di Maurizio Di Gregorio
La multinazionale di biotecnologie agrarie
Monsanto è stata condannata a pagare un risarcimento di
289 milioni di dollari a favore del 46enne
Dewayne Johnson, custode e giardiniere di istituti scolastici nella zona di
San Francisco, a cui è stato diagnosticato un
linfoma non-Hodgkin dopo aver utilizzato alcuni
prodotti dell’azienda. La Monsanto ha già annunciato che ricorrerà in appello, ma la sentenza pronunciata, a
San Francisco, dal tribunale è storica. Intanto perché Johnson, padre di due figli di 10 e 13 anni, è il primo tra migliaia di querelanti ad aver portato in tribunale e fatto condannare il gigante dell’agrochimica. E poi, nel merito, perché il Tribunale ha aggiunto un tassello all’annosa questione della
cancerogenicità del glifosato.
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Questa la notizia sui giornali italiani che ricordano anche
come a novembre 2017 i paesi Ue riuniti in Comitato d’appello abbiano votato a favore del rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida glifosato per cinque anni. A favore si sono espressi 18 Paesi, 9 i contrari (tra cui l’Italia), astenuto il Portogallo. In Italia, però, resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da ‘gruppi vulnerabili’ come parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie. Un divieto scattato per effetto del decreto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto del 2016 che non è stato modificato dalla decisione dell’Unione Europea.2
Infatti sul Fatto Quotidiano campeggia, sopra l’articolo il seguente titolo:
Usa, Monsanto condannata a risarcire giardiniere: “Glifosato causa tumore”. In Ue pareri discordanti. Ma in Italia è vietato.
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Ad una lettura veloce resta l’impressione rassicurante che il glifosato che causa tumore sia in Italia vietato. Leggendo con più calma il breve articolo troviamo specificato “che In Italia, però, resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da ‘
gruppi vulnerabili’ come
parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”.
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Quindi anche leggendo l’articolo oltre il titolo resta una impressione di fondo positiva perché si specifica che il glifosato è vietato in tanti posti.
Questo tipo di informazione però è ingannevole. Non si specifica infatti che il glifosato è il principale e più diffuso pesticida in agricoltura, e che in Italia il suo uso resta permesso in questo ambito senza alcuna limitazione. Il risultato è che gran parte dei cibi provenienti da coltivazioni convenzionali ne è contaminato.
Forse non provoca il tumore domani mattina ma dopodomani molto probabilmente ed intanto danneggia i reni.
Gran parte dell’informazione che riceviamo su cibi ed agricoltura è ingannevole. Il problema è complesso: infatti anche se un tal prodotto viene vietato in Italia, il divieto viene aggirato tramite la libera importazione di esso da altri paesi che invece usano questo prodotto.
Ad esempio in Italia è vietata la vendita di limoni trattati con l'
imazalil (classificato come probabile cancerogeno) e poi nei supermercati si trovano i limoni provenienti dalla Spagna, trattati con questo fungicida. Stessa contraddizione per i prodotti provenienti dai paesi nordafricani dove si usa ancora il DDT da noi vietato da venti anni.
Per dirlo in due parole: le leggi nazionali sono aggirate di fatto dalle importazioni senza restrizioni obbligate dalla globalizzazione con il risultato che i Paesi con le leggi più virtuose e cautelative in senso ecologico sino penalizzate in ambito economico senza conservare un reale vantaggio sul piano della salute riservata alla propria popolazione.
In tanti modi differenti il risultato è che nel nostro mondo occidentale e contemporaneo
è servito il veleno nel piatto. Così anche tutti i cibi già pronti e confezionati provenienti dall’estero contengono ingredienti coltivati spesso con sostanze molto cancerogene e da noi proibite.
Ha fatto scalpore il caso della pasta Barilla prodotta con il grano canadese. Il grano canadese è infatti il grano più contaminato al mondo: in Canada il
Round Up (nome del principale prodotto contenente glifosato) è usato sia nella coltivazione che poi per l’essiccazione del grano (mancando in quel Paese le temperature alte che lo permettono naturalmente) in dosi massicce. Il risultato è che chi ha acquistato pasta Barilla pensando di mangiare italiano si è cibato con il grano più contaminato del pianeta (anche quello del Maghereb coltivato con i il DDT del resto non scherza!!)
Non vi é altra via di uscita: la globalizzazione impone cibi contaminati e l’unica alternativa è acquistare o coltivare prodotti biologici che lo siano veramente (
altro problema da affrontare).
L’informazione rassicurante di cui parlavamo prima serve proprio a non far comprendere ai cittadini la triste realtà: nei paesi più ricchi del Pianeta si mangiano in gran parte prodotti contaminati. Magari con la ricetta giusta o in un buon ristorante risultano al gusto assai squisiti, eppure contengono silenziosi gli agenti delle nostre prossime malattie.
E non che questo sia un problema solo nei cibi, la stessa acqua, l’aria e la terra vengono gradualmente inquinate. Paradossalmente si verifica proprio nei paesi cha hanno visto la nascita e l’affermazione dei diritti sociali e dei diritti civili individuali che mangiare diventa un atto potenzialmente dannoso.
Il problema è così grave che se venisse scoperto e conosciuto dalla opinione pubblica nelle sue reali dimensioni, allora insieme ai diserbanti e pesticidi chimici salterebbe la stessa licenza di commercio selvaggio imposto dalla globalizzazione.
Il Veleno nel piatto, I rischi mortali nascosti in quello che mangiamo è anche il titolo di un grande libro scritto da Monique Robin.
L’autrice si pone in questa ricerca il problema di come valutare la nocività di queste sostanze che si infilano tra la pera e il formaggio nei nostri piatti Le materie plastiche e gli additivi sono proprio così pericolosi come sospettano numerose associazioni di difesa dell’ambiente? È la quantità a fare il veleno, rispondono gli industriali e per questa ragione hanno inventato il concetto di ‘dose quotidiana accettabile’, cioè la quantità che si può ingerire ogni giorno senza effetti sulla salute. Ma questi prodotti chimici sono veramente senza effetti? È questo l’interrogativo a cui risponde Marie-Monique Robin nel suo libro.
Moltissime ricerche scientifiche ed epidemiologiche segnalano che nel corso degli ultimi trent’anni il tasso di incidenza dei tumori è aumentato del 40 per cento in paesi come gli Stati Uniti, la Norvegia e la Svezia. Sempre in questo lasso di tempo la progressione delle leucemie e dei tumori cerebrali tra i bambini (secondo quanto sostengono gli studi dell’International Agency for Research on Cancer) è stato del 2 per cento annuo. Per non parlare dell’evoluzione simile per le malattie neurologiche (Parkinson e Alzheimer) e autoimmuni. Come spiegare questa epidemia inquietante, che colpisce soprattutto i paesi “sviluppati”?
Alla domanda risponde
Marie-Monique Robin in questo libro choc, frutto di un’inchiesta condotta per due anni tra America del Nord, Asia ed Europa (anche in Italia). Nell’appoggiarsi su numerosi studi scientifici, ma anche sulle testimonianze dei ricercatori e dei rappresentanti delle agenzie di regolamentazione, l’autrice dimostra che la causa principale di questa vera e propria epidemia è di tipo ambientale. In particolare per la presenza di decine di molecole chimiche che hanno invaso il nostro ambito quotidiano e l’alimentazione dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Per questo, l’autrice ripercorre l’intera catena produttiva del cibo: dall’utilizzo dei pesticidi nei campi fino all’impiego di additivi e plastiche per uso alimentare nei nostri piatti. Nel fare ciò mette a nudo il sistema di valutazione e omologazione dei prodotti chimici, attraverso gli esempi emblematici dei pesticidi, dell’aspartame e del bisfenolo A. E infine descrive le pressioni e le manipolazioni messe in atto dall’industria chimica per mantenere sul mercato prodotti altamente tossici.
De
Il veleno nel piatto (
Notre poison quotidien nell’originale) esiste anche una versione documentaria, trasmessa dal canale Arte Tv, realizzata dalla grande cineasta francese Coline Serreau.
La stessa
Marie-Monique Robin aveva realizzato nel 2008
un altro testo celebre
Il mondo secondo Monsanto (da cui è stato tratto l’omonimo film
): prima i diserbanti altamente tossici poi gli ormoni per la crescita bovina oggi con l’invasione transgenica
Monsanto è il principale produttore mondiale di Organismi Geneticamente Modificati (OGM) ed è una delle aziende più controverse della storia industriale. Dalla sua fondazione nel 1901, nel corso degli anni, la multinazionale di Saint Louis nata come industria chimica, è stata accusata di negligenza, frode, attentato a persone e cose, disastro ecologico e sanitario, utilizzo di false prove.
Eppure, oggi, questo pericoloso gigante della biotecnologia che si pubblicizza come azienda della “scienza della vita”, grazie ad una comunicazione ingannevole, a pressioni e corruzioni, a rapporti di collusione con i vertici politici e amministrativi USA, continua indisturbato ad esportare e imporre in tutto il mondo il pericoloso modello dell’agricoltura transgenica.
A rivelare la storia, le azioni e gli interessi di questa potente multinazionale e a far luce sulle reali conseguenze sanitarie e ambientali degli OGM, arriva finalmente anche in Italia la coraggiosa inchiesta della giornalista francese Marie-Monique Robin vincitrice del prestigioso Premio Albert-Londres (il più importante della stampa francese). Frutto di tre anni di ricerche in giro per il mondo, questo straordinario documentario, ricco di autorevoli testimonianze e importanti documenti inediti, risponde a molte domande che toccano da vicino il presente e il futuro del nostro pianeta.
Tutti materiali ignorati dai nostri mezzi di informazione ed estremamente scomodi alle nostre false coscienze di individui civilizzati. E per tali motivi ignorati anzitutto dalle aree culturali progressiste più attente ai fasulli diritti economici dei lavoratori dell’Ilva, altra fabbrica produttrice di tumori oppure al diritto di girare senza un velo sul viso che al diritto basilare della salute e di una alimentazione sana che ne è condizione obbligata e necessaria. Una consapevolezza sconosciuta e sfuggente alle menti materialiste che si rifugiano in una scienza falsificata dalla tecnologia e dagli interessi economici.
Del resto chi si scandalizzerà mai nella tossica Valpadana o nel paese della finta cuccagna a sapere che in media in un chilo di farina vi sono tra le 60 e 100 sostanze additive su cui manca uno studio reale degli effetti combinati di esse?
Cari cittadini del benessere, comunque sia, il veleno è nel vostro piatto. Volete continuare a cibarvene o preferite passare ad altro?
Come avevamo già scritto a maggio l'Italia invece potrebbe divenire forse per storia, biodiversità e morfologia territoriale la prima nazione biologica al mondo. Non è una semplice utopia ma una magnifica possibilità. Certo sarà davvero rivoluzionario e stravolgerà molti poteri consolidati ma non nuocerà alla nostra salute.
STOPNONBIO
Maurizio Di Gregorio
Nemi, 12-08-2018
Note
1 Il Fatto Quotidiano, 11 agosto 2018
2 - 3 - 4 Ibidem