CON I CONTADINI CONTRO LA POVERTA'
All'inizio di questo nuovo secolo piu' di un terzo della popolazione mondiale - circa due miliardi di persone - continua a soffrire di grandi carenze alimentari e circa 800 milioni vivono in uno stato di denutrizione. Il che significa che non dispongono con continuita' di una razione alimentare sufficiente per coprire i loro bisogni di base (da 2150 a 2400 kcal per persona al giorno). Secondo la Fao, nel biennio 1996-98 le persone denutrite erano 826 milioni, di cui 792 nei Paesi malsviluppati (comunemente detti "in via di sviluppo"), 30 in quelli ex comunisti e otto nei Paesi industrializzati.
Negli ultimi 27 anni il numero delle persone che soffrono di malnutrizione e' diminuito in media di 3,7 milioni all'anno. A questo ritmo, pero', ci vorrebbero piu' di due secoli per vederla interamente sparire. La Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale (1996) si era data l'obiettivo di "ridurre della meta' il numero delle persone sottoalimentate da qui al 2015".
Ma gli impegni presi dai governi e dalle organizzazioni internazionali non sono stati ne' interamente rispettati ne' efficaci: il numero di persone che soffrono la fame e' diminuito solo di otto milioni all'anno, il che rinvia al 2035 la speranza di vedere ridotto tale numero della meta', e al 2095 quella di vederlo azzerato. Secondo la Fao, su circa 800 milioni di persone in situazione di sottoalimentazione cronica, i tre quarti (560 milioni) sono abitanti delle zone rurali del pianeta: tra questi ci sono contadini che vivono in regioni poco favorevoli, piu' o meno privi di terra e mezzi tecnici, e braccianti sottoimpiegati e mal pagati. Quanto al 25% dei non rurali malnutriti (circa 140 milioni di persone), sono in gran parte membri delle stesse famiglie contadine povere, condannate all'esodo verso le bidonvilles delle citta' e che non hanno i mezzi sufficienti per vivere.
I LIMITI DELLA "RIVOLUZIONE AGRICOLA"
Nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo (Pvs), la "rivoluzione agricola" contemporanea dotata di una meccanizzazione pesante, non e' penetrata che in alcune regioni dell'America latina, del Medio Oriente, dell'Asia, dell'Africa del nord e del sud, ed e' praticamente inesistente nell'Africa intertropicale, nelle Ande e nel cuore del continente asiatico. Inoltre questa meccanizzazione molto costosa ha potuto essere adottata solo da una minoranza di grandi aziende che dispongono del capitale o del credito necessari , mentre la grande maggioranza dei piccoli e medi contadini continuano a praticare la cultura manuale o la trazione animale.
Ma nelle regioni toccate dalla "rivoluzione verde", moltissimi piccoli contadini non hanno avuto i mezzi per investire e progredire. Immense regioni di agricoltura pluviale, o sommariamente irrigate, sono rimaste tagliate fuori da questa rivoluzione: le varieta' coltivate (miglio, sorgo, manioca, ecc.) hanno beneficiato poco o nulla della selezione. Si puo' dire la stessa cosa delle varieta' locali di grano, mais, riso, ecc., adattate a condizioni difficili (altitudine, siccita', ecc.). Piu' di un terzo della popolazione contadina del mondo, cioe' circa mezzo miliardo di lavoratori agricoli (e quindi piu' di un miliardo di persone che vivono dell'agricoltura), si trova cosi' in uno stato di crisi.
LA CRISI DELLE AGRICOLTURE CONTADINE
A seguito della rivoluzione agricola e di quella "verde", della liberalizzazione degli scambi internazionali, il calo tendenziale dei prezzi reali delle eccedenze esportabili di grano, mais, riso, soia, ecc. si e' ripercosso nella maggior parte dei Paesi. Ma il calo dei prezzi agricoli non ha riguardato solo questi prodotti: ha toccato anche le colture tropicali d'esportazione che hanno subi'to la concorrenza sia delle colture dei Paesi sviluppati (barbabietole contro canna da zucchero, ecc. del sud degli Stati Uniti), sia dai prodotti industriali di sostituzione (caucciu' sintetico contro hevea, tessili sintetici contro cotone, ecc.).
Per la massa dei contadini ad agricoltura manuale dei Pvs , il calo tendenziale dei prezzi agricoli reali che persiste da piu' di cinquant'anni, ha comportato un abbassamento del loro potere d'acquisto. La maggioranza si e' allora trovata nell'impossibilita' di acquistare attrezzi piu' efficienti e persino, a volte, di acquistare sementi selezionate. In altre parole, il calo dei prezzi agricoli si e' tradotto in un vero e proprio blocco dello sviluppo della massa dei contadini meno favoriti.
Per rinnovare il minimo di attrezzatura necessaria per poter continuare a lavorare, questi contadini devono allora fare sacrifici di ogni tipo: vendere il bestiame, ridurre l'acquisto dei beni di consumo, ecc. e devono estendere quanto piu' possibile le colture destinate al commercio. Ed essendo la superficie coltivabile in queste condizioni limitata, devono ridurre la superficie delle colture destinate all'autoconsumo. L'alternativa e' allora orientarsi verso quelle illegali: coca, papavero, canapa. ecc.
AUTOSFRUTTAMENTO E DISTRUZIONE DELL'AMBIENTE
Sempre meno attrezzati, ma sempre piu' malnutriti e mal curati, questi contadini hanno una capacita' di lavoro sempre piu' ridotta. Sono dunque obbligati a concentrare i loro sforzi nelle attivita' immediatamente produttive e a trascurare i lavori di mantenimento dell'ecosistema coltivato. Cosi' le terre mal diserbate peggiorano e le piante coltivate, prive di minerali e mal trattate, sono sempre piu' soggette a malattie. Il degrado dell'ecosistema, la malnutrizione e l'indebolimento della forza per lavorare, portano i contadini a semplificare i loro sistemi di coltura: quelli "poveri" prendono il sopravvento su quelli piu' esigenti. La diversita' e la qualita' dei prodotti vegetali autoconsumati diminuiscono, cio' che, aggiunto alla quasi scomparsa dei prodotti animali, conduce all'aumento di carenze alimentari in proteine, sali minerali e vitamine. Cosi' la crisi delle aziende agricole si estende a tutti gli elementi del sistema agrario : diminuzione dell'attrezzatura, degrado e calo della fertilita' dell'ecosistema, malnutrizione delle piante, degli animali e degli uomini, e scadimento generale della situazione sanitaria.
La non sostenibilita' economica del sistema produttivo comporta la non sostenibilita' ecologica dell'ecosistema coltivato, la denutrizione e le malattie .
ESODO E FAME
Impoveriti, denutriti e occupati a lavorare un ambiente degradato, questi contadini si avvicinano pericolosamente alla soglia di sopravvivenza. Basta allora un cattivo raccolto per obbligarli a indebitarsi. A questo punto il contadino e' costretto a mandare i membri ancora validi della sua famiglia alla ricerca di lavori esterni; il che indebolisce ancora la sua capacita' produttiva. Infine, se queste nuove entrate non bastano per garantire la sopravvivenza della famiglia, questa non ha altre soluzioni che l'esodo verso la citta'. Questo processo di esclusione ha toccato i contadini piu' poveri, particolarmente numerosi nelle regioni piu' sfavorite. In effetti, certe regioni hanno anche ereditato condizioni naturali (aridita', eccesso d'acqua, salinita', suoli poveri, ecc.), condizioni infrastrutturali e fondiarie (latifondo, sovrappopolazione, ecc.) particolarmente svantaggiose, ma hanno anche praticato politiche particolarmente sfavorevoli all'agricoltura e al mondo contadino (sovvenzioni alle importazioni agricole e alimentari, imposte sulle esportazioni agricole, assenza di protezione contro le fluttuazioni dei prezzi agricoli, ecc.). E' stato questo il caso del Nordeste brasiliano, dove si combinano l'aridita' del clima, il latifondo e la predominanza di una cultura (la canna da zucchero). E' il caso del Bangladesh, che accumula gli inconvenienti di un'infrastruttura idrica insufficiente e di un minifondismo che risulta sia dall'ineguale ripartizione delle terre, sia dalla sovrappopolazione. E' ancora il caso di molti Paesi dell'Africa saheliana, centrale e orientale.
Per quanto sfavorevoli e drammatiche siano le loro conseguenze, queste circostanze non devono nascondere che la causa principale della miseria rurale e urbana e della fame che colpiscono i Paesi agricoli poveri si trova in gran parte altrove. Q uesta poverta' e' diventata ineluttabile soprattutto da quando le agricolture contadine hanno dovuto fronteggiare la concorrenza di altre agricolture piu' produttive che avevano beneficiato della rivoluzione agricola o della "rivoluzione verde", o l'abbondanza di terre, i bassi salari, le sovvenzioni e il calo dei prezzi agricoli reali che ne e' risultato.
QUESTIONE AGRICOLA E CRISI ECONOMICA
Circa 2,8 miliardi di persone dispongono oggi meno di due dollari al giorno, mentre tra queste 1,2 miliardi meno di un dollaro. Questa immensa insolvibilita' dei bisogni sociali, questo sottoconsumo gigantesco, costituiscono il fattore che limita maggiormente la crescita dell'economia mondiale.
Per ridurre l'immensa sfera di poverta' oggi bisogna puntare a un rialzo progressivo e prolungato dei prezzi delle derrate agricole nei Pvs . Un tale rialzo dei prezzi agricoli e' in effetti un modo per aumentare i redditi del mondo contadino mal attrezzato e di dargli la possibilita' di investire e di svilupparsi, di frenare l'esodo rurale, di limitare la disoccupazione e la poverta' urbana, di innalzare il livello generale dei salari e degli altri redditi. Un mezzo per accrescere le possibilita' di introiti fiscali e in valuta dei Pvs piu' poveri e di liberare in questi capacita' di investimento che permetteranno loro di modernizzarsi e di industrializzarsi.
L'aumento dei prezzi delle derrate agricole di base deve essere progressivo perche' gli effetti negativi per gli acquirenti non siano maggiori degli effetti positivi per i produttori, e occorrera' dare un aiuto alimentare ai consumatori/acquirenti piu' poveri. Un aiuto alimentare che non puo' prendere la forma di una distribuzione di viveri a basso prezzo, a rischio di far abbassare i prezzi agricoli (e dunque indirettamente di far portare il peso di questo aiuto ai produttori agricoli e di scoraggiare la produzione), ma che puo' prendere la forma di tagliandi alimentari, distribuiti ai piu' poveri per comprare i viveri a un prezzo normale . Questi potrebbero essere sovvenzionati dallo Stato, come negli Stati Uniti o dagli aiuti internazionali. Per promuovere un tale scenario, occorre innanzitutto istituire una nuova organizzazione e un nuovo modo di regolazione degli scambi agricoli internazionali.
In sostanza, la questione non e' di scegliere tra mondializzazione e non mondializzazione, ma di scegliere tra una mondializzazione ciecamente liberale, che esclude i poveri, e una organizzata e regolata che porti vantaggio a tutti.
MARCEL MAZOYER
Marcel Mazoyer e' professore di Agricoltura comparata e sviluppo agricolo all'Istituto Nazionale di Agronomia Parigi-Grignon, e all'Istituto di Studi sullo sviluppo economico e sociale dell'Universita' di Parigi I ? Sorbona.
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