche, dalle biotecnologie, dal consumo di suolo, dalla cementificazione etc…) ; questo permette pertanto di integrare con maggiore efficienza le varie istanze dei comitati. In secondo luogo, le nostre proposte partono dalla consapevolezza che non esistono soluzioni meramente tecnologiche alle emergenze ambientali capaci di salvaguardare contemporaneamente sia l’ambiente sia i livelli di crescita e profitto esistenti. La soluzione è prima di tutto culturale, sociale e politica, e richiede un cambio di paradigma orientato verso la prosperità senza crescita e verso il superamento del Capitalocene (J. Moore 2017) e dell’Antropocentrismo (v. Antropocene).
Stante le criticità sopra esposte, la piattaforma, per una mobilitazione regionale e nazionale sulla giustizia climatica, dovrebbe comprendere le seguenti rivendicazioni, che possono essere viste anche come punti di partenza per iniziative e azioni specifiche:
In via generale, proteggere l’ambiente attraverso una gestione ecologica del territorio, che non si limiti a tutelare piccole isole felici (come ad esempio le zone del biologico o di Rete Natura 2000) in un contesto generalizzato di devastazione ambientale; ma promuova e incentivi un abitare il territorio in accordo e simbiosi con gli ecosistemi, che restano la fonte dei beni e dei servizi primari.
Ridefinire il sistema socioeconomico, in un’ottica di superamento della crescita a tutti i costi. Questo passaggio si attua anche facendo pagare le esternalità negative delle produzioni e dei consumi più impattanti ai soggetti direttamente responsabili (aziende e consumatori coinvolti), affinché esse non continuino a pesare indistintamente (e ingiustamente) sulla società intera, sulle future generazioni e sulla natura.
Abolire i sussidi anti-ecologici e le agevolazioni all’agricoltura chimica, all’allevamento, ai combustibili fossili (ma anche a caccia, pesca, industrie inquinanti, voli low cost, neve artificiale, vigneti, grandi opere…). Misure indispensabili per contribuire a risanare il debito pubblico e contrastare i profitti privati costruiti sul prelievo delle risorse pubbliche e sulla devastazione dei beni comuni. Gli attuali sussidi (PAC e non solo) vanno in parte dirottati verso modelli di agricoltura eco compatibile, privilegiando i piccoli produttori e le aziende ad alta intensità di lavoro (da impiegare altresì per la formazione degli agricoltori in chiave ecologica).
Riconoscere il ruolo sociale ed ambientale, prima ancora che imprenditoriale, dell’agricoltore ecologico, in quanto artefice di un territorio vivibile per tutti.
Favorire le attività che comportano assorbimento di carbonio, miglioramento degli ecosistemi e della biodiversità: forestazione, protezione ed espansione delle aree selvatiche, pratiche policolturali a basso impatto, obbligo di siepi e boschetti lungo le coltivazioni, impiegando le specie autoctone dei territori, in modo da scongiurare le monoculture e le drammatiche conseguenze che possono avere (come insegnano i recenti disastri nel bellunese, dovuti anche alle monocolture forestali). Viceversa, vanno assolutamente disincentivate e superate le attività produttrici di gas serra: in primis, il ciclo della carne, ma anche l’agricoltura convenzionale che peraltro alimenta la grande distribuzione e il trasporto incessante di merci.
Ridefinire dal basso cosa vuol dire agricoltura biologica, proibire i liquami come fertilizzante delle colture, disincentivare i fertilizzanti chimici e la fissazione industriale dell’azoto, promuovere pratiche agro-ecologiche sostenibili come la ripuntatura contro l’aratura, i metodi permaculturali e sinergici, le policolture, l’impiego di piante perenni o autoriseminanti che non richiedono lavorazioni continue dei terreni. Si tratta di applicare il principio secondo cui più il sistema agricolo è vicino all’ecosistema naturale, minore è il dispendio di energia (D. Pimentel).
In linea generale, sanzionare severamente le attività che incrementano la liberazione in atmosfera di carbonio, di gas a effetto serra e di gas precursori di particolato (oltre al ciclo della carne e derivati: turismo internazionale, viaggi aerei e navali, viaggi a motore su lunghe distanze, agroindustria, deforestazione, cementificazione, antropizzazione… )
Favorire stili di vita non consumistici a basso impatto ambientale (riduzione della motorizzazione, cibo vegetale locale, alimentazione senza carne, riuso, riciclaggio…). Promuovere l’autoproduzione di compost riutilizzando scarti alimentari, erba, arbusti, fogliame e residui di potature, presso tutti i possessori di orti o giardini, anche piccoli.
Promuovere nella scuola e nella società processi di ecoalfabetizzazione adeguati alla effettiva comprensione dei punti precedenti, e correlativa valorizzazione delle tradizioni culturali, antiche e recenti, maggiormente sensibili alle istanze sopra delineate e ad un orientamento etico di rispetto verso la Terra e i suoi innumerevoli abitatori (umani e non umani). Le implicazioni possibili di simili provvedimenti sono molteplici: non solo la concreta e immediata mitigazione del riscaldamento climatico, ma anche una più generale inversione di tendenza sul piano socioeconomico ed etico, in correlazione con un auspicabile processo di responsabilizzazione civile, del tutto assente nell’attuale contesto antropocentrico - sviluppista – consumista.
SINTESI DEI PRINCIPALI OBIETTIVI ECOLOGICI E SOCIALI CONNESSI AL SUPERAMENTO DEL CICLO DELLA CARNE E DELL’AGROINDUSTRIA
1) Mitigazione notevole e rapida del riscaldamento climatico, che oggi è il problema prioritario, senza ricorrere a onerosi e incerti investimenti tecnologici.
2) Riduzione sostanziosa del particolato secondario e quindi dell’inquinamento dell’aria, senza ricorrere a onerosi investimenti tecnologici.
3) Riduzione del consumo di acqua e di suolo.
4) Riforestazione estesa e rivitalizzazione degli ecosistemi.
5) Riequilibrio tendenziale dei cicli del carbonio e dell’azoto
6) Miglioramento dell’efficienza energetica nei sistemi alimentari
7) Miglioramento del debito pubblico (azzerando i sussidi perversi-antiecologici).
8) Creazione di occupazione sostenibile su ampia scala.
9) Promozione/Produzione di fonti alimentari alternative.
10) Promozione di una nuova alleanza umani-natura e di un’etica compassionevole aperta ai non-umani.
All’ elaborazione di questo documento hanno partecipato: ASSOCIAZIONE ECO-FILOSOFICA, COMITATO NO PEDEMONTANA, SOS ANFIBI, GENUINO CLANDESTINO TV e altri.
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