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IL CIBO COSMICO
Per prima cosa conoscere il cibo.Dal cibo tutti gli esseri sono nati, col cibo essi vivono, verso cibo essi muovono. Al cibo tutti ritornano. da Upanishad
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ANIMA DEL BIOLOGICO OVVERO IL BIO OLTRE IL MERCATO
di Maurizio Di Gregorio
Il Bio, (l’alimentazione, l’agricoltura e la cultura del biologico), ha superato in Italia i 50 anni, l’età di un giovane adulto. Se ne parla spesso come di un mercato che è poi il punto di incontro dei suoi tre componenti. La diffusione di un'agricoltura e di una alimentazione naturali, sane equilibrate e nonviolente sono il bel risultato ottenuto grazie al lavoro, all’impegno, alla visione e al sogno di tanti uomini e donne che sono stati in questi anni i pionieri fondatori e costruttori del biologico. Come ciò è stato possibile in una nazione che ha espresso il più piccolo movimento ecologista, è una curiosità speciale. Qui vogliamo trattare del bio oltre il mercato, cioè del bio come pratica di vita, cultura vissuta, intenzione originaria ed anima che si realizza. A 50 anni bisognerebbe occuparsene. Continua...
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TERRA, ANIMA, SOCIETA' Vol. 1
A.a.V.v. Resurgence Book se vuoi comprarlo Questo libro raccoglie una serie di straordinari articoli, raccolti in due volumi, della prestigiosa rivista internazionale Resurgence che celebra la pubblicazione del 200° numero. Cos’è Resurgence? È una rivista con molte idee e visioni originali che aiutano a costruire una prossima era ecologica, un’era che unirà la terra, il sé e la società. Resurgence ci parla della fondamentale distruttività della globalizzazione economica; il bisogno di “un’economia come se la gente contasse qualcosa”, l’importanza del rapporto umano, la spiritualità, la ruralità, la nonviolenza e il Terzo Mondo. Una visione in cui natura, società, spiritualità sono parti integranti l’uno dell’altra. Nel corso della vita possiamo imparare a riconoscere i problemi del mondo e possiamo imparare ad affrontare anche i quesiti più profondi della nostra esistenza, ma dovremmo anche imparare a riconoscere il legame imprescindibile tra noi e il mondo. Continua...
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L'IGIENE CONTRONATURA DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE
di Edward Goldsmith
In tutto il mondo i piccoli produttori di generi alimentari e i commercianti di tipo tradizionale stanno progressivamente chiudendo a causa di gravose leggi dello Stato, che impongono spese fuori dalla loro portata in nome dell' "igiene". Ma è quest'ultimo il vero motivo che fa chiudere i piccoli produttori alimentari e lascia che le grandi industrie ripuliscano il loro mercato? Per i piccoli produttori alimentari e i commercianti di ogni tipo diventa sempre più difficile sopravvivere da soli nel contesto di un'economia globalizzata e impegnata a massimizzare il commercio e lo sviluppo. Tale tendenza si è enormemente accentuata grazie anche alle regole imposte dall'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che obbliga i governi ad aprire i mercati nazionali agli alimenti di importazione, in particolare a quelli, solitamente ben sovvenzionati, degli Stati Uniti. Il prezzo della soia importata in India e proveniente dagli USA sarebbe di 34,8 dollari al quintale, invece degli attuali 15,5, se il governo americano non lo sovvenzionasse. [1] Nessun contadino, né in India né altrove, può competere con questo prezzo. Continua...
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TERRA, ANIMA, SOCIETA' vol. 2
di A.a.V.v. Resurgence Book se vuoi comprarlo
E' il secondo volume della selezione di articoli pubblicati nel corso degli anni dalla prestigiosa rivista inglese "Resurgence", diretta da Satish Kumar, che da oltre 40 anni coniuga insieme ecologia profonda, temi sociali e crescita interiore spirituale. Tratta di temi tutti attualissimi e scritti, come contributo volontario, da autori di fama internazionale quali Vandana Shiva, Noam Chomsky, Fritjof Capra, James Lovelock, Matthew Fox, Theodore Roszak, Lester Brown, Larry Dossey e tanti altri. Cos’è Resurgence? È una rivista con molte idee e visioni originali che aiutano a costruire una prossima era ecologica, un’era che unirà la terra, il sé e la società. Resurgence ci parla della fondamentale distruttività della globalizzazione economica; il bisogno di “un’economia come se la gente contasse qualcosa”, l’importanza del rapporto umano, la spiritualità, la ruralità, la nonviolenza e il Terzo Mondo. Continua...
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LA TRUFFA E' EXTRAVERGINE
Marchi nobili. Etichette curate. Ma aziende inesistenti. E nelle bottiglie non c'era olio d'oliva. Una banda ha venduto in Italia e in Europa 100 tonnellate di liquido sospetto Li hanno bloccati sul più bello. L'olio extra vergine pugliese, "quello tinto con la clorofilla... che è veleno ed è pure cancerogeno", ridevano per telefono, stava per sbarcare negli Stati Uniti. I container pronti, gli acquirenti già trovati: sono arrivati i carabinieri e hanno sequestrato tutto. Intanto però avevano già invaso i piccoli market di Milano e provincia. Ma anche molti negozi in Germania, Svizzera, e per rimanere in Italia, in Toscana, Liguria, Veneto. Il prossimo business era quello dell'Europa dell'est. In un anno e mezzo avevano messo già sul mercato 400 mila lattine di olio contraffatto, cattivo e pericoloso per la salute dell'uomo. "Ma in fondo, noi, mica spacciamo droga. Non facciamo niente di male", si rincuoravano tra loro. Continua...
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CONSUMARE VERDE O CONSUMARE MENO?
di George Monbiot
Molti comprano prodotti biologici convinti di salvare l’ambiente. Invece di nuovi consumi serve un cambiamento politico. Non andare avanti così. I climatologi avevano detto che gli inverni sarebbero stati più umidi e le estati più secche. Quindi non possiamo dire che le inondazioni siano dovute ai cambiamenti del clima, ma neanche che siano compatibili con attuali modelli climatici.
A causa dell'innalzamento del livello dei mari e della maggiore quantità di pioggia caduta durante l'inverno, basterà che lo straripamento dei fiumi coincida con l'alta marea di primavera per creare i presupposti per una catastrofe. Il nostro principale obiettivo deve essere impedire che i ghiacci della Groenlandia e dell'Antartico occidentale si sciolgano. L'unica cosa che dobbiamo chiederci a proposito dei cambiamenti climatici e' come evitare che ciò succeda. Sono uscite decine di libri e sembrano dare tutti una risposta: possiamo salvare il mondo scegliendo uno stile di vita più saggio e più verde. A luglio il Guardian ha pubblicato un estratto del nuovo libro di Sheherazade Goldsmith, che ci spiega "come vivere entro i limiti della natura".
È facile: basta farsi da soli il pane, il burro, il formaggio, la marmellata e i sottaceti, tenere una mucca da latte, avere un po' di maiali, capre, oche, galline, anatre, alveari, giardini e frutteti. Be', che state aspettando? Continua...
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IL VERO COSTO DEL CIBO A BUON MERCATO
di Timothy R. Wise
Il cibo economico provoca la fame. Apparentemente questa frase non ha senso. Più il cibo è economico più dovrebbe essere accessibile e più la gente dovrebbe essere in grado di ottenere una dieta adeguata. Questo è vero per le persone che acquistano prodotti alimentari, come quelli che vivono in città.
Ma non è così se sei tu a coltivare il tuo cibo. In questo caso il raccolto diventa sempre meno, così come il tuo lavoro e ciò che è necessario per la vita della famiglia. Questo vale sia per i produttori di latte che per i coltivatori di riso nelle Filippine. I produttori di latte oggi devono fare i conti con prezzi molto al di sotto dei costi di produzione. […] Quando la polvere si depositerà sul sistema economico, questo ci lascerà con un minor numero di famiglie di agricoltori che producono i prodotti caseari dai cui dipende la maggior parte di noi.
Questa è la contraddizione centrale del cibo a buon mercato. Prezzi agricoli bassi causano, a breve termine, la fame tra gli agricoltori. E provocano insicurezza alimentare nel lungo periodo perché riducono sia il numero di agricoltori sia il denaro che dev’essere investito nella produzione di alimenti.
Si stima che circa il 70% dei poveri del mondo vive in aree rurali che dipendono direttamente o indirettamente dall'agricoltura. Il cibo economico li ha resi affamati e tenuti in condizioni di povertà. Inoltre ha affamato la campagna nei paesi in via di sviluppo, che avevano grande bisogno di investimenti agricoli. Gli agricoltori non hanno nulla da investire se perdono i soldi dei loro raccolti.
La crisi alimentare ha effettivamente servito da sveglia per i governi e le agenzie internazionali responsabili in materia. Tra i più scossi dal loro sonno politico sono stati i funzionari della Banca Mondiale, che hanno tagliato la quota della spesa per lo sviluppo agricolo dal 30% nel 1980 ad appena il 6% nel 2006. Ma il resoconto della Banca mondiale per lo sviluppo nel 2008 aveva come sottotitolo “Agricoltura per lo Sviluppo”. Era la prima volta in venticinque anni che la Banca si concentrava sull’agricoltura. La rinnovata attenzione venne apprezzata, poiché comprendeva un invito a reinvestire in agricoltura su piccola scala, non solo sulle colture di esportazione su larga scala. La Banca, naturalmente, ha però evitato di assumere qualsiasi responsabilità per aver promosso le politiche stesse che avevano causato il disinteresse verso l’agricoltura, in primo luogo non solo i tagli agli aiuti e agli investimenti, ma i programmi di aggiustamento strutturale, imposti come condizione per i suoi prestiti, che avevano sventrato la capacità della maggior parte dei governi di sostenere l'agricoltura nazionale. […]
Nel settore agricolo, nei paesi in via di sviluppo, la Banca dichiarava che se non potevano produrre cereali di base in maniera efficiente – ossia economica – come riuscivano a fare USA, Australia o Brasile, era meglio che non li producessero affatto. Sarebbe stato più economico - "più efficiente" – comprarli sul mercato internazionale. Forse si sarebbero dovuti produrre, per esempio, i fiori per l'esportazione, o fragole per il mercato statunitense. Ma forse non si sarebbe dovuto produrre nulla, perché magari la terra non era buona e non c’erano comunque le strade per il trasporto delle merci. […]
L'idea è che un paese può importare tutto il cibo di cui ha bisogno, e può farlo ottenendo gli alimenti più a buon mercato provenienti dall'estero, piuttosto che sfruttando le proprie potenzialità e facendo al contempo crescere i propri agricoltori. Un problema evidente di questo approccio è che se gli agricoltori smettono di coltivare cibo, le loro famiglie non hanno nulla da mangiare, e se non possono ottenere posti di lavoro, non hanno soldi per comprare cibo.
In secondo luogo, un paese può finire in una situazione di dipendenza alimentare, che diventa particolarmente problematica quando i prezzi sono alti e le forniture ristrette. Questo è ciò che abbiamo visto recentemente con la crisi alimentare. Paesi come le Filippine non ha potuto ottenere il riso di cui avevano bisogno. Avevano smesso di produrre riso a sufficienza per proteggersi da un tale shock di mercato, e nessuno ha venduto loro il riso perché tutti i governi si preoccupano soprattutto dell’alimentazione della propria gente. A questo ci si espone nel seguire le politiche che puntano ad ottenere cibo economico necessario nel mercato internazionale. Molti paesi hanno preso atto di questo, le stesse Filippine hanno messo in atto una campagna pluriennale nazionale per ripristinare l'autosufficienza nella produzione di riso.
Un luogo dove il governo sembra indossare ancora i paraocchi è il Messico. Nel luogo di nascita del mais, nel paese dove è stato domesticata una delle colture alimentari più importanti al mondo, si sono verificati tumulti per le strade perchè la gente non poteva più permettersi neanche un cibo comune come la tortilla. Nei quindici anni in cui North American Free Trade Agreement è entrato in vigore, il mais degli Stati Uniti ha invaso il Messico ad un prezzo pari alla metà di quello prodotto in Messico. Il Messico, ora dipende dalle importazioni degli Stati Uniti per più di un terzo del suo mais. Circa due milioni di contadini affamati hanno lasciato l'agricoltura nel flusso del cibo a buon mercato.
La crisi alimentare illustra anche quello che alcuni hanno definito la globalizzazione del fallimento del mercato. La globalizzazione comporta l'apertura dei mercati e lo spostamento in diverse parti del mondo delle merci che vengono prodotte, in diretta concorrenza. L'ipotesi nei mercati del lavoro è che i prezzi riflettano in realtà il valore reale di ciò che è oggetto di scambi commerciali. In agricoltura, l'ipotesi è che l'efficienza è pari ad alto rendimento, il che significa che il prezzo basso riflette il valore reale di ciò che è prodotto. Quando non lo fa, gli economisti lo chiamano fallimento del mercato. L'agricoltura è piena di fallimenti del mercato. Lo si può vedere nel commercio di mais Messico-USA.
I costi ambientali sono uno dei settori chiave in cui il mercato non riesce a valorizzare in modo adeguato sia i costi che benefici. L'America è specializzata in costi ambientali. Il mais è una delle colture più inquinanti degli Stati Uniti di tutti. L’uso eccessivo di acqua e prodotti chimici, il dilavamento dei fertilizzanti nei corsi d'acqua, le “zone morte” alla foce del fiume Mississippi e nel Golfo del Messico: sono tutti esempi di elevati costi ambientali derivanti dalla produzione di mais degli Stati Uniti. Ma produttori e commercianti non pagano praticamente nessuno dei costi di tali danni, e il prezzo del grano quando va oltre confine, in Messico, non riflette i costi ambientali.
Ebbene, i piccoli produttori sono la salvaguardia della grande biodiversità- sia delle specie selvatiche che delle varietà di mais - con sistemi a basso costo. Tali contributi positivi non prevedono alcuna ricompensa dal mercato. La biodiversità del mais non ha praticamente alcun valore nel mercato globale, eppure questi semi di mais assicurano il futuro alle varietà di mais: quelli in grado di resistere ai cambiamenti climatici, di resistere ai pesticidi, e così via. Il prezzo del mais messicano non riflette tali contributi al bene comune.
Quando si globalizza il commercio, anche globalizzare è un fallimento del mercato. Lo vedete nel del mais degli Stati Uniti che entra in concorrenza diretta con il sottovalutato mais messicano. Il mais messicano perde che la concorrenza, ma non perché sia meno 'efficiente'. Un contadino messicano ha detto: "Siamo stati produttori di mais in Messico per 8.000 anni. Se non abbiamo un vantaggio relativo sul mais, dove possiamo avere un vantaggio? " Ha ragione. Il problema è che il vantaggio relativo viene definito dal mercato globale, per questo il vantaggio che offre il mais messicano non ha valore. Nel mercato liberalizzato, l'unico valore è che una cosa sia a buon mercato.
La globalizzazione del fallimento del mercato ci offre un ambiente sempre più deteriorato, povertà crescente tra i produttori di generi alimentari, crescente dipendenza alimentare e fame. Per questo motivo uno dei principali colpevoli della crisi alimentare è la nostra cieca ricerca del cibo a buon mercato.
La globalizzazione svilisce tutto. Il problema è che alcune cose non devono essere svalutate. Il mercato è molto bravo a stabilire il valore di molte cose ma non è un buon sostituto per i valori umani. Le società devono determinare i propri valori umani, non lasciare che il mercato lo faccia per loro. Ci sono alcune cose essenziali, come la nostra terra e il cibo che produce e sostiene la vita, questo non deve essere svalutato.
Timothy R. Wise è Direttore del Programma di politica di ricerca sullo sviluppo globale all'Istituto per l'ambiente presso la Tufts University
Resurgence n. 259 Marzo/Aprile 2010
Ci vorrebbe davvero una coscienza più profonda rispetto al cibo e a tutto quello che utilizziamo!
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