LA MAFIA A TAVOLA
di Redazione Fiori Gialli
La mafia si siede a tavola con noi, è tutti giorni il nostro invitato speciale. Il cibo che arriva nelle nostre cucine, le verdure di cui ci riempiamo il frigorifero, sono l'ennesimo business della camorra. Ma non c'è da pensare che qualche mafioso abbia pensato di trasformarsi in contadino, di sporcarsi le mani di terra, per cavalcare il grande affare. Per farlo bastano chilometri di strade e autostrade e qualche agenzia di trasporto merci sguinzagliata da nord a sud per gonfiare il prezzo delle verdure.
È la triste storia di ciò che mangiamo. È la triste storia di chi produce il nostro cibo.
I contadini si incontrano la mattina al Mof, il mercato di Fondi, in cui le regole sono già state decise e dove tutto il prodotto viene portato via senza che se ne sappia più niente. Chi vende le proprie merci al mercato paga il 14% di imposta, si intasca pochi euro e qualche giorno dopo ritrova i propri prodotti al banco del market sotto casa, ammaccati, dopo circa centinaia di chilometri aggiuntivi che hanno permesso ai prezzi di triplicare. Un chilo di pomodorini viene venduto dal coltivatore di Fondi a 0,85 centesimi, parte poi per centinaia di chilometri, arriva a Milano, dove il grossista di turno lo compra a 1,95 centesimi, ma non per rivenderlo in Brianza o a Varese, ma per prolungare la sua corsa e rispedirlo a percorrere le autostrade. Qualcuno a Fondi ha chiesto al grossista milanese della frutta, la pronta risposta è stata “Ti do la frutta solo se ti prendi i pomodorini”. E così, altro giro, altra corsa, si ritorna al punto di partenza. E i pomodorini vengono venduti dopo più di 1000 chilometri a 2,60. I grossisti del nord acquistano le verdure che giungono dal Mof a più del doppio del prezzo originale, ma non lo vendono direttamente, come un boomerang rispediscono il carico al mittente dove giunge ancora più caro, ancora più sporco di mafia.
Anche ciò che arriva dall'Europa del Nord vede il suo prezzo gonfiarsi a dismisura una volta giunto a Roma. I camion fermano la loro corsa e la merce che trasportavano viene caricata su altri camion legati a nomi di famiglie camorriste. Da Roma a Fondi sono 250 euro per il trasporto. Da Amsterdam a Roma 1000 euro. I chilometri che separano la capitale dal mercato ortofrutticolo vengono pagati a peso d'oro, un prezzo fissato da chi ha il potere di comandare le vie d'asfalto che conducono la merce ai banchi in cui verrà venduta. Anche i prodotti del sud subiscono la stessa sorte. Nel ragusano vengono prodotti quintali di prodotti ortofrutticoli che per l'etichettatura compiono un viaggio insensato da Catania attraversando il mare fino a Napoli e da qui a Fondi per poi riscendere. Più aumenta il numero dei chilometri più l'affare è conveniente.
I nomi di chi governa questa truffa del traffico di frutta e verdura sono conosciuti, si conoscono le loro parole, la loro arroganza. Le loro “aziende” hanno formato una rete intricata di mafia da cui è difficile sbrogliarsi, controllano quasi il 90% di frutta e verdura che ritroviamo nei nostri supermercati, nei centri commerciali come nei piccoli negozi alimentari di paese. La stragrande maggioranza della verdura che vediamo viaggia su camion. E i camion sono loro. Non permettono a nessun altro di infiltrarsi nell'affare, di cercare di sfuggire alle strette maglie del monopolio. E dentro questo vortice vengono catturati tutti, i produttori costretti a spezzarsi la schiena per una miseria, ingannati dal mercato mafioso, i consumatori ignari delle impronte criminali lasciate dalla camorra sulle bucce dei pomodori.
Eppure ora sappiamo tutto, siamo a conoscenza di nomi e cognomi, di conversazioni, di confessioni. Conosciamo i loro paesi, sono napoletani, catanesi, napoletani, corleonesi, sappiamo chi è la mafia, ma non sappiamo che la mangiamo. E più ne mangiamo, più questo mostro cresce. Chi si gonfia la pancia sono i padroni dei camion. Il business su gomma trasforma le distanza in denaro, l'aria in smog, il cibo in crimine. Non possiamo più fare finta di niente, ora che i gruppi d'acquisto crescono, che i mercati contadini sono sempre più presenti nelle città, ora che nei quotidiani leggiamo notizie chiare e certe di quel che accade al nostro cibo. E allora il consumo consapevole diventa un obbligo, in un paese come l'Italia dove ci è concessa una terra che regala frutta e verdura a volontà.
Supportare il chilometro zero, il mercato del vero biologico, l'acquisto consapevole e perché no, l'orto urbano è un passo diretto che ci fa sentire meno complici di un affare che impoverisce tutti, dal produttore al consumatore, tranne il mafioso. Per spezzare il tenace filo che lega il nostro cibo alla mafia, dobbiamo farlo ancora più nostro, comprarlo sul territorio, direttamente da chi lo produce, cercare garanzia di pulizia, perseguendo l'insegnamento del buono, pulito e giusto di Petrini, possiamo anche piantare un seme e aspettare di raccogliere il pomodoro dalla pianta per capire che è molto meglio sporcarsi le mani di terra che di mafia.
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