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BIONoNBIO
Per un biologico davvero naturale
BIONoNBIO
IL CIBO COSMICO
Per prima cosa conoscere il cibo.Dal cibo tutti gli esseri sono nati, col cibo essi vivono, verso cibo essi muovono. Al cibo tutti ritornano.
da Upanishad
IL MANIFESTO
DEL CONTADINO IMPAZZITO

<b>IL MANIFESTO<br> DEL CONTADINO IMPAZZITO </b>








libero adattamento
del Manifesto di Wendell Berry


Se amate il guadagno facile,
l’aumento annuale di stipendio,
le ferie pagate.
Se desiderate sempre più cose prefabbricate,
se avete paura di conoscere i vostri vicini di casa,
se avete paura di morire….
allora nemmeno il vostro futuro
sarà più un mistero per il potere,
la vostra mente sarà perforata in una scheda
e messa via in un cassettino.
Quando vi vorranno far comprare qualcosa
vi chiameranno,
quando vi vorranno far morire per il profitto
Continua...
ANIMA DEL BIOLOGICO
OVVERO IL BIO OLTRE IL MERCATO

ANIMA DEL BIOLOGICO <br>OVVERO IL BIO OLTRE IL MERCATO

di Maurizio Di Gregorio

Il Bio, (l’alimentazione, l’agricoltura e la cultura del biologico),  ha superato  in Italia i 50 anni, l’età di un giovane adulto. Se ne parla spesso come di un mercato che è poi il punto di incontro dei suoi tre componenti. La diffusione di un'agricoltura e di una alimentazione naturali, sane equilibrate e nonviolente sono il bel risultato ottenuto grazie al lavoro, all’impegno, alla visione e al sogno di tanti uomini e donne che sono stati in questi anni i pionieri fondatori e costruttori del biologico. Come ciò è stato possibile in una nazione che ha espresso il più piccolo movimento ecologista, è una curiosità speciale. Qui vogliamo trattare del bio oltre il mercato, cioè del bio come pratica di vita, cultura vissuta, intenzione originaria ed anima che si realizza. A 50 anni bisognerebbe occuparsene.  Continua...
TERRA, ANIMA, SOCIETA' Vol. 1
TERRA, ANIMA, SOCIETA' Vol. 1 A.a.V.v. Resurgence Book
se vuoi comprarlo
  
Questo libro raccoglie una serie di straordinari articoli, raccolti in due volumi, della prestigiosa rivista internazionale Resurgence che celebra la pubblicazione del 200° numero. Cos’è Resurgence? È una rivista con molte idee e visioni originali che aiutano a costruire una prossima era ecologica, un’era che unirà la terra, il sé e la società. Resurgence ci parla della fondamentale distruttività della globalizzazione economica; il bisogno di “un’economia come se la gente contasse qualcosa”, l’importanza del rapporto umano, la spiritualità, la ruralità, la nonviolenza e il Terzo Mondo. Una visione in cui natura, società, spiritualità sono parti integranti l’uno dell’altra. Nel corso della vita possiamo imparare a riconoscere i problemi del mondo e possiamo imparare ad affrontare anche i quesiti più profondi della nostra esistenza, ma dovremmo anche imparare a riconoscere il legame imprescindibile tra noi e il mondo.
Continua...
L'IGIENE CONTRONATURA DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE
L'IGIENE CONTRONATURA DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE

di Edward Goldsmith

In tutto il mondo i piccoli produttori di generi alimentari e i commercianti di tipo tradizionale stanno progressivamente chiudendo a causa di gravose leggi dello Stato, che impongono spese fuori dalla loro portata in nome dell' "igiene". Ma è quest'ultimo il vero motivo che fa chiudere i piccoli produttori alimentari e lascia che le grandi industrie ripuliscano il loro mercato? Per i piccoli produttori alimentari e i commercianti di ogni tipo diventa sempre più difficile sopravvivere da soli nel contesto di un'economia globalizzata e impegnata a massimizzare il commercio e lo sviluppo. Tale tendenza si è enormemente accentuata grazie anche alle regole imposte dall'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che obbliga i governi ad aprire i mercati nazionali agli alimenti di importazione, in particolare a quelli, solitamente ben sovvenzionati, degli Stati Uniti. Il prezzo della soia importata in India e proveniente dagli USA sarebbe di 34,8 dollari al quintale, invece degli attuali 15,5, se il governo americano non lo sovvenzionasse. [1] Nessun contadino, né in India né altrove, può competere con questo prezzo. Continua...
TERRA, ANIMA, SOCIETA' vol. 2
TERRA, ANIMA, SOCIETA' vol. 2 di A.a.V.v. Resurgence Book
se vuoi comprarlo

E' il secondo volume della selezione di articoli pubblicati nel corso degli anni dalla prestigiosa rivista inglese "Resurgence", diretta da Satish Kumar, che da oltre 40 anni coniuga insieme ecologia profonda, temi sociali e crescita interiore spirituale. Tratta di temi tutti attualissimi e scritti, come contributo volontario, da autori di fama internazionale quali Vandana Shiva, Noam Chomsky, Fritjof Capra, James Lovelock, Matthew Fox, Theodore Roszak, Lester Brown, Larry Dossey e tanti altri. Cos’è Resurgence? È una rivista con molte idee e visioni originali che aiutano a costruire una prossima era ecologica, un’era che unirà la terra, il sé e la società. Resurgence ci parla della fondamentale distruttività della globalizzazione economica; il bisogno di “un’economia come se la gente contasse qualcosa”, l’importanza del rapporto umano, la spiritualità, la ruralità, la nonviolenza e il Terzo Mondo.
Continua...
LA TRUFFA E' EXTRAVERGINE
LA TRUFFA E' EXTRAVERGINE
Marchi nobili. Etichette curate. Ma aziende inesistenti. E nelle bottiglie non c'era olio d'oliva. Una banda ha venduto in Italia e in Europa 100 tonnellate di liquido sospetto Li hanno bloccati sul più bello. L'olio extra vergine pugliese, "quello tinto con la clorofilla... che è veleno ed è pure cancerogeno", ridevano per telefono, stava per sbarcare negli Stati Uniti. I container pronti, gli acquirenti già trovati: sono arrivati i carabinieri e hanno sequestrato tutto. Intanto però avevano già invaso i piccoli market di Milano e provincia. Ma anche molti negozi in Germania, Svizzera, e per rimanere in Italia, in Toscana, Liguria, Veneto. Il prossimo business era quello dell'Europa dell'est. In un anno e mezzo avevano messo già sul mercato 400 mila lattine di olio contraffatto, cattivo e pericoloso per la salute dell'uomo. "Ma in fondo, noi, mica spacciamo droga. Non facciamo niente di male", si rincuoravano tra loro. Continua...
CONSUMARE VERDE O CONSUMARE MENO?
CONSUMARE VERDE O CONSUMARE MENO?

di George Monbiot

Molti comprano prodotti biologici convinti di salvare l’ambiente. Invece di nuovi consumi serve un cambiamento politico. Non andare avanti così. I climatologi avevano detto che gli inverni sarebbero stati più umidi e le estati più secche. Quindi non possiamo dire che le inondazioni siano dovute ai cambiamenti del clima, ma neanche che siano compatibili con attuali modelli climatici.
A causa dell'innalzamento del livello dei mari e della maggiore quantità di pioggia caduta durante l'inverno, basterà che lo straripamento dei fiumi coincida con l'alta marea di primavera per creare i presupposti per una catastrofe. Il nostro principale obiettivo deve essere impedire che i ghiacci della Groenlandia e dell'Antartico occidentale si sciolgano. L'unica cosa che dobbiamo chiederci a proposito dei cambiamenti climatici e' come evitare che ciò succeda. Sono uscite decine di libri e sembrano dare tutti una risposta: possiamo salvare il mondo scegliendo uno stile di vita più saggio e più verde. A luglio il Guardian ha pubblicato un estratto del nuovo libro di Sheherazade Goldsmith, che ci spiega "come vivere entro i limiti della natura".
È facile: basta farsi da soli il pane, il burro, il formaggio, la marmellata e i sottaceti, tenere una mucca da latte, avere un po' di maiali, capre, oche, galline, anatre, alveari, giardini e frutteti. Be', che state aspettando? Continua...
ATTENTI A QUEGLI 8: I VELENI IN TAVOLA
ATTENTI A QUEGLI 8: I VELENI IN TAVOLA
Pesticidi.
Antiparassitari e diserbanti chimici sono impiegati nelle coltivazioni di frutta e ortaggi e contaminano tutto il ciclo alimentare. Sono state trovate tracce persino nel latte materno. Questi trattamenti sono ancor più intensivi per i prodotti fuori stagione che è bene evitare. I prodotti biologici sono, naturalmente, esenti dalla presenza di residui chimici.

Metalli pesanti.
I metalli pesanti come mercurio, piombo, cadmio e il cromo, contaminano prevalentemente il pesce. Sono a rischio anche le coltivazioni e gli allevamenti vicini a discariche che non garantiscono la completa impermeabilità del suolo.

Mangimi.
In Europa ed in Italia polli e vitelli vengono
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IMPATTO PROFONDO


Impatto profondo

16/06/2008 - George Monbiot - Sloweek

C’è ancora qualcuno convinto che trasformare il cibo in carburante sia una buona idea? Solo i responsabili di questa politica folle, che costringono tutti gli automobilisti d’Europa a collaborare ad essa.

In teoria, i carburanti ricavati dalle piante possono ridurre la quantità di anidride carbonica emessa da automobili e autocarri. Le piante assorbono anidride carbonica durante la crescita, che viene rilasciata quando si brucia il carburante. Una direttiva emanata dalla Commissione Europea impone ora a tutti i fornitori di carburante di aggiungere biocarburanti alla benzina o al gasolio che vendono, al fine di ridurre le emissioni di carbonio.

Ancor prima che la direttiva entrasse in vigore, numerosi studi avevano dimostrato che era un’assurdità. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato l’anno scorso indica che il 98% della foresta pluviale naturale dell’Indonesia sarà degradato o scomparso entro il 2022. Solo cinque anni prima, gli stessi organismi prevedevano che ciò sarebbe avvenuto non prima del 2032. Non avevano tenuto conto della piantagione di palme da olio da trasformare in biogasolio per il mercato europeo.

Quando si diboscano e bruciano le foreste, sia gli alberi sia la torba su cui crescono si trasformano in anidride carbonica. Un rapporto della società consulente olandese Delft Hydraulics mostra che ogni tonnellata metrica di olio di palma determina fino a 33 tonnellate metriche di emissioni di anidride carbonica, 10 volte più di quanta ne produca il petrolio. L’impatto sul mondo intero è analogo, in quanto i coltivatori di “carburanti verdi” invadono habitat vergini.

Due saggi recenti pubblicati sulla rivista Science calcolano i costi in termini di carbonio della produzione di biocarburanti. Se si tiene conto del diboscamento, tutti i principali biocarburanti producono un aumento massiccio delle emissioni. Anche la fonte più produttiva – la canna da zucchero coltivata nelle savane coperte di arbusti del Brasile centrale – crea un debito di carbonio per ovviare al quale occorrono 17 anni. Dato che è adesso che bisogna effettuare le maggiori riduzioni, l’effetto netto di questo raccolto è di acuire il cambiamento climatico.

La fonte peggiore – l’olio di palma che sostituisce la foresta pluviale tropicale che cresce sulla torba – provoca un debito di carbonio per il quale occorrono circa 840 anni. Anche quando si produce etanolo dal mais coltivato su terra arabile “riposata” (chiamata nell’Unione Europea “incolto” e negli Stati Uniti “area protetta”), ci vogliono 48 anni per ovviare al debito di carbonio. Per essere giusti con la Commissione Europea, la direttiva stabilisce che i biocarburanti non siano prodotti distruggendo le foreste primarie, i pascoli antichi o le zone paludose. Inoltre, non si deve danneggiare alcun ecosistema biodiverso per coltivarli. Purtroppo ciò non contribuisce affatto a risolvere il problema.

Se non si possono produrre i biocarburanti in habitat vergini, bisogna confinarli nelle terre agricole esistenti, il che significa che ogni volta che facciamo il pieno leviamo il cibo di bocca a qualcuno. Nella competizione tra automobilisti e persone che hanno fame vincono sempre i primi, perché quelli che soffrono la fame sono più poveri di quelli che possono permettersi di guidare un’automobile.

Con l’aumentare del prezzo del cibo, gli agricoltori sono incoraggiati a distruggere gli habitat intatti – foreste primarie e via dicendo – per coltivarli. Possiamo felicitarci con noi stessi per esserci mantenuti moralmente puri, ma l’impatto è identico. Non esiste via d’uscita: su un pianeta limitato, con fonti di cibo esigue, o si compete con chi soffre la fame o si diboscano nuove terre.

Anche se non ci fossero effetti a catena, i biocarburanti sarebbero comunque un disastro per l’ambiente. Uno studio del Premio Nobel Paul Crutzen indica che le sole emissioni di ossido di azoto, determinate dai concimi azotati usati nella coltivazione di questi raccolti, fanno sì che l’etanolo ricavato dal mais provochi un riscaldamento pari a 0,9-1,5 volte quello dovuto al petrolio, mentre l’olio di colza (fonte dell’80% e più del biogasolio mondiale) provoca un impatto pari a 1,7 volte quello del gasolio minerale.

Non esiste una facile via d’uscita. Molti hanno sostenuto che le alghe che crescono in acqua di mare possono dare grandi quantità di carburante, ma tale progetto non ha ancora avuto successo. Altri hanno salutato un arbusto tropicale, la jatropha, come una pianta miracolosa (guardatevi dalle piante miracolose!) perché in teoria potrebbe essere coltivato da piccoli proprietari terrieri su terreni sterili. In pratica, il governo indiano ha in progetto 14 milioni di ettari di piantagioni di jatropha e caccia i piccoli proprietari dalla terra per fare posto ad esse. La giunta birmana vuole piantare 3 milioni di acri di jatropha entro l’anno prossimo, il che non andrà a vantaggio dei contadini del paese.

Anche l’idea di utilizzare gli scarti dell’agricoltura pone problemi. Gran parte dello “scarto” non è affatto tale, ma il materiale organico che conserva la struttura del terreno, i nutrienti e la riserva di carbonio. Eliminandolo si aumenta enormemente il tasso di erosione del suolo e occorre utilizzare più concimi azotati. I biocarburanti sono il peggiore dei fast food, facendoci precipitare lungo la china della distruzione ecologica.

Allora perché i nostri governi insistono su questa politica? Perché diffondere la fame e rovinare il pianeta sono atti politicamente meno costosi delle alternative: far sì che gli industriali producano auto più efficienti e incoraggiare la gente a optare per forme meno inquinanti di trasporto. Un crimine contro l’umanità in un altro luogo e in un altro tempo costa ai governi meno di un disagio minore qui e ora. Dobbiamo cambiare questa formula protestando contro la nostra partecipazione coatta alla guerra contro il pianeta.

Tratto da Slowfood 34

George Monbiot, giornalista e scrittore inglese, è autore di vari libri sull’ambiente e collaboratore del quotidiano The Guardian

Traduzione di Davide Panzieri


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